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Lo svolgimento del colloquio: tecniche di conduzione dell’intervista

DELLE COMMISSIONI TERRITORIAL

R. MOROZZO DELLA ROCCA.

2.8 Il colloquio personale

2.8.2 Lo svolgimento del colloquio: tecniche di conduzione dell’intervista

Il decreto procedure, come visto supra, oltre a regolare alcuni aspetti “formali” dell’intervista quali la verbalizzazione, i criteri applicabili e i soggetti partecipanti, non contiene una disciplina

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È, invece, criticabile la previsione per cui al temine dell’audizione al richiedente è consegnata la sola copia della trascrizione in lingua italiana, e non anche copia del file contenente la videoregistrazione che sarà disponibile solo a seguito dell’eventuale ricorso al Tribunale. Tale limitazione può essere superata dal richiedente avvalendosi del diritto di accesso agli atti previsto dall’art. 18 decreto procedure il quale richiama espressamente il capo V della l. n. 241/1990 che disciplina l’accesso ai documenti amministrativi.

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giuridica sullo svolgimento concreto del colloquio e sulle tecniche di conduzione che devono essere utilizzate dai funzionari. Il decreto, conformemente a quanto previsto dalla corrispondente normativa comunitaria97, si limita a prevedere che al richiedente, nel corso del colloquio, sia assicurata “la possibilità di esporre in maniera

esauriente gli elementi addotti a fondamento della domanda (…)”98.

Lo svolgimento dell’intervista viene, invece, trattata dalle Linee guide dell’UNHCR99 e dell’EASO100 che hanno come obiettivo principale quello di dotare i funzionari delle tecniche di conduzione in modo da adempiere alla finalità di cui al co. 1 bis dell’art 14, decreto procedure.

Secondo il modello di formazione EASO, le tecniche di intervista utilizzate nella fase amministrativa derivano dall’applicazione di un metodo strutturato suddiviso in fasi, incluse le attività preliminari e conseguenti al colloquio, allo scopo di “ottimizzare la quantità e

qualità delle informazioni raccolte nel corso del colloquio personale”101.

La prima fase è relativa alla preparazione dell’intervista. Si tratta di un momento cruciale, ai fini della determinazione della protezione internazionale, che impone al funzionario di assumere un atteggiamento volto all’acquisizione di conoscenza di quante più informazioni possibili sulla domanda del richiedente. Il funzionario,

97

Art. 16, Direttiva 2011/95/UE. 98

Art. 14, co. 1 bis, d.lgs. 25/2008. 99

UNHCR, intervistare i richiedenti asilo, 2010, disponibile al sito internet: https://www.meltingpot.org/IMG/pdf/UNHCR.pdf

100

EASO, la guida pratica dell’EASO: il colloquio personale, dicembre 2014, reperibile al sito:

https://www.easo.europa.eu/sites/default/files/public/EASO-Practical-Guide- Personal-Interview-IT.pdf

101

F. GALLO, Audizione e valutazione di credibilità del richiedente davanti alla

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dunque, è chiamato a studiare il fascicolo, soprattutto la documentazione disponibile prodotta dal richiedente e le informazioni sul paese di origine (COI), in modo da avere un quadro più preciso della situazione al fine di condurre efficacemente l’intervista e soprattutto per individuare i fatti essenziali che saranno oggetto di approfondimento nel corso dell’audizione. Ad ogni modo, specifica L’EASO, “il funzionario deve mantenere una

mentalità aperta e considerare la possibilità che emergano nuovi fatti durante il processo102”. Ciò significa che il funzionario non

procede, nella fase di preparazione al colloquio, ad una individuazione definitiva, ma si tratta di un processo in continua evoluzione, potendo procedere all’individuazione di nuovi fatti sostanziali sino al momento della valutazione del rischio. All’interno di questa fase è necessario altresì preparare un ambiente confortevole a stabilire un clima favorevole, assicurando, al contempo, un contatto visivo diretto tra intervistatore e richiedente al fine di incoraggiare quest’ultimo alla comunicazione. Infine è opportuno che il funzionario si prepari mentalmente all’incontro, tenendo conto delle eventuali interferenze che potrebbero influenzare la sua obiettività.

La seconda fase è dedicata all’inizio del colloquio e alla costruzione del rapporto con il richiedente. Per la maggior parte dei richiedenti, l’intervista rappresenta una situazione nuova e sconosciuta. Per questo motivo è essenziale costruire un rapporto e fornire loro sufficienti informazioni sulla finalità, struttura e scopo del colloquio, nonché sui loro diritti e obblighi, in modo da agevolare la raccolta di informazioni il più possibili pertinenti, precise e affidabili sulle ragioni che hanno indotto il richiedente a presentare domanda di

102

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protezione internazionale. Sia l’UNHCR che l’EASO sottolineano, in questa fase, l’importanza del diritto alla riservatezza. Tra gli obblighi di informativa che gravano sul funzionario, troviamo quello sulla riservatezza delle informazioni. Il richiedente viene prontamente informato del fatto che nessuna delle sue informazioni sarà condivisa con le autorità del paese d’origine o con i terzi. In assenza di tale garanzia, il richiedente potrebbe essere riluttate nel rilevare informazioni per timore di ritorsioni contro la sua persona o familiari103.

Terminate le fasi preparatorie e introduttive, l’intervista vera e propria prende avvio con la narrazione libera dell’interessato. Il richiedente, in questa fase, ha la possibilità di fornire un resoconto personale, senza interruzioni, sui motivi alla base della protezione internazionale. Sia l’EASO104 che l’UNHCR105 sottolineano l’importanza di questa fase e individuano come scopo “quello di

ottenere informazioni il più possibili affidabili e accurate”.

Successivamente alla narrazione libera, l’intervistatore dovrà compiere una riflessione sugli argomenti trattati e sulle informazioni fornite dal richiedente, in modo tale da poter individuare quali siano i fatti essenziali della narrazione da sottoporre ad approfondimento. Si passa poi alla fase di “approfondimento” (c.d. fase di verifica) dei fatti essenziali emersi nel corso della narrazione libera, in cui il funzionario, attraverso uno schema ad “imbuto”, procede all’esplorazione di ogni argomento/fatto rilevante, ponendo al

103

Tale garanzia ha trovato specifica attuazione all’interno dell’art. 25, co. 2, d.lgs. 25/2008 ai sensi del quale “le Commissioni territoriali (…) in nessun caso forniscono informazioni circa la domanda di protezione internazionale presentata dal richiedente ovvero altre informazioni che possano nuocere all’incolumità del richiedente e delle persone a suo carico, ovvero alla libertà e alla sicurezza dei suoi familiari che risiedono nel paese di origine”.

104

EASO, la guida pratica dell’EASO: il colloquio personale, cit. 105

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richiedente prima domande aperte, finalizzate alla raccolta di notizie su situazioni od opinioni personali, poi domande chiuse e mirate sui fatti essenziali specifici che presentano profili di incertezza. L’EASO invita il funzionario a ricorrere alle domande chiuse con cautela, essendo preferibile favorire una conversazione o una narrazione libera del richiedente. Un eccessivo ricorso alle domande chiuse infatti può generare, nel richiedente, la sensazione di “essere sotto inchiesta”106

, precludendogli, al contempo,

l’opportunità di esprimersi liberamente e di circostanziare la propria domanda.

Inoltre, laddove il funzionario riscontri la presenza di incertezze su elementi essenziali che lo indurrebbero a propendere per una valutazione negativa della credibilità del fatto sostanziale, ha il dovere di garantire al richiedente l’opportunità di fornire spiegazioni e chiarimenti in ordine a tali fatti e/o di fornire ulteriori particolari o informazioni mancanti107. Tale onere discende direttamente dalla garanzia di cui all’art. 14, co. 1 bis, decreto procedure che impone ai funzionari di assicurare al richiedente, nel corso del colloquio, “la possibilità di esporre in maniera esauriente

gli elementi addotti a fondamento della domanda”.

Si arriva così alla fase (finale) della chiusura del colloquio, nella quale l’intervistatore deve, anzitutto, verificare di aver esplorato tutti i fatti essenziali rilevanti, procedere alla trascrizione e lettura del verbale e infine informare il richiedente sulle fasi successive all’intervista, in ordine ai tempi della decisione e sul diritto di ricorso in caso di rigetto della domanda.

106

UNHCR, intervistare i richiedenti asilo, cit. 107

Tale esigenza potrebbe sorgere anche dopo la chiusura del colloquio. In tal casi sarebbe raccomandabile procedere ad una nuova audizione con il richiedente asilo. Si tratta di una possibilità astrattamente percorribile data l’assenza di disposizioni legali in senso contrario.

83 2.9 La valutazione di credibilità

Al termine del colloquio, la Commissione territoriale è chiamata ad accertare la veridicità delle affermazioni del richiedente (c.d. valutazione di credibilità). Si tratta di un compito arduo ma essenziale, in quanto tramite esso si arriva a stabilire quali fatti sostanziali, asseriti dal richiedente, possano essere accettati ai fini del riconoscimento della protezione internazionale. Né la normativa comunitaria né tantomeno quella nazionale offrono criteri comuni di valutazione. Esse si limitano ad individuare le caratteristiche dell’esame, prevedendo che le domande siano esaminate e le decisioni prese “in modo individuale, obiettivo e imparziale” ed

“all’esito di un congruo esame” 108.

A colmare la lacuna intervengono, ancora una volta, le linee guide offerte dall’UNHCR e dall’EASO. Entrambi prevedono la necessità di procedere alla valutazione di credibilità di ogni fatto sostanziale riferito dal richiedente, secondo uno metodo strutturato, applicando una serie di indicatori di “credibilità” chiari.

Come affermato dall’UNHCR109 “non esistono metodi infallibili e

oggettivi per valutare la veridicità dei fatti asseriti dal richiedente e nessun indicatore preso singolarmente consente di determinare con certezza la credibilità”. Tuttavia, prosegue l’UNHCR, gli indicatori di

credibilità consentono di ridurre il margine di soggettività nel processo decisionale e di assicurare, al contempo, un esame della domanda individuale, obiettivo e imparziale.

108

Cfr. Art. 10, co. 4 lett. a), Direttiva 2013/32/UE e Art. 8, co. 3, d.lgs. n. 25/2008.

109

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

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Gli indicatori più utilizzati per stabilire la veridicità di un fatto sostanziale asserito dal richiedente sono i seguenti: sufficienza di dettagli e specificità, coerenza interna, coerenza esterna e plausibilità.

Con riguardo al primo criterio, la Commissione territoriale è chiamata a valutare il livello e la natura dei particolari forniti dal richiedente nel racconto personale. Questo indicatore muove dal presupposto che un richiedente, che abbia effettivamente vissuto gli avvenimenti che sta raccontando, sarà in grado di ricordare e di riferire in modo circostanziato la propria esperienza. Da ciò può trarsi la considerazione che “la vaghezza, la lacunosità e l’incapacità

di fornire dettagli possono costituire elementi tali da far dubitare della credibilità dei fatti asseriti”110. Tuttavia la Commissione territoriale, nel valutare la capacità del richiedente di fornire sufficienti dettagli, deve necessariamente tenere di conto delle circostanze personali e individuali quali l’età, il grado di istruzione, il genere, la cultura, l’orientamento sessuale e i limiti della memoria umana, tra cui le ripercussioni delle esperienze traumatiche. Questi fattori “distorsivi”, così come la qualità dello svolgimento del colloquio, il tipo di domande poste e l’atteggiamento dell’intervistatore, possono incidere, in negativo, sulla capacità del richiedente di fornire dettagli e perciò giustificare la carenza di informazioni che, di norma, farebbe propendere per la non credibilità del fatto asserito.

Con riferimento alla credibilità interna è necessario, in via preliminare, fornire una definizione di “coerenza”. Per coerenza

110

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

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interna si fa riferimento all’assenza di discrepanze, contraddizioni e divergenze tra e nei fatti prospettati dal richiedente111.

In particolare, la coerenza interna si riferisce all’assenza di contraddizioni interne nel racconto personale e/o con altre dichiarazioni (scritte o verbali), rilasciate in momenti diversi o altre prove prodotte dal richiedente.

Come sottolinea l’UNHCR112, l’incoerenza per avere rilievo deve essere grave e deve riguardare i fatti essenziali della domanda. Le incoerenze su fatti secondari e non pertinenti non dovrebbero essere considerate come elementi in grado di minare la credibilità dei fatti asseriti dal richiedente.

Relativamente alla coerenza tra le affermazioni del richiedente rilasciate in momenti diversi della procedura, la valutazione di tale parametro non può prescindere dal presupposto che la presenza di contraddizioni, oltre ad essere un indizio di non credibilità, possa derivare dalla difficoltà del richiedente di ricordare cosa abbia effettivamente vissuto. Pertanto l’incoerenza potrebbe essere presente anche in un richiedente “onesto” che si sta sforzando di ricordare. Proprio per questo motivo la Commissione territoriale dovrebbe fornire al richiedente l’opportunità di spiegare o chiarire tali incongruenze113, in modo tale da poter valutare correttamente la coerenza interna e non escludere, a priori, la credibilità di un fatto asserito caratterizzato da contraddizioni.

111

EASO, un’analisi giuridica: valutazione delle prove e della credibilità

nell’ambito del sistema europeo comune d’asilo, cit.

112

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

d’asilo dell’Unione Europea, cit.

113

Sul punto si veda, EASO, guida pratica dell’EASO, valutazione delle prove, cit.: “Se il funzionario non fornisce al richiedente questa opportunità, tali difformità o incongruenze non dovrebbero essere utilizzate nella valutazione di credibilità”.

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Per quanto riguarda, invece, la coerenza tra dichiarazioni del richiedente rispetto alle prove documentali o di altro tipo da lui prodotte, come evidenzia l’UNHCR nei suoi studi, la prassi è quella di propendere per la non credibilità dei fatti sostanziali affermati in caso di incongruenze. Tale prassi muove dal presupposto che la credibilità di un fatto essenziale, affermato dal richiedente, acquisti maggiore forza in presenza di prove documentali che lo confermino114.

La coerenza esterna, invece, si riferisce alla concordanza tra il resoconto del richiedente con le prove “esterne”, prodotte, cioè, ex

officio, dalle Commissioni territoriali, quali le informazioni sul paese

di origine (COI), le perizie mediche115, le prove testimoniali116 e altre prove pertinenti.

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In tali casi le prove documentali devono comunque essere oggetto di valutazione da parte delle Commissioni territoriali. Secondo una prassi consolidata, l’esame in questione deve essere condotto attraverso specifici parametri. In primo luogo, occorre valutare la rilevanza del documento e cioè la sua rilevanza o meno a un fatto sostanziale particolare. Si deve poi considerare se il documento prodotto dal richiedente possa realmente esistere alla luce delle informazioni generali sul paese di origine. Si dovrà provvedere anche all’esame del contenuto del documento, allo scopo di escludere contraddizioni interne, incoerenze con le dichiarazioni del richiedente e con le COI e verificare poi la precisione, ossia il livello di dettagli, nel descrivere il fatto sostanziale che è diretto a provare. Infine si dovrà procedere all’analisi della forma, natura e autore al fine di verificare l’autenticità dell’atto.

115

Si veda l’art. 8, co. 3 bis d.lgs. 25/2008 ai sensi del quale “la commissione territoriale sulla base degli elementi forniti dal richiedente, può altresì disporre, previo consenso del richiedente, visite mediche dirette ad accertare gli esiti di persecuzioni o danni gravi subiti (…)”.

116

Tra le prove testimoniali assumono particolare rilevanza quelle offerte dai familiari. Se dal raffronto tra le due dichiarazioni emergono contraddizioni, l’autorità deve chiedere al richiedente spiegazioni, tenendo di conto delle eventuali diversità mnemoniche e percettive che caratterizzano le persone nel riferire una data situazione od evento.

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L’obbligo di presentare tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di asilo, spetta “in linea di principio”117 al richiedente,

tuttavia, gli Stati membri sono tenuti a cooperare attivamente118, in tale fase della procedura, allo scopo di integrare il quadro probatorio delineato dall’iniziativa di parte. Da questo punto di vista è chiaro che le COI, le perizie mediche, nonché le prove testimoniali disposte d’ufficio dall’autorità, possono assumere un ruolo dirimente ai fini del giudizio, essendo loro in grado di confermare o smentire la “credibilità” di un fatto sostanziale asserito dal richiedente. Inoltre le dichiarazioni del richiedente devono essere coerenti con le informazioni generalmente note, ossia quei fatti comunemente noti che non possono essere ragionevolmente contestati o sorretti da prove aggiuntive119.

Venendo all’ultimo indicatore, la plausibilità, sorgono le maggiori criticità. Un primo ordine di problemi riguarda la definizione di “plausibilità”, dal momento che non è chiaro il significato da attribuire a tale termine nel contesto della credibilità. L’UNHCR120 ha stabilito che la plausibilità si riferisce a quanto sembra ragionevole, possibile o probabile.

Si tratta però di un parametro “scivoloso”121 e per questo da

utilizzare con cautela, in quanto nel valutare la ragionevolezza, la verosimiglianza dei fatti prospettati dal richiedente, il funzionario

117

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

d’asilo dell’Unione Europea, cit.

118

Cfr. CGUE, sentenza del 22 novembre 2012, causa C-277/11, MM/

Minister for Justice, Equality and Law Reform, Irlanda, Attorney General. La

Corte ha, altresì, affermato che “uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti”. 119

EASO, guida pratica dell’EASO: valutazione delle prove, cit. 120

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

d’asilo dell’Unione Europea, cit.

121

F. GALLO, Audizione e valutazione di credibilità del richiedente davanti alla

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potrebbe basarsi su presupposti, congetture e preconcetti soggettivi, piuttosto che su elementi oggettivi. Un fatto che noi riteniamo ragionevolmente improbabile potrebbe essere, invece, plausibile alla luce delle circostanze individuali e personali dell’interlocutore. Di conseguenza nel valutare la plausibilità di un fatto narrato dal richiedente, bisogna tenere necessariamente conto di una serie di fattori personali quali l’età, l’orientamento sessuale, il tipo di istruzione, la cultura, l’appartenenza religiosa nonché la loro situazione nel suo paese di origine.

La valutazione di credibilità, condotta dalla Commissione territoriale mediante l’utilizzo di questi indicatori, avrà come risultato l’individuazione dei fatti che si ritengono rifiutati in quanto non credibili, e perciò esclusi dalla valutazione del rischio, e la determinazione dei fatti accettati sulla cui base verrà effettuata la valutazione prognostica, e perciò rilevanti ai fini del riconoscimento di una forma di protezione122. La funzione svolta dagli indicatori, dunque, è quella di consentire alla Commissione territoriale di giungere a una conclusione chiara e non ambigua sulla credibilità o meno dei fatti essenziali affermati dal richiedente.

Ad ogni modo, come evidenzia l’UNHCR e l’EASO, tale valutazione non deve essere effettuata complessivamente su tutti i fatti essenziali asseriti, ma su ciascuno di essi, tenendo conto di tutte le prove pertinenti disponibili relative a quel fatto presentate dal richiedente e raccolte dall’autorità accertante con mezzi propri123.

122

Secondo l’UNHCR l’autorità competente all’esame dovrebbe esplicitare i motivi su cui si fondano le valutazioni di credibilità dei fatti, in modo particolare di quelli che sono stati rifiutati in quanto ritenuti non credibili. 123

l’UNHCR ribadisce che la valutazione dei fatti asseriti sarà con tutta probabilità viziata qualora gli addetti all’esame di basino solo su una parte delle prove disponibili relative a quel fatto particolare, piuttosto che sulla totalità delle prove disponibili.

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La dottrina maggioritaria124 è, invece, concorde nell’escludere dal novero degli indicatori di credibilità “l’atteggiamento”, ossia il comportamento verbale o non verbale manifestato dal richiedente asilo nel corso della procedura di esame della propria istanza. Infatti, poiché l’esame della domanda deve avvenire su base imparziale e obiettiva125 e dunque fondata su presupposti oggettivi, la condotta - verbale o non verbale del richiedente - non può essere utilizzata come parametro per sondare la credibilità o meno di un fatto, in quanto comporta ricorrere a interpretazioni soggettive che

“inevitabilmente riflettono le opinioni, i pregiudizi, le esperienze e le norme culturali del decisore”126, compromettendo l’obiettività della valutazione. Inoltre l’oggettività della valutazione implica che l’esito della stessa debba essere suffragata esclusivamente da prove e non da congetture od opinioni personali del decisore.

Per le ragioni sopra esposte, le linee guida dell’UNHCR e dell’EASO ne scoraggiano l’uso a causa del suo carattere “intrinsecamente inaffidabile”.

Ad ogni modo, laddove il comportamento del richiedente venga utilizzato come indicatore di credibilità, le autorità preposte all’esame della domanda devono, al fine di assicurare comunque una valutazione individuale, “adottare tutte le precauzioni

necessarie affinché le circostanze individuali e contestuali del richiedente siano tenute pienamente in considerazione”127. Infatti

l’atteggiamento di una persona può essere influenzato dalla sua

124

Cfr. HUNGARIAN HELSINKY COMMITTEE, Credibility assessment in asylum

procedures,cit.

125

Cfr. Art. 8, co. 2, d.lgs. n. 25/2008. 126

UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

d’asilo dell’Unione Europea, cit.

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UNHCR, Al di là della prova: la valutazione della credibilità nei sistemi

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personalità, dalla sua età, dal suo grado di istruzione, la sua cultura e da altri fattori “personali”, quali l’ansia derivante dal potenziale esito della procedura.

2.9.1 (segue) L’applicazione del beneficio del dubbio