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Osservazioni sull’approccio default mode

4.2 Approccio default mode

4.2.3 Osservazioni sull’approccio default mode

Ciò che è possibile osservare rispetto a quanto detto al riguardo dell’approccio default mode riguarda la tendenziale distorsione della stima del profilo di rischio del portafoglio. Infatti, si è implicitamente assunto che la composizione del portafoglio rimanga immutata per tutto l’holding period, ovvero per tutto il periodo di riferimento delle analisi svolte [T0, T1]7. Più in particolare, la diretta conseguenza dell’assunzione

suddetta è quella di considerare costante il numero di asset in portafoglio, nonché la composizioni in termini qualitativi dello stesso. In realtà la composizione è definita solo nell’istante iniziale T0 poiché a partire da quel momento il business aziendale si

sviluppa e la rete commerciale induce modifiche nell’asset mix e nella politica creditizia di inizio periodo, tanto che le politiche di budget sono finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo prefissato tramite la ricomposizione degli asset di portafoglio. Il pro- blema è che nell’istante iniziale, ovvero nel momento in cui si conduce l’analisi con riferimento ad un prefissato istante futuro, non si ha la consapevolezza della composi- zione futura del portafoglio poiché non è possibile prevedere eventuali modifiche dei piani strategici e del budget o l’effettivo raggiungimento degli obiettivi preventivati. In base a tali considerazioni, si rende necessario operare una distinzione fondamentale tra:

a) rischio attuale/as-is, ovvero l’analisi dei rischi di un portafoglio noto che consiste nello studio delle dinamiche interne al portafoglio sotto ipotesi di composizione definita e stabile e di una precisa distribuzione di perdita;

b) rischio prospettico o forward looking che consiste nella considerazione del profilo di rischio di un portafoglio di esposizioni con possibilità di ricombinazione nel corso dell’holding period: il profilo di rischio è, in questo caso, aggiustato in base ad un∆ che esprime tutte le modificazioni possibili future.

Proseguendo oltre, l’ipotesi realistica di ricomposizione di portafoglio implica che la struttura dello stesso sia rappresentata da una variabile aleatoria; tanto che un

7Si ritiene di precisare che generalmente l’analisi è condotta su base annuale poiché ciò è esplicitamente

4.2 Approccio default mode 99

numero di asset in portafoglio ridotto in futuro implica un basso assorbimento di capitale e, viceversa, un elevato numero di asset implica necessità elevata di capitale economico. Ne consegue che:

a) i rischi as-is sono facilmente ed oggettivamente calcolabili;

b) i rischi prospettici sono più complicati poiché si sta considerando la composizione di portafoglio come una variabile stocastica.

La regolamentazione articola la sua struttura per tenere i due aspetti separati: per il regulator calcolare i rischi attuali conferisce un grado di attendibilità delle misure più controllabile e gestibile rispetto a quanto non accada con riferimento ai rischi prospettici. Ciò emerge anche con riferimento alla struttura di Basilea III, che si articola in un:

a) un filone della liquidità che regola i rischi non affrontabili col capitale; b) un filone del capitale, a sua volta articolato su tre pilastri:

i. il Pillar I contiene la disciplina dei requisiti minimi di capitale a copertura del rischio attuale: si tratta, in altri termini, di requisiti di capitale (lac) richiesti a copertura delle perdite nel portafoglio attuale;

ii. il Pillar II è relativo al processo di controllo prudenziale (Supervisory Re- view Process - srp). Tale nuovo processo, che incide pesantemente su tutta l’organizzazione della banca, si compone di due parti ben distinte:

- processo interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale (In- ternal Capital Adequacy Assessment Process - icaap), a carico della singola banca8;

- processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process - srep), a carico del regulator che riesaminerà l’icaap comunicato dalla banca per formulare un giudizio complessivo sulla stessa ed attivare, ove necessario, misure correttive nei suoi confronti. iii. Pillar III - Risk Public Disclosure.

In pratica, con riferimento al Pillar II, si prevede che la funzione di risk manage- ment, una volta calcolato il rischio oggettivo statico as-is, provveda alla stima del

8Con la comunicazione icaap le banche illustrano alla Banca d’Italia le caratteristiche fondamentali

del processo posto in atto, l’esposizione ai rischi e la determinazione del capitale ritenuto adeguato a fronteggiarli. L’informativa contiene anche un’autovalutazione dell’icaap che individua le aree di miglioramento, le eventuali carenze del processo e le azioni correttive che le banche intendono predisporre per eliminare le carenze riscontrate. E’ proprio dall’analisi della suddetta comunicazione che il regolatore parte per decidere l’adeguatezza del controllo prudenziale realizzato dalle banche o la sua inadeguatezza e quindi l’adozione, nei loro confronti, di misure correttive.

100 4. Esposizione individuale e di portafoglio

rischio profilo di rischio prospettico (Own Risk Solvency Assessment - orsa) e lo trasmet- ta periodicamente all’authority. Si tratta, quindi, di un complesso normativo volto a regolare i reciproci rapporti tra vigilato e vigilante. In altri termini, l’icaap (internal capital adequacy assessment process) è il processo di valutazione dei rischi prospettici attraverso il quale ogni istituzione di credito valuta il rischio cui è esposta e, a partire dai requisiti minimi (valutazione as-is), ne calcola la misura corretta (forward looking) per poi trasmettere all’authority i risultati ottenuti. In sintesi, il soggetto controllato definisce il rischio secondo la procedura icaap e il regulator si limita ricevere la do- cumentazione a lui destinata per compiere su di essa un processo valutativo regolato dallo srep. Nel proprio processo di valutazione, la banca definisce il rischio prospet- tico considerando anche gli obiettivi di budget. Questo fa sì che l’analisi dei rischi prospettici comporti l’apertura di un universo rappresentato dall’interazione tra risk management e pianificazione strategica. In altre parole, la valutazione dei rischi, se condotta correttamente, non può prescindere dalle attività di pianificazione strategica. Infatti, è chiaro che l’input di un buon sistema di valutazione dei rischi deve essere definito anche dalle strategie future e declinato operativamente in termini di budget. Più nello specifico, se a preventivo si ipotizza una composizione di portafoglio molto omogenea in termini di prodotto, ciò equivale ad ipotizzare stabile anche il profilo di rischio del portafoglio detenuto dall’istituzione. Tuttavia, qualora si adotti l’ottica for- ward looking, tale distribuzione non resta immutata nel corso dell’holding period poiché la banca si dota di un piano strategico e stabilisce obiettivi di budget che comportando necessariamente un cambiamento nella struttura e nella composizione del portafoglio di esposizioni detenuto. Infatti, il perseguimento costante degli obiettivi di budget definisce i mutamenti del portafoglio (in termini di tipologia di esposizioni, numero di nuovi contratti, controparti, ecc.). E’ evidente come le cose seguano dinamiche molto complesse. In particolare, ciò che conta maggiormente sono gli scostamenti rilevanti tra gli obiettivi di pianificazione strategica e i risultati effettivamente conse- guiti. Ciò poiché, nel caso di scostamenti di ammontare rilevante, si viene a creare un mismatching tra attività aziendale e presidi preposti alla mitigazione o alla gestione del rischio preventivamente adottati. Ad esempio, qualora una banca veda aumentare esponenzialmente i propri volumi in modo maggiore rispetto a quanto preventivato, dal punto di vista delle vendite si tratta di un risultato positivo mentre, dal punto di vista del requisito patrimoniale e della gestione dei rischi, si tratta di un risultato assolutamente negativo. Infatti, in generale, una struttura di business guidata dalle vendite, può essere non adeguata in termini di capacità di assorbire le potenziali per- dite. Pertanto, quanto detto contribuisce a delineare un vincolo gestionale e strategico relativo all’impossibilità di porre obiettivi di budget indipendentemente dal vincolo di lac o, in altri termini, alla necessaria integrazione delle funzioni di pianificazione strategica e di risk management. Ancora, le logiche delineate comportano che all’inter-