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La struttura circolare “a matrioska”

CAPITOLO 3 IONESCO E MOLIÈRE: DUE IMPROMPTUS A

3.2 L'impromptu de l'Alma: il contesto e la critica

3.2.2 La struttura circolare “a matrioska”

L'impromptu dell'Alma può essere quindi definita, a diritto, un'opera metateatrale,

poiché il soggetto dell'opera è l'opera stessa, come risponde imbarazzato il personaggio di Ionesco all'insistente Bartholomeus I, rivelando esplicitamente, ancora una volta, il “meccanismo” della creazione artistica:

Bartholomeus I: E qual è il soggetto della commedia? E il titolo?

Ionesco (cercando di imbrogliare, imbarazzato): Ehm... il soggetto? Lei mi chiede il soggetto?... E il titolo?... Ehm... sa, non riesco mai a raccontare le mie commedie... sta tutto nelle battute, nella rappresentazione, nelle immagini sceniche: è molto visivo, come sempre... È sempre un'immagine, una prima battuta che mi fa scattare il meccanismo della creazione; poi, mi lascio portare dai miei stessi personaggi: non so mai con precisione dove andrò a parare... Ogni commedia è per me un'avventura, una caccia, la scoperta di un universo che mi si rivela e della cui presenza sono io il primo a stupirmi...244.

241 Ivi, p. 390. 242 Ibidem.

243 Eugène Ionesco, Note e contronote, cit., p. 187. 244 Eugène Ionesco, L'improvviso dell'Alma, cit., p. 389.

Dunque, se “raccontare” la trama di questa commedia è difficile persino per il suo autore, proviamo ad analizzare qui la struttura su cui si regge.

Innanzitutto, elemento centrale è l'ironia, che in quest'opera inizia già dalla prima riga, quando Ionesco apre la scena proprio sul personaggio di se stesso, chino sul tavolo del proprio studio, intento nel sacro atto artistico della “creazione” appena descritta. Eppure l'autore Ionesco ci appare sul palcoscenico ridicolmente addormentato su una pila disordinata di libri, ammucchiati alla rinfusa sulla sua scrivania, addirittura russando.

La scena viene interrotta dall'entrata del dottor Bartholomeus I, il professore che impersona caricaturalmente gli esponenti della critica esistenzialista, e incarna, in primo luogo, il ritratto satirico di Roland Barthes, l'accanito nemico di Ionesco, di cui abbiamo già trattato.

Questo Bartholomeus è il primo dei tre che poi si presenteranno, uno ad uno, interrompendo continuamente Ionesco, per chiedergli insistentemente di esporre loro la commedia che sta scrivendo, nonostante egli avesse già rivelato di non essere pronto, lamentandone l'incompiutezza. Quando, però, le pressioni del dottore vincono le resistenze di Ionesco convincendolo a leggere almeno l'inizio della sua nuova opera, Il camaleonte

del pastore, ci si accorge che viene letto, davanti al pubblico, esattamente il medesimo

inizio della commedia che si è appena vista rappresentata.

Dunque, la commedia ha inizio con uno Ionesco attore, interprete di se stesso, che scrive una commedia intitolata Il camaleonte del pastore, un'opera che parla di Ionesco che si trova nell'atto di scrivere Il camaleonte del pastore.

Ecco ora entrare in azione, così, il già noto tema del circolo vizioso, tanto caro all'autore, e già analizzato anche nella struttura circolare e senza uscita del Macbett. Questa volta, però – è ancora l’ironia a far da protagonista – è Ionesco stesso a esplicitare questo meccanismo nella propria commedia, con il seguente dialogo comico:

Ionesco: Anche il circolo vizioso può avere le sue virtù. Bartholomeus I: A condizione di uscirne in tempo. Ionesco: Ah sì, questo sì... a condizione di uscirne.

Bartholomeus I: E non si può uscirne che in una sola maniera: quella buona245.

Quest'evidente gioco di specchi, diviene qui anche un altro modo per sottolineare la circolarità infinita e priva di senso della vita, uno dei temi centrali nella poetica dell'autore.

L'impromptu dell'Alma, difatti, più che una semplice opera comica, si rivela così anche

come un'occasione che Ionesco si pone per esporre le proprie riflessioni sul teatro, un laboratorio attivo, che utilizza come escamotage la tecnica metateatrale; quella che mette in scena l'autore è, in fin dei conti, una vera e propria lezione, dinamica, di teoria teatrale, se non una programmatica dichiarazione di poetica.

E sarà difatti proprio con un lungo monologo in cui Ionesco espone le proprie teorie che si concluderà l'opera, uscendo così dalla finzione teatrale, e rispondendo a tono alla precedente lezione che i tre critici avevano voluto imporgli.

Eppure, incredibilmente e paradossalmente, in una modalità decisamente originale, ironica e quasi autocritica, la risposta di Ionesco agli attacchi dei tre critici, si presenterà anch'essa come una lezione pedante e accademica, ribaltando la prospettiva teorica dello stesso Ionesco relativa al ruolo della critica e alla libertà dell'arte teatrale.

A interrompere questo circolo vizioso di accuse reciproche sarà l'ultimo personaggio che appare sulla scena: Marie, la donna delle pulizie di Ionesco, già utilizzata dall'autore con lo stesso nome ne La cantatrice calva, la quale, anche qui, si rivela essere la figura che rappresenta e dà voce al pubblico. Sarà proprio lei, infatti, l'incaricata a rompere lo schema della farsa scenica, smussando il tono del discorso finale di Ionesco, che, se nato inizialmente come un'accusa alle lezioni dogmatiche dei professori, si stava effettivamente dimostrando essere anch'esso, piano piano, una “lezione” costruita e cattedratica, esattamente come quelle dei tre Bartholomeus.

Come scrive lo stesso autore nella didascalia che accompagna il suo monologo, infatti, l’autore-Ionesco “s'infiamma, diventando quasi aggressivo, con un tono molto solenne e ridicolo, precipitando il suo discorso”, ed è per questo che Marie sente la necessità urgente di intervenire, in questo modo:

(Marie prende il robone di uno dei dottori e si avvicina a Ionesco che ha un tono sempre più pedante [e] mentre pronunciava quest'ultima frase, gli mette bruscamente il robone sulle spalle.)

Ionesco: Ma... che fa, Marie, che fa?

Bartholomeus I: Dice proprio sul serio, Ionesco? Ionesco: Se dico sul serio? No… sì… cioè no...

Bartholomeus III: Anche lei diventa accademico, adesso?

Bartholomeus I: Giacché, non essere dottore, è ancora essere dottore!

Bartholomeus III: Detesta che le si diano delle lezioni, e poi vuol darcene una a noi..246

Non è un caso, a questo punto, secondo la studiosa Cécile Vilvandre, che Bartholomeus II avesse risposto in questo modo alla domanda su come fare a liberarsi dal circolo vizioso: “non si può uscirne che in una sola maniera: la buona”. Sapendo come Ionesco amasse giocare con le parole, l'utilizzo del termine originale francese 'bonne' potrebbe qui significare sì semplicemente l'aggettivo 'buona', riferito a 'maniera' ('façon'), ma potrebbe anche intendersi come 'La Buona', riferito ad una persona, una donna, come la domestica Marie, unico personaggio femminile presente nella commedia247.

Attraverso il personaggio di Marie, difatti, Ionesco sembra volere esprimere quello che potrebbe essere lo sguardo del pubblico, dall'esterno, sottolineando, così, anche quello che dovrebbe davvero essere il teatro, cioè libertà di pensiero, lontano da ingabbianti e categoriche teorie, e libero dal dover rispondere ad alcun dogma preesistente.

L'importanza, e il ruolo peculiare, del personaggio di Marie è confermata dall'essere anche colei che, con l'ultima battuta, concluderà l'intera commedia. In quest'ultimo scambio fra Ionesco e la sua prodiga vicina di casa, in finale, l'autore strizza l'ultima volta l'occhio al pubblico, facendo riferimento – per non dire citandolo – al titolo di una famosa opera di Brecht, L'eccezione e la regola, proprio in una commedia che nasce principalemente, possiamo dire, con un intento d'ispirazione “antibrechtiana” per antonomasia. Come sottolinea la studiosa Vilvandre, il riferimento alla pièce del drammaturgo tedesco doveva evidentemente essere molto più istintivo e automatico per il pubblico dell'epoca, rispetto a quanto non lo sia oggi, rendendo l'allusione molto più divertente248.

Ionesco affida, quindi, a Marie l'ultima parola, chiudendo la scena e l’opera con questa dichiarazione riferita al proprio monologo, ma anche, chiaramente, all'intera commedia:

Bartholomeus I: Lei è caduto nella sua stessa trappola. Ionesco: Ah... questo è un bel guaio.

Marie: Per una volta...

Ionesco: Mi scuso, non lo farò più: questa è l'eccezione... Marie: E non la regola!

(Sipario)249.

247 Cécile Vilvandre, «L'Impromptu de l'Alma de Eugène Ionesco (1956)», cit., pp. 158-159. 248 Ivi, p. 168.