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Recenti ricostruzioni del modello di sindacato giurisdizionale sui principi di diritto

4. I principi di buona fede, correttezza e diligenza nell’azione amministrativa

4.5 Recenti ricostruzioni del modello di sindacato giurisdizionale sui principi di diritto

Parte della dottrina ha argomentato sottolinendo la profonda diversità tra i principi di imparzialità e buon andamento che connotano il potere pubblico discrezionale, e i principi di buona fede e correttezza che incidono sull’autonomia privata. Questi ultimi, si è rilevato, a differenza dei primi, si presentano come neutrali rispetto alla direzione dell’azione e non contengono alcuna opzione sul processo decisionale, «potendo un comportamento corretto e in buona fede essere tale anche a prescindere dalla parità di trattamento o dalla utilità della scelta in termini di buon funzionamento del sistema»536.

La differenza tra principi privatistici e pubblicistici deriva, in questa prospettiva, dalla diversa struttura del potere privato, soggetto esclusivamente a limiti esterni, e quindi sindacabile solo alla stregua di norme parametro, individuabili caso per caso e desumibili dal singolo rapporto, e quella del potere pubblico, vincolato al perseguimento del fine pubblico ed ai principi che ne disciplinano le modalità di attuazione, quali limiti interni della discrezionalità. In questa prospettiva, correttezza e buona fede costituiscono principi tipici dell’autonomia privata, essendo indifferenti rispetto al fine dell’attività. È stato osservato come la giurisprudenza amministrativa tenda, ciononostante, a qualificare la buona fede nel diritto pubblico come «uno dei possibili modi di configurare nel

535 Cons. di Stato, Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318 in Foro It., 2009, 3, 3, 165. Si veda, in senso conforme, T.A.R.

Sicilia Palermo Sez. III, 03 febbraio 2012, n. 298

536 A.P

IOGGIA, Giudice e funzione amministrativa: giudice ordinario e potere privato dell'amministrazione datore di

137

concreto i comportamenti rispettosi del buon andamento, dell’imparzialità, della ragionevolezza nell’esercizio del potere»537

.

Per evidenziare la suddetta distinzione, è stata proposta un’analisi dell’utilizzo delle clausole generali civilistiche da parte del giudice ordinario nel rapporto d’impiego privatizzato. È stato affermato che il giudice ordinario non incontra ostacoli nell’accertamento del diritto rispetto alle norme di principio, non essendo chiamato a verificare la correttezza del comportamento privato rispetto ad un determinato fine, bensì con riferimento alle legittime aspettative del lavoratore. Diversamente, il giudice amministrativo si trova a dover applicare principi generali sulla funzione, l’attuazione dei quali spetta in primo luogo all’amministrazione nell’esercizio del proprio potere discrezionale e non può essere sostituita, ma solo verificata dal giudice538. Alla luce di tale constatazione, la dottrina in esame ha rifiutato l’idea che il giudizio amministrativo si sia trasformato da un giudizio sul potere ad un giudizio sul rapporto, nonostante riconosca la fondamentale portata delle evoluzioni del processo amministrativo che hanno ampliato gli strumenti di tutela del privato539.

È stato sostenuto, inoltre, che la giurisprudenza amministrativa parte dall’idea per cui l’esercizio del potere trasforma le situazioni giuridiche contrapposte, imponendone una rilettura attraverso la lente dell’interesse legittimo. Per tale ragione, secondo questa dottrina, il giudice amministrativo tende a costruire il quadro normativo dal punto di vista del potere e non della pretesa del ricorrente: «è questo il motivo per cui, diversamente da quanto accade di fronte al giudice ordinario, il giudice amministrativo, nell’operazione ricognitiva delle regole da applicare al sindacato sull’esercizio del potere, non presta attenzione al modo in cui l’ordinamento, Costituzione compresa, ha garantito la posizione soggettiva contrapposta, ma si volge a cercare nella disciplina della potestà amministrativa i riferimenti sui quali poggiare la decisione»540.

537

A.PIOGGIA, Giudice e funzione amministrativa: giudice ordinario e potere privato dell'amministrazione datore di

lavoro, cit., 223.

538

«mentre il potere pubblico è sindacabile dall’interno, in quanto percorso che dalla legge porta alla decisione concreta, il potere privato è verificabile solo dall’esterno, in quanto spazio determinato solo nei confini.» (A.PIOGGIA,

Giudice e funzione amministrativa: giudice ordinario e potere privato dell'amministrazione datore di lavoro, cit., 266).

539 A.P

IOGGIA, Giudice e funzione amministrativa: giudice ordinario e potere privato dell'amministrazione datore di

lavoro, cit., 81 – 89.

540 A.P

IOGGIA, Giudice amministrativo e applicazione diretta della costituzione: qualcosa sta cambiando?, in Dir.

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Sul punto, una diversa dottrina ha sostenuto che il sindacato del giudice amministrativo dovrebbe arrestarsi solo nei casi in cui l’indeterminatezza della norma sia interpretabile come attribuzione all’amministrazione di discrezionalità, intesa come potere di valutare i diversi interessi in gioco, prendendo ad esempio la possibilità per il giudice di applicare con pienezza di poteri il principio di buona fede nel rapporto interprivato, sia per quanto concerne l’interpretazione sia per quanto concerne gli accertamenti e le valutazioni necessarie per decidere sul comportamento della parte. Si è in tal senso auspicato l’inserimento della discrezionalità nel sistema complessivo, costituito oltre che dalle norme di conferimento del potere, dalle altre norme che vengano eventualmente in rilievo, come i principi generali che si applicano «nei rapporti interprivati e anche alla pubblica amministrazione»541.

Un successivo studio ha proposto un modello di sindacato dei pubblici poteri improntato ad una logica del rapporto, nella quale siano superate le prerogative dell’amministrazione derivanti dal paradigma del fine pubblico per valutare la legittimità dell’attività discrezionale542. In questa prospettiva è stato invocato un ripensamento dell’utilizzo dello schema negoziale per ricostruire i vizi dell’atto amministrativo secondo una rielaborazione dei principi di tipicità e discrezionalità amministrativa, volta a dimostrare che «il vincolo finalistico sia compatibile con la dimensione del rapporto giuridico»543. Il particolare, il vizio della causa è stato ricostruito come vizio di un elemento essenziale provvedimento, rilevante sul piano della nullità ed alternativo allo sviamento di potere, e la violazione dei principi di buona fede e correttezza come violazione di regole di comportamento che vincolano l’amministrazione, accanto ad altri principi costituzionali che non trovano spazio nei rapporti interprivati.

È stata rifiutata la ricostruzione della buona fede come principio sul potere, sindacabile per sintomi, alla stregua di parametri come la ragionevolezza, la logicità o la proporzionalità, che implicherebbe la riconduzione del principio negli schemi del diritto amministrativo in una logica di potere, fondata sulla presunta maggiore incisività del sindacato sull’eccesso di potere rispetto alle tecniche di tutela di diritto privato. L’obiettivo che si pone lo studio in esame è, invece, quello di importare nel diritto amministrativo «non tanto una certa clausola anziché un’altra (cioè una

541

C.MARZUOLI, Discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario: profili generali, in Dir. Pubbl. 1998, 140.

542 C.C

UDIA, Funzione amministrativa e soggettività della tutela. Dall'eccesso di potere alle regole del rapporto, cit., 237 – 250.

543 C.C

UDIA, Funzione amministrativa e soggettività della tutela. Dall'eccesso di potere alle regole del rapporto, cit., 213 – 222.

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particolare tipizzazione di contenuti prescrittivi) quanto la struttura relazionale della norma»544, proponendo un superamento del modello di sindacato amministrativo sul comportamento della P.A. fondato sul vizio dell’eccesso di potere ed una sua sostituzione con i modelli di tutela propri del diritto privato, tra i quali l’uso delle clausole di buona fede e correttezza.

Un’altra dottrina, avendo osservato la tendenza della giurisprudenza amministrativa ad applicare il canone di buona fede unitamente ai principi pubblicistici di imparzialità e buon andamento, ha affermato che gli elementi di diritto positivo esistenti sembrano sufficienti «per consentire un’applicazione diretta dei principi privatistici di buona fede, correttezza e diligenza in materia di procedimento amministrativo, emancipandone l’applicazione dalla sorte congiunta con i principi pubblicistici»545. In questo senso è stato sostenuto che «i principi privatistici conformano, alla stregua di quelli pubblicistici, l’istruttoria del procedimento secondo la logica della competizione tra norma attributiva del potere e norma integrativa sull’esercizio del potere»546

, pur ponendosi in senso critico sulle conseguenze in tema di responsabilità civile dell’amministrazione per violazione dei principi di diritto comune.

Un ulteriore recente lavoro, alla luce delle varie posizioni dottrinarie sull’eccesso di potere, ha concluso che «il riferimento all’interesse pubblico come condizione per l’esercizio del potere amministrativo, limite e parametro per valutare la legittimità delle scelte compiute, in realtà, al di là di una funzione unificatrice (fornire l’idea di una coerenza sistematica) non ha alcuna rilevanza concreta nel sindacato sul vizio dell’eccesso di potere, per come è attualmente configurato»547

. Su tale presupposto questo studio ha ritenuto che «il giudizio sulla legittimità delle determinazioni unilaterali assume il proprio parametro altrove: né nella norma attributiva del potere, né nell’interesse pubblico genericamente inteso, ma in standard di comportamento con cui confrontare la decisione assunta nel caso concreto»548, considerando così la progressiva evoluzione del

544 C.C

UDIA, Funzione amministrativa e soggettività della tutela. Dall'eccesso di potere alle regole del rapporto, cit., 252.

545

M.DE BENEDETTO, Istruttoria amministrativa e ordine del mercato, cit., 45.

546 M. D

E BENEDETTO, Istruttoria amministrativa e ordine del mercato, cit., 46. Per i rilievi critici in tema di responsabilità civile della P.A., evidenziati nell’opera citata, si veda il paragrafo seguente.

547 G.S

IGISMONDI, Eccesso di potere e clausole generali: modelli di sindacato sul potere pubblico e sui poteri privati a

confronto, cit., 173

548 G.S

IGISMONDI, Eccesso di potere e clausole generali: modelli di sindacato sul potere pubblico e sui poteri privati a

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sindacato sull’eccesso di potere, che avrebbe comportato un utilizzo implicito delle clausole generali di buona fede e correttezza.

L’ipotesi di ricondurre il principio di buona fede alle figure di eccesso di potere è stata aspramente criticata da chi ha ritenuto che la pariteticità del rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione rischia di portare ad una confusione tra il potere esecutivo ed il potere giudiziario, eliminando il principio di legalità dell’amministrazione. Partendo dall’osservazione che il diritto europeo ha adottato come norma di chiusura dell’ordinamento non la buona fede, ma la

Rechtssicherheit, la certezza del diritto, è stato evidenziato come il diritto europeo non si ponga

come diritto comune, bensì come diritto “codificato”, cioè come diritto composto da una gamma di “leggi” o di testi normativi equipollenti, «significativa del fatto che al principio di buona fede non possono essere attribuite “valenze generali” sostitutive di un principio di legalità già esistente, ma tutt’al più, come nel caso della “certezza del diritto”, integrative della disciplina del potere. Nel diritto comunitario e, giocoforza, nel diritto interno nel quale il diritto comunitario concorre a tipicizzare l’esercizio del potere delle pubbliche amministrazioni»549

.

Infine, recenti contributi sul tema delle clausole generali nel diritto amministrativo hanno evidenziato la necessità di distinguere tra sussunzione e ponderazione550 ed hanno riaffermato che le clausole generali si pongono come limiti interni dell’esercizio del potere, costituendo un integrazione della fattispecie legale che fonda l’esercizio di potere lecito da parte dell’autorità, arricchendo la fattispecie astratta, composta oltre che dal precetto puntuale che assegna il potere, anche dai «principi generali che possano rilevare e delle disposizioni relative al procedimento»551. Si eviterebbe così che il potere si muova in ambiti potenzialmente intangibili dal diritto e si supererebbe la visione tradizionale che tendeva ad identificare la fattispecie astratta con la norma attributiva del potere, con la conseguenza che la violazione dei principi generali e delle regole

549

F.MERUSI, Nuove avventure e disavventure della legalità amministrativa, cit. ID, F.MERUSI, Il punto sulla tutela

dell’affidamento nel diritto amministrativo, cit., 1195 – 1197.

550 S.C

OGNETTI, Clausole generali nel diritto amministrativo. Principi di ragionevolezza e di proporzionalità, cit., 1197 - 1213

551

L.R.PERFETTI,Per una teoria delle clausole generali in relazione all’esercizio dei pubblici poteri. Il problema

dell’equità, cit., 1213 – 1223, ID., Discrezionalità amministrativa, clausole generali e ordine giuridico della società, in

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procedimentali possa emergere solo ad esito della decisione autoritativa, come strumento per sindacarne legittimità, rendendo il potere funzionale al godimento dei diritti inviolabili552.

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