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Il quadro legislativo nazionale e regionale

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LE POLITICHE REGIONALI NELLE MATERIE DI INTERESSE COMUNITARIO

V) PROTEZIONE CIVILE

V.4 Il quadro legislativo nazionale e regionale

La legge n.225 del 24 febbraio 1992 istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile, composto dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai Comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

La l. cost. n. 3 del 2000, che ha completato il processo di modifica del titolo V della Costituzione, ha considerato la protezione civile materia di legislazione concorrente e, quindi di competenza regionale, nell'ambito dei principi fondamentali dettati dalla legge statale. Al coordinamento del servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione Civile.

Tale Dipartimento svolge compiti di promozione e coordinamento dell'intero sistema, di regia nella costruzione e nella gestione delle reti informative indispensabili per la previsione, prevenzione, valutazione e mitigazione dei rischi, di intervento diretto in caso di calamità di rilevanza nazionale, di definizione di procedure di intervento ed azione comuni a tutto il sistema, di orientamento della legislazione relativa alla prevenzione dei rischi, di sostegno alle strutture periferiche del sistema, specie le più deboli e meno dotate di risorse proprie, di promozione e sostegno alle attività di formazione e alla crescita dell'associazionismo di protezione civile, di informazione dell'opinione pubblica e di promozione della cultura della protezione civile specie nei confronti delle giovani generazioni, di proposta e attuazione, unitamente alle altre componenti interessate del Servizio Nazionale della Protezione Civile, delle normative eccezionali e derogatorie – ad es. le ordinanze – indispensabili per accelerare gli interventi di emergenza e far fronte alle calamità, al fine di ridurre al minimo il danno alle persone e alle cose.

La Regione Emilia-Romagna ha disciplinato la materia con la legge regionale n. 1 del 7 febbraio 2005 che ha posto al centro delle politiche del settore l’intero sistema regionale di Protezione Civile, valorizzando le sue componenti, disciplinandone funzioni e compiti in una prospettiva di insieme organico allargato anche alle principali istituzioni dello Stato presenti sul

territorio, promuovendo a pieno titolo l'efficace sistema di relazioni consolidatesi negli ultimi anni tra le componenti del sistema, rafforzandone il coordinamento e l'integrazione. Vengono rispettate le competenze delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo, Regione, province, Comuni e Comunità Montane, riconoscendone i ruoli, ai fini della collaborazione e dell'integrazione tra le strutture, nel quadro di un forte raccordo con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile.

Nel 2004 è stato siglato il primo protocollo di intesa tra Regione e Uffici territoriali del Governo, province, Direzione Regionale Vigili del Fuoco, Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia, Unione nazionale dei Comuni, delle Comunità e degli Enti Montani, Agenzia Interregionale per il fiume Po, Unione regionale delle Bonifiche. L’obiettivo perseguito è quello di fornire agli Enti locali un quadro di riferimento omogeneo per l’elaborazione dei Piani di Emergenza nel proprio ambito territoriale, favorendo altresì l’integrazione e la collaborazione con gli Uffici Territoriali del Governo e le Strutture operative statali sul territorio e di favorire una gestione coordinata delle emergenze, assicurando interventi più efficaci e tempestivi in caso di alluvioni, terremoti, eventi idrogeologici, incendi boschivi o rischi di tipo chimico-industriale.

VI) AGRICOLTURA

(Fonte: Direzione generale agricoltura)

VI.1 Premesse

La Politica Agricola Comune (PAC) è stata, per ragioni economiche ed istituzionali, uno dei grandi processi di costruzione dell’“Europa”. Considerata la principale tra le politiche settoriali di intervento, nel corso degli anni, per affrontare i continui mutamenti intervenuti negli scenari economici, compresi quelli internazionali, è stata oggetto di continue revisioni.

Ciò è avvenuto non perdendo mai di vista l’obiettivo principale: garantire un reddito soddisfacente agli agricoltori europei pur in presenza della necessità di ridurre gli stanziamenti del bilancio UE per il settore agricolo.

La storia della PAC si divide in due periodi nettamente distinti per la natura delle politiche utilizzate: il primo (1962 – 1992) della PAC classica basata sul sostegno indiretto al reddito dei produttori, attraverso la cosiddetta “politica dei prezzi” e sul controllo delle produzioni attraverso il sistema delle quote produttive, il secondo (1992 – 2002) della PAC riformata basato sul sostegno diretto degli agricoltori con un sistema di aiuti compensativi concessi per unità di superficie o di bestiame ad ogni agricoltore comunitario. Dal 2003 ad oggi si è aperta una nuova fase, in cui in un assetto completamente nuovo delle istituzioni comunitarie e nella prospettiva di un ulteriore allargamento ai paesi dell’ex blocco dell’est Europa, la PAC è stata ulteriormente organizzata in una politica liberista, con l’idea di riuscire a stimolare la competitività ed eliminare gli aspetti negativi che la riforma del 1992 non aveva risolto (il sostegno diseguale, gli scompensi ambientali, la disaffezione dei consumatori).

La riforma del 2003 ha costituito un momento chiave dell’evoluzione della PAC, adattando quest’ultima alle nuove esigenze degli agricoltori, dei consumatori e del pianeta. La riforma ha introdotto cambiamenti di grande rilievo anche in merito alle responsabilità degli agricoltori. Gli aiuti diretti agli agricoltori sono versati una volta l’anno, principalmente attraverso il “Regime di pagamento unico” (vedi Reg. 1782/2003 ora Reg. 73/2009), che ha sostituito la maggior parte degli aiuti diretti esistenti. Lo spostamento di priorità degli aiuti della PAC, dal sostegno ai prezzi verso aiuti diretti agli agricoltori, si accompagna all’introduzione di obblighi più chiari per gli agricoltori, che devono gestire le loro aziende in modo sostenibile nel quadro dei principi della condizionalità che implicano il rispetto di tutta una serie di requisiti ambientali e di altro tipo, fissati a livello nazionale e a livello europeo.

L’importanza della condizionalità risiede nel nesso che si crea tra il rispetto di questa condizione e il percepimento degli aiuti diretti da parte degli agricoltori. La condizionalità di per sé non è un concetto nuovo, ma fino alla riforma era una misura volontaria per gli Stati membri e si applicava soltanto alle norme ambientali.

Essa è stata estesa al di là della conformità con le norme ambientali ed include nuovi requisiti riguardanti la salute pubblica, animale e fitosanitaria, il benessere degli animali ed il mantenimento di tutti i terreni agricoli in condizioni agronomiche e ambientali soddisfacenti.

Il mancato rispetto di questi criteri da parte degli agricoltori può comportare detrazioni o anche la soppressione totale dei pagamenti diretti.

Quali amministratori principali della PAC, gli Stati membri svolgono una funzione determinante nell’applicazione della condizionalità. Ad essi incombe la responsabilità di adottare la definizione di condizioni agronomiche e ambientali soddisfacenti (a livello nazionale o regionale) tenendo conto delle caratteristiche specifiche delle zone interessate, e in particolare delle condizioni climatiche e geologiche e dei sistemi di coltivazione in uso, dell'utilizzazione dei terreni, della rotazione delle colture, delle pratiche agricole e della struttura delle aziende. Gli Stati membri devono informare gli agricoltori di questa definizione, fornire loro l’elenco dei criteri di gestione obbligatori e predisporre sistemi di gestione, controllo e sanzione per la condizionalità.

In relazione alla predette riforme ed in particolare al Reg. Ce 1782/2003, la Direzione Generale Agricoltura a partire dal 2005 e per le successive annualità ha applicato i principi della condizionalità - già recepiti nei decreti ministeriali nazionali - individuando le ulteriori normative che a livello regionale danno attuazione alle Direttive ed ai regolamenti comunitari in materia di impegni in capo agli agricoltori.

Nel 2008 la PAC ha festeggiato i suoi primi cinquanta anni interrogandosi sul futuro e sottoponendosi ad un Health Check, cioè – secondo le parole della Commissione europea • ad una “valutazione dello stato di salute della politica esistente”, che permettesse “di apportarvi ulteriori adeguamenti in sintonia con l’evoluzione del mercato e altri sviluppi” (così la

“Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio” del 20 novembre 2007 – COM 2007, 722 def.).

I profondi cambiamenti in atto in questi anni hanno infatti indotto la Commissione a formulare nel 2008 e 2009 alcune proposte legislative che modificano, proseguono e completano le misure contenute nella riforma del 2003. Le principali novità hanno avuto a riferimento l'aggiornamento del regime di pagamento unico, la modulazione progressiva, il disaccoppiamento totale degli aiuti, la revisione del sistema delle quote latte, la soppressione del set aside, il rafforzamento della condizionalità.

Anche la disciplina dello sviluppo rurale è stata modificata per perseguire quattro nuove sfide e precisamente: Cambiamenti climatici e rispetto del protocollo di Kyoto; Energie rinnovabili;

Gestione delle risorse idriche e Biodiversità. A queste, nel corso del dibattito, ne è stata aggiunta una quinta relativa alla soppressione delle quote latte e al conseguente adattamento cui le imprese agricole dovranno sottoporsi.

Per dare attuazione alle decisione assunte in sede di negoziato, nel mese di gennaio 2009 sono stati approvati i seguenti Regolamenti e Decisioni:

Regolamento (CE) n. 72/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, che modifica i regolamenti (CE) n. 247/2006, (CE) n. 320/2006, (CE) n. 1405/2006, (CE) n. 1234/2007, (CE) n. 3/2008 e (CE) n. 479/2008 e che abroga i regolamenti (CEE) n. 1883/78, (CEE) n. 1254/89, (CEE) n. 2247/89, (CEE) n. 2055/93, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 2596/97, (CE) n. 1182/2005 e (CE) n. 315/2007 al fine di adeguare la politica agricola comune;

Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n.

1782/2003;

Regolamento (CE) n. 74/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);

Decisione 2009/61/CE del Consiglio, del 19 gennaio 2009, recante modifica della decisione 2006/144/CE relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013).

A seguito di tale nuovo assetto, la Direzione ha provveduto a recepire i nuovi regolamenti modificando, come di seguito rappresentato, il Programma di sviluppo rurale 2007-2013.

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