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La tolleranza quinquennale continuativa

3.1 Il termine quinquennale

3.1.2 La tolleranza quinquennale continuativa

L’art. 28 c.p.i., così come l’art. 9 DM e l’art. 54 r.m.c., riferiscono evidentemente il carattere della durata quinquennale alla tolleranza del titolare del marchio precedente. Prima di proseguire con l’analisi del carattere continuativo del termine temporale riferito a questo status soggettivo, è ovviamente necessario

17 G.SENA,Il diritto dei marchi, cit. 185; Cass. 10 ottobre 2008, n. 24909, Giur. Ann. Dir. Ind.,

2009, 30 ha ritenuto “irrilevante, per il decorso del quinquennio un eventuale uso di fatto anteriore alla registrazione del marchio”, in proposito G.E.SIRONI, Art. 28 – Convalidazione, cit., 535, ha osservato che dalla motivazione della sentenza citata la Corte, benché usi la parola registrazione, sembra riferire l’irrilevanza a un uso anteriore al deposito e non alla concessione. 18 G.E.SIRONI, Art. 28 – Convalidazione, cit., 535.

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fornire una prima definizione della tolleranza richiesta dalla norma, sulla quale si tornerà successivamente, al § 3.2.

Si ritiene che l’attuale versione della norma, prevedendo che il titolare del marchio anteriore abbia “tollerato, essendone a conoscenza, l’uso di un marchio

posteriore uguale o simile”, richieda che il titolare dell’anteriorità fosse

consapevole dell’uso del marchio successivo e che, nonostante ciò, non abbia reagito, facendo valere il proprio diritto20.

Il requisito della tolleranza è stato introdotto nel nostro ordinamento con l’attuazione della direttiva 89/104/CEE, in precedenza il presupposto della convalida era l’uso pubblico in buona fede per cinque anni, decorrenti dalla pubblicazione sul Bollettino, senza contestazioni21.

La disposizione dell’attuale Codice non richiede più la presenza di una mera conoscibilità ipotetica dell’esistenza del secondo segno, derivante dal pubblico utilizzo quinquennale da parte del secondo titolare, ma la conoscenza effettiva dell’uso22.

La Corte di Giustizia ha definito la tolleranza come la condizione di chi resta inerte dinnanzi a una situazione a cui avrebbe la possibilità di opporsi, precisando che è richiesto che il titolare del marchio anteriore sia “al corrente della registrazione del marchio posteriore e dell’uso di tale marchio dopo la registrazione”23.

Un Autore ha ritenuto che “tolleranza” e “consenso” siano due concetti nettamente distinti: il consenso a cui faceva riferimento l’art. 1.1 l.m., attuale art. 20 c.p.i., non potrebbe consistere in un comportamento meramente abdicativo,

20 A.VANZETTI,C.GALLI, La nuova legge marchi, cit., 248 ss., M.RICOLFI, in AA.VV., Diritto

Industriale, cit., 100, M.FRANZOSI, in M.SCUFFI,M.FRANZOSI,A.FITTANTE, Il Codice della

Proprietà Industuale, cit., 178.

21 Cass., 4 dicembre 1999, n. 13592, Giur. Ann. Dir. Ind., 2000, 13 ss., ha evidenziato che “il testo della legge marchi antecedente la novella del 1992 si limitava a richiedere, al fine della convalidazione del marchio, l’uso pubblico quinquennale di esso, da parte di un soggetto incolpevolmente ignaro di ledere l’altrui esclusiva, senza contestazioni del titolare del segno antecedente; il testo novellato richiede un elemento costitutivo in più, consistente nella vera e propria tolleranza dell’uso altrui da parte del titolare della registrazione precedente, la quale presuppone la conoscenza dell’altrui abuso e quindi la sopportazione dello stesso”.

22 C.GALLI, Attuazione della direttiva n. 89/104/CEE. Commentario, cit., 1204. 23 Corte di Giustizia, C-482/09, 22 settembre 2011, punti 44, 45 e 58.

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in una semplice rinuncia all’esercizio dell’opposizione o dell’azione di nullità relativa: “Il consenso non negoziale, sub specie di rinuncia tacita, inerzia, consapevole tolleranza, è previsto e disciplinato non già nell’art. 1.1, incipit, ma nell’art. 48 l.m., per l’appunto, e solo in esso”24.

In dottrina tuttavia un altro Autore ha sostenuto che la tolleranza possa costituire una tipologia di consenso, in particolare la forma più debole di manifestazione del consenso del titolare25. Inoltre l’Avvocato generale ha rilevato che, dalla nozione di tolleranza adottata dalla Corte di Giustizia, C-482/09, sopra richiamata, si trae la conclusione che il comportamento identificabile con la tolleranza comporta una certa passività, in quanto colui che tollera, sebbene sia a conoscenza dell’uso di un segno contrastante, rinuncia ad adottare contromisure. Secondo l’Avvocato generale da tale condotta passiva può scaturire eventualmente persino un consenso implicito di colui che tollera. “Ciò spiega anche perché l’ordinamento giuridico collega a detta passività un effetto prescrittivo del diritto formalmente spettante a colui che tollera. È necessario, tuttavia, distinguere chiaramente la mera tolleranza dal consenso, che, come esplicitato dalla Corte nella sua giurisprudenza, dev’essere espresso in modo da far trasparire con certezza la volontà di rinunciare a tale diritto. Una siffatta volontà risulta normalmente da una manifestazione espressa del consenso. Tuttavia, non si può escludere che, in determinati casi, essa possa risultare in modo tacito da elementi e circostanze, le quali, valutate dal giudice nazionale, esprimano parimenti, con certezza, una rinuncia del titolare al proprio diritto”26. Ora che si è chiarito a quale atteggiamento psicologico del titolare del diritto anteriore il legislatore del Codice e quello comunitario fanno riferimento quando parlano di tolleranza, occorre tornare al fatto, finora solo accennato, che il

24 G.DALLE VEDOVE, L’art. 48 della legge marchi e il principio di non inganno del pubblico, cit., 199.

25 Nel § 3.2.1 si analizzerà in particolare la ricostruzione di M.S.SPOLIDORO, Il consenso del

titolare e gli accordi di coesistenza, in Segni e forme distintive. La nuova disciplina, Giuffrè,

Milano, 2001, 190 ss.

26 Conclusioni dell’Avvocato generale Verica Trstenjak del 3 febbraio 2011, punti 70 e 71 in merito alla causa Causa C-482/09, caso Budweiser.

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decorso del termine quinquennale debba essere senza interruzioni; l’art. 28 c.p.i. e l’art. 54 r.m.c. riportano infatti l’espressione “per cinque anni consecutivi”. La versione originaria dell’art. 48 l.m. si limitava invece a riferire il carattere della durata quinquennale all’uso da parte del secondo registrante, precisando che tale utilizzo dovesse essere “senza contestazioni” da parte del primo titolare. Questa espressione generica aveva comportato che, per l’interpretazione dominante, al fine di interrompere il decorso del termine quinquennale, fosse sufficiente un qualsiasi tipo di contestazione, giudiziale o stragiudiziale, come per esempio una lettera di diffida27. L’assenza delle contestazioni, prevista dall’originario art. 48 l.m., poteva infatti essere considerata come una condizione della buona fede richiesta in capo al soggetto che utilizzava il marchio posteriore. Dal momento che qualsiasi tipo di contestazione comporta l’acquisizione della consapevolezza del conflitto con un diritto altrui, e quindi il venir meno del requisito dell’uso in buona fede, l’opinione della giurisprudenza e della dottrina era nel senso di ritenere che fosse sufficiente ad interrompere il termine per la convalida qualunque tipo di contestazione, non solo quella in sede giudiziale, ma anche quelle in sede stragiudiziale28.

Un Autore29 invece, commentando l’art. 48 risalente al R.D. 929/1942, descriveva la convalida come un’ipotesi di decadenza dall’azione, precisando che “non si tratta di decadenza del marchio, ma di sopravvenuta preclusione all’esercizio dell’azione non tempestivamente esercitata”, implicitamente ammettendo che atto interruttivo del decorso del quinquennio fosse solo una contestazione giudiziale.

Un’interpretazione analoga è stata scelta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza 17927 del 2008, a cui si già fatto riferimento nel capitolo precedente. In quel provvedimento la Corte di legittimità ha posto “fine all’incertezza tra diffida ed azione quale atto idoneo ad evitare il compimento del quinquennio di tolleranza, che determina altrimenti la convalidazione del

27 R. PENNISI, La convalida del marchio, cit., 116. 28 G.SENA, Il diritto dei marchi, cit., 184 ss.

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marchio successivo”30, specificando che la convalida non è un meccanismo che causa la perdita, da parte del primo titolare, del proprio diritto, ma si delinea piuttosto come una decadenza dall’esercizio dell’azione di nullità.

La configurazione come ipotesi di decadenza comporta l’operare dell’art. 2966 c.c. e quindi il fatto che la convalida possa essere impedita solamente dall’atto previsto dalla legge, che consiste esclusivamente nella citazione introduttiva di un giudizio di nullità o contraffazione o comunque un ricorso per l’inibitoria dell’uso della registrazione posteriore. Questa argomentazione da parte della Corte di legittimità era a sostegno di una soluzione che era già stata adottata dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Milano nell’ambito della stessa controversia31. Era quindi stato il Tribunale milanese ad inaugurare questo indirizzo, accogliendo la tesi che l’invio di una semplice lettera di diffida al titolare del marchio successivo non è sufficiente ad interrompere il termine quinquennale di tolleranza. Questa interpretazione era poi stata interamente confermata dalla Corte d’Appello di Milano.

Un Autore ha sostenuto che la tolleranza continuativa richiesta dall’art. 28 c.p.i. potrebbe astrattamente essere esclusa sia da qualsiasi manifestazione di volontà del titolare del marchio anteriore, come per esempio dall’invio di una diffida, sia, in via esclusiva, dalla proposizione dell’azione di nullità. La scelta di questa seconda soluzione appare però come l’unica in grado di garantire la certezza del diritto ed inoltre una diffida non seguita dall’azione di nullità potrebbe a sua volta costituire una forma di tolleranza32.

Si è esaminato il problema della determinazione del momento in cui inizia il decorso della tolleranza quinquennale e si è identificato quale atto da parte del primo titolare possa evitarne il completamento, escludendo il requisito della tolleranza quinquennale continuativa ed impedendo la convalida; rimane da analizzare la presenza di eventuali altre cause interruttive o sospensive del

30 E.BERTI ARNOALDI, Decadenza dall’azione di nullità e/o contraffazione ed unitarietà dei

segni distintivi nell’applicazione della regola della convalidazione (art. 28 c.p.i.), in Riv. dir. ind., 2009, 285.

31 Trib. Milano, 2 aprile 2001 e App. Milano, 10 luglio 2002, in Riv. Dir. Ind., 2009, 272 ss. 32 G.SENA, Il diritto dei marchi, cit., 184.

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termine. La lettera della disposizione pare non ammetterne, in particolare nella versione successiva alla riforma del 1992, dove il carattere della durata quinquennale continuativa è direttamente riferito alla tolleranza del primo titolare e non solo all’uso da parte del successivo registrante.

Inoltre la configurazione della convalida come ipotesi di decadenza, stabilita dalla Corte di Cassazione, implica l’esclusione dell’applicabilità delle regole sulla sospensione e sull’interruzione del termine che il codice civile stabilisce in materia di prescrizione (artt. 2941 e 2945 c.c.), essendo per legge (art. 2966 c.c.) unicamente l’azione giudiziaria in grado di impedire il compimento della decadenza33.

Un Autore aveva inoltre già rilevato, prima della riforma del 1992, che “il termine dell’art. 48 non presenta addentellati con l’istituto della prescrizione”, così escludendo l’applicazione le cause sospensive previste dalla disciplina agli artt. 2941 e seguenti del codice civile34.

Si è detto che il carattere continuativo del termine quinquennale è stato chiaramente riferito, a partire dal d.lgs. 480/1992, alla tolleranza del preutente; se si considera invece la fattispecie dal punto di vista del titolare del segno da convalidare, risulta ancora possibile riferire il carattere continuativo anche all’uso da parte del secondo titolare35.

Occorre infatti rilevare che l’eventuale interruzione dell’uso, per un significativo periodo di tempo, comporta l’inizio di un nuovo decorso del termine quinquennale. La soluzione è giustificata dal fatto che il comportamento

33 E.BERTI ARNOALDI, Decadenza dall’azione di nullità e/o contraffazione ed unitarietà dei

segni distintivi nell’applicazione della regola della convalidazione (art. 28 c.p.i.), cit., 286.

34 R. PENNISI, La convalida del marchio, cit., 114, per questo Autore un discorso diverso doveva farsi per l’interruzione determinata dalla domanda giudiziale (nota 4); in questo caso non sarebbe in contrasto con la ratio della convalida che il periodo, interrottosi a causa della domanda, ricominci a decorrere nel momento in cui, ad esempio, la lite venga abbandonata. Questa osservazione presupponeva però che fosse accolta un’accezione di buona fede diversa da quella che la identifica con l’ignoranza dell’esistenza del marchio anteriore (altrimenti il fatto interruttivo comporterebbe l’automatica malafede del convenuto). Sulla determinazione del concetto di buona fede si vedano i paragrafi 3.3 e seguenti in questo capitolo.

35 In dottrina, anche successivamente alla riforma, si è spesso considerato il termine quinquennale come riferito anche all’uso del secondo marchio, si veda ad esempio C.GALLI,

Attuazione della Direttiva. Commentario, in Nuove leggi civ. comm., 1995, 1203, il quale parla

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tollerante assume rilievo proprio in funzione dell’altrui uso del marchio e dal fatto stesso che la convalida si fonda sull’affermazione che, decorso un certo periodo di utilizzazione, il pubblico possa essere divenuto in grado di distinguere i due marchi36.

Se l’esistenza di cause sospensive ed interruttive del termine deve essere esclusa, dall’ultima osservazione emerge che l’unico caso, che può dare origine alla perdita di efficacia dell’uso nel periodo precedente e alla necessità della riapertura di un periodo di cinque anni, è la stessa interruzione dell’uso effettivo. Si vedrà meglio nel paragrafo dedicato alla prova della sussistenza degli elementi di fattispecie che, una volta provato l’uso attuale e l’uso iniziale, la prosecuzione

medio tempore dell’uso può essere oggetto di una presunzione, pur sempre

suscettibile di prova contraria37.