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Il Value at Risk è una misura di rischio basata sul calcolo di un quantile di una distri- buzione di perdita di un portafoglio esposto al rischio di credito. Più in particolare, si tratta di una misura che esprime l’entità dell’esposizione in termini di massima perdita sopportabile un portafoglio di asset dati un livello di confidenza sufficientemente alto e un intervallo temporale di riferimento. Quest’ultimo, indicato conα ∈ (0; 1), non può in questo contesto essere posto pari a 1, poiché ciò significherebbe definire con certez- za il massimo livello di perdita su di un portafoglio in cui le potenziali perdite sono astrattamente illimitate5. Pertanto, i valori tipicamente assunti dal parametroα sono 0.95 e 0.99. Per quanto riguarda la durata del periodo di riferimento nel calcolo del VaR creditizio, quest’ultimo è generalmente posto pari ad un anno. Per tale ragione è possibile affermare che il VaR sia una misura di rischio che descrive la massima perdi- ta su un portafoglio di attività che potenzialmente può verificarsi con una probabilità inferiore a (1 −α) entro un dato intervallo temporale.

Definizione 2.2.1(Value at Risk). Fissato un livello di confidenzaα ∈ (0; 1), il Value at Risk di un portafoglio con un livello di confidenza pari adα (VaRα) è dato dalla minor perdita tale che la probabilità di subire una perdita L eccedente lαnon sia maggiore di (1 −α). In termini più formali:

VaRα= inf  l ∈ R : P (L > l) ≤ 1 − α  = infl ∈ R : FL( l ) ≥α  . (2.8)

Nota 2.2.1(Limitazioni). Trattandosi di una misura locale legata al calcolo di un per- centile di una distribuzione di probabilità, il VaRα presenta il difetto di non fornire alcuna informazione relativa all’entità delle perdite che possono verificarsi con una probabilità inferiore a (1 −α). In altri termini, il VaRαè una misura che non tiene conto della configurazione della coda della distribuzione di perdita.

Nota 2.2.2(Non-subadditività). Il VaRα non rispetta l’Assioma S e gode, pertanto, di scarse proprietà additive. Ciò rappresenta la maggior critica che è stata sollevata nei confronti del VaRα come misura di rischio e, contemporaneamente, ha dato impulso alle ricerca di Artzner, Delbaen, Eber e Heath [13] con cui è stata formulata la sud- divisione tra misure di rischio coerenti e non coerenti. Lo stesso studio ha, inoltre, dimostrato anche la non coerenza del VaRα per via della violazione del requisito di subadditività, ovvero di uno dei requisiti di ragionevolezza richiesti per le misure di rischio coerenti.

5Supponendo di detenere un portafoglio composto da un unico prestito, in caso di default della

controparte, le potenziali perdite non si limitano al valore nominale dell’esposizione residua, ma possono eccedere tale importo per via dei costi connessi al processo di recupero che possono essere superiori della quota recuperata della posizione in default. Chiaramente si tratta di eventi estremamente improbabili, pur se tuttavia comunque possibili.

2.2 Value at Risk - VaR 25

Corollario 2.2.1 (Non-subadditività). Il mancato rispetto dell’Assioma S implica che, supponendo di detenere un portafoglio composto da due esposizioni ognuna delle quali caratterizzata dalla propria loss distribution (FLA e FLB) e di volerle aggregare per

ottenere la loss distribution di portafoglio (FLP

d

= FLA+B), non necessariamente si ha che:

qα(FLP) ≤ qα(FLA)+ qα(FLB). (2.9)

In modo equivalente, se VaRαAe VaRαBsono rispettivamente il VaR dell’esposizione A e dell’esposizione B e VaRαP è il VaR di portafoglio, l’Equazione 2.9 è riscrivibile come6:

VaRαP ≤ VaRαA+ VaRαB. (2.10)

Ciò equivale ad affermare che non necessariamente il VaR di portafoglio è minore o uguale alla somma dei VaR delle singole posizioni di rischio che lo compongono. Infatti, se tale affermazione fosse realmente verificata, si avrebbe che:

a) essa sarebbe in contrasto con la teoria della diversificazione di portafoglio che prevede benefici in termini di minor rischio per i portafogli meglio diversificati; b) essa implicherebbe l’impossibilità di attribuire alle singole business unit una mi- sura di contributo al rischio complessivo cui l’istituzione finanziaria è esposta e, parimenti, la possibilità di ripartire la capacità di assunzione dei rischi tra le stesse a fini di pianificazione strategica. In altri termini, ciò pregiudicherebbe la possibilità di aggregare portafogli e business units al fine di ottenere una misura al rischio aggregata con la conseguenza di ridimensionare i possibili benefici dati dal decentramento della funzione di risk management che richiede la possibilità di disgregare la risk-taking capacity dell’intera istituzione tra le proprie business units, in ogni caso assicurandosi che la somma delle risk-taking capacities individuali sia pari a quella totale.

Definizione 2.2.2(Mean-VaRα7). Siaµ la media della loss distribution, si definisce Mean- VaRαla misura di rischio data da:

Mean-VaRα d= VaRα−µ. (2.11)

Nota 2.2.3 (Mean-VaRα). Il Mean-VaRα può essere adottato per il calcolo del capitale economico a copertura delle perdite inattese che, come già detto nel Capitolo1, rap- presentano il rischio in senso stretto. Il Mean-VaRα assume particolare importanza quando, come avviene per il rischio di credito, il periodo di riferimento per il calcolo

6Per maggiori approfondimenti vedere AppendiceA.

7Il tema sarà successivamente approfondito nell’ambito della trattazione del modello CreditMetrics™

e, più in particolare, nella Sezione5.2.3.3 in cui si introdurrà anche il credit-VaR per portafoglio di esposizioni soggette a rischio di credito.

26 2. Value at Risk e Expected Shortfall

del VaRαè protratto e la media della distribuzione delle perdite (µ) è non nulla8. Ciò è vero per via della lunghezza del periodo di analisi T che, come si è detto, per il rischio di credito viene generalmente fissato ad un anno. Per tale ragione, infatti, è possibile affermare che E(Loss)= el , 0.d

Il rischio, così inteso, si configura, pertanto, come un fenomeno inatteso. Ne deriva che, se si considera una loss distribution per rappresentare il rischio come probabilità di subire almeno una determinata perdita, il valore atteso di tale distribuzione rap- presenta una componente di perdita attesa che non rappresenta un rischio in senso stretto. Ne deriva che il vero evento rischioso è rappresentato dalla possibilità che si realizzino eventi tali da determinare uno scostamento dal valore di perdita atteso. Conseguentemente, l’essenza del rischio, ovvero la componente che deve essere co- perta da capitale economico è rappresentata dalle perdite inattese. Le perdite attese, infatti, non devono essere coperte da capitale economico, ma piuttosto devono trovare riscontro nella sezione dare del conto economico di competenza come "svalutazioni su crediti", poiché esse possono essere assimilate a "costi" inerenti la gestione opera- tiva (core business) dell’intermediario creditizio.

In modo più rigoroso, se el= µ = E(loss), allora è possibile riscrivere l’Equazioned

2.11come:

Mean-VaRα= VaRα− el. (2.12)

In aggiunta, in base all’Equazione2.12e se ulα= VaRα− el rappresenta la perdita inattesa che è possibile subire con un livello di confidenza 1−α con α ∈ (0, 1), è possibile interpretare il Mean-VaRαcome:

Mean-VaRα≡ ulα. (2.13)

Da ultimo, come precedentemente affermato, se il Mean-VaRαrappresenta un modo per determinare il capitale economico (Economic Capitalα - ecα) da detenere con un livello di confidenza (1 −α) a fronte di una posizione soggetta a rischio di credito e, più precisamente, a fronte delle perdite inattese ulα, si ha che:

Mean-VaRα ≡ ecα. (2.14)