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Il principio di concorrenza nella disciplina dei contratti pubblici

5. Le più recenti applicazioni all’azione amministrativa di principi di diritto comune: il principio

5.3 Il principio di concorrenza nella disciplina dei contratti pubblici

Uno dei principali campi di applicazione del principio di concorrenza di derivazione europea, inteso in senso ampio, è quello dei contratti con le pubbliche amministrazioni. Benché le direttive in materia abbiano come base le norme del Trattato in materia di libertà di circolazione delle merci, di stabilimento e di prestazione di servizi, tra le finalità delle disposizioni di coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni, con valore superiore a una certa soglia, rientra l’apertura alla concorrenza732.

I Trattati europei hanno collocato il diritto della concorrenza in un quadro normativo che collega espressamente i principi di libera concorrenza agli obiettivi del mercato unico733. La

731

S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 112; in senso adesivo si vedano M. LIBERTINI, Nuove

riflessioni in materia di tutela civile inibitoria e di risarcimento del danno, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 385; C.

SCOGNAMIGLIO, Prospettive europee della responsabilità civile e disciplina del mercato, in Europa e Dir. Priv., 2000, 349; M. LIBERTINI,Ancora sui rimedi civili conseguenti a violazioni di norme antitrust, cit., 933, dove si chiarisce: «in

questa prospettiva, il danno risarcibile consiste nella lesione di un qualsiasi interesse socialmente apprezzabile, che abbia dato luogo ad un pregiudizio patrimonialmente valutabile e possa quindi essere riparata mediante l'imposizione ex

lege, ad un soggetto ritenuto responsabile, di una prestazione suscettibile di valutazione economica. Il danno

(astrattamente) risarcibile diviene altresì danno «ingiusto» ex art. 2043 c.c., con il conseguente insorgere dell'obbligazione riparatoria ex lege, se e in quanto la posizione del soggetto cui è imputabile il fatto causativo del danno, non sia suscettibile, in una valutazione comparativa degli interessi in gioco, di una valutazione poziore rispetto a quella del soggetto danneggiato. La comparazione di interessi, come per tutte le clausole generali, non dev'essere poi compiuta sulla base di criteri meramente equitativi, né attraverso il riferimento al costume sociale, bensì in base a criteri di valutazione e gerarchia degli interessi riferibili all'ordinamento generale». Per un’ampia e approfondita ricostruione delle varie tesi sulla responsabilità civile si veda M.BARCELLONA,Struttura della responsabilità e “ingiustizia” del

danno, in Europa e Diritto Privato, 2000, 2, 401 – 501.

732 Si vedano, da ultimo, il considerando n.8 della Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26

febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; considerando n. 1, Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, considerando n.2, Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE

733

L’art. 3, n. 1, lett. g), T.C.E., nella versione precedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, prevedeva che l’azione della Comunità comportasse «un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno». Si veda sul punto Trib. CE, Sez. IV ampl., 27 settembre 2006, T-168/01 GlaxoSmithKline

Services/Commissione, e Corte giust., Sez. III, 6 ottobre 2009, nei procedimenti riuniti C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑

515/06 P e C‑519/06 P GlaxoSmithKline Services/Commissione. In dottrina, si veda I.LIANOS, Some reflections on the

question of the goals of EU Competition Law, cit., 2013, 17 – 19. L’art. 3, par. 3, T.U.E., nella formulazione vigente, fa

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disciplina europea della concorrenza, oltre ad imporre divieti puntuali alle imprese, contiene anche norme recanti in via generale il principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza finalità di integrazione del mercato interno734. La Corte di Giustizia ha, peraltro, da lungo tempo affermato che le regole specifiche in materia di concorrenza debbano essere interpretate nel rispetto dei principi fondamentali del mercato comune735 ed ha applicato in numerosi casi il principio di libera concorrenza a misure statali736. In tal senso, la «disciplina comunitaria della concorrenza, formalmente indirizzata all’impresa privata che compete nel mercato (…) è suscettibile di rivolgersi anche verso le pubbliche amministrazioni»737.

La normativa italiana di recepimento delle direttive europee sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture ha introdotto il principio di libera concorrenza, accanto ai principi di pubblicità, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza e proporzionalità738. L’evoluzione della disciplina dei contratti pubblici in Italia ha visto l’intreccio di «antiche norme di contabilità, preoccupate di assicurare una gestione corretta e trasparente delle risorse pubbliche, con successive disposizioni comunitarie o derivate, propense a intravedere nel corretto funzionamento del mercato e della concorrenza la miglior garanzia del buon uso del denaro dei cittadini»739. Sebbene “l’idea

sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente», da leggere congiuntamente al protocollo n. 27 al Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 sul mercato interno e sulla concorrenza, dove si precisa che la concorrenza non falsata è inclusa nell'obiettivo riguardante il mercato interno, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del T.U.E. e con i sopra citati artt. 119 e 120 T.F.U.E.

734 Sul rapporto tra obiettivi di mercato interno e regole della concorrenza si veda P.B

UCCIROSSI,A.FRIGNANI, Nozioni

introduttive economiche e giuridiche, in A.FRIGNANI,S.BARIATTI, (a cura di), Disciplina della concorrenza nella UE, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Padova, Cedam, 2012, 15 – 48.

735

Corte Giust. CE, 21 febbraio 1973, Europemballage Corporation, Bruxelles (Belgio), e Continental Can Company

INC., New York (USA)/Commissione delle Comunità Europee, Causa 6-72, punto 25.

736 Si vedaL

IANOS,D.GERADIN (ed. by),Handbook of European competition law, cit., 48 e giurisprudenza ivi citata.

737 A.Z

OPPINI, Diritto privato vs diritto amministrativo (ovvero alla ricerca dei confini tra Stato e mercato), in Riv. Dir.

Civ., 2013, 3, 520.

738

Art. 2, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 co.1, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Sul processo di introduzione del principio comunitario di concorrenza nella disciplina italiana dei contratti pubblici si veda L. FIORENTINO, Appalti pubblici e concorrenza, in P.BARUCCI,C.RABITTI BEDOGNI (a cura di), 20 anni di Antitrust. L'evoluzione dell'Autorità Garante

della Concorrenza e del Mercato, II, Torino, Giappichelli, 2010, 819 – 842;

739 M.C

AFAGNO, Flessibilità e negoziazione. Riflessioni sull'affidamento dei contratti complessi, in Riv. It. Dir. Pubbl.

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della concorrenza” fosse da lungo tempo presente nella disciplina relativa alla formazione dei contratti pubblici, si riteneva che le norme di contabilità pubblica sull’attività contrattuale della P.A. in Italia perseguissero in primo luogo l’interesse finanziario dell’amministrazione, che costituiva l’interesse pubblico determinante nelle gare pubbliche per l’aggiudicazione dei contratti740

. L’incidenza del diritto europeo ha portato ad un mutamento del significato della concorrenza in materia di contratti pubblici inducendo a interpretare l’«evidenza pubblica» non più come un procedimento volto a garantire essenzialmente gli interessi pubblici - finanziari e amministrativi - delle amministrazioni procedenti, ma come «procedura finalizzata a tutelare anche e soprattutto la libertà di circolazione e di concorrenza nel mercato europeo»741. I singoli obblighi di trasparenza, pubblicità, proporzionalità nei contratti pubblici risultano, invero, funzionalizzati al principio di un mercato unico aperto e in libera concorrenza, essendo posti allo scopo di ottenere un’effettiva parità dell’amministrazione aggiudicatrice rispetto agli imprenditori privati, nell’ottica di un ampliamento del campo di applicazione delle norme di diritto comune al fine di «mitigare gli effetti della posizione di supremazia connessa all’esercizio della funzione pubblica»742

. In questa prospettiva, il principio di concorrenza europeo ha assunto in materia di appalti pubblici la duplice funzione di contrastare da un lato gli eccessi dei poteri pubblici nazionali che operano come stazioni appaltanti, dall’altro le condotte anticoncorrenziali dei poteri imprenditoriali privati743

.

Parte della dottrina ha evidenziato che nel settore degli appalti pubblici la concorrenza tende ad essere confusa con il principio di massima partecipazione alle gare, secondo una visione statico - strutturale della concorrenza che non mira all’efficienza in senso dinamico, bensì tende ad aumentare il numero dei soggetti operanti nel mercato. Secondo questa tesi, la concorrenza in senso

740

Regio Decreto 18 novembre 1923 n. 2440, Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 novembre 1923, n. 275, emanato in virtù della legge di delegazione di poteri, L. 3 dicembre 1922, n. 1601. Regio Decreto 23 maggio 1924 n. 827, Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato. Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 giugno 1924, n. 130, S.O. La legislazione sui contratti ad evidenza pubblica è stata introdotta in Italia «per una ragione pratica – di porre un freno agli abusi dei fornitori dello Stato, specie militari – e per una ragione di coerenza con il sistema di diritto amministrativo. In particolare con il principio di legalità». In questo senso si veda M.S. GIANNINI, Diritto

amministrativo, Milano, Giuffrè, 1970, I, 677.

741

Si veda in tal senso M.D’ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. Amm., 2008, 2, 301.

742 S.V

INTI, Limiti funzionali all'autonomia negoziale della pubblica amministrazione nell'appalto di opere pubbliche, cit., 124.

743

187

dinamico sarebbe maggiormente garantita con un minor formalismo possibile delle gare, mentre la normativa sugli appalti pubblici persegue altri obiettivi, come l’economicità, l’efficacia, la tempestività e la correttezza744.

Occorre in proposito ricordare che, pur potendosi verificare abusi anticoncorrenziali tra le imprese partecipanti alla gara eventualmente sanzionabili sotto il profilo antitrust745, ciò che intende tutelare in via prevalente la disciplina sui contratti pubblici è la concorrenza “per” il mercato, mediante principi e meccanismi di non discriminazione. Come affermato dalla Corte Costituzionale, la nozione europea di concorrenza, che si riflette nel nostro ordinamento in virtù del primato del diritto europeo sul diritto nazionale, mira ad «assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi»746 e può essere tutelata mediante diversi interventi, tra i quali, oltre alle misure legislative che sanzionano gli illeciti antitrust e le misure di liberalizzazione (sulle quali ci soffermeremo nel paragrafo successivo), anche misure legislative che mirano a strutturare le procedure concorsuali in modo da realizzare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici, tutelando la concorrenza “per” il mercato747. In materia di appalti pubblici, pertanto, il principio di concorrenza è attuato mediante l’applicazione delle procedure ad evidenza pubblica, finalizzate a porre i partecipanti in posizione di parità e ad imporre all’amministrazione criteri di scelta razionali e non discriminatori.

La disciplina delle gare si fonda, infatti, su una simulazione, cercando, in definitiva, di riprodurre artificialmente nell’amministrazione, vincolata al perseguimento del fine d’interesse pubblico, i criteri di scelta razionale che sarebbero posti in essere da un contraente privato tesi a massimizzare l’utilità che può derivargli dalla stipulazione del contratto748

, distinguendosi dalla

744 M.L

IBERTINI,L’azione pubblica e i mercati, in S.MAZZAMUTO,C.CASTRONOVO (a cura di), Manuale di diritto

privato europeo, III, Milano, Giuffrè, 2007, 407 – 408.

745 Sulle condotte anticoncorrenziali delle imprese nel campo degli appalti pubblici e sugli interventi dell’Agcm in

materia si vedaNO M.D’ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, cit., 304 – 309; L. FIORENTINO,Appalti pubblici e concorrenza, cit., 835 – 842. Di recente l’Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato nella sua adunanza ha adottato un Vademecum per le stazioni appaltanti, volto all’individuazione di criticità

concorrenziali nel settore degli appalti pubblici, delibera del 18 settembre 2013, pubblicata sul sito dell’Autorità,

www.agcm.it.

746

Corte Cost., 23 novembre, 2007, n.401.

747

Si veda in tal senso Corte Cost., 03 novembre 2010, n. 325

748

188

disciplina della concorrenza “nel” mercato, che mira a tutelare la libertà di scelta negoziale di soggetti privati su un mercato privo di distorsioni749. A riprova di ciò, l’ambito di applicazione soggettivo delle norme sull’evidenza pubblica è costituito dalle «amministrazioni aggiudicatrici», ossia le amministrazioni pubbliche, nonché gli «organismi di diritto pubblico» che, sebbene possano rivestire forma societaria, devono possedere caratteristiche di stretta connessione con i poteri pubblici, tali da giustificare la necessità dell’evidenza pubblica750

.

La rilevanza del principio di concorrenza per l’attività amministrativa nel settore degli appalti pubblici appare ancor più evidente alla luce della recente giurisprudenza amministrativa e contabile. La giurisprudenza amministrativa ha affermato che il mancato rispetto delle norme sui contratti pubblici, oltre a ledere l’interesse patrimoniale dell’impresa illegittimamente esclusa, produce una «lesione al più generale interesse pubblico al rispetto della concorrenza, in conseguenza dell’indebito potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato»751

. La Corte dei Conti ha elaborato la nozione di danno erariale alla concorrenza, con riferimento agli affidamenti di pubblici lavori, servizi e forniture in violazione delle norme sulle procedure ad evidenza pubblica752. Tale giurisprudenza si riferisce al danno all’erario conseguente all’affidamento di appalti pubblici in assenza dell’espletamento della gara ovvero sulla base di una gara fittizia, qualificati dal giudice ordinario contratti nulli perché stipulati in violazione delle norme imperative sull’evidenza pubblica753

. Una cospicua giurisprudenza della Corte dei Conti ha considerato la violazione delle regole della concorrenza da parte della P.A. come lesione dei criteri di buon andamento e di imparzialità amministrativa «con riflessi sul piano della responsabilità amministrativo contabile», assimilando il modello di individuazione del contraente previsto dalle regole di contabilità pubblica ad un vero e proprio obbligo di servizio, «il cui vulnus dà luogo al c.d.

749 Sulla rilevanza della libertà di scelta del consumatore nel diritto della concorrenza si veda N.W.A

VERITT; R.H. LANDE, Consumer sovereignty: a unified theory of antitrust and consumer protection law, in Antitrust Law Journal, 1997, 2.

750 Art. 3, co. 25 e 26, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163

751

Si veda, da ultimo, Cons. Stato Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839.

752 Si vedano, tra le più recenti, Corte Conti, I Sez. Centrale d’appello, 13 gennaio 2015, n.27; Corte Conti, I Sez.

Centrale d’appello, 30 settembre 2014 n. 1116, Corte Conti, I Sez. Centrale d’appello 18 giugno 2014 n. 871.

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danno alla concorrenza»754. La giurisprudenza in esame ha, inoltre, affermato che l’amministrazione «non ricorre più “al mercato” solamente per scegliere il contraente migliore, sotto i profili qualitativo e quantitativo, ma è divenuta garante del corretto funzionamento dello stesso al fine di tutelare il libero gioco della concorrenza, posto che, come si è visto, l'interesse delle imprese e del mercato è ora tutelato al pari dell'interesse pubblico che l’amministrazione è chiamata ontologicamente a perseguire». Pertanto, l’amministrazione che elude o infrange le norme sull’evidenza pubblica si pone in contrasto con il principio della concorrenza: «la violazione della concorrenza si compenetra e si concreta nella violazione delle norme dettate a garanzia della corretta scelta del contraente, essendo tale dato, di per sé stesso, idoneo a configurare, implicitamente, anche la lesione di detto principio»755

. Alcune sentenze d’appello hanno imposto limitazioni al danno alla concorrenza, affermando che questo «non può ritenersi sussistente “in re

ipsa” per il solo fatto, cioè, che sia stato illegittimamente pretermesso il confronto tra più offerte

(…) l’omissione della gara costituisce un indizio di danno, in quanto suscita il sospetto che il prezzo contrattuale non corrisponda al minor prezzo che sarebbe stato ottenibile dal confronto di più offerte. Trattandosi, però, pur sempre e soltanto di un sospetto, occorre dimostrare che effettivamente nel caso concreto la violazione delle norme sulla scelta del contraente abbia determinato una maggiore spendita di denaro pubblico»756. Nonostante i contrasti giurisprudenziali sulla modalità di quantificazione del danno alla concorrenza, emerge una tendenza a considerare la lesione del principio di concorrenza da parte delle amministrazioni come produttivo di danno non solo alle imprese, ma anche allo Stato.

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