Arthur & George di Julian Barnes
4.2 La ricerca della verità: la giurisprudenza e i romanzi cavalleresch
L’ambientazione storica passata permette a Barnes di svolgere la vicenda in un periodo in cui le certezze riguardo alla possibilità di conoscere la realtà in maniera sicura sono ancora intatte. I due personaggi principali sono paradigmatici da questo punto di vista, in quanto accomunati da un’iniziale credenza incrollabile nel valore della verità e della sincerità. George viene presentato come un bambino privo di immaginazione, e da ciò portato ad applicare in maniera quasi patologica13 gli insegnamenti dei genitori sul dovere etico di non mentire: “[w]hen they say that a child in the village has ‘too much imagination’, it is clearly a term of dispraise. Further up the scale are ‘tellers of tall stories’ and ‘fibbers’; by far the worst is the child who is ‘a liar through and through’ – such are to be avoided at all costs”.14 Anche il suo modo di comprendere gli insegnamenti religiosi del
padre si ferma al livello letterale, mentre le parabole, che richiedono un passaggio di tipo metaforico, rimangono incomprensibili per George (16). Lo studio della giurisprudenza si rivela invece particolarmente indicato per il ragazzo, che trova sicurezza nella chiarezza dell’applicazione delle leggi. Il piccolo Arthur è, al contrario, ben fornito di immaginazione, e perde presto interesse rispetto agli insegnamenti religiosi, che sfumano di fronte ai racconti cavallereschi che ascolta dalla madre. È da questi racconti che desume però un codice d’onore molto preciso, basato sulla protezione dei deboli, il rispetto per le donne e, come per George, una fede incrollabile nel valore della verità e della sincerità. Dunque, come nota Weese, la sezione iniziale stabilisce le differenze tra i due personaggi principali, ma anche una serie di somiglianze, “not least their tendency to view their life paths in terms of similar narrative patterns”.15 I due personaggi infatti derivano le loro convinzioni da una serie di costruzioni narrative che applicano
13 Adams lo definisce “a kind of rural Bartleby” (Adams, Tim, “Show me the way to go, Holmes”,
The Guardian, 26 June 2005).
14 Barnes, Julian, Arthur & George, London, Jonathan Cape, 2005, p. 4. Da qui in poi i numeri di pagina saranno indicati tra parentesi nel testo.
15 Weese, Katherine, “Detection, Colonialism, Postcolonialism: The Sense of an Ending in Julian Barnes’s Arthur and George ”, Journal of Narrative Theory, 45, 2, Summer 2015, p.314.
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alla vita di tutti i giorni, e che nel corso della vicenda subiranno dei tracolli di maggiore o minore portata.
La prima costruzione narrativa a suscitare l’interesse di uno dei personaggi è quella sviluppata dal parallelo con il funzionamento della legge. George trasferisce la propria scrupolosità da aspirante procuratore anche alle altre circostanze della sua vita. Attaccato com’è alla purezza del concetto di verità, George si rifiuta di fare inferenze che non siano certamente deducibili dagli eventi, come quando con il padre discute delle offese rivoltegli da Upton, il sergente di polizia del loro villaggio:
‘I think he is rather loony, Father. He spat at me twice.’ ‘He spat at you?’
George thinks again. He is still frightened, but he knows this is no reason to tell less than the truth.
‘I cannot be certain of that, Father. He was about a yard away, and he spat twice very close to my foot. It’s possible he was spitting just like rough people do. But when he did he seemed crossed with me.’
‘Do you think that is sufficient proof of intention?’ George likes this. He is being treated as a future solicitor. ‘Perhaps not, Father.’ (31)
George applica inizialmente i suoi studi giuridici al funzionamento della vita in generale, soprattutto per quel che riguarda la teorica capacità della legge di garantire una chiusura, una comprensione finale della verità e dei fatti: “[a]t the end, you have an agreement, a decision to be obeyed, an understanding of what something means. There is a journey from confusion to clarity” (65). Questa percezione lineare trova un’applicazione specifica nell’ambito in cui George decide di specializzarsi, quello della normativa ferroviaria, di cui i viaggi in treno che il giovane procuratore fa ogni mattina per recarsi a Birmingham sono una rappresentazione perfetta: “a smooth ride to a terminus on evenly spaced rails and according to an agreed timetable, with passengers divided among first-, second- and third-class carriages” (50). Tuttavia questo percorso rappresenta un ideale, “how it ought to be, how it could be”, mentre in realtà sia il percorso in treno di George che quello di ogni caso giudiziario contengono insidie, essendo “full of forking paths and booby traps laid by the opponent” (50). Il percorso della vita di George si rivelerà a sua volta tale, interrotto dall’arresto e dalla scoperta che la
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giustizia non è affatto lineare come potrebbe sembrare dallo studio delle leggi, dato che il verdetto finale dipende dal tipo di narrazione che viene costruita sulle prove, che può essere anche molto “fantasiosa”: quando George dice al suo avvocato Mr Meek che, per quanto l’accusa possa manipolare le prove, “[a] barrister […] cannot make bricks without straw”, l’avvocato ribatte prontamente il contrario: “[i]n my years in the courts, Mr Edalji, I’ve seen bricks made from all sorts of materials. Some you didn’t even know existed” (118). La sincerità e il perseguimento della verità non si rivelano inoltre caratteristiche necessariamente vincenti nel corso del processo, in cui i genitori di George, impegnati a dire ciò che reputano vero in maniera scrupolosa, si trasformano in testimoni poco convincenti. Per dirla ancora con le parole di Mr. Meek, “the best people are not necessarily the best witnesses. […] From a purely legal point of view, the best witnesses are those whom the jury believes most” (140). George assiste alla manipolazione del suo caso anche da un punto di vista giornalistico, quando vede se stesso e i fatti travisati negli articoli che si ostina a leggere su di sé. Due narrazioni che dovrebbero teoricamente basarsi sull’oggettività dei fatti e il perseguimento del vero, quella della giustizia e quella della stampa, si rivelano dunque estremamente ambigue. La disillusione di George riguardo al funzionamento della giustizia sarà ancora più accentuata dalla sua inspiegabile scarcerazione dopo soli tre anni, senza che la sentenza subisca alcun cambiamento formale, gettando George in un limbo ben lontano dalla chiusura a cui un sistema giudiziario aspira teoricamente.
Un simile percorso di disillusione si presenta ad Arthur rispetto alla sua fiducia nei valori cavallereschi che caratterizzavano le storie di cui si nutriva da piccolo. Arthur si rende conto ben presto di non poterle applicare letteralmente alla sua vita, poiché l’era in cui vive è molto diversa da quella delle vicende della
Morte d’Arthur, ma riesce comunque a costruire il proprio futuro su valori che si
addicono a un “cavaliere” d’altri tempi: se non può salvare vite come un vero eroe, può farlo studiando medicina, e se non può materialmente salvare una madre ridotta in povertà da un padre irresponsabile, può farlo tramite il ricavato della sua passione per la scrittura: “[h]e would write stories: he would rescue her by describing the fictional rescue of others. These descriptions would bring him
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money, and money would do the rest” (24). Alle imprese cavalleresche sostituisce il suo successo negli sport (e, in seguito, la partecipazione alla guerra contro i boeri in Sudafrica) e il premio per i suoi sforzi arriva con il matrimonio con Touie, caratterizzato da affetto e rispetto reciproco. Tuttavia, la conclusione della storia (il meritato successo del cavaliere virtuoso) sembra arrivare troppo presto per Arthur che, relativamente giovane, è già uno scrittore affermato e un cittadino influente, sposato e con due figli. L’insidia nella trama cavalleresca immaginata da Arthur si presenta ben presto nell’incontro con Jean, che mette alla prova il suo onore: Arthur non vuole e non può mentire alla moglie morente, ma non può non ammettere di essere innamorato di Jean; non può farne la sua amante perché questo sarebbe contrario ai suoi principi, ma neppure può impedirsi di vederla. In breve, deve arrendersi di fronte al “gap between dream and reality. In chivalric romance, the knight loves an impossible object – the wife of his lord, for instance – and performs courageous actions in her name [...]. But Jean is less than an impossible object, and Arthur is no obscure gallant or unattached knight” (167). Neppure la purezza attribuita ai cavalieri corrisponde più all’esperienza di Arthur, costretto a riconoscere il suo desiderio sessuale per Jean.16
Entrambe le narrazioni nelle quali i due personaggi trovano sicurezza si basano dunque su un’illusione di “chiusura”, su uno sviluppo lineare con un principio, uno sviluppo e una conclusione a cui invece le incertezze della vita reale sembrano non adattarsi. La perdita delle certezze porta però Arthur e George a cercare consolazione nella fiducia nei confronti di un’altra forma narrativa, più “chiusa” che mai: quella della detective story.
4.3 La ricerca della verità: le detective stories e l’illusione della