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Il principio di concorrenza nel quadro costituzionale italiano

5. Le più recenti applicazioni all’azione amministrativa di principi di diritto comune: il principio

5.4 Il principio di concorrenza nel quadro costituzionale italiano

Come noto, la Costituzione italiana, almeno fino alla riforma del titolo V, non conteneva norme specifiche sulla concorrenza, limitandosi l’art. 41, primo comma, Cost. a riconoscere la

754 Corte Conti reg. Lombardia Sez. giurisdiz., 30 settembre 2009, n. 598. La sentenza ha confermato un orientamento

consolidato dalla medesima sezione, si veda, tra le molte, Corte Conti reg. Lombardia Sez. giurisd. 14 luglio 2006, n. 447.

755

Corte Conti reg. Sardegna sez. giurisd., 8 novembre 2011, n. 595.

756

Corte dei conti, Sezione II centrale d'appello, 13 gennaio 2011, n. 198. Per l’osservazione sull’autolimitazione della Corte si veda A. ZULIANI,G.AURISICCHIO, M.DE BENEDETTO, A.CANZONETTI, G.GUAGNANO, A. LIVERANI,P. MENICHINO,L.RISPOLI,S.SALVI, La responsabilità per danno erariale alla prova del contenzioso, in Riv. Trim. Dir.

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libertà di iniziativa economica nei confronti dello Stato come garanzia di un agire individuale757, ed i commi successivi a individuare le potestà pubblicistiche sul diritto d’impresa, prevedendo che i fini sociali potessero essere conseguiti mediante l’attività economica tanto pubblica che privata, e attraverso controlli e programmi di fonte legislativa758.

La dottrina amministrativistica si è interrogata sul rapporto tra i vari commi dell’art. 41 Cost., i quali contengono disposizioni che possono apparire in reciproca contraddizione. Parte della dottrina ha distintoil momento dell’iniziativa da quello dello svolgimento dell’attività, affermando che il primo comma dell’art. 41 Cost. avrebbe identificato l’iniziativa economica con il concetto di «investimento di iniziativa (o speculativo)»759, ossia con l’atto di destinazione di beni capitali al processo produttivo, e non con l’intero svolgimento dell’attività. In questo senso, la previsione dei commi successivi farebbe riferimento all’intervento dei pubblici poteri sulle ulteriori utilizzazioni di tali risorse al fine di permettere il raggiungimento di fini generali di natura sociale. Una tesi successiva ha distinto la previsione del comma 1, interpretandola come tutela del diritto d’impresa del privato, dalle previsioni dei commi 2 e 3, quali garanzie costituzionali del pubblico potere di sottoporre il diritto d’impresa e/o l’esercizio di questa a potestà pubblicistiche, nel caso in cui vi sia inerenza di interessi pubblici760, attribuendo all’art. 41 della Costituzione il ruolo di copertura sia dell’iniziativa economica privata, sia della vigilanza pubblica sulle attività economiche761

.

È stato autorevolmente osservato che l’art. 41 della Costituzione parte dalla premessa che le finalità sociali del sistema economico non possono essere automaticamente raggiunte tramite il gioco concorrenziale. La norma legittima, pertanto, un pubblico intervento nell’economia, da attuarsi mediante la legge ordinaria, volto a disciplinare l’iniziativa privata, ovvero ad organizzare attività economiche pubbliche762. Secondo questa ricostruzione, l’affermazione del principio di libertà di iniziativa economica trova la propria premessa nella strumentalità di tale libertà al

757 Sul dibattito in sede di Assemblea costituente sull’introduzione di norme sulla concorrenza si veda, tra i molti, A.

POLICE,Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, cit., 20 –

26. L’Autore evidenzia in particolare la distinzione tra le posizioni degli studiosi di diritto commerciale e quelle degli amministrativisti e dei costituzionalisti sull’intepretazione degli 41 e 43 Cost. in relazione al principio di concorrenza.

758 Per la tesi che ha negato che l’Assemblea costituente abbia inteso con l’art. 41 Cost. accogliere nell’ordinamento

italiano il pricipio della concorrenza si veda N.IRTI, L’ordine giuridico del mercato, cit., 137 – 138.

759 Si veda in tal senso A.B

ALDASSARRE, Iniziativa economica privata, cit., 582.

760

In questo senso si veda M.S.GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, III ed., Bologna, Il Mulino 1989, 175 – 179.

761 Per una rilettura dell’interpretazione di Giannini nel contesto attuale si veda M.D

E BENEDETTO, Il principio di

concorrenza nell’ordinamento italiano, cit., 103.

762 T.A

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progresso economico e all’industrializzazione. Ciò ha posto da un lato il problema della disciplina della concorrenza e dall’altro quello dell’intervento pubblico quando manchi o sia inefficiente l’iniziativa privata o quando ad un regime di concorrenza si sostituisca un regime oligopolistico. Secondo questa tesi, il rilievo delle decisioni dei singoli in un sistema oligopolistico possono compromettere l’equilibrio economico del Paese, giustificando un intervento dello Stato nell’economia non più limitato alla tutela di pubblici interessi di carattere non economico (come la pubblica sicurezza, la sanità, e così via), ma estesi all’esercizio da parte di enti pubblici di attività economiche, nell’acquisizione da parte di enti pubblici di pacchetti azionari delle società che esercitano attività commerciali o, ancora, in misure miranti a operare direttamente sulla struttura economica di determinati settori763.

La giurisprudenza costituzionale si è mostrata, in un primo momento, incline a favorire gli interventi pubblici restrittivi delle attività economiche, muovendo dall’idea dell’insufficienza dell’iniziativa privata a garantire e promuovere lo sviluppo economico764

, sebbene in alcune sentenze inerenti ai rapporti tra privati sul mercato abbia espressamente qualificato la concorrenza come valore fondamentale dell’iniziativa economica765

.

La legge italiana del 10 ottobre del 1990 n. 287, recependo le norme dei Trattati sulle intese e sull’abuso di posizione dominante, ha sancito che le disposizioni della legge sulla concorrenza costituiscono «attuazione dell’articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica»766. Tale previsione ha rianimato il dibattito sul rapporto tra l’articolo 41 Cost. e la normativa sulla concorrenza767.

763

T.ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali: istituzioni di diritto industriale, cit., 13 – 22.

764

Si vedano ad esempio, Corte Cost. 23 aprile 1965, n. 30; Corte Cost. 4 febbraio 1965, n. 8; Corte Cost. 22 maggio 1969, n. 97; Corte Cost. 23 aprile 1974, n. 111. Sull’evoluzione della giurisprudenza cosituzionale sul principio di concorrenza si veda A.CATRICALÀ,A.LALLI, L’Antitrust in Italia, il nuovo ordinamento, Milano, Giuffrè, 2010, 127 – 132.

765 Corte Cost. 2 dicembre 1982, n. 223; Corte Cost. 3 maggio 1990, n.241.

766

Art. 1, co. 1, della legge 10 ottobre del 1990 n. 287.

767

Per una ricostruzione delle diverse tesi sul rapporto tra libertà di iniziativa economica e libertà di concorrenza si vedano L.BUFFONI, La “tutela della concorrenza” dopo la riforma del Titolo V: il fondamento costituzionale ed il

riparto di competenze legislative, in Le Istituzioni del Federalismo, 2003, 345 – 387; M.DE BENEDETTO, Il principio di

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Una parte della dottrina ha ritenuto che la norma abbia attribuito all’art. 41 Cost. il ruolo di copertura costituzionale della disciplina antitrust italiana, conformando la libertà di iniziativa economica ad un contesto di mercato concorrenziale768.

Altri Autori hanno ritenuto che il principio di concorrenza fosse già implicitamente desumibile dal dettato costituzionale. Secondo un primo orientamento, tra fini pubblici cui può essere indirizzata l’iniziativa economica privata ai sensi dell’art. 41 Cost. rientrerebbe il corretto funzionamento del mercato, ossia tutte quelle finalità «dirette ad assicurare la trasparenza dei comportamenti, la affidabilità dei soggetti, il divieto delle pratiche abusive, il contenimento delle posizioni dominanti, in altre parole tutto ciò che garantisce che la concorrenza si svolga in modo leale e fisiologico»769. In tale prospettiva, il fondamento delle regole di mercato, e della primazia di queste rispetto all’intervento pubblico, è stato individuato in numerosi articoli della Costituzione posti a tutela della libertà individuale, nonché nell’articolo 11 che ha accolto il principio di apertura dell’ordinamento italiano agli ordinamenti sovranazionali770

.

Secondo un diverso orientamento, la concorrenza costituisce un limite all’iniziativa economica privata, non una sua attuazione. È dunque opportuno e necessario un corretto intervento pubblico limitativo della libertà di iniziativa privata, a tutela dei fini sociali previsti dal terzo comma dell’art. 41 Cost., tra i quali, in questa ricostruzione, è ricompresa la garanzia del buon funzionamento del mercato, quest’ultimo inteso non solo come sede dello scambio economico, ma anche come luogo di produzione e di lavoro nel quale si sviluppano le relazioni sociali771.

È stato, inoltre, affermato che la lettura della Costituzione nel senso del primato del mercato avrebbe attribuito all’intervento pubblico una funzione programmatoria in funzione della rimozione degli ostacoli al funzionamento ottimale del mercato, e che il perseguimento di questo fine implicherebbe sia la promozione dell’utilità sociale «valorizzando le intrinseche attitudini del mercato a produrre ricchezza e benessere», sia la correzione delle «disparità di potere contrattuale

768 Sull’impatto conformativo della legge antitrust italiana sull’art. 41 Cost. si veda L.N

IVARRA, La concorrenza: le

disposizioni generali, cit., 472 – 473.

769 Si veda in tal senso G.G

UARINO, Pubblico e privato nella economia: la sovranità tra Costituzione ed istituzioni

comunitarie, in Riv. Scienze Pol. 1991, 1-2, 30.

770 Per tale ricostruzione si veda G.G

UARINO, Pubblico e privato nella economia: la sovranità tra Costituzione ed

istituzioni comunitarie, cit., 30 - 32.

771

Per tale tesi si veda G.OPPO, Costituzione e diritto privato nella “tutela della concorrenza”, in Riv. Dir. Civ., 1993, 1, 543. Per una recente ricostruxione del pensiero di Oppo in particolare sul rapporto tra concorrenza e autonomia privata si veda G.OLIVIERI, Iniziativa economica e mercato nel pensiero di Giorgio Oppo, in Riv. Dir. Civ., 2012, 4, 509 – 533.

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pregiudizievoli alla libertà e alla razionalità delle scelte economiche individuali»772. Questa dottrina ha evidenziato che la tutela della libertà negoziale costituisce uno strumento di protezione del mercato e che i limiti legali ad essa devono rispondere ai fini sociali, tra i quali, anzitutto, il corretto funzionamento del mercato in condizioni uniformi di concorrenza773.

Altri, infine, hanno interpretato i principi di utilità sociale previsti dal secondo e terzo comma dell’art. 41 Cost. come criteri conformativi del mercato che traducono il dovere di solidarietà sociale previsto dall’art. 2 Cost. e penetrano nel mercato caratterizzandone la “politicità”774

.

La tendenza a far assurgere la tutela della concorrenza a principio informatore di tutte le discipline dettate in campo economico, è stata accolta dalla riforma costituzionale del 2001775.

In primo luogo, è stato definitivamente imposto al legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, confermando il principio del primato del diritto dell’Unione europea sui diritti degli Stati membri, già affermato da tempo dalla giurisprudenza comunitaria ed infine accolto anche dalla Corte costituzionale italiana776. Da tale principio discende l’obbligo per gli organi amministrativi e giurisdizionali degli Stati membri di disapplicare le disposizioni interne incompatibili con le norme europee che attribuiscono situazioni giuridiche soggettive ai privati777,

772 L.M

ENGONI, Autonomia privata e costituzione, cit., 2.

773

L.MENGONI, Autonomia privata e costituzione, cit., 14.

774 Si veda, in tal senso, N.I

RTI, L’ordine giuridico del mercato, cit., 116.

775 L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

776 Corte Giust. CE, 15 luglio 1964, Flaminio Costa c. l’E.N.E.L., causa 6/64. La Consulta si è in un primo momento

mostrata restia ad accogliere il principio del primato del diritto europeo su quello nazionale ed ammettere la possibile illegittimità di norme non passate al vaglio della Corte stessa. Si vedano sul punto Corte Cost. 7 marzo 1964 n. 14; Corte Cost. 30 ottobre 1975 n. 232; Corte Cost. 8 giugno 1984 n. 170. Le sentenze Corte Cost. 24 ottobre 2007 nn. 349 e 348 hanno infine accolto definitivamente il principio del primato del diritto europeo sulla base dell’art. 117, c.1 come modificato dalla l. cost. n. 3/2001, con il solo limite dell'intangibilità dei principi e diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione (controlimiti). Sull’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale sui rapporti tra ordinamento europeo e nazionale si vedano per tutti G.GRECO, I rapporti tra ordinamento comunitario, in Tratt. Dir. Amm. eur., Parte generale, II, Milano, Giuffrè, 2007, 827 e S.CASSESE, Ordine giuridico europeo e ordine nazionale, in Giornale

Dir. Amm., 2010, 4, 419.

777 Tale obbligo, sancito per gli organi giurisdizionali degli Stati membri dalla Corte di giustizia della Comunità europea

a partire dalla fine degli anni Settanta con la sentenza: Corte Giust. CE, 9 marzo 1978, Simmenthal, Causa 106/77. è stato esteso a tutte le amministrazioni pubbliche con le sentenze: Corte Giust. CE, 22 giugno 1989, Fratelli Costanzo, Causa 103/88. In senso analogo Corte Cost., 11 luglio 1989 n. 389. Sulla forza espansiva del diritto comunitario e la sua incidenza sul diritto amministrativo nazionale si veda S.CASSESE, La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comunit., 2002, 2-3, 291 e ID. Diritto amministrativo europeo e diritto amministrativo nazionale:

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tra le quali rientrano, secondo il consolidato orientamento della Corte di giustizia gli artt. 101 e 102 del T.F.U.E.778.

In secondo luogo, la tutela della concorrenza è stata annoverata tra le materie affidate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato779. È stato osservato che nel nuovo quadro normativo «il metodo competitivo, non rimanendo più tra le norme legislative ordinarie (…), ma elevandosi a decisione del sistema, guadagna la funzione di principio generale dell’ordinamento»780

. In questo contesto, il principio di concorrenza ha assunto una posizione di rilevanza centrale nella disciplina pubblica dei mercati, tanto da essere definito in dottrina quale «parametro di legittimità e appropriatezza di tutta la regolazione pubblica in materia economica»781. Alla tutela della concorrenza sono in tal senso affiancate, «alle tradizionali funzioni neutrali a garanzia dell’ordine neutrale di mercato, anche funzioni “politiche” di indirizzo del mercato»782

.

Come è stato osservato in dottrina, la concorrenza può realizzarsi in senso statico, con riferimento ad una struttura del mercato poco concentrata, nella quale operino numerosi operatori economici che non siano in grado di influenzare i prezzi in modo determinante, ovvero in senso dinamico, come possibilità per le imprese di competere e di acquisire potere di mercato a scapito

778 Sugli effetti diretti degli artt. 101 e 102 del T.F.U.E., si vedano, tra le molte, le sentenze della Corte Giust. CE, 30

gennaio 1974, causa 127/73, BRTI, punto 16; Corte Giust. CE, 18 marzo 1997, Guérin automobiles/Commissione, causa C-285/95 P, punto 39; Corte Giust. CE, 20 settembre 2001, Crehan/Courage, causa C- 453/99, punto 23.

779 Art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione come modificato dalla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3

"Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione". Sul rapporto tra articolo 41 e art. 117 Cost. in materia di tutela della concorrenza si veda, tra i molti: M.LIBERTINI, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, in

Giur. Cost., 2005, 2, 1429. Sul conflitto tra Stato e Regioni in materia di concorrenza dopo la riforma del titolo V, si

veda B.CARAVITA, Tutela della concorrenza e Regioni nel nuovo assetto istituzionale dopo la riforma del titolo V della

Costituzione, in P.BARUCCI,C.RABITTI BEDOGNI (a cura di), 20 anni di Antitrust. L'evoluzione dell'Autorità Garante

della Concorrenza e del Mercato, I, Torino, Giappichelli, 2010, 229 – 239.

780 N.I

RTI, L’ordine giuridico del mercato, cit., 138.

781 Si veda in tal senso M.D’A

LBERTI, Poteri pubblici, mercato e globalizzazione, cit., 79. L’Autore aveva già definito il principio di concorrenza come «una sorta di timone della normazione economica statale e regionale», così M. D’ALBERTI, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. Amm., 2004, 4, 705.

782

A.POLICE,Il potere discrezionale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in P.BARUCCI,C.RABITTI

BEDOGNI (a cura di), 20 anni di Antitrust. L'evoluzione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, I, Torino, Giappichelli, 2010, 369. Si veda già ID. Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, cit., 7 – 9.

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delle imprese rivali783. In quest’ottica, l’obiettivo della disciplina della concorrenza non si limita alla rimozione di singoli rapporti o la sanzione di determinati situazioni abusive, ma opera come «un principio regolatore della generale disciplina dell’impresa, e deve permeare di sé in definitiva ogni fase di quella disciplina»784. Inoltre, inserendosi in un contesto di integrazione del mercato interno, la concorrenza in Europa è orientata all’abolizione non solo dei cartelli, ma anche dei “campioni nazionali” e delle politiche protezionistiche degli Stati membri che ostacolano la libera circolazione.

Anche la giurisprudenza costituzionale italiana ha di recente fornito un’interpretazione evolutiva - dinamica della tutela della concorrenza785, concependola come «una delle leve della politica economica statale»786, che include, oltre alla disciplina antitrust di repressione delle condotte illecite delle imprese operanti in mercati già competitivi, tutti quegli interventi pubblici di liberalizzazione, di razionalizzazione della regolazione delle attività economiche finalizzate a

783 Si veda in tal senso A.P

OLICE,Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, cit., 6.

784

B. LIBONATI,Diritto commerciale e mercato (l’insegnamento di Tullio Ascarelli), in AA.VV., Studi in onore di

Pietro Rescigno, IV, Diritto privato, III, Impresa, società e lavoro, Milano, Giuffrè,1998, 307.

785

Art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione come modificato dalla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione". Sul rapporto tra articolo 41 e art. 117 Cost. in materia di tutela della concorrenza si veda, tra i molti: M.LIBERTINI, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, in

Giur. cost., cit., 1429. Sulle diverse accezioni di «tutela della concorrenza» adottate dalla Corte costituzionale dopo la

riforma del titolo V si veda L. CERASO, La recente giurisprudenza della corte costituzionale sulla «tutela della

concorrenza» (art. 117, comma 2, lett. e): linee di tendenza e problemi aperti, in Giur. cost., 2005, 4, 3448. Per la

giurisprudenza della Corte Costituzionale sull’ambito della potestà legislativa statale in materia di tutela della concorrenza, in relazione alle competenze regionali stabilite nel Codice dei contratti pubblici, si veda M.D’ALBERTI,

Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, cit., 297. Per esempi di sentenze più recenti sui limiti

delle potestà delle Regioni e degli enti territoriali in materia di tutela della concorrenza si veda altresì: M.LIBERTINI, Diritto della concorrenza dell’Unione Europea, Milano, Giuffrè, 2014, 541 – 542.

786 «La tutela della concorrenza (…) non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di

regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali», si veda Corte Cost., 18 dicembre 2003 - 13 gennaio 2004, n.14, punto 4. Tra i molteplici commenti alla sentenza si vedano V.ONIDA, Applicazione flessibile e interpretazione correttiva del riparto

di competenze in due sentenze “storiche”, A. A. DEMMIG, Istanze di unità e istanze autonomistiche nel “secondo

regionalismo”: le sentenze nn.303 del 2003 e 14 del 2004 della Corte costituzionale e il loro seguito, e R.BIFULCO, La

tutela della concorrenza tra parte I e II della Costituzione (in margine alla sent. 14/2004 della Corte costituzionale, in Riflessioni sulle sentenze della Corte costituzionale 303 del 2003 e 14 del 2004, ricordando Carlo Mezzanotte, in Le Regioni, 2008, 4-5, 771 e ss.

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consentire al maggior numero di operatori economici possibili di competere, nonché le misure volte a ridurre gli squilibri ed a promuovere condizioni di mercato concorrenziali787.

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