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La vicenda e l’espiazione “narrativa” di Briony

“We all stand somewhere on a spectrum”:

3.2 La vicenda e l’espiazione “narrativa” di Briony

La prima parte del romanzo descrive gli avvenimenti di una giornata estiva del 1935 presso la villa della famiglia Tallis. Briony, figlia minore e aspirante scrittrice, ha appena finito di scrivere l’opera teatrale che intende rappresentare in occasione dell’arrivo del fratello maggiore Leon, intitolata The Trials of Arabella. A casa si trova anche l’altra sorella, Cecilia, tornata da poco dal college, mentre in visita presso la famiglia arrivano un amico di Leon, Paul Marshall, e tre cugini dei Tallis, la quindicenne Lola e i più piccoli gemelli Jackson e Pierrot. Mentre Briony scopre quanto è difficile realizzare una recita che corrisponda alle sue aspettative utilizzando i cugini come attori, Cecilia comincia a chiarirsi le idee sul rapporto che la lega a Robbie Turner, figlio di una domestica della famiglia Tallis e anche lui invitato a cena per la sera. I due sono amici da quando sono bambini, ma è solo in questa giornata che scoprono di essere innamorati, dopo una serie di fraintendimenti dovuti a un incontro conflittuale presso la fontana del parco e all’erronea consegna a Cecilia di una lettera sessualmente esplicita di Robbie. Briony osserva e fraintende dalla finestra di camera sua l’incontro alla fontana, durante il quale vede Cecilia spogliarsi di fronte a Robbie e immergersi nell’acqua (gesto dovuto al fatto che, durante un diverbio tra i due, il vaso di fiori che Cecilia cercava di riempire si è rotto e un frammento è finito nella fontana), e la sua confusione si trasforma in orrore quando legge la lettera di Robbie, da lui consegnata a Briony affinché la porti a Cecilia. Prima della cena Robbie e Cecilia riescono a chiarirsi e si ritrovano a fare l’amore in un angolo della biblioteca di casa Tallis, interrotti da Briony che, ancora una volta, assiste a una scena che non comprende e che scambia per un’aggressione. Così quando durante la cena i commensali escono nel parco a cercare i gemelli Jackson e Pierrot, datisi alla fuga, e nel buio Lola viene violentata da Paul Marshall, Briony, convinta che

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Robbie sia un pericoloso maniaco, lo accusa dell’accaduto portando alla sua incarcerazione.

La seconda parte del romanzo è incentrata proprio su Robbie, arruolatosi nell’esercito durante la seconda guerra mondiale in cambio della libertà dal carcere. Coinvolto nella ritirata di Dunkerque insieme a due commilitoni e ferito a un fianco, Robbie riesce a raggiungere la spiaggia in un percorso costellato dagli orrori della guerra, sorretto solo dal pensiero di Cecilia che lo aspetta e che è riuscito a rivedere soltanto una volta dopo il suo arresto. Anche la terza parte è ambientata nel 1940, ed è narrata dal punto di vista di Briony, cresciuta e divenuta infermiera volontaria presso l’ospedale londinese di St. Thomas. Briony aspira ancora a diventare scrittrice, ma con il suo lavoro di infermiera tenta anche di fare ammenda per il crimine commesso cinque anni prima. L’arrivo all’ospedale dei feriti di Dunquerke costituisce uno dei punti focali del capitolo, mentre nella parte finale Briony assiste al matrimonio tra Lola e il suo assalitore Paul Marshall e si decide a far visita alla sorella, divenuta anche lei infermiera. A casa di Cecilia si trova anche Robbie: i due amanti, finalmente riuniti, progettano il loro futuro dopo la fine della guerra e Briony promette di ritrattare la sua falsa testimonianza contro Robbie.

L’ultima parte del romanzo è una coda ambientata nel 1999, quando Briony è ormai un’anziana scrittrice affermata. Si scopre così che il romanzo letto finora non è altro che l’opera di Briony, frutto di una serie di stesure successive, un resoconto con il quale la scrittrice tenta di espiare il suo crimine concedendo agli amanti il lieto fine di cui essi non hanno goduto nella vita reale: Robbie è infatti morto di setticemia a Dunquerke e Cecilia pochi mesi dopo durante il bombardamento di Londra.

Il romanzo tematizza apertamente il conflitto che si pone allo scrittore tra rappresentazione dei fatti reali e rielaborazione fantastica; prima di analizzare la posizione espressa nel testo al riguardo, può essere utile considerarne la forma narrativa.

La prima parte si presenta con un narratore in terza persona, ma focalizzato in ogni capitolo su un personaggio diverso, di cui vengono seguiti i moti interiori in un momento specifico della vicenda. Il riferimento al modernismo è evidente,

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anche per via di una serie di possibili collegamenti intertestuali a To the

Lighthouse di Virginia Woolf.11 Nella seconda e terza parte, però, sebbene la narrazione continui a essere focalizzata rispettivamente su Robbie e Briony, l’attenzione ai dettagli e la caratterizzazione sociale e psicologica dei personaggi sembra rimandare più alla tradizione realista. I diversi stili narrativi adottati diventano un tema esplicito della terza sezione, in cui Briony riceve una cortese lettera di rifiuto per un suo racconto da parte del critico Cyril Connolly: il racconto si intitola Two Figures by a Fountain, ed è evidente che si tratta di una descrizione dell’incontro tra Robbie e Cecilia a cui Briony ha assistito da ragazzina. Connolly si chiede se la tecnica narrativa utilizzata per rappresentare la scena non sia troppo debitrice dello stile di Virginia Woolf, e consiglia all’aspirante scrittrice di aggiungere “the backbone of a story”, perché “your most sophisticated readers might be well up on the latest Bergsonian theories of consciousness, but I’m sure they retain a childlike desire to be told a story”.12 La

coda finale è l’unica scritta in prima persona da Briony, la quale, seguendo il consiglio di Connolly, si è spinta tanto in là nel desiderio di fornire una storia soddisfacente per il pubblico da aver cambiato lo svolgimento dei fatti. Questa scoperta complica la posizione del romanzo, che, dopo il modernismo e il realismo delle sezioni precedenti, si trova adesso coinvolto in una sorta di svolta postmoderna, con una narrazione che mette in evidenza la finzionalità della storia e una scrittrice che cerca di espiare nella fiction un crimine commesso nella vita reale. I critici hanno espresso diverse posizioni al riguardo. Secondo alcuni il romanzo non può non essere inserito nella tradizione postmoderna: per Lynn Wells “the ultimate establishment of Briony’s authorship radically undermines the entire text’s pretence to realism”,13 mentre del resto anche le altre sezioni, se lette

con attenzione, contengono “distinct elements of literary fantasy and self- conscious construction”,14 vale a dire riflessioni sulla natura arbitraria del

linguaggio nella prima parte, elementi allucinatori nella sezione di Dunkerque,

11 Ad esempio la preparazione della cena, o il personaggio di Emily Tallis e le sue somiglianze con quello della signora Ramsay; per una parallelo tra i due romanzi cfr. Marcus, Laura, “Ian McEwan’s Modernist Time: Atonement and Saturday”, in Groes, Sebastian, op.cit., pp.83-98. 12 McEwan, Ian, Atonement, London, Vintage, 2002, p.314. Da qui in poi i numeri di pagina riferiti ad Atonement saranno indicati tra parentesi nel testo.

13 Wells, Lynn, op.cit. p.101. 14 Ibidem, p.98.

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richiami intratestuali tra le varie sezioni e una tendenza “towards romantic resolution”15 anche nelle scene più drammatiche. Anche Brian Finney16 evidenzia

una nota autoreferenziale che percorre tutto il romanzo minandone le pretese realiste, a partire dai numerosi riferimenti intertestuali ad altre opere della narrativa inglese,17 oltre alla tendenza a mescolare i fatti con la loro ricostruzione narrativa, una caratteristica che appartiene non solo a Briony ma anche, ad esempio, a Robbie.18

Altri critici, però, hanno notato piuttosto una tendenza realista nel romanzo, in cui elementi modernisti e postmoderni sarebbero inseriti per poi venire criticati. Per Judith Seaboyer i numerosi riferimenti intertestuali non accentuano l’idea che “tutto è narrazione”, come per Finney, ma semmai inseriscono Atonement in “a vast chorus of canonical realist texts”.19 Alistair Cormack è ancora più netto

nell’allontanare Atonement dalla tradizione postmoderna: come l’apparente modernismo dei primi capitoli viene inserito per essere poi parzialmente rifiutato nella stesura finale del romanzo (che segue il consiglio di Connolly riguardo all’inserimento di una trama avvincente), così, seppure il romanzo presenti elementi formali di derivazione postmoderna, “it is not the postmodernism of the type that revels in fragmentation and celebrates moral relativism”.20 Questi

elementi non segnalerebbero un atteggiamento critico nei confronti del realismo classico, come crede Finney, ma dello “static, morally disengaged, plotless modernism”,21 e rispetto alla letteratura postmoderna sarebbero evidenti i nuovi

interessi tipici della narrativa post-ethical turn, non più interessata a dichiarare

15 Ibidem, p.106.

16 Finney, Brian, “Briony’s Stand Against Oblivion: The Making of Fiction in Ian McEwan’s

Atonement”, Journal of Modern Literature, 27, 3, 2004, pp.68-82.

17 Gli autori e i romanzi britannici a cui si fa riferimento (più o meno esplicitamente) nel romanzo sono molti: per nominarne solo alcuni, Shakespeare, Jane Austen, Virginia Woolf, Henry James, L. P. Hartley, E. M. Forster, Samuel Richardson e così via (per questo aspetto si veda, oltre al saggio di Finney, Dyer, Geoff, “Who’s afraid of influence?”, Guardian, 22 September 2001). 18 “[i]n Atonement, life also often imitates fiction, giving recognition to the central role that narrative plays in our lives. Briony and Robbie both shape and are shaped by narratives.” Finney, Brian, op.cit., p.78.

19 Seaboyer, Judith, “Ian McEwan: Contemporary Realism and the Novel of Ideas”, in Acheson, J. e Ross, S. (ed.), The Contemporary British Novel, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2005, p.31. Riguardo alla connessione con il realismo di Jane Austen si veda anche Wells, Juliette, “Shades of Austen in Ian McEwan’s Atonement”, Persuasions: The Jane Austen Journal, 30, 2008, pp.101-112.

20 Cormack, Alistair, “The Ethics of Fiction in Atonement”, in Groes, Sebastian, op.cit., p.76. 21 Ibidem, p.77.

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un’equivalenza tra mondo reale e mondo narrativo; è Briony che confonde i due, ma il romanzo presenta al contrario una divisione netta: la coda finale, rivelando la sorte reale di Cecilia e Robbie, rivela anche il confine tra l’immaginazione della scrittrice e i fatti. Il romanzo dunque, intenderebbe mettere in guardia contro i pericoli dell’immaginazione letteraria postmoderna: “there is the world of the real and the world of literature, and woe betide those who confuse the two.”22

Altri critici hanno adottato una posizione intermedia e meno netta: per Natasha Alden è vero che il finale impedisce la confusione tra storia e finzione caratteristica della historiographic metafiction, ma è innegabile che Atonement rimanga un “metafictional novel”, in cui il rapporto tra fatti e finzione viene quantomeno esplorato in maniera complessa e in cui il testo “does not suggest we can have unmediated access to the past, or to any form of reality.”23

Non si tratta di una sterile discussione sull’incasellamento del romanzo in una o in un’altra corrente letteraria; capire la posizione di Atonement rispetto ad alcune tematiche del Postmodernismo è fondamentale per comprenderne la posizione etica riguardo al rapporto tra fiction e realtà: si tratta cioè di capire se l’espiazione “narrativa” di Briony possa essere considerata efficace e eticamente legittima, o se sia implicita nel romanzo una critica a un simile utilizzo dell’immaginazione. Ciò dipende dal modo in cui si considera il suo progresso etico come scrittrice e essere umano: “sono molteplici gli errori che Briony deve riconoscere e superare nel corso della sua lunga Bildung d’artista, che non può prescindere, è bene ricordarlo, dalla sua crescita come individuo a livello morale”.24 Sia il crimine che il tentativo di espiazione di Briony sono legati al

limite che separa i fatti dall’immaginazione. Il crimine dipende dall’incapacità della giovane aspirante scrittrice di districare la realtà dalle trame romanzate che popolano la sua immaginazione, e che la inducono a identificare Robbie come il “cattivo” e Cecilia e Lola come le sue vittime; l’espiazione dipende dal suo rendersi conto, da grande, della gravità del proprio errore, e consiste nel tentativo di fare ammenda garantendo a Cecilia e Robbie, nel suo romanzo, il lieto fine di

22 Ibidem, p.82.

23 Alden, Natasha, “Words of War, War of Words: Atonement and the Question of Plagiarism”, in Groes, Sebastian, op.cit., p.61.

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cui essi non hanno potuto godere nella realtà, cioè proponendo una versione “romanzata” dei fatti. Questa vicenda deve essere interpretata come un progresso di Briony verso una maggiore consapevolezza etica, in cui il riconoscimento dei propri errori porta alla volontà di fare ammenda utilizzando il mezzo a lei più familiare, cioè la scrittura, o come un processo circolare, una ripetizione dello stesso errore commesso da Briony da adolescente?

Anche in questo caso i critici hanno espresso diverse posizioni. Molti hanno individuato una voluta ambiguità da parte dell’autore nella maniera di trattare Briony, che lascia al lettore l’onere di decidere riguardo all’efficacia dell’espiazione: “the readers are entrusted in making ethical decisions about atoning for sins without being specifically instructed by the author (McEwan) in how to think”.25 La problematicità di questo tentativo di espiazione può essere

messa in evidenza confrontando la vicenda di Atonement con quella di un romanzo con il quale presenta diverse affinità strutturali, A Passage to India di E. M. Forster.26 In entrambi una giovane donna accusa un uomo innocente di

violenza sessuale perché si abbandona alla propria immaginazione e ai propri pregiudizi, razziali nel caso della signorina Quested, letterari, ma anche sociali,27 nel caso di Briony. La falsa testimonianza trova il supporto di una comunità ansiosa di colpevolizzare il “diverso” (la comunità di inglesi in India nel romanzo di Forster e la famiglia Tallis in quello di McEwan), mentre è interessante come, in entrambi i casi, il crimine sia rispecchiato metaforicamente nel dettaglio del clima caldo, che prelude al rilascio di una serie di tensioni negative: la prima parte di Atonement si svolge in una giornata estremamente torrida per il clima inglese, e nel romanzo di Forster la gita fatale alle grotte di Marabar avviene durante la stagione più calda.28 La differenza tra i due romanzi sta nel fatto che la signorina

25 Ellam, Julie, Ian McEwan’s Atonement, London & New York, Continuum, 2009, p.42.

26 Il richiamo intertestuale viene brevemente notato da diversi critici: Mullan, John, “Turning Up The Heat”, Guardian, 22 marzo 2003; Dyer, Geoff, op.cit.; Childs, Peter, op.cit., p.137; Finney, Brian, op.cit., p.74.

27 Cfr. Ferrari, Roberta, op.cit., p.179: “Robbie incarna il ‘diverso’ in senso sociale, l’appartenente a una classe inferiore che ambisce al riscatto attraverso lo studio e la realizzazione professionale”. 28 Cfr. Forster, E.M., A Passage to India, Aylesbury, Penguin, 1965, p.149: “the sun was getting high. The air felt like a warm bath into which hotter water is trickling constantly, the temperature rose and rose, the boulders said ‘I am alive’, the small stones answered, ‘I am almost alive’”; e Atonement: “Though the sun was weakening as it dropped, the temperature seemed to rise because the breeze that had brought faint relief all day had faded, and now the air was still and heavy” (78). Il particolare del caldo viene sottolineato dai personaggi stessi, che nel quattordicesimo capitolo

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Quested si rende conto del proprio sbaglio e ritratta l’accusa in tempo, espiando l’errore con l’umiliazione subita durante il processo e il disprezzo della maggior parte dei membri della sua comunità; Briony non ritratta mai la propria accusa, e obiettare che la pubblicazione del libro renderà almeno giustizia alla verità sul crimine commesso da Marshall è piuttosto azzardato: considerato che Briony non pubblicherà il suo libro prima della morte dei Marshall (370), e che la scrittrice stessa è affetta da una malattia degenerativa che la porterà alla perdita progressiva delle proprie facoltà mentali, dopo la pubblicazione non ci sarà modo di verificare la verità della vicenda narrata rispetto a quella delle testimonianze passate. Del resto, nonostante Briony rivendichi il suo coraggio nel rifiutarsi di cambiare i nomi delle persone coinvolte nella vicenda (come consigliato dagli editori, 370), il suo intento non sembra essere esattamente quello di documentare la realtà in maniera fedele per riscattarne i protagonisti: “When I am dead, and the Marshalls are dead, and the novel is finally published, we will only exist as my inventions (371), o ancora: “If I really cared so much about facts, I should have written a different kind of book” (360).

I problemi etici sollevati dal comportamento di Briony sono evidenti; il suo tentativo può essere considerato efficace se si considera valido il dono fatto a Robbie e Cecilia di una “‘eternity’ of youth, beauty and love in the transcendent but frozen world of Art”,29 una concezione che secondo Earl Ingersoll richiama

più il modernismo che il Postmodernismo, e che tuttavia è ovviamente illusoria: “through her ‘gift’ of artistic transformation, she deludes herself into constructing an ‘atonement’ to allow her to face imminent death with a recovered ‘innocence’. Robbie, on the other hand, might wish Briony an unending future in Hell”.30 Per

del primo discutono le conseguenze dello “Hot Weather”, mentre durante la cena di Atonement i commensali discorrono dell’effetto moralmente negativo del caldo sulle persone; Robbie scrive inoltre in due versioni della sua lettera di scuse a Cecilia prima “It must be the heat!” e poi “Cee, I don’t think I can blame the heat!” (85), anche se in senso metaforico si può incolpare il caldo, come simbolo di una serie di tensioni inespresse tra i personaggi. Queste tensioni rappresentano inoltre in piccolo lo “heating” del conflitto mondiale che si scatenerà di lì a pochi anni (cfr. Ferrari, Roberta, op.cit., p.178), così come il confronto tra la signorina Quested e il dottor Aziz ripete in piccolo quello incombente tra britannici e indiani.

29 Ingersoll, Earl G., “Intertextuality in L. P. Hartley’s The Go Between and Ian McEwan’s

Atonement”, Forum for Modern Language Studies, 40, 3, July 2004, p.254.

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Elke D’Hoker31 quella scelta da Briony è l’unica espiazione possibile nella

contemporanea cultura secolare, in cui la confessione sembra aver perso di valore in assenza di un’istanza superiore capace di assolvere o condannare. In questo caso, come afferma la stessa Briony,32 quello che conta non è l’assoluzione, ma il tentativo: “even if the truth of the self simply cannot be reached in confession, what matters is the attempt, the performative process of confessing, which generates and reveals a true story. [...] Hers, therefore, is an atonement in the sense of ‘reconciliation with self’, ‘being at one with oneself’, as McEwan said in an interview”.33 Shemberg esprime un’opinione simile quando sostiene che, anche

se le uniche persone che potevano assolvere Briony, ovvero Robbie e Cecilia, sono morte, la protagonista può riconciliarsi con se stessa nella certezza del tentativo: “her chance to finally find some peace of mind lies precisely in the impossibility of the task she has set herself”.34 Contro queste opinioni si può

sostenere che, da una parte, è stata Briony stessa a rendere l’espiazione impossibile aspettando tanto tempo per la propria confessione; dall’altra non per tutti il suo riconciliarsi con se stessa costituisce una forma di espiazione sufficiente: per Lynn Wells “the true complexity of this novel lies in discovering the ethical deficit of its main character, whose ‘at-one-ment’ or reconciliation is with the self, but not the other’.35