DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTER
2.2.4 La scelta tra greenfield, acquisizioni e brownfield
La decisione di entrare nel mercato estero con un investimento greenfield piuttosto che attraverso un’acquisizione, costituisce una scelta molto importante per l’impresa. Le due modalità comportano, infatti, implicazioni e conseguenze molto diverse.
Uno studio condotto dallo CESifo group si è focalizzato sul processo valutativo che un’impresa attua nello scegliere la modalità attraverso cui entrare in un mercato estero.48
L’indagine sottolinea come l’impresa affronti un processo decisionale sequenziale, composto di varie fasi. Essa deve innanzitutto decidere se entrare nel mercato estero attraverso l’esportazione o tramite un investimento; nel caso opti per la seconda possibilità, dovrà scegliere tra l’investimento greenfield o una mergers and acquisition (M&A). Infine, se scelto l’investimento greenfield, dovrò decidere effettuarlo attraverso una propria sussidiaria all’estero o realizzando una joint venture. Il risultato ottenuto dall’indagine dimostra come, in linea generale, la scelta del tipo di investimento sia strettamente connesso alle caratteristiche proprie dell’impresa, in termini di dimensione, risorse disponibili e produttività. In
48 Raff H., Ryan M., Staehler F., Asset Ownership and Foreign Market Entry, CESifo Working Paper N. 1676,
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particolare, con riferimento alla dimensione delle imprese esaminate, essi rilevano come le imprese di dimensioni maggiori abbiano preferito investimenti greenfield, quelle minori investimenti brownfield e le più piccole invece si siano limitate alle semplici esportazioni. Per quanto riguarda la disponibilità di risorse invece, l’indagine rivela che quanto più un’impresa è dotata di risorse e possiede dei fattori ad alta produttività, tanto più sarà propensa a preferire l’investimento rispetto alle esportazioni, l’investimento greenfield al M&A e la creazione di una propria sussidiaria estera alla joint venture.
Questi risultati suggeriscono che nella scelta di effettuare un IDE, non sono rilevanti solo i fattori specifici dell’industria e del mercato di riferimento, ma anche le caratteristiche proprie della singola azienda.
Meyer e Estrin, studiosi di International Business, concentrano la loro attenzione sulla seconda fase del processo, identificando i principali fattori che possono portare l’impresa a scegliere tra un’acquisizione tradizionale, un investimento greenfield o la forma ibrida del brownfield. Secondo gli studiosi, alla base della scelta della modalità di entrata nel mercato estero, c’è l’obiettivo strategico del progetto di internazionalizzazione che, frequentemente, riguarda il controllo di determinate categorie di risorse. Il tipo di risorse cercato, varia in base all’intento strategico perciò, per poter imboccare la strada migliore, l’impresa dovrà individuare le risorse necessarie al raggiungimento del suo obiettivo. Tali risorse possono appartenere all’impresa locale, all’investitore o al mercato.
Il primo fattore da considerare sono le risorse in possesso dell’impresa locale, soprattutto dal punto di vista tecnologico, e la struttura competitiva dell’industria. Un’acquisizione richiede, infatti, in primo luogo, l’individuazione un target di imprese che possiede l’insieme di risorse cercato dall’investitore. Nelle economie sviluppate, i target potenziali di imprese sono disponibili e pertanto sono facilmente valutabili; nei Paesi in via di sviluppo invece, potrebbero non esserci imprese dotate dei giusti assets e questo riduce notevolmente gli IDE nella forma di acquisizione.
Oltre alle risorse in possesso dell’impresa locale, è importante considerare anche i costi legati alle barriere create dal mercato. Un investimento greenfield incrementa la capacità produttiva del luogo e potrebbe incitare delle ritorsioni o delle battaglie competitive da parte delle industrie concorrenti, già operanti sul mercato. Un’acquisizione al contrario, non intacca la concentrazione concorrenziale e può assicurare all’investitore una quota iniziale di mercato. Altre barriere all’entrata potrebbero esistere sotto forma di vincoli burocratici,
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attuati dal governo per proteggere l’economia locale dall’entrata di competitori esteri. In questo caso, un investimento brownfield è facilitato nel superare alcune barriere grazie all’accesso ai network o tramite licenze.
In sintesi, quando l’industria locale possiede risorse preziose per gli investitori e il mercato è protetto da alte barriere all’entrata, l’impresa investitrice tenderà ad entrare nel mercato attraverso un’acquisizione.
Il secondo fattore da considerare ai fini della scelta tra brownfield e greenfield sono le risorse in possesso dell’investitore stesso. Se quest’ultimo dispone di risorse che possono essere facilmente trasferite nella nuova unità e che costituiscono il core business dell’impresa, propenderà per un investimento greenfield. Tre tipi particolari di risorse possono guidare l’espansione internazionale attraverso greenfield: le competenze a carattere pubblico, le risorse manageriali e le risorse finanziarie. Le risorse in esame possono essere facilmente impiegate nella nuova attività senza sostenere i costi iniziali per il loro sviluppo e le affiliate riescono a raggiungere una posizione competitiva condividendo le risorse con l’impresa investitrice. Questo fa sì che gli IDE greenfield rappresentino una scelta naturale per le imprese caratterizzate da un forte vantaggio competitivo.
Una terza tipologia di risorse da considerare, sono quelle offerte dal mercato. Impegnarsi in un investimento greenfield richiede delle risorse complementari che possono essere reperite solo sul mercato locale: beni immobili, licenze commerciali, lavoratori locali, forniture di beni intermedi ecc. Ottenere queste risorse non è sempre semplice poiché, da un lato il mercato potrebbe non esserne dotato e dall’altro le imprese locali detentrici di risorse di qualità potrebbero non volerle vendere, in quanto artefici del loro vantaggio competitivo. Entrare in un Paese con una bassa qualità di risorse disponibili nel marcato, porta l’impresa investitrice a scegliere un’acquisizione piuttosto che un investimento greenfield.
Considerate le risorse dell’impresa locale, dell’investitore e del libero mercato, è necessario tenere presente altri due aspetti rilevanti nel processo di scelta tra greenfield and brownfield: i costi di transazione e i costi di adattamento ed integrazione delle risorse. Una volte identificate le risorse disponibili, infatti, l’impresa dovrà adoperarsi per entrarne in possesso e per integrarle, attivando un processo che risulta spesso molto costoso. Unire insieme delle risorse che prima appartenevano a business molto diversi comporta costi di transazione, sia nel mercato del controllo societario, sia nel mercato locale per le risorse complementari.
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In primo luogo, i costi di transazione sono strettamente legati all’efficienza raggiunta nei mercati del controllo societario. L’efficienza e l’organizzazione di un mercato hanno un impatto considerevole nella possibilità delle imprese straniere di acquisire imprese locali: essa può variare notevolmente da Paese a Paese e l’inefficienza comporta un aumento dei costi di transazione delle acquisizioni straniere. Cercare target appropriati, analizzare la loro situazione economica, negoziare con i proprietari e adottare comportamenti che soddisfano le condizioni imposte dai governi, sono esempi di costi di transazione. Gli investitori
brownfield possono ridurre tali costi considerando una vasta gamma di alternative, ma
durante la fase di negoziazione potrebbero incorrere in maggiori conflitti rispetto agli investitori greenfield. Ne deriva che l’entrata in Paesi caratterizzati da un mercato del controllo societario meno sviluppato, favorisce gli investimenti greenfield.
Per quanto riguarda invece il mercato delle risorse complementari, esso è solitamente efficiente nelle economie sviluppate ma non lo è necessariamente in quelle in via di sviluppo. Un mercato caratterizzato da inefficienza burocratica locale, ostacoli all’accesso alle infrastrutture, difficoltà nell’individuare fornitori locali di materiali e nel reclutare forza lavoro, comporta costi extra e ritardi nella realizzazione di un investimento, svantaggiando quindi i progetti greenfield.
L’investimento dell’impresa non si conclude con l’ottenimento delle risorse necessarie per raggiungere l’obiettivo strategico, in quanto esse dovranno essere amalgamante, al fine di creare all’interno del network dell’investitore una nuova efficiente unità di business. La scelta della modalità di investimento deve quindi considerare anche gli sforzi richiesti dal processo di integrazione e adattamento. A questo proposito gli autori osservano che l’integrazione è facilitata se esiste un “fit” tra le due imprese dal punto di vista strategico ed organizzativo, in quanto si riduce la necessità di ristrutturare l’impresa acquista per adattarla alle esigenze dell’investitore. Altrettanto importante è l’interazione tra le culture nazionali delle imprese. La distanza culturale può provocare l’insorgere di problemi comunicativi e impedisce la totale adozione delle competenze trasferite dall’investitore nell’impresa acquisita. Quest’ultima in particolare, affronta una cosiddetta “double-layer acculturation” poiché viene influenzata sia dalla cultura locale sia dalle usanze proprie dell’impresa investitrice. I costi di integrazione post-acquisizione tendono pertanto ad aumentare se le imprese coinvolte sono caratterizzate da una distanza culturale, e questo favorisce la modalità di entrata greenfield; al contrario, in caso di affinità culturale, l’impresa investitrice
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affronterà meno ostacoli nell’integrare la nuova acquisita e sarà perciò più invogliate a scegliere un’acquisizione.
In definitiva, gli investitori che optano per un investimento greenfield possono evitare i costi di integrazione ed adattamento ma sono molto più sensibili all’impatto dei costi di transazione. Pertanto, le imprese caratterizzate da una struttura organizzativa e da una cultura simile a quella dell’impresa acquisita, nonché dotate di buone capacità manageriali, saranno più propense a scegliere un investimento sotto forma di acquisizione.
Tutte le considerazioni fatte in questo paragrafo possono essere riassunte in un modello generale (Fig.2.2).
Fig.2.2 – Modello di scelta della modalità di entrata nel mercato estero
Fonte: CIS – Middle Europe School, London Business School 1999
Come emerge dal modello, la scelta della modalità di investimento dipende innanzitutto dalle risorse richieste dal progetto strategico e, successivamente, dalle risorse disponibili nelle imprese locali, nell’impresa investitrice e nel libero mercato. Tutte le risorse andranno valutate in primis considerando i costi di transazione richiesti (TC) e in seguito, focalizzando l’attenzione sull’eventuale bisogno di integrarle ed adattarle al sistema esistente (IC).
L’investimento brownfield rappresenta una via di mezzo tra l’acquisizione vera e propria e l’investimento greenfield, permettendo la realizzazione di progetti che né l’investitore né l’impresa locale potrebbero implementare da soli. Come soluzione ibrida, infatti, il brownfield riesce a superare ostacoli derivanti dalla presenza limitata di determinate risorse e da alti costi di transazione, nonché contenere il rischio di esposizione in particolari mercati.
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D’altro canto, esso può incorrere in maggiori costi di integrazione, poiché porta l’investitore ad impegnarsi in una maggiore ristrutturazione dell’impresa acquisita e in un considerevole trasferimento di risorse.
Dal punto di vista empirico, negli ultimi vent’anni si è osservata una netta preferenza per gli investimenti realizzati attraverso fusioni ed acquisizioni rispetto agli investimenti greenfield. Diverse sono le ragioni che spiegano questo trend. La scelta di realizzare un’acquisizione o una fusione permette innanzitutto una maggiore rapidità, sia in termini di entrata nel mercato estero che di predisposizione delle risorse per competere. E’ anche rilevante l’asimmetria informativa relativa al valore potenziale dell’investimento greenfield, mentre solitamente il mercato finanziario fornisce delle informazioni sufficienti per le operazioni di fusione o acquisizione.
Oltre alla distinzione tra IDE brownfield e greenfield, non va dimenticato che una parte consistente degli IDE è finalizzata alla creazione delle cosiddette Special Purpose Entities (SPES), ovvero alla costituzione di società estere che nascono per beneficiare dei vantaggi, fiscali e finanziari, garantiti alle società straniere da alcuni Paesi.
2.3 Le determinanti degli IDE
Come accennato nel primo paragrafo, le imprese possono decidere di attuare la propria strategia di internazionalizzazione secondo diverse modalità: le esportazioni, i contratti di licenza, gli IDE. Affinché la scelta delle imprese ricada su questi ultimi, è necessario che si verifichino delle condizioni ben precise.
Per individuare le principali determinanti degli IDE facciamo riferimento alla teorica eclettica elaborata49 da John Dunning nel 1976, denominata poi dallo stesso autore
“paradigma eclettico”. La teoria in oggetto, pur presentando punti di debolezza, rimane un punto saldo nella spiegazione del perché le imprese internazionalizzano e soprattutto del perché scelgono gli IDE.
Secondo quanto sostiene l’economista, un’impresa deciderà di effettuare degli IDE qualora si verifichi la contemporanea presenza di tre tipi di vantaggi:
1. gli ownership advantages, ovvero vantaggi esclusivi, connessi all’impresa stessa;
49La teoria eclettica di Dunning, proposta per la prima volta nel 1976 e successivamente rivisitata dall’autore
stesso, può essere definita sia come una somma di contributi precedenti sia come un loro ampliamento ed approfondimento.
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2. gli internationalisation advantages, connessi al fatto che l’impresa può sfruttare maggiormente le prime due tipologie di vantaggi se essa - 60 -e localizzar i costi delle transazioni intermedie piuttosto che farli passare sul mercato.
3. i location advantages, cioè vantaggi legati alle caratteristiche dello stato estero in cui l’impresa effettua gli IDE;
Qualora non si presentino tutti questi vantaggi, l’impresa sceglierà di operare all’estero avvalendosi di altri tipi di strumenti, diversi dagli IDE. La decisione circa modalità di internazionalizzazione dipenderà perciò dal’intreccio dei diversi tipi di vantaggi (Tab. 2.1).
Tab.2.2 – Relazione tra i tipi di vantaggi godibili dall’impresa e la sua modalità di operare all’estero
Fonte: Dunning, 1988, p. 28, elaborazioni Ranieri, 2004.
Le tre categorie di vantaggi individuate da Dunning racchiudono le diverse ragioni che portano un’impresa a - 60 -e localizzare in un’area geografica estera.
La cosiddetta triade OLI (Ownership, Location, Internalisation) verrà qui esaminata nel dettaglio.