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L’internazionalizzazione commerciale

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE NELLE PMI: UN’INDAGINE CAMPIONARIA

SETTORI AGGREGATI FREQUENZA Assoluta Percentuale

4.3 L’internazionalizzazione commerciale

Dopo aver descritto a livello generale il nostro campione, approfondiamo il tema dell’apertura internazionale a livello commerciale e distributivo.

L’internazionalizzazione commerciale è ormai un fenomeno consolidato e diffuso tra tutte le classi di imprese, comprese quelle di dimensioni minori. 76 Come evidenziano i dati del

nostro campione, quasi il 70 per cento delle imprese intervistate realizza una parte delle proprie vendite all’estero, con un’incidenza media dell’export sul fatturato complessivo pari al 27,6 per cento. (Tab.4.3). Solo un terzo del campione dichiara di limitare la propria distribuzione al mercato domestico.

Disaggregando i dati rilevati per classe di fatturato, emerge nettamente come, all’aumentare della dimensione, corrisponda un incremento del numero di imprese esportatrici.

76 Centro Studi CNA (in collaborazione con Centro TeDIS VIU), Rapporto “Le PMI e la sfida della

internazionalizzazione. Analisi e proposte di policy”, 2011.

37,1

40,0

15,4

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Tab. 4.3 – Grado di internazionalizzazione commerciale del campione di imprese

Imprese esportatrici Incidenza export su fatturato totale

Imprese esportatrici con rete commerciale

all'estero¹

v.a. (% sul totale) (% per classe) (% )

Classi di fatturato

Micro (1-2 ml euro) 91 54,8 20,4 38,5

Piccola (1,1-10 ml euro) 181 73,3 29,1 56,9

Media (10,1-50 ml euro) 55 79,7 34,0 69,1

Grande (oltre 50 ml euro) 20 100 49,2 80,0

Totale 347 69,1 27,6 55,3

¹ Considero le imprese esportatrici che hanno una rete distributiva per la vendita di prodotti anche all'estero.

Fonte: elaborazione su dati TeDIS, 2011

Il picco viene raggiunto nella classe della grande impresa, dove il 100 per cento del campione intrattiene rapporti internazionali. Particolarmente significativi sono tuttavia i dati rilevati per le imprese di dimensione minore poiché oltre il 50 per cento delle micro imprese esporta all’estero e tale percentuale sale al 73 per cento nel caso delle piccole imprese.

Tra imprese esportatrici, il 55 per cento ha sviluppato una rete commerciale per distribuire i propri prodotti all’estero. Anche in questo caso i dati interessanti riguardano le imprese minori poiché, a dispetto dei limiti derivanti dalla piccola dimensione, quasi la metà di esse ha strutturato una rete distributiva all’estero (il 38,5 per cento delle micro imprese e il 56,9 delle piccole imprese).

Diverse sono le modalità di internazionalizzazione commerciale attraverso cui le imprese operano all’estero. Mentre le imprese di dimensioni maggiori si avvalgono principalmente di filiali, punti vendita di proprietà o in franchising, le piccole e medie imprese operano per lo più attraverso reti di agenti monomandatari o plurimandatari, che hanno l’incarico di individuare nuovi potenziali clienti nei mercati esteri, in nome e per conto dell’azienda. Questa tendenza rappresenta una novità rilevante soprattutto per le imprese che tradizionalmente si sono affidate alle esportazioni indirette, considerate il canale di ingresso nei mercati internazionali meno impegnativo per l'azienda produttrice. Ricorrendo all’esportazione indiretta, infatti, l’impresa fornitrice non presiede direttamente il mercato di

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sbocco ma delega la distribuzione dei propri prodotti a soggetti terzi i quali, dopo averli acquistati, li rivendono sui mercati esteri a proprio nome. Questa modalità, pur avendo garantito per molto tempo delle buone performance esportative, ha evidenziato i propri limiti. Se da un lato l’impresa fornitrice è sollevata dalle problematiche connesse alla gestione dei rapporti con l’estero, infatti, dall’altro non riesce a controllare il posizionamento del prodotto nel mercato finale e i mutamenti della domanda mondiale. Negli ultimi anni in particolare, questa mancanza si è trasformato in un vero punto di debolezza per le PMI italiane, che, non potendo presidiare direttamente i mercati di sbocco, rischiano di non soddisfare tempestivamente i bisogni dei consumatori esteri, perdendo quote di mercato a favore dei concorrenti locali o internazionali.

Tra le diverse traiettorie geografiche seguite dalle imprese nelle loro attività di internazionalizzazione, particolarmente interessanti risultano i dati relativi alla distribuzione dei prodotti nelle economie emergenti (Tab.4.4).

Tab. 4.4 – Imprese che distribuiscono nei Paesi emergenti e modalità di internazionalizzazione

Fonte: elaborazione su dati TeDIS, 2011

Notiamo innanzitutto che quasi il 40 per cento delle imprese intervistate che ha dichiarato di distribuire i propri prodotti nei Paesi emergenti, di cui il 24 per cento è costituito da micro imprese e il 40 per cento da piccole imprese. La forma di commercializzazione più diffusa sono le esportazioni dirette, che raggiungono una percentuale del 61,9 per cento

DISTRIBUISCE NEI PAESI EMERGENTI MODALITA' DI INTERNAZIONALIZZAZIONE COMMERCIALE Esportazione indiretta Esportazione diretta Accordi commerciali Investimenti diretti esteri

v.a. % % sulla classe

Classi di fatturato

Micro (1-2 ml euro) 41 24,0 12,2 46,3 12,2 9,8

Piccola (1,1-10 ml euro) 105 40,7 6,8 66,7 7,6 2,9

Media (10,1-50 ml euro) 42 60,0 21,4 61,9 4,7 12,0

Grande (oltre 50 ml euro) 13 65,0 30,8 69,2 15,4 15,4

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equamente distribuita tra le diverse classi dimensionali. Il dato più interessante è sicuramente quello relativo agli investimenti diretti esteri. Sebbene con percentuali più modeste rispetto alle imprese di dimensioni maggiori, infatti, colpisce il fatto che anche le micro e le piccole imprese abbiano fatto ricorso a questa modalità di commercializzazione. Questi dati avvallerebbero quindi le teorie secondo cui anche le imprese di dimensioni minori starebbero iniziando ad attuare percorsi di internazionalizzazione più “pesanti”, ritenuti tradizionalmente concretizzabili solo dalle imprese più strutturate.

Sul fronte delle direttrici geografiche, le imprese italiane commercializzano principalmente nei Paesi emergenti dell’Est Europeo, dove emergono in particolare la Romania e la Polonia. Anche Paesi come la Bosnia, la Croazia e la Serbia tuttavia, stanno iniziando a catturare l’attenzione dei produttori italiani. Nell’America Meridionale spicca il mercato brasiliano, che attira oltre il 15 per cento delle vendite realizzate nei Paesi emergenti, seguito da quello argentino. Anche i mercati del Nord Africa, guidati da Egitto e Marocco, dimostrano un buon potenziale di attrazione. Guardando ai singoli Paesi, la Cina si conferma il principale sbocco commerciale: oltre l’11 per cento delle imprese vendono nel mercato cinese, contro il 7,0 per cento della Russia e il 6,7 dell’India. (Fig. 4.2)

Fig.4.2 – Principali mercati di sbocco tra i Paesi emergenti (valori assoluti)

Fonte: elaborazione su dati TeDIS, 2011

0 20 40 60 80 100 120 Est Europa Sud America Cina Russia India Nord Africa Corea del Sud Turchia

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In linea generale è possibile affermare che esiste una relazione tra la dimensione d’impresa e la sua capacità di internazionalizzazione commerciale: al crescere della classe di fatturato, aumenta il numero di imprese che distribuiscono i propri prodotti all’estero, principalmente attraverso esportazioni dirette o indirette. Si notano tuttavia dei cambiamenti nelle modalità di commercializzazione delle imprese ed in particolare delle PMI, sempre più orientate verso i mercati internazionali. Il crescente interesse verso le opportunità offerte dai mercati esteri, infatti, ha portato le imprese minori a estendere il proprio raggio d’azione, conquistando progressivamente un ruolo tutt’altro che marginale anche nel panorama degli scambi internazionali. Il desiderio di ottenere un controllo maggiore sulla distribuzione dei propri prodotti e una presenza concreta nei mercati finali, è talvolta culminato addirittura nelle forme di più impegnative internazionalizzazione commerciale, come la realizzazione di IDE. Ne deriva un mercato mondiale in continua evoluzione, con esiti tutt’altro che scontati.