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Il dottorato come allargamento della razionalità

Nel documento Autenticità di un pensiero relazionale (pagine 116-124)

di Michele Amadò

La lettura dell’ultima pubblicazione di Armando Rigobello 1 mi ha pro-

iettato al tempo del mio dottorato, che ho svolto all’Università di Roma Tor Vergata tra il 1992 e il 1996, sotto la direzione di Rigobello, che era il coordinatore delle attività dottorali. Si può ben dire che la sua conduzione dei lavori di ricerca aveva come obiettivo l’allargamento della razionalità.

La questione della necessità di “andare oltre” è una caratteristica del suo pensiero, come nel suo saggio Oltre il trascendentale del 1994. “Andare oltre” significa superare un limite. Sulla questione Rigobello pubblicava nel 1963 I limiti del trascendentale in Kant. Il pensiero cri- tico determina i confini entro i quali è legittimo giudicare. Oltre questi confini (Grenze) però si può guardare. Nel volume Kant. Che cosa pos-

siamo sperare, del 1983, è posta particolare attenzione su questo sguar-

do del filosofo di Königsberg oltre i limiti. Questo procedere più in là pare essere per Rigobello il più proprio del pensare.

Le ermeneutiche sorte nel ’900 sostengono che il pensiero non può essere conclusivo, che deve considerare la complessità degli approcci disciplinari, dello speculare, senza poter risolvere questa pluralità da un punto di vista unico che gerarchicamente possa ergersi al di sopra degli altri. Tali ermeneutiche sorgono dallo scacco di una metafisica che pretendeva di elevarsi, con altezzosità, al di sopra delle scienze, e del tempo e dello spazio. Le ermeneutiche rimarcano la molteplicità del pensare e i conflitti tra le prospettive che non possono essere supe- rati dialetticamente e sottolineano una radicale rottura metodologica 2.

1 A. Rigobello, Dalla Pluralità delle ermeneutiche all’allargamento della razionalità, Rub- bettino, Soveria Mannelli 2014.

Rottura come atto volontario 3. Significativo, in questo senso, è il volu-

me Le conflit des interprétations. Essai d’herméneutique I, di Paul Ri- cœur (1969), che abbiamo approfondito nei lavori dottorali, anche col compito datoci da Rigobello di esercitarci nella traduzione del libro.

Le ermeneutiche moderne hanno inteso andare oltre, di là della Modernità, del suo grande racconto poggiato sul fondamento dell’au- tocoscienza; ma verso dove?

Per Rigobello l’apriori ermeneutico «è il luogo genetico della do- manda trascendentale del senso» 4. È una “strana presenza” 5, è il fon-

damento, il trascendentale è una domanda di senso finale 6, relazionata

al mondo della vita, al vissuto 7. A causa di questa relazione, è la libertà

umana ad essere messa in gioco. Rigobello parla in questo senso del bel rischio dell’interpretazione 8, dell’”Io interpreto”, ricordando, con

Kant, che la libertà è un fatto della ragione 9. Libertà che è richiesta,

proprio dalla presenza del limite 10. Ciò comporta una problematicità,

infatti il confine è al contempo da superare e da rispettare come una insuperabile differenza.

Rigobello spesso soleva dire che affermare che le questioni sono complesse non era la soluzione, e non doveva essere l’ultima parola. “Dalla pluralità delle ermeneutiche all’allargamento della razionalità” dice di un da, che indica l’origine, il punto di partenza, il moto da un luogo, e di un a, il passaggio ad un altro luogo. Altro connotato spazial- mente, come dimensione più larga.

La ragione della necessità di una pluralità di ermeneutiche, che si pongono il limite di non poter essere superate da una di esse, risiede nella loro condizione apriori, dalla domanda di senso mai esauribile sia

3 A. Rigobello, La formazione del ricercatore, in. AA.VV., a cura di Rigobello, Interiorità e

comunità. Esperienze di ricerca in filosofia, Edizioni Studium, Roma 1993, p. 28.

4 Rigobello (2014), p. 18.

5 Ibid., p. 20. Nell’introdurre al volume Strana presenza, Rigobello scrive: «ogni presenza diventa “strana presenza” poiché il tutto diventa enigma» (AA.VV., Strana presenza, a cura di Michele Amadò, Edizioni Aspasia, S. Giovanni in P (BO) 1998, p. 9). L’estraneamento è dovuto dal fatto che l’orizzonte della totalità muta l’ovvio, il quotidiano, il particolare, in enigmatico.

6 Ibid., p. 23.

7 Il richiamo al mondo della vita non riduce il discorso ad un livello psicologico, di scienza cognitiva, di dinamiche del vissuto emozionale (Rigobello 2014, p. 20), e non deve «vincere la tentazione di abbandonare il campo del rigore per concedersi alla descrizione intimistico-let- teraria» (Rigobello 1993, p. 28). Il cenno al mondo della vita lo è all’esercizio della fenomeno- logia (Rigobello 2014, p. 7).

8 Rigobello (2014), p. 17. 9 Ibid., p. 19.

dagli atti interpretativi suscitati, sia dalla pluralità delle ermeneutiche nella loro totalità. La domanda fondante rimane l’unico momento me- tafisico delle ermeneutiche, che le supera a-priori, essendo inesauribile, e inverificabile, dalle stesse. La risposta è inverificabile, da ogni pro- spettiva metodologica, ermeneutica, scientifica 11.

Il limite di ogni pensare (non solo delle ermeneutiche) è di non poter esaurire la domanda di senso che lo fa nascere. Mancanza che appartiene anche alla pluralità delle vie che il pensare suscita. La do- manda filosofica implica la vita, e tale coinvolgimento da una parte impedisce una assolutezza del pensiero (in quanto sciolto dalla vita), dall’altra fa (e farà) sorgere sempre ulteriori prospettive, vie, metodi, percorsi; siamo di fronte al paradosso di una totalità non confinata in sé, una totalità che cresce, che si allarga.

Rigobello, nel condurre il dottorato volto ad allargare la razionalità della comunità dei ricercatori, poneva al centro delle attività il semi- nario, che è una delle figure emblematiche della ricerca colta nel suo concreto esercizio:

«Il seminario è una figura centrale, poiché strumenti metodologici ed espe- rienze esistenziali emergono in esso e ne fanno il luogo proprio per l’ap- prendistato del metodo e per lo stimolo della creatività» 12.

Nel saggio intitolato La formazione del ricercatore Rigobello sottolinea la solitudine del ricercatore, intesa come personale libertà e dunque responsabilità cui è chiamato. Libertà che supera ogni isolamento po- nendo lo studioso nel dialogo con l’altro nella comunità dei ricercatori, con una propria personalità. Comunità che lui stesso contribuisce a formare nel metodo per eccellenza: il dialogare.

«La condizione dialogica diviene figura della dinamica del pensiero e co- stituisce un esercizio di ascolto e di intervento, l’esperienza più propria di una comunità di ricerca» 13.

Nei seminari dottorali si affrontavano sia autori classici sia contempora- nei, e lo spirito richiesto dal coordinatore era duplice. Da una parte che

il vero maestro è il testo, la “cosa stessa 14.

11 Ibid., pp. 33-34. 12 Rigobello (1993), p. 18. 13 Ibid., p. 18.

Come per Heidegger o per Platone. Il testo è l’autorità, è il modo della cosa stessa di colpire il ricercatore, la comunità degli studiosi. Un’al- tra prospettiva di lavoro sottolineata da Rigobello era quella di Merle- au-Ponty. Percorso volto ad andare da un testo verso la sua genesi nel lavoro dell’

«Autore ricondotto al momento genetico, colto nell’atto di riflettere sul proprio stesso testo, sorpreso, per così dire, nel momento in cui il fervore creativo apre nuovi orizzonti...» 15.

La via per l’allargamento della razionalità ha come bussola sia la cosa stessa come testo che dilata, sorprende il pensiero dalla sua genesi, ge- nerandolo: “cosa stessa” come sorgente inesauribile, alla fine inverifi- cabile perché posta su un altro piano; sia la genesi del testo, nel cuore del fervore creativo dell’autore. Totalità aperta, che spalanca orizzonti perché in sé schiusa, non circoscritta, sbarrata (Schranke).

Rigobello per definire questo processo utilizza il termine

«Aufhebung, in cui la scienza avverte un’apertura che la modifica mentre la razionalità avverta nuove posizioni, realizzando una complessa situazione ermeneutica, l’avvertimento di una lontananza pur tuttavia operante, uno sguardo oltre il confine» 16.

ed evidenzia l’analogia di tale posizione con quella espressa nella Lettera VII di Platone, da lui amatissima. Il riferimento a tale scritto di Platone era fatto di sovente 17, rimarcando quel “vivere assieme i problemi”, vi-

vere assieme razionale, come luogo del possibile apparire all’improvvi- so dell’idea, dopo però molta applicazione, esercizio, tempo; sfregando tra lori discorsi, nomi, sensi, per avviare un fuoco 18. Come ci era chiesto

di fare nei seminari del dottorato.

Il termine Aufhebung riporta alla dialettica hegeliana. Concetto che sfugge ad una definizione univoca e semplice, potremmo dire, come il trascendentale di Kant. Termine chiarissimo quanto oscuro. Riso- lutore quanto inquietante; motore di nuove aperture. Aufheben come itinerario dove dalla complessità si evince, si intuisce una semplicità.

15 Ibid., p. 20.

16 Rigobello (2014), p. 39.

17 Nel volume Interiorità e comunità (1993) è fatto esplicito e opportuno riferimento alla VII lettera di Platone nell’articolo di Giovanni Salmeri intitolato Dal dialogo socratico alla VII

lettera di Platone, pp. 103-136.

La VII lettera sembra utilizzata da Rigobello per riaprire la dialettica hegeliana, lasciando intatto il profondo desiderio di un compimento, che si risolve però in una continua riapertura del pensiero. Sbocco non esauribile dalla dialettica dell’uomo, che trova il suo luogo privilegiato nell’amicizia per questo apparire improvviso, amicizia che attende (su- scita tensione) questo aprirsi/aprire.

L’amicizia era uno degli obiettivi dei seminari dottorali. Infatti tale aprirsi/aprire allarga la razionalità, impedendole di restringersi su di sé. Dialettica feroce, che prevede uno scacco inevitabile delle formulazioni del pensiero, e al contempo accende la speranza di un compimento che non è il frutto del pensiero. Percorso che esige il rischio continuo di un insuccesso. Feroce in quanto fa violenza contro la naturale pretesa di esaurire la domanda, violenza che implica una consapevole e decisa scelta di umiltà, di non violenza. E ciò nel saper confutare in discus-

sioni benevole, in una dialettica fatta senza invidia. È un’esperienza di Aufhebung.

Heidegger, trattando dell’esperienza, in relazione all’Aufhebung di Hegel, così interpreta:

«Questo movimento dialettico che la coscienza esercita in lei stessa – e nel suo sapere e nel suo oggetto – in quanto gliene sorge il nuovo vero ogget- to... 19.

Il sorgere del nuovo oggetto che, senza che essa sappia come le accade, si offre alla coscienza, è ciò che per noi si muove, per così dire, dietro le spalle di essa» 20.

Per Hegel questa dialettica lo è dell’Assoluto stesso; è la fatica, la lace- razione, il calvario dello spirito,

«la lotta dell’Assoluto stesso per giungere all’assolutezza dell’autocom- prensione concettuale e dell’autocertezza incondizionata» 21.

Si tratta per Hegel di un «itinerarium mentis in Deum» 22.

19 M. Heidegger, Il concetto hegeliano di esperienza, in Sentieri interrotti, La Nuova Italia Editrice, Città di Castello 1987, p. 113.

20 Ibid., p. 114. 21 Ibid., p. 125. 22 Ibid., p. 129

Non è di certo l’itinerario significativo come inteso da Rigobello, nel- le sue parole conclusive del saggio sull’allargamento della razionalità. Non si tratta di quello indicato da Hegel, che per Heidegger assomiglia

«al tentativo di spiegare lo zampillare della sorgente in base all’acqua sta- gnante zampillata» 23.

Per Rigobello

«L’“ampliamento della ragione”, di cui parla Benedetto XVI, potrebbe esse- re quindi il ritorno a una nozione “forte” di ragione, che non si isoli nell’a- nalitica del fenomeno ma colga la dialettica che muove la stessa ricerca ana- litica: l’avvertimento di una esigenza di senso che ogni paradigma scientifico non ha finora soddisfatto e non potrà mai soddisfare. Ricompaiono forse elementi del logos greco, del nous poieticos aristotelico, dell’intuizione in- tellettiva di S. Tommaso» 24.

Filosofia “umile” 25 che si pone come fine la sua origine, il “rinfranger-

si” di una meraviglia originaria che si manifesta in più luoghi, ma che zampilla ancora sorgiva in essi. Fiotto che nonostante tutti i tentativi di soffocarlo non si lascia imprigionare, né spiegare dall’acqua stagnante sgorgata.

Rigobello qui parla esplicitamente di un “ritorno” che colga la dia- lettica che muove la ricerca. Di un ricomparire, anche del logos greco specificato come nous poieticos. Da intendersi come pensare (più che pensiero), come tuffarsi/essere nello zampillare della sorgente 26.

Uno sguardo oltre il confine, oltre il limite, oltre noi stessi, da parte di noi stessi, aperto dallo e all’apparire improvviso. Questo rimanere tra fondazione e certificazione 27, questo immergersi in ciò che precede

ogni tradizione, ogni assicurazione del pensiero in un linguaggio, è un soggiornare nella libertà. Un albergare che avverte una lontananza che

23 Ibid., p. 167.

24 Rigobello (2014), p. 37. 25 Ibid., p. 22.

26 Tra i contenuti che più ci hanno fatto discutere, nell’esercizio di ri-tradurre le poesie di Heidegger che Rigobello aveva già traslato (M. Heidegger, Pensiero e poesia, introduzione,

traduzione e commento di Armando Rigobello, Armando, Roma 1977) – esercizio che abbiamo

rifatto insieme nel periodo del dottorato – vi fu quello della possibilità di attingere il sorgere dell’esperienza del pensiero; pensiero antico, memoria del passato ma che ci precede, luogo dove il pensiero ci raggiunge prima che ne siamo protagonisti. Abbiamo ragionato sulla via per “andare” alla fonte dove zampilla il pensiero.

si estende pur favorendo la prossimità, tra i soli nella comunità di amici della verità, nella libertà. Libertà realizzata dalla comunità. Scrive Ri- gobello che l’esperienza della comunità di ricercatori, è liberante anche per chi la conduce:

«Nell’intreccio dei rapporti interdisciplinari e attraverso il confronto di ge- nerazioni, il professore è reso libero anche di fronte al proprio pensiero, una libertà che gli viene offerta dalla critica altrui. Il dibattito non conosce gerarchia di maestro e allievo, né distinzioni burocratiche di competenze. La libertà (Freiheit) è quindi accompagnata dalla solitudine (Einsamkeit)». Solitudine come avvertimento di una lontananza che separa dalla sor- gente che sprizza. Tanto più ci si avvicina tanto più, paradossalmente, risulta inafferrabile, come l’acqua che scorre. Solitudine che ci distin- gue dagli altri in quanto è richiesta la personale libertà di appartenere alla comunità dei dialoganti, degli amici, e perciò vicinanza in una fra- ternità dei pensanti volti al pensato, alla sua attesa, oltre il conquistato, oltre la coltre di neve del pensiero pensato 28.

Ricordando per certi versi l’attualità, postmoderna, del modello dell’università medievale, per l’esperienza più vicina di quella humbol- dtiana Rigobello scrive:

«Compare forse un qualche abbozzo di postmoderno universitario? Si im- pone in ogni modo il ripensamento di un processo già in atto, capace di esprimere in termini diversi il privilegio della libertà e di togliere alla soli- tudine il carattere di isolamento» 29.

Ripensare all’esperienza del dottorato svolto sotto la guida di Ri- gobello, oltre ad essere un modo per testimoniare la sua concreta, storica, incarnata testimonianza di questa prospettiva filosofica, di questo “itinerario significativo” da lui sempre percorso e indicato, e al quale ha educato, e che ha promosso sino all’ultimo respiro sulla via dell’allargamento della razionalità, è anche una modalità di riflettere sul nucleo epistemologico del filosofare di Rigobello. E ci piace concludere con quanto da lui riportato nel testo sulla forma- zione del ricercatore:

«In una sala della biblioteca dell’Università di Ratisbona, ad una parete su pannelli è riportato in latino, in ebraico, in tedesco, il passo del salmo

28 Armando Rigobello, Perché la filosofia, La Scuola, Brescia 1979. 29 Armando Rigobello (1993), p. 18.

132, che inizia con parole di forza e dolcezza: “Ecce quam bonum et quam jocundum habitare fratres in unum”» 30.

Michele Amadò

SOMMARIO

L’allargamento della razionalità, come esposto nell’ultimo saggio pubblicato da Ar- mando Rigobello, esprime bene l’obiettivo che Rigobello aveva dato alle attività dot- torali, da lui coordinate a Roma Tor Vergata. Sono enucleati nel testo alcuni dei mo- menti e strumenti principali del dottorato, che ho svolto tra il 1992 e il 1996, pensati per raggiungere questo ambizioso fine: primariamente il seminario e l’amicizia come intesa nella VII lettera di Platone. L’allargamento è Aufhebung, in un processo che investe il mondo della vita, la libertà, che porta il ricercatore a riconoscere il limite e ad andare sempre oltre, e che sottende una totalità che, paradossalmente, essa stessa si allarga.

SUMMARY

The expansion of rationality, as outlined in the latest essay published by Armando Rigobello, expresses well the goal that Rigobello had given to his doctoral activities, coordinated by him, in Rome Tor Vergata. In the text are enucleated some of the main points and tools of the PhD, which I attended between 1992 and 1996, designed to achieve this ambitious end: primarily the seminary and friendship as understood in Plato’s VII letter. Enlargement is an Aufhebung, a process that invests the world of life, freedom, which leads the researcher to recognize the limit and to go always further and which underpins a totality that paradoxically widens itself.

armando rigobello

Nel documento Autenticità di un pensiero relazionale (pagine 116-124)