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La vicenda e il rapporto con il Postmodernismo

“Fatti” e narrazione in The Biographer’s Tale di A S Byatt

2.2 La vicenda e il rapporto con il Postmodernismo

Il romanzo è raccontato in prima persona dal protagonista, il ricercatore universitario Phineas G. Nanson, e comincia durante uno dei seminari tenuti dal suo professore, Gareth Butcher. Le citazioni e le analisi del professore, che si muovono tra Lacan, Empedocle e Freud, suscitano in Phineas il desiderio improvviso di abbandonare gli studi teorici di matrice postmoderna per dedicarsi a qualcosa di più concreto, che non lo metta in contatto solo con testi, ma anche con “cose”. Si rivolge perciò al professor Ormerod Goode, esperto di antiche lingue nordiche e di toponomastica, il quale gli consiglia di studiare l’arte della biografia, “an art of things, of facts, of arranged facts”.9 Come fonte di ispirazione fornisce a

Phineas i tre volumi che un noto biografo, Scholes Destry-Scholes, ha scritto sulla vita di Sir Elmer Bole, eclettico studioso e viaggiatore vittoriano. Affascinato dal modo di scrivere di Scholes, Phineas decide di iniziare a scrivere a sua volta la biografia del biografo, convinto di poter svolgere finalmente una ricerca basata sui fatti, ma reperire informazioni sulla vita di Destry-Scholes si rivela molto difficile: il biografo non ha lasciato molte testimonianze ed è scomparso misteriosamente al largo della Norvegia, nei pressi del gorgo marino chiamato Maelström. Phineas riesce a rintracciare solo alcuni brevi appunti e tre documenti scritti da Destry-Scholes, riportati per intero nel testo, che sembrano essere delle bozze per la biografia di tre personaggi storici: il botanico e naturalista Linneo, il fondatore dell’eugenetica Francis Galton e il drammaturgo Henrik Ibsen. Cercando informazioni su questi tre personaggi, Phineas si accorge che spesso Destry-Scholes non si è attenuto ai “fatti”, ma ha reinventato molti eventi biografici e, nel caso di Ibsen, ha scritto una vera e propria scena teatrale con il drammaturgo come protagonista. Nel frattempo l’attenzione di Phineas viene attirata da una riproduzione del Maelström nella vetrina di un negozio chiamato

Puck’s Girdle: si tratta di un’agenzia che organizza vacanze in luoghi di interesse

letterario secondo i gusti dei clienti, ed è di proprietà di un’affabile coppia omosessuale, Erik e Cristophe. Dato che i due sono in cerca di un collaboratore part-time, Phineas decide di fare richiesta e viene assunto. Qui dovrà confrontarsi

9 Byatt, A. S., The Biographer’s Tale, London, Vintage, 2001, p.5. Da qui in poi i numeri di pagina riferiti a The Biographer’s Tale saranno indicati tra parentesi nel testo.

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con un cliente misterioso e inquietante, che si rivelerà infine alla ricerca di vacanze di natura pedo-pornografica e sarà all’origine di una crisi di Phineas e di una sua temporanea rottura con Erik e Cristophe. Nel corso delle ricerche Phineas ha anche conosciuto due donne molto diverse tra loro, e con le quali finirà con l’intrattenere una relazione: la prima è Fulla Biefeld, studiosa svedese esperta di tassonomia delle api, che aiuta Phineas a reperire informazioni su Linneo e cerca di interessarlo al proprio campo di studi; la seconda è Vera Alphage, radiologa e giovane nipote di Destry-Scholes, in possesso di una vecchia scatola appartenuta allo zio. In questa si trovano pochi oggetti e una serie di biglietti e foto di vario contenuto, che Phineas si sforza di classificare nel tentativo di comprendere quale fosse il progetto su cui stava lavorando Destry-Scholes. Diventa tuttavia sempre più evidente che il protagonista non riuscirà a trovare informazioni illuminanti sulla vita del biografo, e la conclusione del romanzo corrisponde alla rinuncia, da parte di Phineas, al progetto biografico di Phineas, nonché agli studi letterari in generale. Phineas inizia ad aiutare Fulla nelle sue ricerche scientifiche sulle api (senza per questo smettere di vedere Vera) e riprende la collaborazione con Erik e Cristophe, progettando di utilizzare la sua nuova passione per la scrittura per un fine più pratico, ovvero la redazione di guide turistiche.

Una delle caratteristiche più evidenti della narrazione è l’ironia nei confronti delle teorie postmoderne, rappresentate come tipiche di un ambiente universitario arido e chiuso in sé, ripetitive al massimo, volte non a trovare il significato di un testo, ma a sovrapporvi di volta in volta schemi decisi in anticipo: “All the seminars, in fact, had a fatal family likeness. They were repetitive in the extreme. We found the same clefts and crevices, transgressions and disintegrations, lures and deceptions beneath, no matter what surface we were scrying” (1). A forza di analizzare e cercare paralleli, la realtà scompare, ed è proprio la realtà fatta di cose concrete che Phineas vuole invece recuperare: “I know a dirty window is an ancient, well-worn trope for intellectual dissatisfaction and scholarly blindness. The thing is, that the thing was also there. A real, very dirty window, shutting out the sun. A thing” (2).

Allo stesso tempo, il romanzo presenta anche evidenti caratteristiche postmoderne nella struttura e nella composizione. Prima di tutto i tentativi di

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Phineas di liberarsi dagli schemi di pensiero postmoderni vengono trattati con una certa ironia, dato che è evidente dal testo che essi continuano a persistere nel suo modo di esprimersi e di considerare le cose. Già il fatto che il protagonista cerchi di avvicinarsi alla “concretezza” della realtà decidendo di scrivere la biografia di un biografo, dunque una specie di metabiografia non troppo lontana dalle idee postmoderne, induce il lettore a sospettare dell’efficacia dei propositi di Phineas. Inoltre l’insistenza del protagonista sul suo abbandono delle teorie post- strutturaliste a favore di un approccio più pragmatico e realistico rivela in più punti del testo un’incertezza, una sorta di tentativo di autoconvincimento trattato dall’autrice con divertita indulgenza, come dimostrano i seguenti passi: “The project may have come to me in a dream. I am not being fanciful, simply precise.” (20), “One of the reasons why I abandoned – oh, and I have abandoned – post- structuralist semiotics, was the requirement to write page upon page of citations from Foucault (or Lacan or Derrida or Bakhtin) in support of the simplest statement” (114). Per di più, durante le sue ricerche Phineas non riuscirà a esimersi dal citare a lungo le idee di Foucault (114-115) e di Barthes (140-141).

Oltre a questi aspetti del narratore, il testo presenta un’intertestualità molto marcata, con i documenti, le lettere e le immagini trovate da Phineas riportate per intero nel testo, e una mescolanza tra documenti fittizi e reali: alcuni dei testi rinvenuti da Phineas sono immaginari, nel senso che sono stati scritti da Byatt e attribuiti ai personaggi del romanzo, altri sono citazioni di personaggi storici realmente esistiti. Proprio nei personaggi è ancor più evidente la mescolanza tra realtà e finzione: The Biographer’s Tale è la storia di un ricercatore fittizio, che cerca di scrivere una biografia su un biografo fittizio, il quale però ha scritto degli studi biografici su tre personaggi storici realmente esistiti, Linneo, Galton e Ibsen, dei quali appunto vengono riportate alcune citazioni. Infine, il romanzo presenta una forte componente autoriflessiva, dato che Phineas si pone continuamente domande su quale sia il modo migliore di scrivere una biografia, o di scrivere in generale.

Queste caratteristiche hanno indotto alcuni critici a classificare il romanzo come decisamente postmoderno. Ad esempio Nünning lo inserisce in un genere denominato ‘fictional metabiography’, perché “as in many other self-reflexive

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fictional biographies, it is not the representation of a biographee’s life itself that provides the focus […] but rather the process of biographical and historical reconstruction”.10 Un aspetto che contribuisce alla classificazione del romanzo

come postmoderno è anche il fallimento della ricerca di Phineas, che sembra portare in primo piano l’impossibilità di conoscere e riprodurre la realtà passata in maniera oggettiva: la storia di Phineas implicherebbe cioè

that there is not one truth about a biographee’s life, only a series of versions which are dependent on and constructed by the auto/biographer rather than retrive from the past. Moreover, […] biographers cannot check whether there is any correspondence between their versions of history and the real events of the past because the latter are inaccessible except through textualized or visual representations, the authenticity of which is shown to be dubious at best.11

In base a ciò, Nünning può affermare che romanzi come The Biographer’s Tale “call into question the ontological boundary between fact and fiction, the real and the imaginary”.12

È indiscusso che alla base del romanzo si trovi una volontà di indagare questo confine, ma occorre fare delle distinzioni. La mescolanza di fatti e finzione è caratteristica dei documenti scritti da Destry-Scholes, un biografo che crea testi sperimentali appropriandosi di aspetti della vita di personaggi storici per poi modificarne dei particolari, o mescolarla con narrazioni fittizie di suo pugno (è il caso della scena di teatro che si trova nel documento su Ibsen) o di altri scrittori (come la descrizione del Maelström nel documento su Linneo, che Phineas scopre essere stata rielaborata dal racconto di E. A. Poe A Descent into Maelström). La stessa tendenza a modificare la realtà si trova negli scritti di alcuni dei personaggi storici considerati: il documento su Linneo riguarda la sua spedizione in Lapponia, dalla quale lo studioso ricavò, oltre allo studio di botanica denominato

Flora Lapponica, un resoconto delle proprie esperienze di viaggio; questo

10 Nünning, Ansgar, “Fictional Metabiographies and Metaautobiographies: Towards a Definition, Typology and Analysis of Self-Reflexive Hybrid Metagenres”, in Huber, W., Middeke M., Zapf, H. (ed.), Self-Reflexivity in Literature, Vol. 6, Würzburg, Königshausen & Neumann, 2005, p.203. 11 Ibidem, p.207.

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resoconto non è esattamente fedele ai fatti, come dimostra proprio la descrizione del Maelström, che Linneo, come Phineas apprende da Fulla Biefeld, non aveva mai visto: “‘He never went to the Maelström. [...] He said he went there,’ Fulla Biefeld said. ‘It is Linnaeus’s little untruth. Big lie, maybe. The weather stopped him from going to Maelström. […] He never went. He romanced it.’” (112-113). Ma il fatto che alcuni personaggi presentino questa tendenza a mescolare la realtà con l’immaginazione non implica automaticamente che il romanzo sostenga l’impossibilità di distinguere tra le due. Anzi, Phineas e il lettore acquisiscono contemporaneamente la capacità di distinguere il falso dal vero, proprio man mano che vengono rivelati i punti in cui Destry-Scholes “had romanced further what Linnaeus had already romanced” (112). Le distinzioni più nette sono rimarcate dal personaggio di Fulla, pragmatica tassonomista in grado, grazie alle sue conoscenze, di smascherare Destry-Scholes: ‘This is a tissue of truths and half-truths and untruths, I rather suspect. […] It is true Linnaeus was interested in superstition and magic. But all this spirit-journey is most unlikely, most. On the other hand, the Furia Infernalis is authentic. There are inauthentic fabrics here suspended from authentic hooks’” (118-119). Quanto ai biglietti trovati da Phineas nella scatola appartenuta a Destry-Scholes, spetterà al protagonista valutarne l’autenticità, distinguendo quelli scritti dal misterioso biografo da quelli contenenti citazioni da altri autori. Nel complesso, il lettore ricava l’impressione che sia Destry-Scholes a cercare di confondere, con le sue pratiche letterarie “ibride”, i confini tra fatti e finzione, e che all’origine della rinuncia agli studi letterari di Phineas ci sia proprio una condanna di questo modo di procedere. Destry-Scholes si rivela un personaggio sempre più “postmoderno”, e Phineas inizia ad avere dubbi anche sull’affidabilità dei tre volumi biografici su Sir Elmer Bole, che all’inizio lo avevano tanto colpito per la loro fattualità. Per Stott, con il personaggio di Destry-Scholes Byatt commenta negativamente la piega presa da un certo tipo di letteratura postmoderna, ad esempio quella delle biografie sperimentali che mescolano i fatti con la fiction.13

13 Una delle opere più famose in questo campo è sicuramente Flaubert’s Parrot di Julian Barnes, rispetto al quale The Biographer’s Tale potrebbe costituire una risposta. Cfr. Stott, Cornelia, The Sound of Truth. Constructed and Reconstructed Lives in English Novels since Julian Barnes’s Flaubert’s Parrot, Marburg, Tectum Verlag, 2010, p.209: “A. S. Byatt’s strongly theoretical novel The Biographer’s Tale speaks out against postmodern forms of (auto)biography. The book can be

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È vero che anche il romanzo in sé, come visto, prevede una mescolanza di fatti e personaggi storici con fatti e personaggi immaginari, ma non cerca mai di ingannare il lettore al riguardo, mettendolo anzi a parte delle scoperte di Phineas. Anche il modo di scrivere e di procedere di Phineas è rivelatore in questo senso, dato che il protagonista si sforza sempre di essere il più preciso e dettagliato possibile: la pedanteria con la quale riporta fedelmente i documenti da lui rinvenuti, la sua insofferenza nei confronti della mancanza di Scholes di corredare le sue citazioni di autore e fonte, sono un segno dell’approccio documentaristico e realistico di Phineas, che cerca di contrastare l’incuranza postmoderna di Destry- Scholes con un’attenzione maniacale ai dettagli e alle parole giuste da usare nel riportare le proprie avventure: “I am trying to avoid the problem of the decay of belief in the idea of objectivity by slipstreaming towards the safer, ideologically unloaded idea of precision.” (250). L’imprecisione viene infatti ironicamente presentata come una delle caratteristiche principali del Postmodernismo, nel quale “inaccuracies can be subsumed as an inevitabile part of postmodern uncertainty, or play, one or the other or both” (2), ed è per questo che Phineas trae un piacere particolare dalla sua pedanteria, e dal poter correggere gli errori di Destry- Scholes: “correcting his errors gave me a peculiar thrill of achievement, of doing something solidly scholarly, adding to the sum of facts” (29). La persistenza dell’incertezza di Phineas riguardo all’efficacia della propria scrittura dimostra sì la consapevolezza postmoderna che la coincidenza perfetta tra parole e cose non potrà mai essere raggiunta, ma questo non toglie che si debba comunque tentare di essere precisi col linguaggio e di non passare all’estremo opposto dell’“anything goes”. Lungi dal trarre la conclusione che non esiste una versione “vera” dei fatti e che dunque è legittimo reinventarli, Phineas è profondamente turbato dalla scoperta che Destry-Scholes non si è attenuto alla realtà. La condanna della mescolanza di fatti e immaginazione è resa esplicita dal paragone con gli “ibridi” fotografici di Galton, in cui la composizione di volti di più persone permette di ricavare un “tipo” genetico ideale ma meno vivo, mentre il noto utilizzo delle

seen as an anti-biographical reply to Flaubert’s Parrot, in that it creates a very similar plot, research project and theoretical frame of reference around biographical writing and then proceeds to negate the possibility of biography in favour of fictional narration.”

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teorie eugenetiche sul miglioramento della razza umana effettuato durante il nazismo evidenzia l’inaccettabilità etica di questo tipo di mescolanze artificiali. Ugualmente controversi dal punto di vista etico risultano gli “innesti” romanzeschi di Destry-Scholes, operati con incuranza su personaggi storici. Questo è il tipo di ibrido che Byatt ha considerato con particolare attenzione in interviste e saggi critici, essendosi cimentata più volte in narrazioni incentrate su personaggi realmente esistiti. Parlando delle sue fonti di ispirazione per il racconto The Conjugal Angel, in cui compaiono Alfred Tennyson e la sorella Emily Jesse, Byatt ha espresso la sua convinzione che la fiction possa riempire i “buchi” della storia, dato che “absence of information starts the imagination working”;14 ma allo stesso tempo, quando informazioni storiche precise sono

presenti, occorre rispettarle: “If you put somebody real in a novel, you owe them some kind of respect”.15

Il problema è capire in cosa consista questo rispetto, cioè dove stia il limite nell’utilizzo dell’immaginazione; interessante in The Biographer’s Tale è che il sospetto etico nei confronti della narrativa postmoderna rispetto alla mescolanza tra fatti e finzione sembra estendersi alla narrativa in generale, vista la decisione finale di Phineas di abbandonare completamente gli studi letterari e di smettere di scrivere. Alfer e De Campos inseriscono il romanzo in una fase particolare della scrittura di Byatt, che comprende anche il racconto Morpho Eugenia e il romanzo

The Children’s Book e che sembra presentare una sorta di diffidenza nei confronti

dell’eticità dell’immaginazione letteraria, “glimpses of a curiously un-novelistic and antiindividualistic ethos”.16 Per capire come considerare The Biographer’s

Tale al riguardo, occorre analizzare la natura delle decisioni prese da Phineas nel

suo progresso verso l’abbandono della letteratura. Ammettendo che si tratta di un progresso frammentario e tutt’altro che lineare, tanto che molti critici hanno criticato la mancanza di una vera conclusione nel romanzo, che porta il lettore alle stesse frustrazioni di Phineas conducendolo attraverso un progetto che si rivela

14 Byatt, A. S., On Histories and Stories. Selected Essays, London, Vintage, 2001, p.102.

15 Walker, Jonathan, An Interview with A. S. Byatt and Lawrence Norfolk, Contemporary

Literature, 47, 3, Fall 2006, p.328.

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fallimentare,17 è comunque possibile individuare alcune tappe successive nella storia del protagonista.