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CAPITOLO 3 IONESCO E MOLIÈRE: DUE IMPROMPTUS A

3.3 Molière: L'impromptu de Versailles

3.3.1 Trama e struttura

L'Impromptu de Versailles è un'opera in prosa di un solo atto, abbastanza breve, rispetto

alle due precedenti opere della querelle.

Divisa in undici scene, la pièce mostra, nella struttura, un'evidente asimmetria nella distribuzione della trama. Le due metà dell'opera, infatti, non sono assolutamente equilibrate, dato che nelle prime cinque scene avviene tutto ciò che muove la commedia, e dalla sesta scena fino alla fine, invece, si può tranquillamente dire che non accade nulla di rilevante che giustifichi la prosecuzione dell'opera.

269 Molière, La critica alla Scuola delle mogli, traduzione di Gianni Nicoletti, in Molière, Tutto il teatro, cit., p. 404.

270 Ivi, p. 408.

271 Cfr. Jean Donneau De Visé, Réponse à L'Impromptu de Versailles ou la Vengeance des marquis, in

Questa seconda metà è infatti composta solo da una rapido climax, un'intensificazione ridondante – che ci ricorda le commedie del nostro Ionesco – che reitera lo stesso avvenimento più e più volte: un messaggero dopo l'altro arriva sulla scena a interrompere le prove degli attori, per riferire sempre lo stesso messaggio, fino a sfociare nella parodia più esibita.

L'opera si apre con in scena Molière-personaggio che riunisce la propria troupe di attori per iniziare le prove di una nuova commedia che deve essere messa in scena, per, e di fronte al re in persona, di lì a breve, la sera stessa. Dato il poco tempo a disposizione per prepararsi, però, gli attori iniziano a protestare e minacciano il regista di non voler salire sul palco a recitare, lamentando che il poco tempo non permette loro di imparare a memoria le parti, e che presentandosi così impreparati sul palco, avrebbero finito solo per fare una misera figura davanti al re.

Ma, sempre all'interno della prima scena, il battibecco viene interrotto da Mademoiselle Béjart, un'attrice che domanda a Molière il motivo per cui il regista non ha continuato il progetto di un'altra commedia che aveva in cantiere: La Comédie des Comédiens. La risposta a questa domanda darà l'opportunità a Molière di poter cambiare argomento e, con la scusa di leggere dei passi della vecchia commedia momentaneamente abbandonata, potersi prendere gioco dei suoi più acerrimi nemici della compagnia avversaria: gli attori dell'Hôtel de Bourgogne.

Sarà l'autore stesso, quindi, a questo punto, in veste di attore, a mettere in ridicolo quegli attori, evidentemente famosi all'epoca, quando si mette nella posizione di rifarne, uno per uno, l'imitazione, parodiandone la dizione e la recitazione. Il gioco doveva essere molto ben accolto dal pubblico dell'epoca che, sicuramente, doveva riconoscere i personaggi nelle parodie, e riderne di gusto. Questo esempio ne è la dimostrazione:

Molière: Scherziamo? Niente di quel che fate voi regge; ecco come va recitata questa (imita

mademoiselle Beauchâteau, attrice dell'Hôtel de Bourgogne:) […]. Insomma era questo lo

spunto; e allo stesso modo sarebbero stati passati in rassegna tutti gli attori e le attrici.

Mademoiselle de Brie: Come spunto, è assai divertente: ho riconosciuto quelli lì sin dal primo verso.[...] ma ce n'è qualcuno che penso che vi costerebbe fatica rifare.

Molière: Dio mio! Non ce n'è uno che non sarebbe possibile beccare per qualche vezzo, se li avessi studiati bene272.

Nella seconda scena, la conversazione viene interrotta ancora una volta, da un nuovo intruso impiccione, nuovo escamotage usato dall'autore per cambiare un'altra volta il soggetto della scena, “dimenticandosi” di seguire le prime due trame, messe da parte per un momento. Questo “facheux”, come lo chiama Molière, entra in scena importunando l'autore e la sua troupe di comici con altre domande di tutti i tipi, facendo perdere ulteriore altro tempo alle prove per l'imminente e importante messa in scena della compagnia. Ma, poco dopo, con una scusa, il nostro regista riesce fortunatamente a sbarazzarsi dell'intruso importuno.

Inizia così la terza scena, che vede scoppiare una nuova disputa, dando l'avvio a quella che possiamo chiamare la “commedia interna”, la commedia che gli attori dovrebbero mettere in scena la sera stessa, e quindi iniziare a provare.

Due marchesi, impersonati da Molière e La Grange, discutono e litigano per accaparrarsi il ruolo del marchese parodiato dal Molière drammaturgo ne La Critique de

L'École des Femme.

La discussione viene interrotta, anche qui, da un altro esterno che si introduce sulla scena, Brécourt. Questo personaggio, come scrive lo stesso Molière nella didascalia che indica il ruolo degli attori a inizio commedia, rappresenta “l'homme de qualité”, e difatti sarà proprio lui, più avanti, a dare voce al pensiero di Molière stesso, all'interno dell'opera.

Brécourt ferma quindi i due sciocchi marchesi assicurandoli entrambi di non essere stati loro il bersaglio del grande drammaturgo francese, autore de La Critique, poiché Molière, chiarirà loro, scrive commedie con un significato dalla portata universale, che non puntano il dito verso un singolo personaggio, ma verso dei “tipi” presenti nell'umanità, da sempre, e per sempre.

È questo il compito del teatro per l'autore. La vendetta personale, l'accusa ai singoli, non interessa il drammaturgo, il quale cerca invece di descrivere figure in cui tutti possono immedesimarsi, riconoscere se stessi o i propri simili, come i membri della corte, come tipologie umane.

A questo punto, ancora una volta una nuova interruzione arriva a muovere l'azione. E questa volta l'interruzione è quella di Molière stesso, nei panni del regista della commedia esterna, che, interrompendo lo svolgimento delle prove, e quindi della commedia interna, torna alla macrotrama.

Il drammaturgo, infatti, ferma la piccola disputa dei due marchesi, per mostrare agli attori come recitare le proprie parti, dando prove concrete a ognuno di loro, leggendo alcune battute della commedie, a loro destinate, con la giusta intonazione.

Siamo ora alla quinta scena, quando si ritorna nuovamente alla commedia che stanno recitando gli attori (la commedia interna), con l'arrivo di nuovi personaggi: Mademoiselle Du Parc e Mademoiselle Molière, la puritana Mademoiselle De Brie e un poeta, Monsieur Du Croisy.

Questi personaggi iniziano una discussione parlando di una reale commedia di Bourseault, Le Portrait du Peintre, la quale conteneva critiche e calunnie nei confronti di Molière, andando a toccare addirittura la vita privata del drammaturgo.

Una nuova domanda di Mademoiselle Bèjart interrompe qui la conversazione e dà la possibilità a Molière di rispondere ad una questione più importante: perché l'autore non ha replicato a queste odiose accuse? A questo punto Molière potrà spiegare alla propria compagnia di attori, e allo stesso tempo al pubblico, che i suoi nemici non meritano un tale sforzo, e la migliore risposta sarà direttamente la sua prossima opera, cioè, di fatto, quella che sta venendo rappresentata davanti agli spettatori in quel momento, L'impromptu de

Versailles.

Dalla scena sesta alla undicesima, praticamente, la trama non ha altri svolgimenti, anzi si ferma su uno stesso pattern che vede i poveri attori, mentre tentano di provare, venire continuamente interrotti da vari impiccioni e messaggeri i quali annunciano l'imminente arrivo del re, che è pronto per ammirare l'opera commissionata alla compagnia di Molière.

L'ansia e l'inquietudine degli attori cresce in un climax che occupa tutte e sei le scene, fino a che l'ultimo messaggero non annuncia alla troupe che il re si è reso conto delle difficoltà in cui si trova la compagnia e concede una deroga per la preparazione della nuova opera. Ed ecco che così, con questa fine senza finale, termina la commedia, senza che, in pratica, nessuna commedia sia stata davvero rappresentata in maniera completa.

Il mancato svolgimento della pièce che si sta provando delude le aspettative del pubblico, che dall'inizio ne aspetta la realizzazione, ma riesce perfettamente a dimostrare la principale convinzione dell'autore, e cioè che non è importante solo l'esecuzione ma, più che altro, il processo che c'è dietro a un'opera, le difficoltà che vivono gli attori e lo stesso regista durante la preparazione, a causa dei tempi stretti, delle commesse improvvise, dell'assenza di disciplina degli attori, e così via.