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Il principio di unitarietà dei segni distintivi: l’estensione

1.8 L’art. 48 del R.D. 929/1942 e le sue riforme

2.1.13 Il principio di unitarietà dei segni distintivi: l’estensione

Si è già esaminato come il segno anteriore nello schema della convalida possa ormai, secondo la giurisprudenza e la dottrina dominanti, essere costituito anche da una ditta e da un’insegna e come ciò sia risultato sempre più chiaramente dal dato normativo91, che ha progressivamente portato a termine un’effettiva

89 M. CARTELLA, Il marchio di fatto nel Codice della Proprietà Industriale, cit., 147.

90 Corte di Giustizia UE, C-482/09, caso Budějovický Budvar, punto 54, http://curia.europa.eu. 91 Si è già detto che dalla lettera dell’attuale art. 28 c.p.i., visto il rinvio generico che questo opera all’art. 12 in tema di nullità per mancanza di novità, il quale alla lettera b prevede che tolgano novità al marchio successivo registrato i segni già noti come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio o altro segno distintivo, sembra ormai evidente che la convalida possa operare anche nei confronti del titolare di questi diritti anteriori. La convalida

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applicazione del principio di unitarietà dei segni distintivi92. Rimane però un ulteriore interrogativo, la cui soluzione pare meno scontata, riguardo al fatto che altri segni distintivi possano essere convalidabili, e quindi sostanzialmente occupare quel posto che tradizionalmente, nello schema richiesto per l’operare dell’istituto della convalida, è riservato al solo marchio registrato.

Questa ipotesi non è stata avanzata solo in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. 30/2005, ma già in presenza dell’originario art. 48 l.m., riguardo al quale una parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza aveva ipotizzato che anche altri segni non registrati fossero convalidabili93. Inoltre, in seguito alla riforma del 1992, altri Autori iniziarono a sostenere che le nuove norme aprivano almeno a “nuovi spazi interpretativi anche per risolvere problemi di conflitto fra segni diversi dal marchio (in primis, fra ditte)”.94

L’art. 28 c.p.i. fa però ancora espresso riferimento al fatto che la tolleranza del titolare del primo segno debba avvenire nei confronti dell’uso “di un marchio

posteriore registrato uguale o simile”, non vi è dunque nessun appiglio dal punto

di vista normativo per ritenere che la convalida possa essere anche a vantaggio di altri segni non registrati. In questo caso non soccorre l’interpretazione estensiva nemmeno la normativa comunitaria, poiché la preclusione per tolleranza è disciplinata all’interno del regolamento solamente a vantaggio di un marchio comunitario, quindi di un segno registrato, e anche nella direttiva, all’art. 9, il marchio convalidabile è il “marchio posteriore registrato”.

Inoltre, un’ulteriore prova del fatto che il marchio convalidabile sarebbe solo quello registrato è ravvisabile nell’espressione che fa salvo il caso in cui il segno successivo sia stato “domandato in malafede”, che oltre a costituire un altro

del marchi contrastante con altri segni è inoltre sostenuta considerata la genericità dell’espressione “titolare di un diritto di preuso”.

92 Una breve definizione di questo principio è stata data supra, nota 64.

93 Si è già visto che R. PENNISI, in La convalida del marchio, cit., 91 ss. ha affrontato nella stessa sede e giungendo alla stessa conclusione estensiva l’ipotesi della convalida della ditta e del marchio di fatto. Sul punto si ricorda, per quanto riguarda la giurisprudenza minoritaria a cui si è fatto riferimento, la sentenza del Tribunale di Milano, 30 settembre 1982, Giur. Ann. Dir. Ind., 1983, 315 ss., che giungeva ad ammettere l’operare della convalida nel conflitto tra due ditte. 94 G. CAVANI, Commento generale, in La riforma della legge marchi, a cura di G. Ghidini, cit., 45; analogamente T.DI MARCO, Rassegna giurisprudenziale, art. 48, cit., 272.

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espresso riferimento alla registrazione, porrebbe ulteriori problemi circa la prova di questo status soggettivo in assenza della domanda di brevetto.

La parte della dottrina che sostiene l’estensione dei segni convalidabili affinché la categoria comprenda altri segni identificativi dell’impresa, elabora le sue argomentazioni procedendo alla trattazione congiunta della convalida del marchio di fatto e degli altri segni. Il favor che la normativa attuale ancora mostra per il marchio registrato non sarebbe sufficiente ad escludere la convalida di altri segni, semplicemente renderebbe più esigente la prova dell’utilizzo reale nell’arco del quinquennio e limiterebbe sul piano territoriale all’estensione dell’utilizzo effettivo gli effetti della convalida95.

Inoltre, la dottrina favorevole a questa estensione analogica ricorre, anche in questo caso, come per le argomentazioni a sostegno per l’applicazione dell’art. 28 nella fattispecie di un segno distintivo precedente diverso dal marchio, soprattutto al principio di unitarietà dei segni distintivi, che dispone di risolvere in modo unitario e sistematicamente coerente ogni conflitto con diritti anteriori sul medesimo segno e ciò a prescindere dalla funzione (di ditta, marchio o insegna) in cui esso venga utilizzato96.

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che la convalida possa essere configurata esclusivamente a vantaggio di un marchio registrato, escludendo dall’applicazione della norma tanto il caso di un successivo marchio di fatto, tanto quello di un altro segno distintivo non registrato97.

In maniera analoga motivano alcuni provvedimenti più recenti, applicando le norme del Codice della Proprietà Industriale, sulla base della considerazione che

95 M. FRANZOSI, in M. SCUFFI,M.FRANZOSI,A.FITTANTE, Il Codice della Proprietà Industriale, cit., 178.

96 N.ABRIANI, Le vicende del diritto di marchio, in N.ABRIANI,G.COTTINO,M.RICOLFI, Diritto

Industriale, cit., 112 ss. In senso favorevole all’applicazione della convalida anche a vantaggio

di altri segni si era in precedenza espresso anche P.AUTERI, voce Segni distintivi dell’impresa, in Enc. Giur. Treccani, vol. XXVIII, Roma, 1992, 7. Nello stesso senso M.FRANZOSI, in M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE, Il Codice della Proprietà Industriale, cit., 178 ed apparentemente anche A.VANZETTI,C.GALLI, La nuova legge marchi, cit., 249.

97 In senso contrario alla convalida di altri segni si era espressa la giurisprudenza prevalente prima dell’entrata in vigore del Codice della Proprietà Industriale: Cass. 3 agosto 1987, n. 6678, in Giur. It., 1988; I, 594; Trib. Milano, 23 febbraio 1995, in Giur. Ann. Dir. Ind., n. 3403; Trib. Milano, 6 ottobre 1988, in Riv. Dir. Ind., 1996, II, 14 ss.

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l’art. 28 c.p.i. ha superato senza alcuna modifica le modifiche intervenute in materia di marchi tra il 2006 e il 2010 e questo sarebbe sintomo del fatto che “il legislatore, anche da ultimo, non ha inteso modificare i confini e gli spazi applicativi della fattispecie in discorso, che era, e resta, un istituto di natura eccezionale, che non può essere applicato analogicamente nei confronti dei segni distintivi dell’azienda non registrati”98.

Un’altra parte della giurisprudenza ha invece ritenuto, mediante un’interpretazione analogica, che si possano convalidare anche altri segni non registrati. Si è già citata la sentenza più risalente in questo senso, Tribunale di Milano 30 settembre 198299, per la quale “se la finalità della norma ex art. 48 l.m. è quella di precludere la possibilità che il concorrente, dopo aver tollerato per lungo periodo l’uso del marchio da altri successivamente registrato e valorizzato con il decorso del tempo, possa insorgere magari col malizioso proposito di danneggiare l’altrui impresa […], non si vedono ostacoli all’applicazione del principio anche al di là dei casi espressamente contemplati ogni qualvolta sussista, riguardo ad essi una ratio tale da giustificare tale disciplina. Né in contrario varrebbe richiamare il divieto di applicazione analogica (art. 14 disp. prel. al c.c.) giacché tale divieto, com’è noto, riguarda le disposizioni che, mediante l’eccezione, determinino uno jus singulare di per se stesso insuscettibile di estensione a situazioni non contemplate, ma non sembra toccare quelle norme che – quantunque derogative della disciplina comune – non esauriscono con la loro formulazione letterale tutta l’intrinseca capacità espansiva di cui sono suscettibili in relazione alla ratio che ha suggerito al legislatore di dettare la deroga”.

98 Così sostiene Trib. Torino, 4 marzo 2012, http://iusexplorer.it/dejure, richiamando la sentenza Cass., Sez. I, 11 ottobre 2002, n. 14483, Riv. Dir. Ind., 2002, 249 ss., nella quale la Suprema Corte aveva presentato una particolare interpretazione dell’art. 13 l.m., secondo cui il principio di unitarietà dei segni distintivi, nel precludere l’adozione come ditta, denominazione o ragione sociale e insegna di un segno uguale o simile all’altrui marchio stabilisce la priorità della protezione del marchio rispetto agli altri segni distintivi. In base a questa considerazione “l’istituto della convalidazione non può trovare applicazione in riferimento ai predetti segni nei confronti del marchio”.

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Analogamente la giurisprudenza si è espressa in pronunce più recenti100, anche nella sentenza n. 17927 del 2008 della Corte di Cassazione,101 in cui le Sezioni Unite hanno osservato che “non dovrebbe esserci ragione di dubitare della applicazione della regola della convalidazione anche al caso di ditta o denominazione sociale confliggente con un marchio anteriore. Senza aggiungere che a favore di tale soluzione depone la regola dell’unitarietà dei segni distintivi oggi codificata dall’art. 22 c.p.i. […], ma anche la considerazione che, una volta che si ritiene che la convalidazione si traduca in una disposizione di natura processuale, che prevede una vera e propria decadenza dell’esercizio dell’azione di nullità o contraffazione, non si vede come possa negarsi che tale decadenza riguardi anche l’azione che spetta al soggetto titolare di un’anteriorità opponibile ad un segno diverso dal marchio”102.

Con l’esame di quest’ultima ipotesi di applicazione analogica, che pare essere ammissibile, viste le recenti pronunce giurisprudenziali e le opinioni dottrinali ricordate, a differenza di quella che prevede l’estensione della preclusione per tolleranza a vantaggio di un marchio di fatto, si è esaurito l’esame dell’ambito di applicazione della convalida. Dopo aver chiarito rispetto a quali segni anteriori il segno posteriore possa convalidarsi ed aver identificato i segni a vantaggio dei quali la convalida può operare, è possibile procedere all’esame dei presupposti, richiesti dagli ordinamenti italiano e comunitario, per l’applicazione di questo istituto giuridico.

100 Si veda ad esempio Trib. Roma, 14 aprile 2010, in Giur. Ann. Dir. Ind., 2010, 100, dove si ritiene che l’istituto della convalida, come disciplinato dall’art. 28 c.p.i., debba essere esteso analogicamente al conflitto tra marchi e diversi segni distintivi dell’impresa (nel caso specifico è affermata la possibilità di convalida di un nome a dominio in contrasto con un anteriore marchio registrato).

101 Cass. SS. UU., 1° luglio 2008, n. 17927, cit., 270 ss., dove la Corte di legittimità ha sostenuto che la disciplina del marchio e quella degli altri segni distintivi, benché contenute in fonti normative diverse, siano assoggettate a taluni principi comuni, tra i quali quelli di verità, capacità distintiva e verità e conseguentemente ha ammesso la possibilità della convalida, per analogia, della denominazione sociale.

102 Per la trattazione della configurazione della convalida come ipotesi di decadenza dall’azione si rinvia ai § 5.2.2 e seguenti.

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APITOLO

III.I

PRESUPPOSTI DELLA CONVALIDA

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