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Il realismo stilizzato: la parodia di Brecht

CAPITOLO 3 IONESCO E MOLIÈRE: DUE IMPROMPTUS A

3.2 L'impromptu de l'Alma: il contesto e la critica

3.2.5 Il realismo stilizzato: la parodia di Brecht

Abbiamo visto, dunque, come nella sezione della commedia che possiamo intitolare “educazione di un autore” emerga la più evidente messa in ridicolo di tutta la commedia nei confronti della teoria scenica, della scenografia e della concezione stessa del teatro brechtiano.

Verso la fine dell'assurda intensificazione nella conversazione fra i professori e uno Ionesco sempre più spaventato, la vicina di casa Marie arriva a bussare alla porta. È questo evento, questo arrivo di un personaggio esterno, “di un'intrusa”, che allerta i tre dottori, i quali, quasi azionati da un pulsante, si lanciano a cambiare precipitosamente l'aspetto della stanza.

Questo gioco di finzione metateatrale ha anche, allo stesso tempo, il potere di far sentire coinvolto il pubblico stesso della commedia, il quale assiste, e si sente chiamato in causa nel momento in cui si prepara un assetto scenico, studiato appositamente per esso. È qui evidente, dunque, il tentativo di Ionesco di spingere il pubblico a considerare il proprio ruolo di spettatore sotto un'altra luce.

Il modo in cui i tre medici riordinano lo studio di Ionesco è particolarmente assurdo dal momento che, più che ordinarlo, mettono tutto sottosopra, e tende evidentemente solo a porre in ridicolo la teoria dei segni di Brecht, ripresa e sostenuta da Roland Barthes e Bernard Dort, quest'ultimo qui impersonato dal secondo Bartholomeus, il quale, usando le

parole di Ionesco, si considera effettivamente “il profeta” di Bertolt Brecht, eletto a suo “solo Dio”261.

Ionesco, dunque, sceglie di usare proprio alcune tecniche sceniche di Brecht per poterle ridicolizzare e banalizzare.

Tra queste, ad esempio, la scelta di Ionesco di far cambiare costume al proprio personaggio direttamente e manifestamente sulla scena è una tecnica ripresa, in realtà, dalle opere di Brecht. Eppure questa tecnica di distanziamento, che mostra la trasformazione dell'attore, senza farlo uscire dietro alle quinte per cambiarsi, ma esibendola proprio di fronte al pubblico, l'abbiamo già potuta vedere in Ionesco, ad esempio, con le streghe del Macbett, quando, spogliandosi dalle loro assurde maschere, queste si rivelavano essere Lady Duncan e la sua dama di compagnia.

Così, quando i dotti dicono di voler “storicizzare” il “costume” del drammaturgo con dei “segni”, l'autore prende giocosamente alla lettera questo proposito e fa appendere addosso a Ionesco dei veri e proprio cartellini da museo, quasi delle didascalie concretizzate sulla scena.

Ma, evidentemente, questa interpretazione ioneschiana parodica del termine 'costume' snatura la tesi reale di Brecht – e quella del seguace Barthes – il quale con 'costume' intendeva l'espressione esteriore, materiale, che testimonia la condizione sociale e storica del personaggio, come, ad esempio, le maschere, le fogge e i colori degli abbigliamenti convenzionali distinguevano i personaggi tipizzati dei drammi classici, o della Commedia dell'arte262; mentre per Ionesco, ironicamente, “la politica del segno” consiste nell'indicare, con veri e propri cartelli-segnale, i nomi di tutti gli oggetti presenti nella stanza.

Bartholomeus I (leggendo il trattato): “è indispensabile mettere un cartello per indicare l'azione...”

Bartholomeus III mette su di un lato, in primo piano, un cartello con la scritta: EDUCAZIONE DI UN AUTORE. Ionesco va a leggere quello che c'è scritto sopra, fa un gesto di desolazione.

Bartholomeus I (leggendo): “... per riassumerla e attirare l'attenzione dello spettatore sul gesto fondamentale di ogni scena...”

Bartholomeus II mette, al lato opposto del palcoscenico, un altro cartello, sul quale è scritto: REALISMO STILIZZATO. Ionesco va a leggere anche questa scritta e fa lo stesso gesto di desolazione.

Bartholomeus I (tutto immerso nel suo trattato) “...per far capire che il luogo non è reale...”

Con bruschi gesti, Bartholomeus II butta in terra i libri e i quaderni che si trovano sopra il tavolo e ci mette un cartello con la scritta: FALSO TAVOLO263.

261 Ivi, p. 422.

262 Roland Barthes, Les maladies du costume de théâtre, in Essais Critiques, Editions du Seuil, Parigi 1964, p. 32.

Questo “realismo stilizzato”, come lo chiamano i tre medici, ironizza sulla teoria brechtiana che considera necessario l'effetto di distanziamento, secondo il quale lo spettatore deve essere dissuaso dall'empatizzare troppo con la situazione e con i personaggi sulla scena, per non cadere nella tentazione di immedesimarsi e perdere la distanza “di sicurezza” che permette una riflessione lucida su ciò che lo spettacolo vuole esprimere.

Per questo motivo, secondo i tre Bartholomeus è necessario “storicizzare” i personaggi, attraverso il loro vestiario e, appunto, attraverso quelle che saranno delle vere e proprie insegne, dei cartellini, che indichino la loro funzione, il loro ruolo nel dramma.

Ciò che non va perso di vista, per i tre dottori, e quindi per Brecht, sono dunque i ruoli definiti dei personaggi e il significato profondo del messaggio, chiaro e univoco, che la trama vuole esprimere; questo significato preciso e passibile di una sola interpretazione, non può non cozzare chiaramente con la visione dell'autore, il quale considera il proprio teatro come un teatro “diretto”, che tocchi direttamente lo spettatore, evitando il più possibile ogni forma di mediazioni.

Lo spettacolo, per Ionesco, non ha dunque bisogno di una trama che poggi su un grande evento centrale, ma vuole essere composto semplicemente da azioni dirette, prepotenti, attorno alle quali si costruisce la commedia, così come attorno all'immagine del pastore che abbracciava un camaleonte.

Immagini essenziali di partenza, quindi, che ispirino quei sentimenti umani universali e validi in ogni epoca, gli stessi che troviamo, ad esempio, proprio nelle opere del grande Molière, drammaturgo che era stato, invece, denigrato dai tre professori poco prima:

Ionesco (molto timidamente): Io credevo che Molière fosse universalmente, eternamente valido, visto che piace ancora.

Bartholomeus II: Lei bestemmia! […] Se quelle opere le sembrano ancora valide, è per un errore dei suoi sensi traviati.

Bartholomeus I: Significa semplicemente che Molière non esprimeva il gestus sociale della sua epoca264.