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Il controllo politico sull’espressione artistica

Capitolo 3 L’opera d’arte, il ruolo di collezionisti e artisti e le problematiche del

3.5. I problemi del mercato dell‘arte in Cina

3.5.3. Il controllo politico sull’espressione artistica

Il legame tra arte e politica è innegabile, in Cina come nel resto del mondo (Wang, 2012). L‘arte è un prodotto culturale basato sulla conoscenza e come tale è stato e continua a essere estremamente importante per il governo del Paese (Joy e Sherry, 2004).

Il potere politico ha esercitato in Cina un forte controllo sulla produzione culturale e artistica del Paese sin dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, in particolar modo sotto il regime maoista. Oggi, questo controllo, anche se notevolmente ridotto, non è venuto meno, e costituisce una componente non irrilevante del mondo dell‘arte cinese, così come del suo mercato.

In Cina lo Stato occupa un ruolo centrale nel settore, controllando e restringendo l‘espressione artistica degli artisti oltre che esercitando il proprio controllo su buona parte del mercato.

Com‘è emerso, le maggiori case d‘aste cinesi sono sotto il controllo dello Stato, il quale, quindi, riveste un ruolo non secondario nel mercato dell‘arte del Paese, che vede le case d‘aste come le più potenti strutture di vendita.

Se, infatti, come riferiscono i galleristi Colman e Bois, inizialmente il mercato dell‘arte in Cina era maggiormente dominato da gallerie d‘arte straniere o provenienti da Hong Kong, oggi il mercato è controllato prevalentemente da istituzioni nazionali, alcune delle quali sotto il controllo statale.

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Il potere politico, inoltre, ha un forte potere nella determinazione e nella censura di ciò che può o non può essere artisticamente prodotto. Questo, chiaramente, non è positivo per la Cina e i suoi artisti, che vedono fortemente limitata la propria libertà di espressione.

In Cina, oggi, il potere politico si avvale della legge per restringere, ostacolare e punire quei tipi di espressioni artistiche che non sono confluenti con il pensiero politico (Potter, 2017).

Il legame tra arte e legge pone ora in evidenza delle tensioni tra dinamiche di dominio e resistenza. Oggi, infatti, se la legge in Cina permette la protezione della proprietà artistica oltre che la preservazione dell‘eredità culturale cinese, tuttavia esercita anche un forte controllo sull‘espressione artistica e la censura di opere dal significato politico (Potter, 2017).

Ciò non stupisce, essendo l‘arte in Cina da lungo tempo vista non solo come forma d‘espressione della bellezza ma anche come espressione su temi politici, sociali ed economici (Potter, 2017). Consapevoli dell‘importanza dell‘arte in questo senso, il Partito Comunista Cinese e il governo hanno messo in atto alcune leggi e politiche volte a limitare la libertà di espressione degli artisti.

Dopo il periodo maoista, il regime ha iniziato a essere meno interessato a utilizzare l‘arte come strumento utile al potere politico, sforzandosi piuttosto di controllare e censurare certi tipi di opere d‘arte.

Come afferma Zhang (2014), in Cina, oggi, il governo ha cambiato il proprio atteggiamento nei confronti della comunità artistica, passando dalla soppressione del suo lavoro a una sorta di tolleranza limitata, di modo da poter mostrare una migliore immagine di sé al mondo. Il governo, tuttavia, non ha smesso di esercitare il proprio potere e, al contrario, ha iniziato a mettere in atto nuovi metodi di controllo sulla produzione, la pubblicazione e l‘allocazione delle opere d‘arte, riducendo in questo modo l‘influenza negativa che questi artisti e le loro opere potrebbero avere sulla politica (Zhang, 2014).

Il governo aspira a una produzione artistica che segua il modello della jianshe hexie shehui 建设和谐社会, il ―costruire una società armoniosa‖, slogan coniato dal governo nel 2005 durante il Congresso Nazionale del Popolo, per sottolineare l‘importanza del mantenimento dell‘equilibrio e dell‘armonia della società. L‘arte non deve quindi sfidare o criticare il potere politico, ma coadiuvarlo nel mantenimento della stabilità sociale oltre che politica.

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Gli artisti cinesi contemporanei sono stati a lungo marginalizzati a causa del fatto che spesso i loro lavori non convergevano con l‘ideologia politica dominante, così da venire visti come una potenziale minaccia per l‘autonomia politica dello Stato (Zhang, 2014). Nonostante l‘arte contemporanea cinese sia emersa nei primi anni ottanta del Novecento, appunto, essa è stata riconosciuta ufficialmente solo recentemente. La Chinese Academy of Contemporary Art (in cinese Zhongguo dangdai yishu yuan 中国 当代艺术院) è nata, infatti, solo nel 2009 (Zhang, 2014).

Questa associazione è stata la prima piattaforma artistica nazionale creata per lo studio dell‘arte contemporanea dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese. La sua fondazione ha quindi sancito l‘accettazione di questo tipo di arte, sulla quale l‘accademia svolge attività di ricerca, creazione ed educazione.

Fanno parte di questa accademia alcuni famosi artisti contemporanei come Fang Lijun 方力钧, Yue Minjun, Zhang Xiaogang e Zeng Fanzhi, i quali, in passato, erano stati fortemente criticati dalla China Artists‘ Association, la quale riteneva che la loro opera distorcesse l‘immagine del Paese (Zhang, 2014).

Il riconoscimento formale dell‘arte contemporanea cinese e la conseguente creazione dell‘accademia, nonostante siano apparsi come un maggiore passo verso il miglioramento della posizione sociale e politica degli artisti, tuttavia, come fa notare Zhang (2014), è stata anche intuita come una strategia adottata dallo Stato, che, collaborando con gli artisti preminenti, tenta di rafforzare il proprio controllo sull‘intera comunità artistica.

Zhang (2014) fa inoltre notare, citando direttamente le parole di un suo intervistato, che in Cina il governo considera artisti solamente i membri della China Artists‘ Association, escludendo tutti gli altri, considerati, invece, una sorta di ribelli.

La posizione di artisti accademici, in Cina, è molto prestigiosa e ambita, ma comporta una sorta di subordinazione al potere politico. Il titolo di accademici conferisce onori, prestigio, status sociale, e migliori prospettive di vendita, ma diventare accademici inibisce anche la possibilità degli artisti di esprimersi liberamente, e soprattutto di esprimersi contro il Partito Comunista Cinese (Zhang, 2014).

Artisti come Fang Lijun e Yue Minjun, oggi annoverati tra gli accademici, hanno notevolmente cambiato lo stile della propria produzione.

Ciò è avvalorato anche dalla testimonianza dell‘artista Wang, il quale, pur facendo parte della China Artists‘ Association, non nega alcuni aspetti negativi del sistema

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artistico cinese. Anch‘egli porta l‘esempio dell‘artista Fang Lijun, facendo notare come in Cina non vi sia un approccio culturale sufficiente. L‘artista preso come esempio, infatti, pur essendosi sempre posto contro il sistema, riscuotendo tra l‘altro un grande successo in campo artistico, una volta ottenuta la possibilità di entrare a far parte dell‘élite artistica sostenuta dal governo, ha accettato, dimostrando, in qualche modo, una certa mancanza di coerenza.

Wang inoltre, fa notare il fatto che in Cina, spesso, non venga considerata l‘abilità dell‘artista o la sua produzione, ma piuttosto considerata la sua posizione all‘interno del sistema, e quindi se parte o meno dell‘associazione.

Questo artista, che proprio perché interno al sistema, è in grado di analizzarlo con più sicurezza, non nega la presenza del controllo del potere politico sul diritto di espressione degli artisti, i quali, ammette, devono confrontarsi con un sistema ancora molto conservatore, che vorrebbe la produzione di determinati tipi di opere d‘arte, e che fa ancora difficoltà ad accettare l‘arte contemporanea.

Secondo l‘artista, questo controllo sulle menti e il pensiero degli artisti cinesi, è un grande ostacolo non solo alla creatività degli artisti, ma anche al mercato dell‘arte del Paese, che lo Stato vorrebbe però incentivare.

A causa del controllo cui sono sottoposti gli artisti, alcuni di essi hanno deciso di lasciare il Paese e fare del mercato dell‘arte internazionale il mercato principale per le proprie opere d‘arte.

Tra di essi vi è l‘artista Liu, che afferma di non aver mai esposto né venduto le proprie opere in Cina, perché non accettate e comprese. Secondo Liu, gli artisti cinesi si dividono ora in tre gruppi, un gruppo di artisti che, orientati al mercato, sottostanno alla politica del Paese, producendo determinati tipi di opere che incontrano l‘approvazione del governo e che riscontrano buone performance di mercato, un altro gruppo costituito da veri artisti comunisti, tra cui professori e rettori di università d‘arte, e un terzo gruppo, di cui fa parte egli stesso, formato da artisti cinesi che vendono ed espongono le proprie opere all‘estero.

A suo parere il problema in Cina, per gli artisti, è il controllo esercitato dalla politica su di essi, che non permette loro di esprimersi al meglio, influenzando la loro produzione e limitando la loro creatività, tanto che, a suo parere, oggi pochi artisti cinesi possono considerarsi davvero tali.

Il famoso artista dissidente Ai Weiwei 艾未未 (1957-) è il più noto esempio di artista che si è posto in modo critico nei confronti del potere statale arbitrario, lottando per il

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diritto di espressione e producendo opere dallo sfondo sociale e politico (Holzwarth, 2016).

Questo artista e attivista noto in tutto il mondo, nel 2011 è stato detenuto dal governo cinese per più di due mesi, senza alcuna accusa a carico e vedendosi ritirare il proprio passaporto.

Questo avvenimento ha posto in luce, ancor più chiaramente, il forte potere esercitato dallo Stato cinese, un potere da cui non si è immuni neanche avendo fama e riconoscimento internazionale (Zhang, 2014).

Tuttavia, non si può negare che gli artisti oggi siano molto più liberi di un tempo. Essi possono ora produrre quasi tutto ciò che vogliono (senza però minare il potere statale) e hanno modo di farsi strada nel mondo e nel mercato dell‘arte tanto nazionale quanto internazionale. Essi possono oggi produrre persino opere dal carattere politico, sempre che non critichino o condannino apertamente il Partito o i suoi capi, anche se, esercitando il governo il controllo su canali di esposizione, circolazione e pubblicazione, opere controverse hanno poche possibilità di essere esposte o di circolare all‘interno del Paese (Zhang, 2014).

Il complesso rapporto esistente tra arte e potere politico dipende dal fatto che lo Stato necessiti dell‘arte, ma allo stesso tempo restringa e limiti la creatività degli artisti. Per questo, esso ha non solo dato vita a nuovi istituti artistici nazionali, ma ha anche permesso la creazione di distretti artistici fornendo agli artisti un ambiente dove poter vivere e lavorare. Esso tuttavia, pur avendo diminuito il proprio controllo sulla produzione artistica, non ha mai fatto venire meno la propria autorità, e ha anzi utilizzato i propri artisti per creare una certa immagine del Paese a livello internazionale, riuscendo quindi a mantenere il controllo e il proprio potere, pur concedendo maggiori libertà.