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1.8 L’art. 48 del R.D. 929/1942 e le sue riforme

1.8.1 Il d.lgs. 480/1992

Il d.lgs. 480/1992 è il provvedimento normativo che ha dato una prima attuazione, all’interno dell’ordinamento italiano, alla direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988, recante norme per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa.

La disciplina comunitaria comportò una vera e propria rivoluzione all’interno della normativa italiana sui marchi, che era impostata sul riconoscimento della funzione distintiva del marchio e che quindi tendeva a negare ipotesi di coesistenza di marchi uguali per prodotti identici o affini, appartenenti ad

77 M. ROTONDI, La mancata difesa del marchio e l’art. 48 R.d. 21 giugno 1942, n. 929, in Rivista

trimestrale di diritto e procedura civile, 90.

78 Tra i quali V. MANGINI, in Il marchio e gli altri segni distintivi, in Trattato di dir. comm. e di

dir. pubblico dell’economia diretto da F. Galgano, vol. V, Cedam, Padova, 249.

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imprenditori diversi. Le disposizioni destinate a segnare i punti di rottura più rilevanti con il sistema previgente erano: l’art. 5 della Direttiva, per il quale il titolare del marchio aveva il diritto di impedire ai terzi l’uso del marchio stesso “salvo il proprio consenso”; la previsione che per certe ipotesi di nullità la relativa azione fosse limitata ad alcuni soggetti; la previsione (desunta non dalla Direttiva dove non era contemplata, ma dall’allora progetto per il regolamento sul marchio comunitario) della libera cessione del marchio.

La Commissione istituita per la riforma del 1992 si concentrò soprattutto su quest’ultimo punto, mentre la norma sul consenso venne interpretata in un primo momento in maniera restrittiva, vedendo in essa il semplice divieto di revoca ad

nutum del consenso di natura negoziale a non far valere l’esclusiva nei confronti

di uno o più terzi determinati. L’introduzione nel nostro sistema della cd. nullità relativa avverrà, come già anticipato, solo con il d.lgs. 477/1999.

Al fine di riportare l’attenzione sul tema specifico dell’evoluzione normativa in tema di convalida del marchio, occorre osservare che l’art. 62 della legge delega per la riforma del 19 febbraio 1992 n. 142 prevedeva alla lettera p che il decreto dovesse “disciplinare la convalidazione del marchio precisando che opera

anche fra marchi registrati e precisando altresì che la convalidazione comporta la coesistenza dei due marchi in conflitto”. Nella relazione alla nuova legge

marchi venne sottolineato che la nuova disposizione risolveva finalmente i due problemi di gran lunga più dibattuti a proposito dell’istituto della convalida, come in effetti si è notato nell’analisi fino a qui svolta. Si riporta di seguito il testo dell’art. 48, come modificato dalla riforma del 1992.

“1. Il titolare di un marchio d’impresa anteriore ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettere d) ed e), e il titolare di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale, i quali abbiano, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l’uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non possono domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore né opporsi all’uso dello stesso per i prodotti o i servizi in relazione ai quali detto marchio è stato usato sulla base del proprio marchio anteriore o del proprio preuso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato

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in malafede. Il titolare del marchio posteriore non può opporsi all’uso di quello anteriore o alla continuazione del preuso.

2. La preclusione all’azione di nullità di cui al comma 1 si estende anche ai terzi.

3. La disciplina del comma 1 si applica anche al caso di marchio registrato in violazione dell’art. 18, comma 1, lettera f e dell’art. 21.”

Il nuovo art. 48 riprendeva pressoché integralmente l’art. 9 della Direttiva. La prima novità introdotta, riguardante l’espressa estensione dell’applicazione della convalida al conflitto tra marchi entrambi registrati, è evidente (l’art. 17 comma 1 lett. d ed e disciplina infatti le ipotesi di carenza di novità per contrasto con un marchio registrato). In più però vi fu chi si spinse fino a ritenere che il fatto che la nuova normativa riferisse la tolleranza (ed il suo conseguente effetto sanante) anche al titolare di un qualunque “diritto di preuso che importi notorietà non

puramente locale” consentisse di ritenere che l’art. 48 risolvesse, nella sua nuova

versione, anche i casi di conflitto con anteriori diritti sul medesimo segno usato non in funzione di marchio, ma di ditta, insegna ecc., in conformità con il cd. principio di unitarietà dei segni distintivi.

Un’ulteriore apertura interpretativa era possibile anche per i casi di conflitto fra segni distintivi diversi dal marchio. Si assisteva al progressivo venir meno di quella visione della convalida come un istituto eccezionale e perciò di strettissima applicazione80. Questa interpretazione appariva inoltre come coerente con l’osservazione che, quando il segno anteriore sia costituito da una ditta o da un’insegna, l’assetto degli interessi si mostri non diverso da quello che si ha nel caso di un precedente marchio di fatto, in entrambi i casi infatti il registrante successivo può non reperire queste anteriorità; un ulteriore argomento poteva inoltre essere tratto dal diritto comunitario, in particolare il regolamento comunitario 40/94, all’art. 53 sulla nullità relativa, che fa

80 Tesi che prima della riforma del 1992 era stato sostenuto da R. PENNISI, La convalida del

marchio, cit., 73 ss., per il quale la norma era suscettibile di interpretazione analogica per il caso

di conflitto tra segni distintivi diversi dal marchio, mentre l’applicazione al conflitto tra marchi registrati non era da considerarsi nemmeno un caso di estensione analogica, trattandosi di mera interpretazione del significato intrinseco alla disposizione, quindi di applicazione diretta.

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riferimento anche al caso di conflitto con altri “contrassegni anteriori”, in cui sicuramente sono da includere ditta ed insegna81.

Nella nuova versione dell’art. 48 venne tenuto fermo il fatto che il marchio suscettibile di convalida fosse quello registrato.

La sanatoria del marchio registrato, come nel sistema precedente, non era possibile per tutte i casi di nullità, ma solo per quelli che erano individuati dalla legge. Fu anche questa serie di fattispecie a risultare notevolmente ampliata dalla riforma del 1992. All’originaria ipotesi di confusione “con parola, figura o

segno altrui” (fermo restando quanto si è detto per il conflitto tra marchi

registrati o con e tra altri segni) si aggiunse quanto previsto dal 3° comma del nuovo art. 48: la convalidazione iniziava ad operare anche nell’ipotesi in cui il marchio registrato violasse un altrui diritto d’autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi (come previsto dal richiamo all’art. 18 lett. f, che disciplinava questa ipotesi di impedimento alla registrazione e nullità). Lo stesso 3° comma operò un’ulteriore estensione dell’ipotesi di sanatoria, disponendone l’applicazione anche al caso di marchio registrato in violazione dell’art. 21. Questo articolo non si limitava a regolare l’inclusione nel marchio dell’altrui nome o ritratto di persona, ma prevedeva anche il caso dell’inclusione nel marchio di altrui segni di identificazione “notori”.

Le innovazioni introdotte sui requisiti della convalida riguardavano in primo luogo lo stato psicologico del secondo titolare: la precedente disciplina richiedeva l’uso pubblico in buona fede per cinque anni, laddove la nuova normativa escludeva la convalida solo nel caso in cui la registrazione del marchio sia stata domandata in mala fede, cosicché “una mala fede sopravvenuta durante quel periodo non sembra di ostacolo alla convalida”82. Per la trattazione del significato che è stato attribuito dalla dottrina e dalla giurisprudenza al concetto di malafede nella registrazione, con riferimento alla norma sulla convalida, si rinvia al Capitolo III sui presupposti dell’istituto.

81 M. RICOLFI, I segni distintivi, cit., 91 ss.

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La nuova norma richiedeva che vi fosse stata tolleranza da parte del primo titolare, in seguito alla conoscenza effettiva dell’uso del marchio successivo83, ove per la norma precedente era sufficiente la mera conoscibilità, data dal “pubblico uso” del marchio successivo. Facendosi riferimento alla conoscenza effettiva e non alla conoscibilità, l’istituto si configurava come una preclusione per tolleranza e cessava di essere imperniato sulla pubblicità legale e quindi sulla registrazione. La nuova norma inoltre non precisava nemmeno se l’uso dovesse essere posteriore alla registrazione.

La maggiore estensione dell’ambito di applicabilità della convalida, unita all’espressa previsione della coesistenza dei due marchi in seguito alla convalidazione, moltiplicò le possibilità di coesistenza sul mercato di segni confondibili, si profilava quindi il problema del coordinamento con il divieto di uso ingannevole del marchio, che, come si è già anticipato, sarà esaminato, in questa trattazione, solo in seguito ad una approfondita analisi degli effetti della convalida.

Si è già osservato come l’art. 48 riproduceva quasi letteralmente l’art. 9 della Direttiva, così facendo infatti la disposizione prevedeva che l’effetto della convalida fosse che l’azione di nullità e contraffazione risultassero precluse al

titolare del marchio anteriore. La Direttiva era stata redatta avendo

evidentemente come punto di riferimento le legislazioni nazionali in cui l’azione di nullità del marchio per mancanza di novità era relativa, cioè riservata al titolare del marchio anteriore (tale scelta è stata operata anche per il marchio comunitario, come si è già visto).

83 Per A. VANZETTI, La nuova legge marchi, Giuffrè, Milano, 2001, la prova della conoscenza deve essere fornita, per presunzioni, da chi invoca la convalidazione. Sul punto concorda G. CAVANI in La nuova legge marchi – Commento generale, in La riforma della legge marchi, a cura di G. Ghidini, Cedam, Padova, 1995. Invece per G. SENA, Il nuovo diritto dei marchi, Giuffrè, Milano, 1994, 138, il secondo registrante beneficia, in virtù della registrazione, di una presunzione semplice circa la conoscenza del marchio da parte del titolare del segno anteriore, a carico del quale sarebbe la prova della non conoscenza. Tale visione per Cavani non è condivisibile, perché graverebbe il primo titolare di un onere di vigilanza che non viene addossato al secondo registrante. Per una trattazione più articolata degli elementi di fattispecie e dell’onere della prova si veda il Capitolo III.

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Il nostro ordinamento legittimava invece chiunque all’azione di nullità e la disposizione così concepita avrebbe comportato che il marchio convalidato sarebbe comunque rimasto vulnerabile, perché esposto all’azione o eccezione di nullità da parte di qualunque terzo. Così fu necessaria l’introduzione, da parte del legislatore del 1992, del 2° comma, in cui si specificava che l’azione di nullità era, in seguito alla convalida, preclusa anche a terzi84.