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Il caso giudiziario e la vicenda del romanzo

Arthur & George di Julian Barnes

4.1 Il caso giudiziario e la vicenda del romanzo

I protagonisti eponimi del romanzo sono due personaggi storici: lo scrittore Arthur Conan Doyle, celebrato inventore del detective Sherlock Holmes, e il meno conosciuto George Edalji, un procuratore7 di origini parsi che nel 1903 fu condannato a sette anni di carcere perché ritenuto colpevole di una serie di crimini commessi nella contea di Great Wirley, (Staffordshire): la redazione di lettere minatorie anonime e, soprattutto, la mutilazione di capi di bestiame del circondario. Il caso è ritenuto una sorta di affare Dreyfus britannico, la condanna di un innocente da parte di un’intera comunità solo per le sue origini “diverse”. Come il caso Dreyfus divenne famoso in Francia grazie all’interessamento di Émile Zola, dopo la scarcerazione Edalji si appellò a Conan Doyle, in quanto scrittore influente e creatore del detective più famoso del momento. Doyle decise di intervenire per ottenere la riabilitazione del nome di Edalji e una dichiarazione ufficiale della sua innocenza. Anche se la revisione del caso sollecitata da Doyle permise a Edalji di ricominciare a esercitare la propria professione, la sua riabilitazione non fu completa, dato che il procuratore non venne scagionato dall’accusa di aver scritto almeno alcune delle lettere minatorie che avevano preceduto i crimini, e non ricevette alcun risarcimento per gli anni passati in carcere. Tuttavia il caso Edalji è ritenuto alla base della costituzione della Court of

Criminal Appeal nel 1907, una corte d’appello per permettere la revisione di

errori giudiziari come quelli che si erano verificati a Great Wirley.

7 “Procuratore” è il termine con cui nella traduzione italiana del romanzo (Barnes, Julian, Arthur e

George, Torino, Einaudi, 2007, tr. Susanna Basso e Daniela Fargione) viene tradotto l’inglese solicitor, il nome tradizionalmente attribuito nel sistema giuridico inglese a un tipo di avvocato che si cura soprattutto del rapporto con il cliente e funge da mediatore con il barrister, l’avvocato che invece si occupa della vera e propria accusa o difesa davanti alla corte.

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Nel romanzo di Barnes un narratore in terza persona segue i due punti di vista di Doyle e Edalji (e occasionalmente di altri personaggi), introdotti al lettore dall’alternanza di paragrafi intitolati “Arthur” e “George”. La vicenda inizia dall’infanzia dei due protagonisti, dalla quale emergono evidenti differenze tra i due, nell’educazione e nel carattere: Arthur nasce a Edimburgo da genitori irlandesi, e subisce fin da piccolo l’influenza della madre, che per lo scrittore costituisce un incrollabile esempio di saggezza e moralità e suscita in lui i primi interessi narrativi, con i suoi racconti di cavalieri e di dame, che il piccolo Arthur ascolta avidamente. Sportivo ed estroverso, Arthur intraprende gli studi medici e decide di specializzarsi in oftalmologia. Ben presto, però, la creazione del personaggio di Sherlock Holmes, le cui storie ottengono un grande successo di pubblico, gli permette di vivere agiatamente come scrittore nella sua nuova casa nel Surrey, a South Norwood, insieme alla moglie Louisa “Touie” Hawkins. George cresce invece nella canonica di Great Wirley, dove il padre, un parsi convertito al cattolicesimo, è il parroco della comunità e vive con la moglie scozzese e i tre figli. A differenza di Arthur, George è molto introverso, non ha amici e subisce l’influenza ingombrante del padre, che lo cresce secondo chiari e severi principi morali. George studia per diventare procuratore e trova nella sua professione la sicurezza che gli manca nella vita di tutti i giorni, dove il suo carattere chiuso gli causa notevoli difficoltà nello stringere rapporti con altre persone. La canonica è colpita fin dall’infanzia di George da lettere anonime e atti vandalici di vario tipo, che, dopo un periodo di interruzione, riprendono quando George ha ormai ventisette anni e precedono di poco l’inizio delle mutilazioni degli animali. La polizia dello Staffordshire si lascia indurre da una serie di pregiudizi nei confronti di George a ritenerlo autore di molte delle lettere e dei crimini. Dopo il suo arresto ha inizio il processo, ricostruito da Barnes nel dettaglio e caratterizzato dalla manipolazione degli indizi riguardanti George, che inducono la giuria a dichiararlo colpevole. Condannato a sette anni, egli viene scarcerato dopo tre, senza che però la sua innocenza venga ufficialmente riconosciuta, mettendolo dunque in una posizione scomoda e imbarazzante e impedendogli di riprendere la sua professione o una vita normale. George decide dunque di fare appello a Arthur, che, nel frattempo, sta attraversando un brutto

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periodo: la moglie Touie è da tempo malata di tubercolosi, e lo scrittore è innamorato di un’altra donna, Jean Leckie; si rifiuta però, per senso dell’onore, di fare di lei la sua amante. La morte di Touie, anziché rendere tutto più facile, sembra gettare lo scrittore in uno stato di sconforto, apatia, e incertezza sul da farsi, dal quale si risolleva solo quando decide di attivarsi per il caso Edalji. Immediatamente convinto dell’innocenza assoluta di George, inizia una serie di indagini che lo vedono nei panni del detective, accompagnato dal suo “Watson”, il segretario e copista Alfred Wood. L’articolo scritto da Arthur sul caso Edalji ottiene sufficiente risonanza e, come accennato sopra, permette a George di ricominciare a condurre una vita normale, pur non scagionandolo da tutte le accuse. Il caso rimane tuttavia sostanzialmente irrisolto, in quanto le indicazioni di Arthur sulla presunta colpevolezza di altri due abitanti di Great Wirley non ottengono seguito. Dopo il caso Edalji Arthur decide finalmente di sposare Jean e George viene invitato al loro matrimonio. L’ultima sezione del romanzo è ambientata anni più tardi, poco dopo la morte di Arthur (1930). I familiari organizzano per il defunto una seduta spiritica pubblica, durante la quale una medium cercherà di mettersi in contatto con Conan Doyle, i cui interessi per lo spiritismo erano da tempo noti a tutti. George decide di assistere alla seduta, sebbene non creda nello spiritismo, e il romanzo si conclude con la fine dello spettacolo soprannaturale, sulla cui natura George rimane indeciso.

È facile vedere come la vicenda offra uno spunto di potenziale attrattiva per uno scrittore postmoderno interessato al confine tra fiction e realtà, ovvero il tema dell’autore di detective stories che finisce per diventare lui stesso un detective nella vita reale. Questo spunto, però, non prende il sopravvento sulla narrazione, che mantiene evidenti elementi realisti: Barnes ha dichiarato di aver cercato di ricostruire il periodo storico dell’Inghilterra edwardiana anche attraverso il linguaggio,8 e il risultato è una voce poco intrusiva e più convenzionalmente

8 Cfr. intervista di Xesús Fraga in Guignery, Vanessa and Roberts, Ryan, op.cit., p.135: “I suppose my way of getting into that period and evoking that period for readers today is to do it through the way the characters think and the way that they talk and through the language of the prose rather than amassing a great amount of historical detail”. Questo aspetto è sottolineato anche in Wolfe, Peter, “Arthur & George (Review)”, Prairie Schooner, 82, 3, Fall 2008, p.187: “Known for his fictive experiments, Julian Barnes has now written a novel that unfolds in Victorian England and uses both a Victorian idiom and an omniscient narrator like the ones found in Victorian fiction.”

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“realista”, un narratore in terza persona che permette al lettore di entrare nella mente dei due personaggi principali e, occasionalmente, di quelli secondari (come accade nei paragrafi dedicati al punto di vista dell’ispettore Campbell, chiamato da Birmingham per indagare sul caso, o a quello del capo della polizia Anson, avversario di Arthur nella risoluzione del crimine). Un simile narratore favorisce la mimesi e la creazione di personaggi credibili, in quanto la voce si inserisce perfettamente nella vicenda e non ha mai un atteggiamento condiscendente da scrittore avvantaggiato dal punto di vista postumo sugli eventi, un aspetto che è stato lodato da diversi critici:9 secondo Moore Barnes “patronises neither them [the characters] nor their old-fashioned values”,10 mentre Holmes sottolinea il merito di Barnes “for accepting the past in its own terms rather than trying to refashion it in the image of the present”;11 dunque Barnes tenta di fare quello che

nel romanzo storico postmoderno era stato ormai dichiarato impossibile, ricreare fedelmente le circostanze storiche in cui vivono i personaggi. Hanks nota anche come, nonostante un certo grado di ironia nella voce narrante, i personaggi siano comunque presi sul serio, anziché essere privati di credibilità ed emergere come pure costruzioni letterarie. “Doyle steps into the fiction as a figure who closely resembles his own creation, Holmes, and while this carries a trace of postmodern whimsy there is the more compelling resonance of a very real character driven by a respect for truth and justice”.12

Il tema della verità ha appunto notevole importanza nel romanzo, un tema trattato da Barnes anche in opere precedenti e che è ben familiare alla narrativa postmoderna: si tratta del problema della distanza tra realtà e narrazione della realtà, la cui incolmabilità rischia di rendere la verità inconoscibile e dunque inesistente. Ciò porta a sua volta a un altro problema, comune ai romanzi

9 Non tutti i recensori però sono d’accordo sull’efficacia dell’impianto realista del romanzo. Walter ritiene che tutti i capitoli siano scritti “in the same ponderous, detailed tone”, e che l’accuratezza del dettaglio storico non contribuisca a sufficienza alla caratterizzazione dei personaggi: “[w]hen George goes to prison, for instance, we learn lots of facts about Edwardian gaols, but I wasn’t sure that any of them brought me nearer to the experience of this single man sitting in one of the cells and facing his own individual tragedy” (Walter, Natasha, “Our mutual friends”, The Guardian, 2 July 2005.

10 Moore, Caroline, “A far from elementary novel”, The Telegraph, 4 July 2005. 11 Holmes, Frederick M., op.cit., p.155.

12 Bradford, Richard, The Novel Now. Contemporary British Fiction, Malden, Blackwell Publishing, 2007, pp.95-96.

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analizzati nei due capitoli precedenti, che riguarda il valore etico delle narrazioni. Questi due temi saranno approfonditi nelle pagine che seguono.