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Il soggetto della poesia

2. Una poetica diversa

2.6 Il soggetto della poesia

La storicità dell’enunciazione, e quindi del testo, non è tale se non per il fatto che il “discorso” è “l’attività dei soggetti in e contro una storia, una cultura, una lingua [e] il ritmo (che affronteremo dettagliatamente nel prossimo capitolo) come organizzazione del discorso, dunque del senso, rimette in primo piano l’evidenza empirica che c’è senso solo attraverso e per dei soggetti” (71). Ma cosa intende esattamente Meschonnic per soggetto? Ad una prima lettura può sembrare una nozione piuttosto confusa che riferisca alla persona, all’individuo, all’autore o addirittura all’argomento del testo, della poesia. Innanzitutto il soggetto non è l’individuo, perché sono due termini che appartengono a due campi logici differenti:

Il soggetto dell’enunciazione è un rapporto dialettico dell’unico e del sociale. Nozione linguistica, letteraria, antropologica, da non confondere con quella di individuo, che è culturale, storica, che appare dalle storie dell’individuazione. Il soggetto è un universale linguistico astorico: c’è sempre stato il soggetto, ovunque ci sia stato linguaggio. L’individuo è storico: non ce n’è sempre stato uno. (72)

Il soggetto dell’enunciazione, che è quello da cui Meschonnic parte per sviluppare il suo concetto di soggetto della poesia, implica la soggettivazione dell’individuo, ovvero la dimensione relazione, dialogica, io-tu, soggetto-società. E questo rapporto, intrinseco al soggetto, è proprio, ed esclusivo, del linguaggio. Mentre l’idea che abbiamo di individuo è socialmente e culturalmente determinata: ci nasciamo dentro a tale nozione, più o meno statica che sia, in un determinato momento storico. Per esempio, nel periodo medievale la percezione dell’individuo

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in Europa era fondamentalmente plasmata sulla dottrina cattolica che dominava l’epoca. Mentre oggi la definizione di individuo è influenzata da tante culture molto diverse tra loro, soprattutto a causa dei media di massa e della globalizzazione, con il risultato di un’idea d’individuo molto più fluida rispetto a quella che poteva esserci nel Medio Evo. Piuttosto, il “soggetto è l’individuazione: il lavoro che fa sì che il sociale diventi l’individuale, e che l’individuo può, frammentariamente, indefinitamente, accedere allo statuto di soggetto, che non può essere che storico, e sociale[,] come accediamo, indefinitivamente, alla propria lingua materna” (95). Per mezzo della soggettivazione letteraria, l’individuo, sia nella pratica della scrittura che nella lettura, può accedere allo statuto di soggetto, cioè può trasformarsi in e attraverso il linguaggio, in un io-qui-ora, in una relazione politica io-tu, individuo-società.

Inoltre, diversamente dalla “Teoria critica”, che “tentava una « sintesi » del marxismo e della psicanalisi, [governata] ancora dal mito dell’unità” (22), Meschonnic postula una pluralità di soggetti: a seconda del punto di vista da cui si guarda, si possono individuare diversi tipi di soggeto, che Meschonnic elenca nel suo libro intervista con G. I. Rosowsky e che citiamo per esteso:

Qui il soggetto è plurale, è una funzione, noi siamo tutti una riunione di più soggetti. Ne annovero dodici, come sono conosciuti tradizionalmente. […] C’è il soggetto filosofico (solitamente lo si fa risalire a Descartes) che pensa la distinzione tra soggetto e oggetto. […] Il soggetto psicologico, il soggetto delle emozioni, di sentimenti, dei desideri, sente le cose, soffre o si rallegra, ma altro non fa se non nominare, descrivere, raccontare, e nessuna di queste tre attività è specifica della poesia. […] Dico che il soggetto psicologico può soltanto nominare; […] il soggetto psicologico è quello del journal intime, parla di sé, ma non è poesia, non trasforma il linguaggio, non trasforma la vita, semplicemente racconta. […] Proseguendo, il soggetto antropologico contrappone il linguaggio e la vita, l’astrazione del primo e la concretezza della seconda, l’orale e lo scritto, la voce e la lettera. Presuppone relazioni tra le parole e cose secondo le due modalità del nominalismo e del realismo. […] Vi è una separazione, un’eterogeneità tra la teoria del linguaggio e la teoria della società: le due problematiche non sono pensate insieme. […] Nell’elenco che stiamo cercando di delineare figurano altre due coppie di soggetti che, pur essendo legati fra loro, vanno distinti, purché non siano separati e autonomizzanti. Sono il soggetto della conoscenza delle cose e quello della dominazione

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delle cose, rispettivamente il soggetto della scienza e il soggetto della tecnica. […] Senza stabilire un ordine, va menzionato poi il soggetto storico, attivo o passivo che sia. Esempio macroscopico è il marxismo, per il quale solo le masse sono soggetto della storia, gli individui invece subiscono, sono passivi, assoggettati alla storia. […] Quanto al soggetto giuridico, il soggetto del diritto, importantissimo, esso è illustrato in modo eccelso dal primo articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789: « Gli uomini nascono e restano liberi e uguali nei diritti ». […] C’è poi la coppia dei soggetti del linguaggio. Da un lato, c’è il locutore della lingua, che è il soggetto di Saussure. […] Dall’altro, c’è il soggetto del discorso, che si trova già negli scritti di Saussure, rimasti inediti fino al 2002. Fu Benveniste, negli anni Trenta, […], ad elaborare una teoria del soggetto come soggetto che n’inscrive nel proprio discorso. Arriviamo infine al soggetto freudiano che ha innescato la critica del soggetto filosofico, così tipica del Novecento. […] [A] me premeva di evidenziare come il soggetto freudiano in nessun caso possa esser assimilato al soggetto della poesia e d’altra parte d’insistere su un uso appiccicaticcio della psicanalisi. L’applicazione della psicanalisi alla letteratura non mi sembra dissimile da quel che fa un grammatico su un testo qualsiasi, buono o pessimo che sia. Può solo dire: c’è un soggetto, un verbo e un complemento. (Meschonnic 2006: 69 – 76)

In questa lunga lista di soggetti diversi si nota la mancanza di un soggetto specifico per la letteratura, il soggetto-testo, che Meschonnic chiama “soggetto della poesia”, cioè del “poème, per esprimere l’attività poetica, il poiein, il fare poesia” (76). La sua idea si basa soprattutto sul concetto di soggettivazione del discorso di Benveniste, cosicché il “soggetto della poesia non è certo l’autore, [ma] è la massima soggettivazione di un sistema di discorso” (ivi). Il soggetto della poesia vive in modo autonomo rispetto agli altri soggetti e la sua teorizzazione è necessaria perché ci permette di “pensare alla specificità della letteratura (in cui inglobo la poesia)” (Meschonnic 2009: 137). Per tentare di definire che cosa sia un testo letterario, ovvero affrontarne la questione ontologica, è fondamentale interrogarsi sul soggetto specifico del testo, che non è né l’argomento, ciò di cui parla il testo, né l’autore. È per questo che, partendo da una teoria del linguaggio materialista, ci avvicineremo alla letteratura intendendola come attività specifica del linguaggio, nelle sue pratiche di scrittura e lettura, rifiutando ogni prospettiva immanente o trascendentale (Meschonnic direbbe “sacra”). Di conseguenza, il testo letterario,

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essendo un discorso specifico, viene definito da Meschonnic come “ogni recitativo del continuo nel linguaggio, come invenzione di un sistema di discorso per un soggetto – soggetto della poesia – e invenzione di questo soggetto per il suo discorso, che sia in versi o in prosa” (ivi). “Continuo nel linguaggio” perché implica il linguaggio in una storia, quindi in presenza di un soggetto che sottintende le relazioni tra vivere e dire, corpo e linguaggio, io e tu (soggetto e società), dire e scrivere, mantenendo il rapporto tra le categorie logiche della poetica, dell’etica e della politica. La sua specificità sta nel fatto che non è un’essenza, ma bensì una funzione che si crea per mezzo della relazione tra il soggetto-scrittore e l’oggetto-testo (e in quest’attività di scrittura, che non è un’applicazione stilistica, il soggetto-scrittore trasforma il e si trasforma nel discorso), che comunque dà vita anche ad un discorso concreto, un testo, appunto “un sistema di discorso”, cioè un’organizzazione sistematica delle marche linguistiche del discorso scritto (sintattiche, prosodiche e ritmiche). E tale funzione si riattiva ogniqualvolta il soggetto della poesia entra in rapporto con un soggetto-lettore (in ogni sua rienunciazione ). Rapporto che agisce come “operatore di scivolamento ideologico”, perché sappiamo che non c’è pensiero al di fuori del linguaggio, e il soggetto della poesia, essendo una forma-senso, smuove o trasforma il linguaggio del soggetto-lettore.

In questo modo il “soggetto della poesia” non potrà essere confuso o sovrapposto con quello filosofico o psicologico, come spesso avviene. E non è nemmeno la “soggettività, [perché] non è né cosciente, né unitario, né volontario[,] o se lo è, nella misura in cui lo è, lo è essendo sormontato [débordé] dal suo proprio inconscio” (ivi). Difatti, la poesia, un testo, è il risultato di un “passaggio del soggetto” che si inscrive in un ritmo (cioè l’organizzazione del discorso), che avviene “prima delle parole, prima della comprensione del senso, prima dell’individuo, e tuttavia nel suo discorso”: per Meschonnic “il ritmo è l’involontario” (101), ma non nel senso che scappa alla volontà. Piuttosto, è “l’impossibilità di volere la poesia[, che] è un universale della poesia” (ivi). Vale a dire che la poesia, quando è tale, non è il risultato di uno sforzo volontaristico, ma piuttosto l’attività di un soggetto che muove il e si trasforma nel linguaggio, in e contro una storia, verso un ignoto, cioè qualcosa che non è stato ancora scritto o detto. Non nel senso di opposto a una norma o contro una tradizione, ma come riorganizzazione del linguaggio, delle sue “marche” specifiche (sintattiche, prosodiche e ritmiche). È dunque l’inscrizione originale e specifica di un soggetto nel suo discorso, la produzione di una forma-senso originale, massimamente soggettiva, che non può che essere unica nella storia. Citando Shelley e la sua

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Defence of Poertry (ivi), Meschonnic chiarisce che la creazione poetica non è puramente intenzionale; nemmeno il più grande poeta può dire: “Adesso, faccio della poesia”, perché la poesia non è la realizzazione in versi o la messa in pratica di uno stile predefinito, ma è l’attività di un soggetto, unico nella storia, che s’inscrive in un discorso. Di conseguenza, questo discorso, essendo massimamente soggettivo (ma non individuale), sarà un movimento imprevedibile del linguaggio, che non può essere definito a priori dai canoni stilistici o letterari.

Così il soggetto della poesia acquista delle specificità che sono a lui proprie e lo differenziano da tutti gli altri, in quanto “esponendo lo stato politico del soggetto in una società mostra e fa del soggetto della scrittura un trans-soggetto” (72). E manifestandosi sempre in una rienunciazione – altrimenti non ci sarebbe soggetto della poesia, diventa un soggetto trans-storico, in quanto sempre in un io-qui-ora nella relazione soggetto della poesia-soggetto lettore, in ogni sua rienunciazione. “L’io è l’impersonale del soggettivo, essendo, oltre alla « prima » persona, lo scambio della funzione di soggetto [io-tu], tutt’altra cosa rispetto alla non-persona, l’assente, il nascosto, egli” (102). Ogni singolo discorso è l’inscrizione di un soggetto, che permette l’inversione del punto di vista del soggetto, “della funzione di soggetto”, l’io transita nel tu nella relazione soggetto della scrittura-oggetto letterario prima e soggetto della poesia-soggetto della lettura poi. L’intero discorso, la poesia, è quindi un sistema dell’io, che Meschonnic spiega citando Lacan: “il soggetto non è altro – che abbia coscienza o meno di quale significante ne è l’effetto – se non ciò che scivola da una catena di significanti”, ovvero “il passaggio del soggetto nella significanza” (ivi). Puntualizzando che la significanza non è di per sé il soggetto, in quanto “il linguaggio non è l’essere parlante” (ivi), e di conseguenza il discorso non ha le stesse proprietà e funzioni dell’individuo, non ha né coscienza, né incosciente, nel senso in cui si utilizzano questi termini applicati alla persona umana. L’inscrizione del soggetto nel proprio discorso, nel e per il ritmo, “è in un rapporto al senso, all’intenzione, comparabile a quello della vita al linguaggio” (ivi).

L’individuazione del soggetto della poesia rappresenta la messa in rilievo di una serie di implicazioni teoriche, e quindi pratiche del pensiero, che collegano lo studio della poetica con le altre scienze umane, con la società e quindi pertinente all’ “intellegibilità del presente” (Meschonnic 2009: 139)2. Prima di tutto, la mancanza del soggetto della poesia, definito secondo

2 Le citazioni che seguono nel seguente paragrafo, fino a Meschonnic 1982: 35, sono tutte tratte da Meschonnic 2009: 139 – 142.

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una teoria materialista del linguaggio, sottolinea che la riflessione moderna e contemporanea, che “dimentica la specificità dell’arte e della letteratura”, si riferisce sempre, più o meno volontariamente, più o meno coscientemente, solo al soggetto filosofico, in una particolare relazione “sincretica che l’identifica in continuità con il soggetto conquistatore della natura e del mondo”. La prima conseguenza è che si attua una “indifferenziazione tra la modernità filosofica”, nel senso di paradigma ideologico che ha influenzato e ancora influenza il pensiero moderno-contemporaneo, e la “modernizzazione (tecnico-urbana)” – quello che Meschonnic chiama “un sociologismo”, ovvero l’identificazione di un concetto con delle pratiche sociali. Tale confusione sarebbe data dalla “dimenticanza” di una critica specifica sulla letteratura e sull’arte come pratiche specifiche, e quindi in relazione alla “dimenticanza del ruolo del pensiero del linguaggio [in particolare per la letteratura] in un pensiero della società”. Senza lo studio del linguaggio come strumento critico, la concezione di società occidentale sembra oscillare tra il “teologico-polito” (“che, attraverso una confusione tra soggetto e individuo, l’individuo scivola automaticamente nell’individualismo, e vede nell’individualismo, e il suo edonismo, l’atomizzazione e la distruzione della società occidentale”) e “la piaga identitaria nell’opposizione tra identità ed alterità” (ovvero una nozione dualistica che intende l’impossibilità relazionale o di comunicazione al di fuori dell’identità, quando invece, la soggettività stessa dell’individuo si gioca in un rapporto di alterità tra io e tu). La seconda conseguenza importante è che la dimenticanza della specificità dell’arte, e quindi del soggetto del poema, è sinonimo non solo “dell’ignoranza della pluralità interna del soggetto, ma manca […] qualcosa d’essenziale al tempo stesso ad ogni società e ad una riflessione attuale sulla modernità”, e quindi sul presente. È per questo che lo studio teorico di Meschonnic postula il “ruolo rivelatore dell’arte e della letteratura sulla questione-del-soggetto nelle società e nel discorso delle scienze umane”. La poetica, l’ “analisi dell’attività delle opere”, del loro funzionamento e non della loro origine, è quindi “la messa in evidenza al contempo del soggetto della poesia e della necessità di trasformare la teoria del linguaggio, facendo una critica del segno e di tutta la sua paradigmatica del discontinuo (paradigmatica linguistica, antropologica, filosofica, teologica, sociale e politica) per pensare il continuo del linguaggio”. Ovvero per ristabilire il legame tra la poetica, l’etica e la politica, che sono state separate in maniera determinante nel periodo illuminista. La letteratura è quindi quel luogo in cui si possono “individuare” le forme-senso del linguaggio nelle quali studiare “il massimo della co-estensività

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tra l’affetto e il pensiero, in quanto la soggettivazione è questa estensione propria ad ogni discorso”. Per teorizzare quindi una continuità tra individuo-società, passato-presente, vivere-dire, linguaggio-corpo, soggetto-oggetto (letterario), oggetto-soggetto lettore. L’attività del poema è quindi intesa come “la trasformazione continua del presente, dei rapporti con sé e con gli altri”. Lo studio poetico risalta il fatto che il soggetto della poesia, e per estensione dell’arte, ognuno nella sua specificità, non è da confondere con gli altri soggetti sopraelencati, in modo particolare con quello filosofico nella sua versione sincretica. Il soggetto della poesia acquisisce un “ruolo di veglia teorica”, che “rivela un universale”, vale a dire che ogni testo ha il suo proprio soggetto, un suo proprio funzionamento. Ma il soggetto della poesia, prima ancora di essere un soggetto della poetica, cioè considerato dal punto di vista del suo funzionamento, è un “soggetto etico e politico in quanto trasforma il linguaggio, o l’arte, […] e in quanto è a questa condizione che può diventare un soggetto della poesia e dell’arte”. Ricordando che il linguaggio è il luogo di massima soggettivazione, in cui s’instaura la relazione io-tu, reversibile, e il soggetto della poesia può essere tale solo in una situazione politica, societaria, in una continua rienunciazione, che implica il suo statuto etico, strategico - cioè ogni discorso è di circostanza, è un punto di vista. “Il soggetto della poesia e dell’arte non è un autore, ma un processo di soggettivazione, un’attività, non un supporto a questa attività[,] e quest’attività è l’attività del poema”.

Il soggetto della poesia non esiste in essenza, ma si ripresenta ogni qualvolta c’è una rienunciazione, sia nella pratica della lettura che della scrittura. L’attività di queste pratiche, con tutte le relazioni che le sono implicite, in un rapporto di continuità l’una con l’altra, costituiscono il soggetto del poema in un io-qui-ora È per questo che Meschonnic assegna un ruolo particolare alla poesia. Scrive:

la poesia non ha più un ruolo estetico in un’antropologia storica del linguaggio. È un’attività del linguaggio, un modo di significare che espone più di tutti gli altri le implicazioni del linguaggio, della sua storicità, è il soggetto, il soggetto empirico come funzione di tutti gli individui, che esula dal privilegio greco del poeta e del filosofo. Fa un’esposizione del soggetto. Da cui la sua vulnerabilità, e il suo effetto rivelatore sulla poetica e la politica del segno. (Meschonnic 1982: 35)

Ma ancora una volta, questo ruolo della poesia non è derivato da una proprietà immanente, che le è intrinseca in ogni tempo e in ogni luogo, ma è storicamente e culturalmente, nei discorsi,

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determinata. Non c’è nulla di sacro o mitologico nella poesia. Il suo statuto varia nella storia. La poesia fa di noi un continuo tra vivere e dire per mezzo di “uno sforzo, un richiamo a sé, su di sé” (88). Diversamente, “il romanzo ci riporta a noi attraverso la dimenticanza di noi stessi[;…] il romanzo moltiplica l’individuo[, funzione che] non ha per effetto di costituirlo soggetto[,] al contrario, poiché è ciò che favorisce meglio l’illusione soggettiva di essere già un soggetto, e un super-soggetto” (ivi). Difatti, “se l’autore sa tutto, nel romanzo-narrazione del XIX secolo, lo sa anche il lettore. Effetto che il nuovo romanzo non ha annullato [… e] tende l’individuo verso la massa, perché è un mercante d’illusioni. C’è una demagogia essenziale nel modo di soggettività che costruisce” (89). Il poema, invece, “tende a fare dell’individuo un soggetto” (ivi), per una sua etica specifica, che instaura i rapporti con il sociale, con il ritmo, in una maniera opposto a quella del romanzo, creando un soggetto che è in e contro una storia, in una relazione di alterità io-tu, che si ribella alla “piaga identitaria nell’opposizione dell’identità all’alterità”. Tuttavia, questi ruoli potrebbero anche essere invertiti in un’altra società. Da parte di Meschonnic non c’è nessuna scelta di privilegio, ma “tent[a] di situare le relazioni tra il loro funzionamento e i loro effetti. Non solo la poesia e il romanzo non hanno la stessa storia, ma non vanno nemmeno verso la stessa storia. La differenza nel lavoro del linguaggio, nel rapporto del ritmo al senso, è consustanziale a quello che fa ciascuno della storia, del soggetto” (ivi). Da questo punto di vista la letteratura acquista il suo “interesse antropologico”, per il “suo effetto di laboratorio sociale”, che “espone i funzionamenti del soggetto, attraverso i quali la società stessa è esposta” (71). Non possiamo avere un’esposizione della società, della storia, se non attraverso un soggetto-osservatore, e non possiamo coglierne le implicazioni, le strategie, antropologiche, filosofiche, teologiche, sociali e politiche se non attraverso una comprensione della sua teoria del linguaggio, che presuppone, coscientemente o meno, una teoria del soggetto e della società – teoria poetica, etica e politica.