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Il diritto all’informazione.

CAPITOLO SECONDO

7) Il diritto all’informazione.

Il diritto di accesso viene a declinarsi come diritto civico di informazione167, volto a consentire la

conoscenza senza collegamento alcuno con una situazione sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo riferita ai beni oggetto dell’attività amministrativa.

Il conflitto tra segreto ed informazione viene risolto a favore di quest’ultima, in linea astratta ed ex tunc,

consentendo la formazione di un’opinione individuale relativa all’ambiente, nella prospettiva del compimento di scelte successive. L’esistenza di un diritto civico di informazione non esclude la possibilità che esso si realizzi anche su istanza individuale, nella prospettiva del compimento di scelte successivo. Il diritto alla conoscenza viene riconosciuto, in via generale, a prescindere dalla verifica puntuale della legittimazione del richiedente.

interesse del privato richiedente, ma è condizione per la realizzazione di un interesse pubblico: quello alla tutela dell’ambiente e della salute della collettività” (Corte di Giustizia UE, sez. III, 28 luglio 2011, n.71).

165Il nostro ordinamento considera informazione ambientale qualsiasi dato endo-procedimentale, che abbia attinenza con l’ambiente intendendo sia quella relativa allo stato dell'ambiente sia quella relativa alle attività, ai provvedimenti ed alle deci- sioni della pubblica amministrazione che abbiano effetto sull’ambiente (cfr. Tar Calabria, 9 dicembre 2014 n. 793; Cons. Sta- to, sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795)

166 In questo senso sono meglio interpretabili le questioni relative alla riservatezza dei terzi ed al diritto alla riservatezza delle imprese ( sintomatica la tutela del c.d. “segreto industriale”).

167 Siamo in presenza di un vero e proprio diritto alla trasparenza od alla pubblicità in materia ambientale, qualificando la pubblicità come la qualità dell’atto, “naturalmente” disponibile per chiunque. cfrStudi sul codice dell’ambiente, a cura di M. Pilade Chiti, R. Ursi, Torino, 2009, . pp. 219 e ss.

Le difficoltà riscontrabili dal privato nel procedimento di accesso finalizzato alla conoscenza dell’esistenza di un determinato documento, costituiscono un dato estrinseco alla titolarità del diritto all’informazione, che consente peraltro di chiarire un profilo centrale del diritto civico di informazione168.

Volendo concentrarsi sulle visioni centrate sui diritti individuali, gli eventuali limiti all’attività informativa vengono identificati mediante un’astrazione dai contenuti delle informazioni, e fissando le priorità degli interessi coinvolti sulla base della comparazione e del bilanciamento dei valori costituzionali in gioco169.

La trasparenza va qui intesa come un principio dalla portata generale, volto a garantire “la conoscibilità per la conoscibilità”, che precede e prescinde completamente dall’informazione finalizzata alla partecipazione politica, amministrativa od all’eventuale difesa di situazioni giuridiche individuate170.

Gli istituti del diritto di accesso e di informazione ambientale sono la cartina di tornasole di una relazione giuridica tra il “chiunque” e l'autorità pubblica relativamente a dei beni che però non sono della P.A., bensì di tutti (uticives) in quanto universali, “comuni”. Tant'è che le norme domestiche, in

ricaduta comunitaria, prevedono il rafforzamento della tutela dei beni de quibus, con l'estensione

soggettiva (donde la “desoggettivazione”) e la non necessità di motivazione ( donde la a-motivazione). E’ proprio la legittimazione attiva a differenziare la disciplina dell'accesso alle informazioni ambientali rispetto a quanto previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Va probabilmente rimediata la prevalente opinione dottrinale e giurisprudenziale, secondo la quale l'accesso “ambientale” si connoterebbe per la sua “specialità” rispetto a quello “documentale”.

La tesi suddetta presuppone che l'ambito di operatività delle relative discipline possa racchiudersi in due sfere concentriche: l'una (accesso “documentale”) di maggiore estensione dell'altra (accesso “ambientale”), che presenterebbe rispetto alla prima note distintive “aggiuntive” (specializzanti), rispetto al nucleo comune costituito dalla disciplina “generale” sul procedimento. Sembra, piuttosto, che vadano considerate come discipline tendenzialmente “autonome”, ispirate come sono a logiche strutturalmente alternative (“accessibilità” versus “pubblicità”), con il temperamento costituito da un'area

di parziale sovrapposizione in cui il legislatore, per ragioni non aprioristicamente criticabili, ha uniformato il relativo regime di tutela.

168“La predeterminazione di un vincolo di scopo va considerato incompatibile con la stessa esistenza di un diritto. Il diritto di informazione è un diritto individuale, che può ricevere una tutela più intesa laddove assolve ad una funziona sociale, ma senza che questa ponga il diritto al servizio di un fine predeterminato” cfr. p. 220, op. ult. cit.

169 L’Amministrazione, definita come “operatore informativo”, nell’esercizio del potere discrezionale, si pone fuori dal dirit- to alla pubblicità e dentro quella dei rimedi ex post al segreto amministrativo. cfr. p. 221, op. ult. cit.

170 Il diritto civico all’informazione amministrativa viene considerato come un vero e proprio diritto soggettivo alla pubblici- tà, i cui limiti sono esclusivamente di carattere esogeno. All’Amministrazione sarà infatti affidato il compito di bilanciare il diritto di informazione con il diritto alla privacy, senza lasciare alcuno spazio per valutazioni di opportunità. Il bilanciamento

va inteso in questo caso come la risoluzione di un mero conflitto di diritti tra privati, non ostando alla costruzione dell’accesso come diritto. La problematica della qualificazione di una situazione come diritto soggettivo non è tanto l’individuazione di un obbligo corrispondente, quanto la sua necessaria corrispondenza con altri diritti.

Se l'accesso “ambientale” è “autonomo” e non “derogatorio” rispetto all'accesso “documentale”, viene meno ogni ragionevole giustificazione di quegli orientamenti della giurisprudenza nazionale tesi a restringere surrettiziamente l'ambito soggettivo od oggettivo di applicazione della disciplina, in base all'assunto del carattere “speciale” od addirittura “eccezionale” del primo rispetto al secondo.

Si tenta, così, di ricondurre l'accesso “ambientale” nell'alveo più rassicurante di quello “documentale”, introducendo distinzioni estrinseche e criteri ultronei, ovvero escludendo dall'accesso gli atti che non “possono effettivamente incidere sull'ambiente”.

La disciplina171del diritto di partecipazione si articola in tre parti: comunicazione al pubblico interessato

dell’avvio di un processo decisionale che riguarda l’ambiente; accesso endo-procedimentale alle infor- mazioni riguardanti il processo decisionale in corso; modalità di intervento dei privati.

Per rendere la partecipazione del pubblico più efficace possibile, e in grado di influenzare veramente il processo decisionale, nel momento in cui tutte le scelte sono ancora possibili, ciascuna parte deve fare in modo che la partecipazione cominci fin dall’inizio della procedura.

La normativa riconosce alle parti un’ampia discrezionalità per la definizione della struttura e delle forme di partecipazione, anche se l’esercizio di tale discrezionalità deve essere governato dai principi della Convenzione, non ledendo i diritti partecipativi “minimi”172riconosciuti agli individui. La possibilità

che il pubblico sia selezionato dall’Autorità competente per la partecipazione al procedimento, può, in base ai principi di trasparenza e di responsabilità dell’amministrazione pubblica, essere mitigata per in- cludere nel procedimento il più ampio numero possibile di soggetti, ponderando il principio di parteci- pazione con quello di celerità.

La consapevolezza che solo attraverso la più ampia divulgazione e conoscenza delle notizie in merito allo stato dell’ambiente si possa riuscire ad ottenere la sensibilizzazione necessaria per un’efficace pro- tezione realizza la tutela ambientale173.

L’acquisizione delle informazioni scientifiche rappresenta una fase preliminare alla tappa successiva e centrale, relativa alla gestione operativa174.

171 E. Pelosi, Rafforzamento dell’accesso all’informazione ambientale alla luce della direttiva 2003/4/CE, In Riv. Giur. Am- biente, Milano, n. 1/2004; F. Franzoso, Il diritto d’accesso alle informazioni ambientali, in Riv. Giur. Ambiente, Milano, n.5/2004

172 La partecipazione si collega al principio di condivisione della responsabilità, principio, quest’ultimo, connesso con la stra- tegia di garantire uno sviluppo sostenibile delle attività economiche. Ciò attraverso “la partecipazione di tutti i settori sociali in uno spirito di corresponsabilità che si estende all’amministrazione pubblica, alle imprese pubbliche e private ed alla collet- tività”.

173 G. Grassi, Considerazioni introduttive su libertà di informazione e tutela dell’ambiente, in Scritti in Onore di Barile, Pa- dova, 1990, pp.309 e ss.

174 “Il principio di precauzione comporta che l’assenza di prove scientifiche certe sulla pericolosità di una tecnologia non esclude che la legge possa e talora debba adottare, verso l’utilizzo di essa, determinate precauzioni” cfr. L. Butti, L’utilizzo della scienza nel diritto ambientale, in Riv. Giur. Ambiente, Milano, n. 2/2014, p. 154

La Commissione, accentuando la politicità di questa fase, in linea con le istanze di raccolta del consenso e dell’informazione, si misura con il trattamento collettivo dell’incertezza e pone un richiamo alla Con- venzione di Aarhus, sottolineando come, nello studio delle opzioni praticabili, “tutte le parti in causa dovrebbero essere coinvolte nel modo più completo”, realizzando una procedura decisionale quanto più possibile “trasparente”.

Tradizionalmente il legame tra diritti umani ed ambiente è stato concepito in termini di influenza del contesto ambientale sul godimento dei diritti umani di base ovvero sugli effetti prodotti sull’ambiente dal godimento di alcuni diritti umani. A differenza dei modelli tradizionali, la Convenzione di Aarhus concepisce l’ambiente come un vero e proprio diritto dell’uomo, garantendone tutela a livello interna- zionale; in particolare, l’accordo siglato nella cittadina danese non definisce in linea astratta la qualità ambientale a cui gli individui hanno diritto175, più correttamente formula una disciplina che, partendo da

un’analisi “caso per caso”, riconosce ai cittadini il diritto di partecipare al processo decisionale.

Essa, infatti, determina un diritto all’ambiente in senso procedurale: l’oggetto della tutela non è una de- terminata qualità dell’ambiente, ma il diritto dei cittadini ad essere associati alle istituzioni nell’assunzione delle decisioni che riguardano l’ambiente.

La comunicazione precisa come la scelta dei rimedi debba accompagnarsi all’analisi comparativa dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall’azione e dall’inazione, tenendo presente le variabili economiche e non.176 I rimedi, così analizzati, non si sottraggono al sindacato giurisdizionale, che si connota ugual-

mente di discrezionalità, restando circoscritti alla verifica dell’insussistenza di errori manifesti, di un vi- zio di sviamento di potere o di un palese superamento dei limiti al potere di apprezzamento177.

175 “La nozione di cittadinanza, scomposta nella componente della titolarità dei diritti e in quella del loro godimento effetti- vo da parte dei cittadini, prospetta un’apertura verso l’inclusione dei cc.dd. diritti di terza e quarta generazione, in relazione ai quali si connettono un insieme di doveri e responsabilità nei confronti dello Stato. Homme e citoyen, persona e cittadino,

personalità e cittadinanza, formano, negli ordinamenti moderni e nelle Costituzioni, inclusa quella italiana, i due status sog- gettivi ai quali sono collegate due classi distinte di diritti fondamentali: i diritti della personalità, che spettano a tutti gli esseri umani in quanto individui o persone, e i diritti di cittadinanza, che spettano solo ai cittadini” cfr. G. Pizzanelli, La partecipa- zione dei privati alle decisioni pubbliche, op. cit. p. 67; N. Bobbio, L’età dei diritti, op. cit. pp. 14 e ss.; D. Zollo, La strategia della cittadinanza, in La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti. Roma - Bari, 1994, p. 16

176 “L’esame dei vantaggi e degli oneri non può ridursi soltanto ad un’analisi economica costi / benefici. Tale analisi è più vasta nella sua portata e comprende considerazioni non economiche. L’esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un’analisi costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile. Potrebbero tuttavia essere presi in considera- zione altri metodi di analisi, come quello relativo all’efficacia delle opzioni possibili ed alla loro accettabilità da parte della popolazione. E’ possibile, infatti, che una società sia pronta a pagare un costo più elevato al fine di garantire un interesse, quale l’ambiente o la salute, riconosciuto come di grande rilievo”. cfr. M. Cafagno, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente, come sistema complesso, adattativo, comune, Torino, 2007

177 In linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. Tribunale di primo grado, Sez. III, dell’11 settembre 2002, Al- pharmaInc., nonché della sentenza del Tribunale di primo grado, Sez. II, del 21 ottobre 2003, causa T - 392/02, Solvay Pharmaceuticals BV), la giurisprudenza nazionale applica limiti al sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni complesse della pubbliche amministrazioni. Il Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926, in Servizi Pubblici ed Appalti, 2004, p. 583: “ in armonia con il sindacato esercitato in materia dalla Corte di Giustizia, il giudice amministrativo, se ritiene le valutazioni dell’Autorità corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili, non deve spingersi oltre fino ad esprimere au- tonome scelte, perché altrimenti assumerebbe egli la titolarità del potere, mentre non può sostituirsi ad un potere già eserci- tato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere sia corretta.” cfr. A. Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie soluzioni, in Dir. Pubbl., 2004, 439 e ss.; F. Cin- tioli, Tecnico e processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 2004, f. 181, p. 439 ss. Nel quadro delle fonti comunitarie un particolare accenno merita il Regolamento CE n.178/2002 del 28 gennaio 2002, in materia alimentare, all’art. 7, intitolato

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