3.3 Recovery Rate e Loss Given Default
3.3.7 Modellazione del Recovery Rate
3.3.7.2 Le caratteristiche della distribuzione beta per i titol
Dai dati empirici è possibile stimare la distribuzione dei Recovery Rate per i bond in default attraverso le modalità descritte nella Sezione3.3.7.1. Più in particolare, di- stinguendo i titoli liquidi in base alla loro seniority si ottengono i risultati rappresentati in Figura3.10. Chiaramente, come emerge dalla Figura 3.10, i dati e la relativa di- stribuzione dei titoli junior contengono un maggior numero di informazioni rispetto
82 3. Le componenti del rischio di credito
Figura 3.10: Recovery Rate distribution by seniority class (fonte: Gupton, Finger e Bhatia [49])
a quelli relativi ai titoli senior. Tuttavia, in ogni caso, è doveroso sottolineare che il livello di seniority conta relativamente; infatti, è necessario considerare anche altri aspetti quali la gravità del default e la tipologia delle garanzie eventualmente prestate: si tratta di aspetti spesso così specifici da vanificare ogni tentativo di rappresentazione sistematica.
3.3.7.3 Le caratteristiche della distribuzione beta per i titoli illiquidi
Si è detto che banche possiedono dati interni sui tempi e i costi del recupero, sugli esiti dello stesso, sull’andamento delle aste, sulle modalità di recupero, sulle caratte- ristiche di strumenti e controparti, nonché sulla tipologia di garanzia eventualmente prestata. Parimenti, si è detto che la conoscenza di tali informazioni permette la cluste- rizzazione delle esposizioni e l’applicazione dell’approccio delle look-up tables. Ebbene, a tal proposito numerosi studi testimoniano che le distribuzioni dei Recovery Rate di ogni cluster di esposizioni tende ad essere bimodale, ovvero con la maggior parte delle masse di probabilità concentrate sulle code della distribuzione medesima. Ciò signifi- ca che è molto probabile attendersi tassi di recupero prossimi a 0 e 1.
Attualmente, non esistono prassi consolidate per trattare tali forme distributive: per tale ragione, operativamente, si procede ancora in termini di valore atteso, trala- sciando di considerare l’intera distribuzione del Recovery Rate. Evidentemente si tratta
3.3 Recovery Rate e Loss Given Default 83
di una prassi scorretta poiché, procedendo in tal modo, si perde ogni informazione relativa alla variabilità dei tassi di recupero. Ancora, un simile approccio potrebbe es- sere una buona approssimazione in caso di distribuzione dei Recovery Rate unimodale con masse di probabilità prevalentemente concentrate in prossimità del valore atteso. Contrariamente, nel caso in analisi, si commette un errore concettuale poiché conside- rare soltanto la media della distribuzione empirica equivale ad assumere l’assenza di aleatorietà dei tassi di recupero, quando questi sono in verità altamente volatili.
I valori attesi cambiano al variare della struttura dei look-up tables. Intuitivamente, il valore atteso dei tassi di recupero sarà più elevato per quelle esposizioni assistite da garanzie di qualità e sarà basso per quelle non garantite.
Le istituzioni creditizie, in generale, nella stima del rr di prodotti illiquidi tendono a focalizzarsi particolarmente sul Loan to Value (ltv), ovvero l’indice di copertura dell’esposizione con la garanzia prestata34.
ltv=
Valore dell’esposizione
Valore della garanzia (3.79)
Infatti, un Loan to Value maggiore dell’unità significa che il valore dell’esposizione è maggiore rispetto al valore della garanzia; pertanto, maggiore è il valore dell’indice, maggiore è il rischio di recupero connesso alle fluttuazioni del valore di realizzo della garanzia. Dunque, in linea di principio per valori elevati del Loan to Value è plausibile attendersi valori bassi del Recovery Rate.
Capitolo 4
Esposizione individuale e di
portafoglio
4.1
Mixture
Si è detto che Credit Quality è un elemento del rischio di credito riferibile alla tipolo- gia di controparte e che l’Exposure at Default e il Recovery Rate sono componenti relativi alla tipologia di strumento. Si è anche detto dell’obiettivo di sintetizzare analiticamen- te tali elementi in un’unica misura cardinale. Tuttavia le distribuzioni parametriche (normale, t student, poisson, bernulli ecc.), ovvero le distribuzioni in cui la densità è espressa in maniera esplicita e i valori dei parametri coincidono con quelli dei momenti e caratterizzano la forma delle distribuzioni analitiche, non sono a tal scopo sufficienti. Per aggirare il problema l’idea è stata quella, come nel rischio di credito, di definire componenti elementari e di interpretare il problema come combinazione di tali ele- menti. In altri termini, invece di utilizzare una distribuzione parametrica che abbia le caratteristiche necessarie, è possibile interpretare una forma distributiva multimodale come combinazione di oggetti semplici già noti. Infatti, per l’applicazione che si sta presentando, è possibile interpretare lo shape della distribuzione come combinazione di due variabili casuali parametriche note per ottenere una distribuzione bimodale. In materia le scienze statistiche propongono diverse forme di combinazione, tra tutte ci si orienterà unicamente sulla c.d. "Mixture". Per definirla è necessario ragionare in termini di campionamento ipotizzando una sequenza di urne all’interno delle quali è possibile operare estrazioni casuali. Più in particolare, per la Mixture non è altro che il risultato del seguente processo di campionamento a due passi:
a) si estrae da un’urna chiamata mixing distribution;
b) si estrae da una seconda urna, detta mixed distribution, condizionale alla prima. 85
86 4. Esposizione individuale e di portafoglio
In definitiva, il modo di procedere più agevole per determinare distribuzione P&L di un’esposizione soggetta al rischio di credito è rappresentato dalla Mixture: infatti è possibile tradurre in termini di omogenei i credit risk components in modo da poter essere sintetizzati analiticamente in un’unica misura cardinale.
Il prodotto rr · ead (ovvero l’ammontare recuperabile dell’esposizione) è un valore monetario. Esso non è collocabile nello stesso dominio in cui si colloca un rendimento poiché si tratta di valori non omogenei, rispettivamente unità monetarie e tasso per- centuale. Per tradurre tutto in un’unica variabile casuale è necessario distinguere i prodotti liquidi da quelli illiquidi: per i primi è evidente la convenienza di ragionare i termini di prezzi, mentre per i secondi tale convenienza risulta meno evidente a causa dell’assenza di un mercato trasparente in cui i prezzi sono direttamente osservabili. Per tale ragione, si procederà separatamente esponendo due approcci distinti:
a) l’approccio Mark to Market per le esposizioni liquide espresso in termini di price distribution;
b) l’approccio Default Mode per le esposizioni illiquide espresso in termini di loss di- stribution (per convenzione si mantiene una rappresentazione in termini monetari poiché è il capitale la misura che permette di calcolare le misure di rendimento risk adjusted, pur perdendo informazioni relative alla dimensione dei profits che vengono interpretati come losses=0).