• Non ci sono risultati.

II. Le fonti librarie

1. La perduta biblioteca monastica

Allargando lo sguardo oltre l’archivio del monastero, e dunque oltre i documenti, pubblici e privati, rogati per l’abbazia, sono ancora da prendere in considerazione tutte quelle fonti librarie in qualche modo connesse alla vita di Leno. Occorre tuttavia dire subito che lo stato critico dell’archivio monastico che abbiamo appena descritto investì anche la sua biblioteca. Anzi, ancora più precoce appare il depauperamento del patrimonio librario di Leno, del quale non abbiamo idea né delle dimensioni né della ricchezza. Non disponiamo quindi di tutti quei testi fondamentali per ricostruire la vita interna della comunità dei monaci, come i testi liturgici, i calendari, e i codici della biblioteca o di un eventuale scriptorium.

Va anzi rilevato che non vi sono, a tutt’oggi, attestazioni documentarie che permettano di ipotizzare l’esistenza di uno scriptorium a Leno, anche se la notevole consistenza della sua comunità nell’Alto Medioevo – un centinaio di monaci, come vedremo – non ha niente da invidiare ad altre grandi comunità monastiche europee dotate di preziose biblioteche. Inoltre, «anche l’unico libro che si sa provenire con certezza dal monastero ha elementi troppo simili a quelli riscontrati su codici provenienti da altri monasteri dell’area bresciana, né del resto si hanno notizie precise sulla produzione libraria bresciana tra IX e XIV secolo. Anche il caso di San Salvatore - Santa Giulia, dove pure si registra una certa permanenza di libri in un arco di tempo abbastanza lungo – compresi esemplari preziosissimi, quale il celebre codice purpureo o Codex Brixianus –, non permette di affermare con certezza che quei libri siano stati copiati direttamente all’interno del monastero o se invece siano stati acquisiti dall’esterno»70.

Si conserva dunque un solo codice del monastero, unica traccia dell’antica biblioteca. La vicenda di questo singolo codice appare tuttavia significativa. Esso è ora conservato presso la Biblioteca Civica Queriniana di Brescia, con segnatura A.I.1171. Scritto a piena pagina e di dimensioni

medio-grandi, il codice, benché costruito con pergamena di scarsa qualità, appare comunque impaginato con eleganza, e potrebbe quindi risalire ad una

70 FERRAGLIO, Una biblioteca perduta, p. 146. Per un approfondimento sui libri presenti

a Santa Giulia e la cultura delle monache, cf. ARCHETTI, Vita e ambienti del

monastero, pp. 120-122.

fase di discreta disponibilità economica del monastero72.

Esso contiene i primi otto libri, da Genesi a Ruth, di una Bibbia in più tomi, di cui doveva rappresentare il primo volume73. Ogni testo biblico è

preceduto dalla capitolazione, mentre all’inizio e prima del libro di Giosuè si trova il tradizionale prologo di san Girolamo74. L’esecuzione fu effettuata

in momenti distanziati nel tempo, con una prima parte, con Genesi-Numeri, 18, 4, ultimata entro la metà del secolo XI, ed i restanti libri dell’Ottateuco (Numeri 18, 5 – Ruth) aggiunti verso la metà del secolo XII. A questa

Bibbia di Leno fu poi saldata in chiusura, alla fine del secolo XII,

un’appendice agiografica contenente la Passio Sanctae Julianae75.

La provenienza leonense del codice è testimoniata dalle note di possesso, la più antica delle quali reca scritto: «Iste liber est monasterii de Leno» (di mano del sec. XI) e «Iste liber est monasterii Leon[ensis] Deo Gracias [...]» (di mano del sec. XII). La seconda, datata con precisione al 1377 e apposta in gotica dall’abate Andrea de Tachovia (1376-1407), afferma che il manoscritto era stato recuperato dopo essere uscito da Leno in circostanze a noi ignote76. Il rilievo dato al recupero di questo codice nel

1377 («liber ... recuperatus») costituirebbe una prova indiretta del fatto che 72 Ibidem, con datazione unitaria al secolo XI-XII; cf. le descrizioni in BAROFFIO, Iter

liturgicum, p. 35; GAVINELLI, La liturgia del cenobio di Santa Giulia, p. 146; EAD., I libri liturgici, p. 55; scheda di EAD., in Dalla pergamena al monitor, p. 63.

73 Sempre la GAVINELLI (Cultura e scrittura a Brescia, p. 26) fa notare che questi otto

libri erano disposti «secondo una sequenza che, nella lectio continua del testo sacro, distribuito nei tempi prestabilite dell’anno liturgico e negli spazi deputati, cioè chiesa, capitolo o refettorio, abbracciava presumibilmente l’arco che, dalla Septuagesima, copriva tutta la Quaresima, in armonia anche con quanto fu codificato dal Decretum del canonista Burcardo di Worms, compilato nel primo quarto del secolo XI». Per l’ordo previsto dal passo del Decretum di Burcardo di Worms, cf. PL 140, 700-721. L’ordine dei libri seguito nel corso dell’anno liturgico poteva infatti variare secondo i centri, ma mancano più esemplari di Bibbie complete per procedere al confronto. Cf. comunque le coeve Bibbie di area metropolitica milanese: FERRARI, Produzione libraria e

biblioteche a Milano, pp. 696-698.

74 Sotto il profilo della recezione testuale, l’analisi della GAVINELLI (Cultura e scrittura

a Brescia, pp. 35-37) sembra assodare la recensione della Vulgata di san Gerolamo, che

era stata fissata ufficialmente dall’epoca carolingia, pur nel permanere di sporadiche influenze della Vetus latina, tipiche di un panorama comunque ancora instabile.

75 Cf. ibidem. Interessante notare inoltre come la prima parte del codice risulti avvicinabile

al Salterio-Collettario del monastero di San Salvatore/Santa Giulia di Brescia (Brescia, Queriniano, H.VI.21) per il tratteggio e per le soluzioni decorative dei capilettera semplificati e a colori tenui (ivi, pp. 34-35).

76 «Iste liber est monasterii sancti <Benedicti Leonensis> recuperatus per reverendum in

Christo patre dominum <Andream de Tachovia> Dei et Apostolice Sedis gratia predicti ad Romanam ecclesiam nullo medio pertinen(tis) dyocesis Brixie ordinis dicti sancti, abbatem et comitem de anno Domini M° CCC LXX VII». Scheda di GAVINELLI, in

a quel tempo «ciò che rimaneva dell’antica biblioteca doveva essere già ridotto notevolmente»77. Il codice passò poi alla Biblioteca Capitolare della

Cattedrale bresciana, dove figura al n° 48 del catalogo che il padre teatino Gerolamo Gradenigo pubblicò nel 1755 in appendice alla sua storia dei vescovi di Brescia, tradizionalmente conosciuta come Brixia sacra78. Il

manoscritto fu infine trasferito alla Biblioteca Queriniana dopo le Soppressioni napoleoniche del 179779.

Come già rilevato da chi ha studiato il codice, esso risulta stilisticamente accostabile ad alcuni manoscritti queriniani: G.III.1, contenente i libri dei Profeti e proveniente dal monastero di San Pietro in Monte Orsino di Serle, A.I.6 e B.II.8, due Omeliari della chiesa bresciana di San Zenone de Foris, ed H.I.5, con una silloge di libri biblici. Somiglianze importanti sarebbero riscontrabili anche con un codice contenente il Bellum

Judaicum di Giuseppe Flavio della Bodleian Library di Oxford, proveniente

dal monastero benedettino di San Tommaso di Acquanegra sul Chiese, ed infine con un Omeliario della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, appartenuto alla chiesa ex-cattedrale bergomense di Sant’Alessandro Maggiore80. Tali elementi dunque concorderebbero, secondo Ferraglio,

«nell’indicare la presenza, all’interno dell’area bresciana, di almeno uno

scriptorium in grado di produrre codici miniati, attivo tra la fine del sec. XI

e la fine del XII. In ogni caso, nessun indizio lascia supporre che questo

scriptorium si trovasse proprio all’interno di S. Benedetto di Leno e che lì si

producessero libri poi ceduti ad altre comunità monastiche del territorio, mentre appare assai più probabile che questi venissero acquistati altrove»81.

Purtroppo un’indagine del patrimonio librario bresciano volta ad identificare gli scriptoria e le esperienze culturali è ancora da effettuare82.

77 FERRAGLIO, Una biblioteca perduta, p. 147.

78 GRADENIGO, Brixia sacra, pp. 445-450. Il codice, che compare a p. 448 («Biblia

Vulgata in fol. post seculum X, desinunt in Ruth. Adiecta est pars Actuum S. Julianae», nessuna menzione sulla provenienza), è stato identificato da VILLA, Due antiche

biblioteche bresciane, pp. 72, 74-75 e 90. Anche l’inventario settecentesco stilato dal

Luchi riporta la Bibbia di Leno.

79 Si veda il catalogo redatto a fine Settecento dal bibliotecario Vincenzo Bighelli: Libro

delli manoscritti della Biblioteca Pubblica di Brescia, c. 55r: «Codice membranaceo, in

fol. grande, del secolo X. Contiene: Biblia sacra cum prologis B. Hieronymi et capitula. Desinit in Ruth. Adiecta est in fine pars Actuum Sancte Iuliane martyris. Codice a linee lunghe, di bel carattere e pregiatissimo. Da ligare». Quest’ultima nota indica che la legatura del manoscritto era precaria; il restauro è però piuttosto recente. L’antica segnatura è “179.A.IV”.

80 GAVINELLI, Cultura e scrittura a Brescia, pp. 38-39 e 53; FERRAGLIO, Una

biblioteca perduta, pp. 149-150.

81 Ivi, p. 150.

Che comunque nel monastero di Leno fossero presenti dei libri, perlomeno testi liturgici, è riscontrabile. Ancora una volta è la documentazione a venirci incontro, con i suoi suggerimenti vaganti eppure significativi. Il priore di Leno, Romano, chiamato a deporre come testimone nella vertenza che oppose il monastero al vescovo bresciano nel 1194-1195, raccontò alcuni episodi interessanti della vita della comunità religiosa. Narrò tra le altre cose anche che Martino, prete della chiesa dipendente di San Genesio, si recava spesso a Leno per chiedere ai confratelli le cose a lui necessarie, e soprattutto i «libri del monastero»: «Domnus Romanus prior monasterii ... dicit se vidisse pre Martinum eundem venire ad monasterium de Leno tamquam sacerdos illius monasterii, et petere a fratribus monasterii de rebus sibi necessariis, et is testis vidit de libris monasterii sibi comodari»83.