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DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTER

2.2.1 IDE orizzontali e vertical

La prima distinzione rilevata nel contesto degli IDE ha origine dalla motivazione che spinge l’impresa ad effettuare un investimento all’estero e si esplica nella differenza tra gli Investimenti Diretti Esteri Orizzontali (IDEO) e gli Investimenti Diretti Esteri Verticali (IDEV).

Gli Investimenti Diretti Esteri Orizzontali consentono all’impresa di espandersi all’estero attraverso la duplicazione di un sottoinsieme delle sue attività. Vengono definiti investimenti orizzontali proprio perché viene duplicata la stessa fase (orizzontale) del processo produttivo. L’obiettivo principale degli IDEO è la penetrazione dei mercati esteri e per questo vengono considerati investimenti market seeking. L’impresa investitrice, orientata a servire i consumatori esteri, decide di costituire delle unità operative nei Paesi esteri in cui opera, al fine di ottenere un accesso migliore ai mercati locali.

Questo tipo di investimento viene adottato in presenza di prodotti, anche molto simili, che però richiedono di essere adattati ai gusti differenziati dei consumatori-utilizzatori, agli standard tecnici, alle regolazioni e alle altre “barriere invisibili” che caratterizzano il mercato estero.

Un caso classico di IDEO, appartenente soprattutto agli anni cinquanta e sessanta, quando molti paesi emergenti praticavano politiche protezionistiche mirate a sostituire le

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importazioni, è costituito dagli IDE tariff jumping, attraverso i quali l’impresa estera riusciva a crearsi uno spazio di mercato locale, altrimenti non accessibile a causa di dazi proibitivi sulle importazioni.

In linea generale, è possibile affermare che gli IDE orizzontali tra due Paesi saranno favoriti se:

la dimensione dei Paesi è simile, poiché vi è minor incentivo a sfruttare economie di scala concentrando la produzione nel paese più grande e sostenendo poi il costo dell'esportazione verso il paese-mercato più piccolo;

la dotazione fattoriale dei due Paesi è sostanzialmente equivalente, in quanto non si creano i differenziali di costo dei fattori che rendono conveniente il trasferimento dell'intera produzione in una delle due aree geografiche;

i costi del commercio internazionale sono alti, con conseguente incentivo per l’impresa a produrre vicino al mercato di sbocco;

i costi fissi di impianto (economie di scala di impianto) sono bassi e quindi vi è minore l'incentivo a concentrare l'intera gamma di produzione in un'unica località. Gli Investimenti Diretti Esteri Verticali derivano dalla scelta di operare una frammentazione del processo produttivo, piuttosto che svolgere una produzione integrata nel Paese d'origine. In altri termini, sono i classici IDE di delocalizzazione di intere fasi di produzione (componenti, ma anche prodotti finiti) verso aree a più basso costo, che consentono di affrontare costi marginali inferiori a quelli dell'impianto della casa madre. L’obiettivo primario degli IDEV è, infatti, il contenimento dei costi di produzione e per questo vengono definiti investimenti cost-saving.

Gli IDE verticali saranno frequenti nei casi in cui i Paesi interessati:

sono dissimili per dimensione e dotazione fattoriale, con conseguente convenienza a specializzare le produzioni nelle diverse aree in funzioni di strategie cost saving; affrontano costi del commercio internazionale non elevati e sono pertanto meno incentivati a produrre vicino al mercato di sbocco;

subiscono costi fissi di impianto contenuti e quindi, come accade per gli IDE orizzontali, vi è un minore è l'incentivo a concentrare la produzione presso il solo Paese d'origine.

- 51 - 2.2.2 La scelta tra IDE orizzontali e verticali

La realizzazione di IDEO o IDEV comporta per l’impresa investitrice un insieme di costi e benefici, opportunamente sintetizzati nella tabella sottostante (Tab.2.1).

Come evidenzia la tabella, il principale trade-off per gli IDEO è tra il miglioramento dell’accesso al mercato e la rinuncia a economie di scala a livello di impianto, mentre, nel caso degli IDEV, tra i benefici derivanti dal produrre a basso costo e i costi di disintegrazione. Se da un lato la frammentazione produttiva permette all’impresa di ottenere dei risparmi sui costi dei fattori, dall’altro lato può comportare dei costi di disintegrazione, che includono i costi di imballaggio e trasporto, i costi relativi al tempo impiegato per trasportare la merce, i dazi sulle importazioni, nonché tutta una serie di inconvenienti connessi alla gestione di attività geograficamente disperse.

Tab. 2.1 - Costi e benefici per l'impresa degli IDE orizzontali e verticali

Fonte: Barba Navaretti e Venables, 2004

I costi e i benefici che l’impresa può trarre dagli IDE orizzontali e verticali, consentono di formulare previsioni sulla localizzazione delle attività scelta dalle imprese che li realizzano. Gli IDEO tenderanno ad essere attratti in località che consentono un buon accesso a mercati di dimensioni tali da permettere all’impresa di coprire i costi fissi a livello di impianto. Saranno dunque diretti verso Paesi vicini e con bassi costi di accesso ai grandi mercati, o con una popolazione numerosa, ad alto reddito. Al contrario, gli IDEV saranno attratti da Paesi con un basso costo dei fattori e con minimi costi del commercio internazionale, in quanto i prodotti dovranno attraversare più volte i confini nazionali in differenti fasi del processo produttivo.

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Dal punto di vista empirico, i modelli di investimento orizzontale e verticale non sono considerati in concorrenza tra loro, tanto che i dati non distinguono tra i due tipi di IDE.43

Fino a non molto tempo fa, si riteneva che la quota di IDEO fosse preponderante rispetto a quella degli IDEV. Ciò in linea con le aspettative, considerato che la maggior parte degli IDE si verifica lungo la traiettoria Nord-Sud del mondo. I test empirici mostrano come gli IDE siano motivati prevalentemente da fattori coerenti con il modello orizzontale, ad esempio la dimensione del mercato ospite e la similarità di dotazioni fattoriali disponibili nei due Paesi.44

Idealmente il ricercatore vorrebbe separare i relativi dati, distinguendo tra IDEO e IDEV ma ciò è complesso, non solo perché la distinzione non è semplice ma anche, e soprattutto, perché richiede la disponibilità di dati difficilmente ottenibili. Nello specifico, le vendite delle imprese localizzate all’estero dovrebbero essere classificate secondo la loro destinazione e gli input a seconda che siano ulteriormente utilizzati nel processo produttivo o rivenduti nel mercato locale. Generalmente questi dati non sono disponibili. Fanno eccezione i dati sulle multinazionali USA, che consentono di rilevare in quale misura le controllate esportano verso gli USA, rispetto alle forniture ai mercati locali e ai Paesi terzi. L’analisi di tali dati, seppur relativi solo agli Stati Uniti, rileva un aumento dei flussi di IDEV che, come predetto dalla teoria,45 si svolgono prevalentemente tra Paesi con

differenti dotazioni di fattori.

In conclusione, sebbene la quota di IDE orizzontale sia tutt’ora più ampia di quella relativa agli IDE verticali, dagli anni novanta i flussi di IDE verticali risultano in aumento.

2.2.3 IDE greenfield e acquisition

Oltre alla distinzione tra IDE orizzontali e verticali, la letteratura distingue altre due modalità di IDE: gli investimenti greenfield e le acquisizioni (M&A, Merger and Acquisition). Si parla di investimenti greenfield quando l’investimento diretto all’estero viene realizzato attraverso l’insediamento di nuove strutture produttive. In questi casi, l’investitore crea la nuova struttura produttiva in un sito precedentemente non utilizzato per attività economiche, andando quindi ad incrementare la capacità produttiva del territorio ospitante. L’investitore acquista i beni immobili necessari per lo svolgimento dell’attività nell’area

43 Barba Navaretto G., Venables A.J., Le multinazionali nell’economia mondiale, il Mulino, Bologna 2006 p.44.

44 Markusen J.R., Maskus K., “Discriminating among alternative theories of the multinational enterprises”, in

Review of international economics, n.10, pp. 694-707.

45 Hanson G., Matalon R.J., Slaughter M., “Expansion Strategies of US multinational firms”, in Broking Trade

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geografica in cui intende insediarsi e si avvale di forza lavoro locale, formandola mediante il

know how, le tecnologie e le competenze in possesso dell’investitore stesso.46

Le acquisizioni, al contrario, si riferiscono ad un IDE realizzato attraverso l’acquisto della proprietà (o quantomeno di una quota di controllo) di aziende già esistenti nel territorio estero. L’investimento riguarda aree già utilizzate in passato per lo svolgimento di attività produttive e che risultano nuovamente disponibili in seguito ad interventi di riconversione o di bonifica. In questo caso l’investitore straniero assume il controllo degli assets locali, con il rischio che essi non siano strutturati in modo tale da incontrare le sue esigenze. Con l’acquisizione, infatti, l’investitore eredita un sistema di competenze, una cultura aziendale e un sistema di valori normalmente ben consolidato e con un certo grado di inerzia al cambiamento, pertanto l’integrazione dell’azienda acquisita potrebbe richiedere notevoli sforzi ed energie.

In seguito alle considerazioni effettuate, è possibile affermare che la principale distinzione tra le due modalità di IDE risiede nell’origine delle risorse impiegate nell’operazione. Se, infatti, un investimento greenfield utilizza principalmente le risorse dell’investitore, combinate poi con quelle acquisite localmente, un’acquisizione utilizza invece, primariamente, le risorse dell’impresa locale e le combina con quelle proprie dell’investitore, in particolare le capacità manageriali.

La maggior parte delle ricerche focalizzate sull’alternativa di scelta, hanno considerato la decisione tra greenfield and acquisition una scelta dicotomica. Tuttavia, come dimostrano gli studi svolti da Meyer e Estrin nel 1999, molti investimenti che formalmente sono un’acquisizione, risultano poi nella realtà dei progetti greenfield. Viene così a crearsi una forma particolare di acquisizione: l’investimento brownfield.

Gli autori definiscono il brownfield “a foreign entry that starts with an acquisition but builds a local

operation that uses more resources, in terms of their market value, from the parent firm than the acquired firm”47(Fig. 2.1). Molte acquisizioni richiedono, infatti, nella pratica, importanti

ristrutturazioni, tanto che il processo produttivo e la struttura organizzativa dell’impresa acquisita vengono spesso ricostruiti interamente.

Nel periodo di integrazione post-acquisizione, queste operazioni vengono realizzate attraverso le risorse proprie dell’investitore. Successivamente, dopo un breve periodo di

46 Harzing A., Acquisition versusu Greenfield investments: both side of the Picture, AIB Conference, Vienna 1998.

47 Meyer K., Estrin S., Entry mode choice in emerging markets: Greenfield, Acquisition and Brownfield, Discussion Paper

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trasformazione (solitamente meno di due anni), l’impresa acquisita riesce a maturare un bagaglio di conoscenze e di capacità adeguato, che le permette di far leva sulle proprie risorse.

Fig. 2.1 – Le origini delle risorse nelle diverse modalità di entrata attraverso investimento diretto estero

Fonte: CIS-Middle Europe Center, London Business School, 1999.