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I. Il periodo longobardo

3. Il rapporto con Montecassino

a. I primi monaci e abati

Tra Brescia e Montecassino: la figura di Petronace

Fin dalle origini, per il monastero di Leno si viene dunque a delineare chiaramente un nesso con Montecassino, che si sostanzia attraverso due segni che parlano esplicitamente: la reliquia di san Benedetto e la prima colonia di monaci. Si tratta di una scelta deliberata, e anzi ricercata e perseguita dal fondatore, che trova modo di inserirsi nel solco di una tradizione di rapporti già esistenti tra Brescia e Montecassino, rapporti che vengono così a consolidarsi, proiettandosi inoltre nei secoli a seguire.

Brescia aveva infatti da qualche tempo instaurato uno speciale rapporto col grande cenobio dell’Italia centrale, considerato la ‘culla’ del monachesimo occidentale. Nell’VIII secolo, solo qualche decennio prima della fondazione di Leno, era stato un nobile longobardo proveniente proprio dal territorio bresciano, Petronace64, a restaurare Montecassino sotto

lo stimolo del papa Gregorio II, come ci racconta Paolo Diacono nella sua

Historia Langobardorum65.

64 Circa la figura di Petronace e i rapporti intercorsi tra Brescia e Montecassino, cf.

SAVIO, La légende, pp. 34-35; BONINI, Petronace, pp. 197-212; GUERRINI, Brescia

e Montecassino, pp. XI-XIV; LENTINI, Petronace, cc. 510-511; SALETTA, L’abate Petronace, pp. 1-7; DELL’OMO, Montecassino. Un’abbazia nella storia, pp. 23-24;

ID., Montecassino altomedievale, pp. 166-176; BARONIO, ‘Monasterium et populus’, pp. 48-49, n. 1; DE JONG, ERHART, Monachesimo tra i Longobardi e i Carolingi, p. 111; ARCHETTI, Pellegrini e ospitalità, pp. 69-70.

65 PAULI DIACONI, Historia Langobardorum, VI, 40, pp. 178-179: «Circa haec tempora

<717> Petronax, civis Brexianae urbis, divino amore conpunctus, Romam venit hortatuque tunc Gregorii apostolicae sedis papae huc Cassinum castrum petiit, atque ad sacrum corpus beati Benedicti patris perveniens, ibi cum aliquibus simplicibus viris iam ante residentibus habitare coepit. Qui eundem venerabilem virum Petronacem sibi seniorem statuerunt. Hic non post multum tempus, cooperante divina misericordia et suffragantibus meritis beati Benedicti patris, iamque evolutis fere centum et decem annis, ex quo locus ille habitatione hominum destitutus erat, multorum ibi monachorum, nobilium et mediocrium, ad se concurrentium pater effectus, sub sanctae regulae iugum et beati Benedicti institutione, reparatis habitaculis, vivere coepit atque hoc sanctum coenobium in statum quo nunc cernitur erexit. Huic venerabili viro Petronaci insequenti tempore sacerdotum praecipuus et Deo dilectus pontifex Zacharias plura adiutoria contulit, libros scilicet sanctae scripturae et alia quaeque quae ad utilitatem monasterii pertinent; insuper et regulam, quam beatus pater Benedictus suis sanctis manibus conscripsit, paterna pietate concessit».

Una narrazione analoga a quella di Paolo Diacono, comprensiva anche dell’accenno al codice della Regola di mano dello stesso san Benedetto che sarebbe stato donato a Petronace da papa Zaccaria66, ci è offerta pure dalla

Chronica monasterii Casinensis. In questo testo si trova altresì

l’informazione che Petronace avrebbe fatto venire da Brescia a Montecassino, per arricchire di reliquie la nuova basilica da lui edificata, il braccio di uno dei martiri bresciani Faustino o Giovita, facendolo porre sotto l’altare dedicato alla Vergine ed ai due santi67. Il dono del braccio del

martire sanciva così il legame tra la patria di Petronace e il cenobio cassinese, facilitando con ogni probabilità il successivo trasferimento della «quedam corporis pars» di Benedetto nell’abbazia lombarda68.

Da Montecassino a Leno: l’abate Ermoaldo

Se la venuta di Petronace da Brescia a Montecassino era per così dire un tragitto in un’unica direzione, restava da compiere il cammino inverso per sancire definitivamente il canale privilegiato che veniva a crearsi tra le due località. Dunque da Montecassino, intorno all’anno 758, partì su richiesta di re Desiderio la colonia di dodici monaci che al seguito dell’abate Ermoaldo andrà a costituire il nucleo originario della comunità leonense:

«Praefuit autem ipso tempore in ipso coenobio, hoc est Leone, Ermoald abbas, quod ipse praefatus rex ex Beneventum monasterio secum adduxit seu et alii 11; ex quibus unum nomine Lampertum p(rae)p(ositum) constituit; Domino auxiliante usque ad perfectum ductum est»69.

66 Sul significato di questa notizia, nell’ambito del binomio Roma-Montecassino, cf.

DELL’OMO, Montecassino altomedievale, sopr. pp. 173-174.

67 Chronica monasterii Casinensis, pp. 23-24, in particolare p. 24 sulle reliquie di

provenienza bresciana. Proprio in riferimento a Montecassino si trova la più antica attestazione del culto dei santi patroni di Brescia al di fuori della loro città, come ricorda Giovanni Spinelli. Lo studioso cita infatti a proposito Sturmi, futuro primo abate di Fulda, che nella relazione inviata al suo maestro san Bonifacio sugli usi monastici cassinesi, parlerebbe proprio della solennità dei Santi Faustino e Giovita come una delle principali del cenobio cassinese, alla pari di quella di San Benedetto (SPINELLI, Leno

e Montecassino).

68 Una tangibile documentazione dei contatti che si stabilirono tra Brescia e il grande

cenobio rinnovato da Petronace si trova anche nelle iscrizioni studiate dal Pantoni (Documenti epigrafici).

69 Catalogi regum Langobardorum, p. 503. Da notare che non tutte le fonti concordano sul

numero dei primi monaci di Leno: mentre il Catalogus regum Langobardorum come abbiamo visto ci parla di undici monaci oltre ad Ermoaldo, per l’Epitome chronicorum

Casinensium (p. 357) e per il Malvezzi (Chronicon, c. 848, cap. XCI) essi sarebbero

dodici escluso l’abate; i cronisti successivi parlano addirittura di un primo nucleo di cinquanta monaci (cf. CAVRIOLO, Dell’istorie della città di Brescia, p. 77; CORNELIO ADRO, Historia, p. 305; WION, Historia, pp. 332). Se il numero vuole

Si tratta di un numero certamente da leggere in chiave simbolica ed evocativa, ma che è anche indicativo della «volontà del re di costituire una comunità consistente, con un compatto nucleo cassinese, capace di far funzionare da subito la nuova istituzione»70.

Il testo del Catalogo dei re longobardi segnala come promotore dell’iniziativa il re Desiderio in prima persona, in quanto egli presentò personalmente le sue richieste all’abate di Montecassino Optato, il successore di Petronace. Il ruolo del sovrano viene valorizzato anche nella più tarda versione del racconto che ci è offerta dal Malvezzi, il quale aggiunge anche la non sicura notizia della consacrazione di Ermoaldo ad opera del papa, che potrebbe però trarre origine da una scorretta lettura del

Catalogus regum Langobardorum71. Tace invece completamente

dell’iniziativa di Desiderio l’autore dell’Epitome chronicorum Casinensium, che attribuisce, erroneamente, l’iniziativa al bresciano Petronace, che avrebbe deciso di dar vita ad un monastero nel territorio della sua città d’origine72. Petronace però era morto il 6 maggio 749 o 75073. Malgrado

questa versione dei fatti sia nettamente meno attendibile di quella offerta

essere simbolo, direzione verso la quale paiono del resto spingere le intenzioni del fondatore stesso, la cui scelta di rivolgersi a Montecassino dovette essere intesa come carica di valore e significato, penso che si debba propendere per fissare il numero del gruppetto originario a dodici.

70 BARONIO, Il monastero di San Salvatore/San Benedetto di Leno e le sue pertinenze. 71 MALVECII, Chronicon, c. 848, cap. XCI: «Rex praeterea Castrum Casini expetendum

instituit, ubi Hermoaldus vir Brixiensis religione precipuus, sanctitatis gratia praecellens inter confratres coenobii Beati Benedicti degebat, ut inde eumdem exquireret, qui domicilii, quo rex ipse construxerat, rector exsisteret. Cuius precibus Casinensis abbas libenter annuens, Hermoaldum, duodenos quoque fratres sub ipso, Desiderio rege gratanter obtulit. Hermoaldus vero ab eodem dicto patre, ut particulam quamdam de corpore beati Benedicti alumnis traderet, postulavit. At pater ille oblato quod petierat dono, benedixit abeuntes, et aeterno Regi custodiendos commisit. Rex itaque Desiderius donis, et fratribus susceptis Hermoaldum Romam transmisit sacrandum». Tale notizia di un contatto diretto tra il gruppo di Ermoaldo ed il pontefice, potrebbe forse trarre origine da una scorretta lettura del Catalogus regum Langobardorum, nel passaggio laddove si legge: «ex quibus unum nomine Lampertum pp constituit». L’abbreviazione «pp», sciolta come «papa» in luogo di «praepositum», avrebbe dunque indotto il Malvezzi, come altri dopo di lui, a ritenere che la delegazione fosse passata dal pontefice per la consacrazione. Cf. più avanti, alle pp. 189-190.

72 Epitome chronicorum Casinensium, p. 357: «Idem vero sanctissimus vir Petronax

Hermoaldum Casinensem monachum cum aliis duodecim evocans direxit in Liguriam iuxta civitatem Brixianam in loco, qui vocatur ad Leones; ibique monasterium idem Hermoaldus ad honorem patris Benedicti construens inibi per annos triginta et eo amplius vixit».

dalla lista dei re, tuttavia essa richiama l’attenzione su un aspetto importante, che con ogni probabilità dovette propiziare la fondazione desideriana, ovvero la figura dell’abate Petronace. Il fatto che Brescia fosse la patria di Petronace doveva infatti aver contribuito a formare una rete di relazioni pregresse tra il cenobio cassinese e la città che era al centro dei progetti del re dei Longobardi.

Sulla figura di Ermoaldo si sa poco oltre a quello che afferma la leggenda, che lo vuole bresciano74 – pievano nella pieve di Val Tenese, sul

lago di Garda –, ed artefice di miracoli in quella terra già prima della sua discesa a Montecassino75. Secondo l’Epitome chronicorum Casinensium

74 CORNELIO ADRO, Historia, p. 305: «Il primo che a questa abbadia fu dato per abbate

fu un gentilhuomo bresciano di singolar virtù e santità nominato Hermoaldo et da altri Hermoldo, monaco di Montecassino, doppo l’anno 768 il quale fece consacrare la chiesa, compita che fu, dal vescovo di Brescia Arnaldo, otto anni doppo il suo principio, cioè nel 776 et vi stabilì la famiglia di cinquanta monaci secondo l’ordine dato dal re Desiderio et vi continuorno in quel numero per molto tempo». Cf. WION, Historia, p. 332: «L’abbatia di Leno fu edificata da Desiderio re dei Longobardi l’anno 758 et il primo abbate di quella si chiamò Hermoaldo, della nobil casa Averolda, qual stette in vita sua nella detta abbatia con cinquanta monaci, come si trova nell’Historia del Capriolo nel primo libro a carte 94»; ivi, p. 334: «Fu adunque edificata questa abbadia dal re Desiderio in honore del Salvatore circa gli anni del Signore 758 sotto il titolo ancora di S. Benedetto et sotto la protettione de santi Vitale e Martiale i corpi de quali sono nel monasterio et fu primo abbate un gentilhuomo bresciano chiamato Hermoaldo, huomo segnalato di virtù et santità il quale fece consacrare la chiesa come fu compitamente edificata dal vescovo di Bressa Vitale l’anno 769 sotto il titolo di S. Benedetto e di sant Vitale e Martiale i corpi de quali anco si trovano nella detta chiesa nella quale restarono per non puoco tempo i cinquanta monaci instituiti dal re Desiderio per il colto divino». Ovviamente la notizia dell’appartenenza di Ermoaldo alla stirpe degli Averoldi compare solo qui; Capriolo afferma solo che Ermoaldo è «bresciano» e «uomo adorno di virtù, e santità» (CAVRIOLO, Dell’istorie della città di Brescia, p. 77).

75 MALVECII, Chronicon, c. 849, cap. XCII: «Nam cum in Plebe Tenensi ceteris clericis

praesset, quidam sceleratissimi de plebe cum nollent eius castae vitae imitatores exsistere, referunt ad aures praesulis, eum nonnisi hypocritam esse, libidinosum hominem, adulteriis et omni fornicationi semper deditum. Quorum praesul fallaciis pulsatus eam ad plebem accessit, et si vera essent quae de Hermoaldo audierat indagare coepit: sed cum persensisset verba nulla veritatis radice solidari, ad verecundiam contegendam, ut iureiurando fidem facturus accederet persuasit, et sic illaesus abiret. Quam Hermoaldus suasionem prudentissime sprevit, moxque ad stagni Benaci ripas perveniens inquit: “Iustitiae rector Deus, et pietatis amator, Rex, qui cuncta vides secreti cognitor omnis; si mereor, patiar te magis vindice poenam, quam falsis testibus risum faciam”. Cumque orasset, iter per acquas arripuit, et mescia cedere lympha sustinet in summa onus, quod susceperat unda. At ille concito gradu super acquas pergens ad insulam ipsius laci devenit. Tunc undique multi cuncurrunt peditem undis spectare currentem. Et direxit Episcopus nuntios ad Hermoaldum, ut eum pro sanctitate sua ad se reducere possent, quem nulla prece, nullisque valuerunt ut rediret flectere

visse ancora più di trent’anni dopo la sua venuta a Leno76; ed anche lo

Zaccaria, ponendo nella sua cronotassi abbaziale Ermoaldo all’anno 759 e il suo successore Lantperto o Lanperto all’anno 790, lascia intendere una carica di trentuno anni per Ermoaldo77. Come spesso accade, la fascinazione

prodotta da questa figura, su cui così avare sono le notizie coeve, si amplifica invece nel tempo, generando tradizioni prive di riscontro storico, come nel caso dei fatti riportati dalla pretesa cronaca di Rodolfo il Notaio78.

Se poco si può dire sul primo abate di Leno, poco si può affermare anche sull’originaria familia monastica. Di un solo monaco ci è tramandato il nome, Lamperto, che sarebbe stato nominato preposito dall’abate Ermoaldo79. Si tratterebbe dello stesso nome del secondo abate di Leno,

secondo lo Zaccaria, che lo colloca tra il 790 e il 79680. La serie dei primi

abati di Leno riportata da Zaccaria è questa: Ermoaldo (759), Lantperto (790), Amfrido poi vescovo di Brescia (796), Badolfo o Baldolfo (800), Ritaldo (dopo l’anno 815). Anche se Zaccaria segue la falsa Cronaca di Rodolfo il Notaio81, mentre i cronachisti del XVI secolo fanno invece

seguire a Ermoaldo direttamente Rataldo82, i dati riscontrabili in un’altra

promissionibus; sed inde Montem Casinum, unde coenobium Beatissimi Benedicti noster alter Brixiensis memorandus Petronax reformaverat, expetens, illic annis duodenis sub regula ipsius patris Benedicti inter confratres morum gravitate florens conversatus est. Et eo annorum curriculo evoluto primus Lenense monasterium ad regendum accessit». Cf. ZACCARIA, Dell’antichissima badia, pp. 11-13.

76 Cf. la nota 72 di questo capitolo.

77 ZACCARIA, Dell’antichissima badia, p. 292.

78 Biemmi narra infatti che Ermoaldo, per conto di Folcorino duca di Cividale, incitò –

invano – la città di Brescia contro Ismondo, governatore per i Franchi: BIEMMI, Istoria

di Brescia, II, pp. XIV-XV, 77-81; il passo è riportato anche dallo Zaccaria

(Dell’antichissima badia, pp. 12-13). La figura di Ermoaldo non ha ancora finito di fornire modelli e suggestioni almeno a livello locale. Ricordiamo a proposito che «Il viaggio di Ermoaldo» è il titolo dato al viaggio compiuto da Leno a Montecassino da un moderno pellegrino, che ha pubblicato online il suo diario di viaggio nell’ambito del progetto Dominato leonense (<http://www1.popolis.it/ermoaldo/>), curiosa commistione di spiritualità monastica e tecnologie moderne.

79 Si legge nel Catalogo dei re longobardi edito nei Monumenta Germaniae Historica,

sulla scorta del Muratori, che Lamperto sarebbe stato indicato dallo stesso pontefice.

Catalogi regum Langobardorum, p. 503: «ex quibus unum nomine Lampertum p(a)p(a)

constituit». Ma trovo decisamente più convincente la trascrizione proposta più recentemente dalla Sandmann, che ha sciolto la sigla in «p(rae)p(ositum)» (SANDMANN, Herrscherverzeichnisse, pp. 80, 101-109). Cf. più avanti, alle pp. 189- 190.

80 ZACCARIA, Dell’antichissima badia, p. 292. 81 Ivi, pp. 13-14.

82 CORNELIO ADRO, Historia, p. 306: «essendo mancato il primo abbate perpetuo, qual

era semplice gentilhuomo bresciano, fu fatto secondo abbate Rataldo, stretto parente dell’imperatore Lodovico Pio, il quale oltre la sua gran nobiltà, fu chiarissimo di molte

fonte ci fanno propendere per dare ragione allo Zaccaria. Troviamo infatti il nome dell’abate Rataldo in una lista di grandi del regno iscritta nel Codice memoriale e liturgico di Santa Giulia e databile ad un periodo coerente con l’inizio dell’abbaziato proposto da Zaccaria. Ed in effetti, come si può notare, tra Ermoaldo e Rataldo il lasso di tempo sarebbe troppo grande. b. Simboli e identità: il progetto di Desiderio tra Montecassino e Leno C’è dunque un rapporto speciale, una specie di filo d’oro che lega il territorio bresciano all’abbazia di Montecassino. Un rapporto che risale alla figura di Petronace e si esplica poi nel monastero di Leno, verso il quale confluiscono un drappello di monaci cassinesi ed una preziosa reliquia del patriarca. D’altra parte, non si conoscono altri monasteri dei quali, prima di Leno, si possa dire in maniera documentata che furono fondati direttamente dalla comunità cassinese, tanto da poter affermare con Spinelli che «nessuno altro monastero d’Europa può fregiarsi come quello di Leno del titolo di “figlio primogenito di Montecassino”»83.

Il grande cenobio cassinese costituiva un termine di riferimento spirituale di immediato impatto, in forza della propria prestigiosa tradizione e della figura del fondatore. Dopo la sua rinascita, Montecassino era diventato un interlocutore privilegiato ed un modello di vita monastica anche per i Longobardi del nord Italia84. Pertanto la scelta compiuta da

Desiderio di rivolgersi a Montecassino, di ricercare e stabilire con esso un evidente legame di diretta derivazione, non era affatto neutra, ma piuttosto espressione di una specifica progettualità. Si tratta di un’operazione di costruzione di una specifica identità, messa consapevolmente in atto dal sovrano per il suo nuovo monastero, che veniva a derivare i propri caratteri

virtù et all’abbadia fece molti doni del suo patrimonio; et perché non si trovano le scritture di quei tempi perciò non si può sapere la vita sua, come anco delli altri, solo si vedono gli loro nomi scritti ne i privilegi che habbiamo et nelle investiture». WION,

Historia, p. 332: «Hermoaldo sodetto istituì suo successore l’abbate Rataldo, parente di

Lodovico Pio 2°, re di Francia, qual ornò la badia di molti beni, come si legge nel sodetto Capriolo a carte 89, et questo fu doppo la translatione de i corpi de SS. Martiri Faustino e Giovita, qual si fece sotto il vescovo che fu circa l’anno 843»; Ivi, pp. 334- 335: «Et doppo la detta conservatione qualche spatio di tempo il detto Hermoaldo v’instituì abbate Rotaldo, parente stretto di Lodovico Pio 2°, re di Francia, huomo oltre la nobiltà chiarissimo di virtù e di bontade, qual anco fece de molti beni all’abbadia, oltra già quanto aveva donato il re Desiderio et questo fu puoco doppo la translatione che si fece in Brescia de i corpi de santi Faustino e Giovita, né di questo abbate trovo altre scritture per hora, se non quanto ne scrive il Capriolo nelle Croniche di Bressa».

83 SPINELLI, Leno e Montecassino.

specifici dal fortissimo valore simbolico di Montecassino85. L’ispirazione

progettuale concepita da re Desiderio per la sua nuova fondazione rientra appieno in quel concetto che Sergi ha definito l’«imprinting di un monastero», su cui possono incidere «la figura politica del fondatore, la peculiarità geografica e materiale del luogo su cui sorge, il primo abate e l’ambiente da cui proviene, il tipo di orientamento spirituale della prima comunità»86. I caratteri originari di una fondazione hanno insomma un peso

per la storia dell’ente e rappresentano un elemento permanente nel suo successivo sviluppo.

Il fatto che re Desiderio compia queste scelte nel 758, subito dopo l’inizio del suo regno, un regno che aveva conosciuto fortissime opposizioni, suggerisce un preciso scopo politico. Con questa fondazione, che si proponeva alla devozione dei Longobardi con tutto il prestigio della tradizione di Montecassino, Desiderio intendeva probabilmente rimarcare anche a livello religioso il suo nuovo status.

Questo progetto doveva rientrare in un’ottica complessiva di rafforzamento del prestigio personale e familiare del sovrano, secondo una prassi consueta fra i sovrani longobardi. Come è stato infatti messo in rilievo, l’ideologia della regalità longobarda passava attraverso la fondazione di enti ecclesiastici, che rappresentavano un investimento, ideologico e materiale, volto alla perpetuazione della memoria del sovrano. Si trattava per lo più di chiese sepolcrali, legate al contesto parentale più che a quello dinastico, e che erano parte integrante dell’ideologia monarchica dei sovrani Longobardi87. Non è da escludere che Desiderio volesse fare di

Leno il proprio mausoleo personale, in cui preparare il proprio sepolcro regale, e, anche se le cose andarono diversamente, dovette a tal scopo predisporre una sede che ne fosse degna, non solo per ricchezza, ma anche per prestigio spirituale88. L’investimento fatto dal sovrano per l’erezione del

85 È talmente forte il valore di Montecassino come simbolo da far sì che il legame tra le

due comunità abbia una straordinaria durata nel tempo. Come vedremo in seguito, nella prima metà del sec. XI ci fu un altro momento forte di affratellamento tra Leno e Montecassino, quando il monaco bavarese Richerio diventa abate di entrambi i monasteri.

86 SERGI, Sulle strade del potere, p. 45.