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L’onere di differenziazione. Gli effetti della convalida ed il divieto di

4.1 La continuazione dell’uso da parte del preutente

4.1.3 L’onere di differenziazione. Gli effetti della convalida ed il divieto di

Esaurito l’esame delle soluzioni che si erano rese possibili riguardo alla sorte del primo marchio, data l’assenza di un espressa previsione nella disposizione del 1942, occorre tornare all’esame dei problemi che rimangono ancora aperti, in tema di effetti della convalida. L’introduzione della disposizione per cui il

14 R.PENNISI, La convalida del marchio, cit., 144 ss., l’Autore evidenziò che spesso si tendeva a dimenticare che non è con la convalida che inizia il periodo di coesistenza dei due marchi; al momento in cui la convalida si perfeziona, la compresenza dei segni sul mercato dura almeno da cinque anni ed è ormai stabile, l’ordinamento si limita a prenderne atto. L’Autore sottolineò, inoltre, che, con l’estinzione del primo marchio, sarebbe stato il titolare del marchio convalidato ad appropriarsi delle utilità connesse al segno del preutente, conseguenza ingiustificata sia sul piano logico, sia sul piano giuridico.

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titolare del marchio anteriore non può opporsi alla continuazione dell’uso da parte del preutente, a partire dalla riforma intervenuta con il d.lgs. 480/1992, sull’esempio della normativa comunitaria, ha reso evidente che il marchio anteriore non decade; tale specificazione ha però comportato altri problemi interpretativi, riguardanti la possibilità di un rischio di confusione per i consumatori.

In realtà gran parte della dottrina ha sottolineato che la situazione di coesistenza del segno del preutente e di quello successivamente registrato, risultante dalla convalida, deriva da almeno un quinquennio di compresenza dei segni sul mercato; la convalida ha quindi il mero effetto di rendere immutabile la situazione assestatasi nel tempo e non attribuisce al titolare del marchio possibilità diverse da quelle effettivamente godute nell’arco dei cinque anni. Si tratta quindi di una mera prosecuzione della situazione concorrenziale stabilizzatasi nel tempo, alla quale, pare possibile ritenere, il pubblico dei consumatori si è nel frattempo abituato15.

Con la convalida del marchio l’ordinamento consente espressamente l’uso di marchi identici o simili, per prodotti identici o affini, in seguito alla tolleranza quinquennale del preutente; tale situazione, pur consolidata dal decorso del tempo, pare comunque in grado di costituire una fonte di inganno per i consumatori, in particolare in relazione alle concrete modalità di utilizzo di tali segni. A questo pericolo è tuttavia possibile rinvenire un rimedio costituito, oltre che dal generale divieto di atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c., anche dagli artt. 21.1 e 14.2 lett. a c.p.i.16, che disciplinano l’ipotesi di uso decettivo ed ingannevole del marchio.

15 N.ABRIANI,Le vicende del diritto di marchio, in N.ABRIANI,G.COTTINO,M.RICOLFI, Diritto

Industriale, in Trattato diretto da G. Cottino, cit., 112 ss.; R.PENNISI, La convalida del marchio, cit., 139 ss.; M.RICOLFI, I segni distintivi, cit., 92.

16 M.RICOLFI, I segni distintivi, cit., 92, ritiene che nel caso della convalida “la convivenza dei due segni è per definizione stabilizzata nel tempo ed il rischio di confusione per i consumatori può essere ritenuto relativamente basso. Tuttavia, quello fra i titolari dei marchi coesistenti che ne facesse uso in modo confusorio o decettivo si esporrebbe al rischio di essere ritenuto responsabile di atti di concorrenza sleale (art. 2598 c.c. e 11 l.m.) o di perdere il proprio diritto di marchio per decettività sopravvenuta.

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Esaminiamo dapprima il significato dell’art. 21.2 c.p.i. in relazione agli effetti della convalida. Tale disposizione prevede che “Non è consentito usare il

marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo o del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto d’autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi”.

Si è ritenuto che la violazione di questo articolo, il quale stabilisce il divieto di uso confusorio del marchio, configuri una specifica ipotesi di concorrenza sleale17. Secondo gran parte della dottrina, l’art. 21.2 c.p.i., applicato alla situazione risultante dall’avvenuta convalidazione, prevede che tanto il titolare del marchio anteriore, quanto quello del marchio successivo, debbano osservare una condotta corretta e non ingannevole nell’uso dei rispettivi segni, anche eventualmente mediante l’impiego di elementi di differenziazione18.

Dato che l’interpretazione prevalente dell’art. 21.2 prevede che da tale norma si ricavi anche la necessità che i titolari forniscano di elementi di differenziazione i rispettivi marchi, quando la semplice compresenza sul mercato per più di un quinquennio non sia sufficiente a distinguerli, un Autore ha tentato una definizione concreta di tali elementi, partendo dalla considerazione che tali mezzi di differenziazione, per svolgere la loro funzione, devono necessariamente avere a loro volta una valenza distintiva; potrebbero ad esempio consistere nell’aggiunta della ditta, quando questa sia diversa dal marchio, oppure nell’adozione di particolari caratteristiche esteriori della confezione. La riflessione di questo Autore si è tuttavia spinta fino a domandarsi se l’adozione

17 A.VANZETTI,V.DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, cit., 275; M.S.SPOLIDORO, Il

consenso del titolare e gli accordi di coesistenza, cit., 207.

18 M.CARTELLA, Il marchio di fatto nel Codice della Proprietà Industriale, cit., 169, riferisce la necessità di una condotta corretta, da parte di entrambi i soggetti, al caso specifico in cui il marchio anteriore sia un marchio di fatto, ma è estensibile a tutte le ipotesi in cui è applicabile la convalida; l’Autore cita come esempio della dottrina conforme: A.VANZETTI,C.GALLI, La

nuova legge marchi, cit., 250; G.SENA, Il nuovo diritto dei marchi, cit., 197; M.RICOLFI, I segni

distintivi, cit., illustra le possibili conseguenze della violazione delle norme a cui si è fatto

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di elementi di differenziazione possa realmente costituire un onere per i due titolari, in seguito alla convalidazione. Se la situazione di coesistenza di fatto, protratta per almeno un quinquennio, è stata reputata idonea a convalidare il marchio successivamente registrato, costituirebbe una contraddizione richiedere, a convalida maturata, che quella situazione di fatto sia mutata, con l’aggiunta di elementi di differenziazione tra i marchi19. Secondo tale ricostruzione dottrinale, gli obblighi di correttezza richiesti ex art. 2598 c.c. e 21.2 c.p.i. consisterebbero piuttosto nel divieto di porre in atto iniziative volte ad avvicinare ulteriormente i rispettivi segni distintivi, o le confezioni, o le forme dei prodotti. Inoltre, volendo invece intendere che il divieto di uso confusorio possa comportare la necessità di una condotta positiva, volta a differenziare i due marchi, sembrerebbe comunque più coerente con lo schema della convalida che di questo genere di condotte positive sia onerato il titolare del marchio successivo; infatti a chi per primo ha acquisito la posizione sul mercato, attribuendo determinate caratteristiche a prodotti e servizi identificati da un certo segno, non sembra potersi attribuire l’onere economico di differenziazione rispetto al successivo registrante20.

In generale pare comunque certo che l’art. 21.2 c.p.i. implichi che l’intervenuta convalidazione non precluda al giudice di compiere un controllo sulle modalità e sul contesto in cui i marchi destinati a coesistere vengono utilizzati. Sono allora configurabili vari tipi di interventi giudiziali volti ad indicare le modalità, tra cui le cd. distinguishing additions, da adottare per rendere compatibile il principio di cui all’art. 21.2 c.p.i. con l’uso di marchi coesistenti21.

19 M.CARTELLA, Il marchio di fatto nel Codice della Proprietà Industriale, cit., 169 ss.; simili sono le riflessioni sul punto di N.ABRIANI, Le vicende del diritto di marchio, in N.ABRIANI,G. COTTINO,M.RICOLFI, Diritto Industriale, in Trattato diretto da G. Cottino, cit., 113, per il quale “ i rischi di confusione che tale situazione può generare nella clientela, oltre ad essere temperati dal divieto di uso decettivo e dalle norme in tema di concorrenza sleale, sono comunque di fatto attenuati dalla circostanza che la coesistenza si era già stabilizzata nel tempo; l’inconveniente pare del resto meno grave rispetto all’incertezza e al disorientamento che potrebbero derivare per gli operatori (e per gli stessi consumatori) se si permettesse ai titolari di segni anteriori di astenersi dall’agire fin quando il segno successivo non si sia accreditato sul mercato, per poi eliminarlo ed acquisirne la clientela”.

20 M.CARTELLA, Il marchio di fatto nel Codice della Proprietà Industriale, cit., 170. 21 C.CAVANI, Commento generale, in La nuova legge marchi, a cura di G. Ghidini, cit., 47.

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