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Il metodo basato sul calcolo dell’economic capital marginale

7.3 Strumenti quantitativi per le decisioni di capital allocation

7.3.3 Il metodo basato sul calcolo dell’economic capital marginale

Il metodo basato sul calcolo dell’economic capital marginale consiste, in genera- le, del calcolo del VaR prima e dopo l’inserimento dell’esposizione marginale nel portafoglio già detenuto dalla banca. In questo modo, il contributo al rischio (o il ca- pitale economico diversificato marginale) è determinato per differenza tra i due valori

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precedentemente calcolati, ovvero: decexposure

i = VaRp+i− VaRp. (7.12)

In altri termini, è possibile affermare che il capitale economico diversificato mar- ginale sia definito come l’aumento di capitale economico complessivo della banca dovuto all’inserimento nel portafoglio della stessa di un’esposizione o di un gruppo di esposizioni.

La definizione riportata, tuttavia, mal si presta ad essere utilizzata per scopi di capital allocation. Infatti, fino a questo momento, si è parlato di esposizioni marginale, ovvero di esposizioni la cui valutazione è mirata ad un’eventuale inserimento delle stesse nel portafoglio dell’intermediario. Evidentemente, ai fini che qui interessano, è necessario un metodo applicabile anche qualora si debba valutare l’assorbimento di ca- pitale diversificato di sotto-portafogli che già fanno parte del portafoglio complessivo dell’istituzione finanziaria. Conseguentemente, seguendo un approccio non privo di difetti, è possibile affermare che il Diversified Economic Capital della business unit i-esima sia rappresentato dalla differenza tra il capitale economico dell’intero portafoglio ed il capitale economico dello stesso calcolato escludendo il sotto-portafoglio attribuito alla business unit i-esima, ovvero:

d

deci = VaRp− VaRp−i, (7.13)

in cuidecdiindica il capitale economico diversificato dell’i-esima business unit attra- verso il metodo dell’ec marginale.

Tale approccio presenta due grandi difetti:

a) adotta il VaR come misura del capitale economico assorbito, ovvero adotta una misura che non assicura in generale la subadditività della misura (cfr. Capitolo2);

b) il termine VaRp dell’Equazione 7.13 è calcolato includendo anche la business

unit i-esima e, pertanto, beneficia di un maggior effetto diversificazione dovuto all’impatto dell’i-esimo sotto-portafoglio sulla struttura delle correlazione del portafoglio.

Ne deriva che, a causa della limitazione sub a), la somma dei capitali attribuiti alle singole business units generalmente è diversa dal capitale economico complessivo dell’istituzione. In aggiunta, poiché VaRpbeneficia di un maggior effetto di diversifica-

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economico complessivo. In termini analitici, si ha pertanto che:

decp > n X i=1 d deci, (7.14)

da cui è possibile dedurre che:

d

deci < deci (7.15)

in cui deciindica il capitale economico diversificato dell’i-esima business unit "rea-

le", ovvero l’effettivo valore da stimare.

In modo più intuitivo, il mancato rispetto del requisito della subadditività richiesto, è dovuto al mancato rispetto dell’Assioma S per la misura del capitale impiegata, men- tre il segno della disuguaglianza nell’Equazione7.15si deve al fatto che le esposizioni della i-esima unità di business sono sempre considerate come se fossero un gruppo di esposizioni marginali quando, in verità, ne costituiscono già parte integrante del portafoglio dell’intermediario (cfr. Merton e Perold [77]).

Per tale ragione, si ritiene che, così come presentato, il metodo basato sui capita- li economici marginale sia un supporto inadeguato alle decisioni di capital allocation. Tuttavia, la sua utilità è di gran lunga maggiore qualora, come anticipato nella Sezio- ne7.3, l’obiettivo sia quello di valutare l’acquisto di una business units, le decisioni di pianificazione strategica o di programmazione e controllo. In questi casi, infatti, il me- todo in esame consente una valutazione d’impatto più accurata utile sia per decisioni di convenienza economica e sia per decisioni di posizionamento sul mercato o anche solo, senza pretese di esaustività, per conoscere l’impatto sul capitale economico di gruppi di esposizioni ripartiti per controparte, forma tecnica, settore di attività e area geografica.

Passando oltre, per rispettare il requisito della subadditività è possibile procedere moltiplicando idecdiper una costante definita da:

κ = Pnec

i=1decdi

(7.16)

in modo tale che, a partire dall’Equazione7.14, si possa ottenere:

deci = κ d deci = dec Pn i=1decdi ! d deci. (7.17)

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compiutamente il capitale economico diversificato marginale come:

deci = κ 

VaRp− VaRp−i =

ec Pn

i=1(VaRp− VaRp−i)

! 

VaRp− VaRp−i . (7.18)

Per quanto riguarda il requisito della incentive-compatibility, il metodo basato sul calcolo del capitale economico marginale è conforme al requisito richiesto. Infatti, sulla base dei risultati precedenti (cfr. Equazioni7.14, 7.15e7.18), nonché di quelli ottenuti nella Sezione4.2.1cui si rimanda, si ha che:

decp= n X i=1 deci< n X i=1 ecstand alone i , (7.19)

in cui deci ≡ ulcontribution,ie ecstand alonei ≡ uli.

Per concludere, è possibile affermare che il metodo in oggetto:

a) rispetta il requisito di subadditività, purché si adottino le rettifiche di cui si è detto;

b) è incentive-compatible, poiché il capitale economico diversificato dell’i-esima unità di business è inferiore al suo capitale economico stand-alone e, pertanto, premia le business units che contribuiscono in misura maggiore al contenimento del capitale economico assorbito dal portafoglio complessivo;

c) è oneroso dal punto di vista computazionale e richiede l’applicazione da parte della banca di modelli di portafoglio sofisticati del tipo di quelli trattati nel Capi- tolo5, nonché la disponibilità di serie storiche per la stima della default probability e del recovery rate necessari alla loro corretta applicazione. Conseguentemente, tale approccio è applicabile da intermediari di dimensioni sufficienti da giu- stificare l’investimento in strutture idonee all’applicazione e, ancor prima, ad assicurare la significatività delle stime dal punto di vista statistico;

d) non rispetta del tutto il requisito della trasparenza, poiché la complessità dei modelli e degli strumenti di calcolo necessari richiedono un’adeguata conoscenza di tutto il personale coinvolto di nozioni che, di per sé, sarebbero attinenti alla sola funzione di risk management. Ovviamente, attraverso la corretta selezione e formazione del personale coinvolto, la decentralizzazione del risk management stesso e il processo di formulazione delle decisioni di capital allocation possono comunque essere posti in essere, pur se in modo più oneroso per via dei costi di struttura elevati.

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