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Ritmo-sintassi-prosodia…

3.5 “Cambio di nozione, cambio di notazione”

5. Analisi della versione del Salmo XXV

5.2 Ritmo-sintassi-prosodia…

(Ceronetti 1994: 53)

In questo secondo caso, l’eliminazione della punteggiatura appiattisce tutto il movimento del salmo. Le pause e gli “stress” possono essere assegnati quasi interamente secondo il giudizio discreto del lettore. Questa traduzione sembra aver mirato soprattutto al senso, tralasciando, o comunque non rendendolo nella versione, l’oralità del testo fonte. Molto diverso è il caso di Meschonnic che, nonostante abbia impostato un nuovo spazio della pagina e rinunciato alla punteggiatura logica moderna, è riuscito a fornire una sistematicità capace di far risuonare il funzionamento dei te‘amim ebraici nella traduzione francese, per quanto possa essere semplificato. Ma che non è soggetto alla libera interpretazione del lettore, ambigua, ma organizzato e coerente. In questa maniera “la tipografia è la visualizzazione dell’oralità” (Meschonnic 2001b: 37).

5.2 Ritmo-sintassi-prosodia…

Tornando alle versioni che abbiamo fornito per sviluppare la nostra analisi, è importante soffermarsi sull’ “oralità” del testo ebraico che è la base di partenza per la traduzione di Meschonnic. Pur non sapendo l’ebraico, o pur essendo dei principianti come il redattore di

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questa tesi, è possibile farsene un’idea ascoltando su internet (abbiamo ascoltato da www.aoal.org) la lettura della versione ebraica e confrontarla con quella francese. Non è difficile notare una differenza importante: la versione ebraica viene letta in maniera che ogni versetto risulta essere della durata di un “soffio”, continuo, e l’unica pausa importante al suo interno è quella dell’atnah. Le altre pause sono piuttosto un rafforzamento affettivo sulle parole e non delle soste in cui riguadagnare fiato. La lettura risulta avere una continuità che è scandita irregolarmente dall’accento di fine versetto che precede una pausa importante e dall’atnah, che è la seconda pausa più importante. Tuttavia, questa seconda interruzione è sempre rilanciata in modo tale che la lettura non sia frenata. In una lettura francese, anche queste trovabili su internet per chi non fosse esperto (per esempio www.universdelabible.net), si noterà che le pause non scandiscono in maniera così precisa la suddivisione in versetti. Questo perché all’interno dei versetti si trovano, a seconda poi della traduzione, dei segni di punteggiatura che ricoprono sia il valore della chiusura di versetto sia le pause interne, come abbiamo visto per esempio nelle traduzioni del Rabbinato e della Bibbia di Gerusalemme. Inoltre, la continuità della lettura è talvolta interrotta da degli incisi, che oltre a mettere in posizione marcata alcuni elementi del discorso, la frenano, suddividendo i versetti, potremmo dire, in più “soffi”.

Ora, è nostro interesse vedere come le tre traduzioni sopra riportate abbiano cercato di rendere questo funzionamento specifico del testo ebraico nella loro versione. Innanzitutto, constatiamo nella versione di Meschonnic l’abbondante uso della congiunzione et, che si trova in totale sedici volte in ventidue versetti. Notiamo inoltre che in dodici casi et si trova in una posizione che segue immediatamente una pausa, più o meno importante (sei volte segue atnah). Se le quattro volte restanti ha il semplice valore di congiunzione, in tutte le altre assume anche un valore di “rilancio” (lançant) (Meschonnic 2001b: 39), che incoraggia l’andamento della lettura. Questa “andatura” è rafforzata anche da car, poiché, che si trova ben sette volte ed anche lui sempre in posizioni marcate, dopo una pausa (quattro volte dopo atnah). Si potrebbe aggiungere la congiunzione aussi, anche, copulativa positiva come et, sempre in posizione marcata, una volta all’inizio del versetto 2 e una volta dopo atnah nel versetto 8. Queste congiunzioni, anche se in modo più preponderante et, favoriscono nel testo una lettura slanciata in avanti e restia all’attesa, alla pausa.

Al contrario, le altre due versioni sembrano essere più ostili a questo uso massiccio delle congiunzioni, in particolare di et. La versione del Rabbinato presenta la congiunzione et tre volte

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in posizione marcata dopo atnah, quindi con valore di “rilancio”, e otto volte con solo valore congiuntivo. Car è presente cinque volte e sempre in posizione marcata dopo atnah, e aussi due volte in posizione marcata, di cui una rafforzato da bien, nel versetto 2. La Bibbia di Gerusalemme utilizza solo una volta et con valore di “rilancio”, nel versetto 7, e cinque volte col solo valore congiuntivo. Car è impiegato tre volte, sempre dopo una virgola, tra le quali una dopo atnah al versetto 15. Nella lettura delle tre versioni risalta il fatto che solamente in quella di Meschonnic l’utilizzo di et, rafforzato dalle altre congiunzioni, fa sistema nel testo e acquisisce un valore specifico di “rilancio”, favorendo un movimento continuo della lettura. Anche se è ancora più evidente nell’insieme del testo, lo vediamo mettendo a confronto il versetto 18:

18 Vois ma misère et ma peine

Et lève tous mes égarements (Meschonnic) (Qoph.)

18

Vois mon malheur et ma peine, efface tous mes péchés.

(La Bibbia di Gerusalemme)

18 Vois ma misère et mes peines, fais disparaître tous mes péchés. (La Bibbia del Rabbinato)

Si vede che et nella Bibbia di Gerusalemme e in quella del Rabbinato non sono in una posizione marcata, come in quella di Meschonnic. Tuttavia, riescono a rendere consecutiva la lettura e ad unire le due parti del primo “emistichio”. In questo caso, il funzionamento sembra essere riprodotto in tutte e tre le versioni. Nel secondo “emistichio” però, solamente la versione di Meschonnic inizia con et, che collega e concatena la prima parte del versetto con la seconda. Le altre due versioni, iniziando con un verbo, suggeriscono una subordinazione causa-effetto piuttosto che una coordinazione copulativa (vedi il mio male quindi, per questo motivo cancella il mio peccato). La virgola suggerisce una pausa e una conseguenzialità logica che rallenta la lettura, invece di sospingerla in avanti.

Questo valore delle congiunzioni nella traduzione di Meschonnic è sostenuto anche dalla struttura principalmente paratattica del testo. Si contano quattro subordinate relative ai versetti 3, 5, 12 e 15, mentre tutto il resto del salmo è costruito su una concatenazione di coordinate. Anche

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le altre due versioni prediligono un sistema paratattico: la Bibbia di Gerusalemme presenta sette subordinate relative nei versetti 8, 9, 12, 14 e 19; nella Bibbia del Rabbinato ne troviamo sei ai versetti 3, 11, 12, 15, 17 e 20. Tutte le traduzioni incoraggiano una lettura continuativa grazie alla paratassi, ma solo quella di Meschonnic possiede una forza tale che dopo quasi ogni attesa tipica della costruzione paratattica inviti alla continuazione della lettura. Effetto che è appunto favorito dal sistema di et e car di cui abbiamo parlato precedentemente. Si veda il seguente esempio:

20 Garde mon âme et viens à mon secours

Non je ne serai pas dans la honte car j’ai eu refuge en toi (Meschonnic) Shin.

20Garde mon âme, délivre-moi,

point de honte pour moi : tu es mon abri.

(La Bibbia di Gerusalemme)

20 Protège mon âme et sauve-moi ; que je ne sois pas confondu, moi qui m’abrite en toi. (La Bibbia del Rabbinato)

Anche in questo caso vediamo che nell’insieme del versetto è la traduzione di Meschonnic che suggerisce un movimento della lettura più rapido e continuativo. Ricordandoci che gli spazi anormali che precedono et e car non sono delle pause, ma si riferiscono al “dito in su”, cioè una sovraccentazione della parola che precede lo spazio, l’ et “di rilancio” e car spingono gli occhi a procedere nella lettura. Anche le altre due versioni traducono un versetto interamente paratattico, nondimeno la punteggiatura da loro utilizzata frena il procedere tra i due “emistichi” e tra le due parti del secondo “emistichio”.

Partendo sempre dalla versione di Meschonnic, notiamo che questi elementi vanno inoltre ad aggiungersi a delle costruzioni sintattiche particolari che risultano in “urti sintattici” (40), che non oscurano il significato, ma producono una loro semantica specifica, “violenta”. Un esempio è il versetto 14:

14 Le secret d’Adonaï à ceux qui ont peur de lui Et son alliance leur faire connaître

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In questo caso il versetto ha una costruzione ellittica, nella quale non è chiaro chi sia il soggetto e chi invece l’oggetto. Difatti, entrambi il segreto di Adonai e la sua alleanza possono essere sia il soggetto che l’oggetto: se l’alleanza è il soggetto, è lei che fa conoscere il segreto di Adonai. E il contrario è comunque possibile. Meschonnic giustifica questa traduzione in nota, spiegando che la “sintassi [dell’ebraico] non permette di decidere” (396), anche se diverse traduzioni prendono una decisione per uno o per l’altro verso. La Bibbia del Rabbinato traduce: “14 L’Eternel communique ses mystères à ses adorateurs, il leur révèle son alliance.” Mentre la Bibbia di Gerusalemme rimane neutra: “son alliance, pour qu’ils aient la connaissance.”

Altri “urti” sintattici sono le frequenti ellissi, quattro nel salmo di Meschonnic, ai versetti 9, 10, 15 e 19. Tre frasi nominali: “9 Il met sur le chemin les malheureux [ils les met]dans le jugement”, “10 Toutes les voies d’Adonaï [sont]bonté et vérité”, “15 Mes yeux sans cesse [je lève] vers Adonaï”, e una frase ellittica senza il soggetto “19 Et d’une haine de violence [ils] me haïssent”. Costruzione che viene usata quattro volte anche dalla Bibbia di Gerusalemme ai versetti 2, 3, 8 e 20: “ô mon Dieu”, “Pour qui espère en toi, [il n’y a] point de honte”, “Droiture et bonté que Yahvé”, e “[il n’y a]point de hote pour moi: tu es mon abri”. Mentre la Bibbia del Rabbinato non presenta nessuna costruzione nominale. Tra le tre è quella più chiara, più lineare, da un punto di vista logico. Tuttavia perde in “oralità”, nella scorrevolezza della lettura, per questo voler esplicitare sempre le relazioni soggetto-verbo-complemento. La traduzione di Meschonnic e quella di Gerusalemme invece mantengono una maggior scioltezza, oltre al fatto che l’ellissi e la frase nominale sono caratteristiche del linguaggio orale, che appunto tende a velocizzare il discorso.

Altro elemento molto importante nella costruzione sintattica di questo testo è la prolessi. Ancora una volta Meschonnic è quello che ha mantenuto la sua traduzione il più vicino possibile all’ebraico, utilizzando questa struttura undici volte nei versetti 1, 2, 3, 4, 7, 17 e 19. La Bibbia di Gerusalemme sette, in 1, 2, 5, 7, 16, 17 e 19, e quella del Rabbinato cinque in 1, 2, 5, 7 e 11. Questo procedimento mette in posizione marcata un elemento della frase come “mon âme je lèverai”, in cui l’oggetto che solitamente segue il verbo è messo in posizione antecedente. In questa maniera l’oggetto acquisisce una semantica aggiuntiva di posizione. Non avviene però nella Bibbia di Gerusalemme, come neanche in quella del Rabbinato, che traducono con “j’élève mon âme”, cosicché la sistemazione sintattica ordinaria non mette nessun elemento in rilievo. Ma a ben guardare la versione masoretica nafəšî, la mia anima, precede ’eśśā, alzo, e quindi si

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trova in posizione marcata. Inoltre nella versione di Meschonnic le inversioni sintattiche verbo-soggetto o verbo-oggetto sono intensificate dall’effetto disgiuntivo degli spazi. Per esempio nel quarto versetto, l’inversione verbo-oggetto “Tes chemins Adonaï fais-moi connaître” pone un primo accento su Adonai per la sua posizione davanti allo spazio, in più tes chemins risalta per la sua posizione anticipata e rincarata dalla pausa che posticipa ulteriormente il verbo. Questo tipo di meccanismo, che fa sistema, permette di pesare sulle parole senza che venga rallentato il ritmo del testo. Difatti lo stesso versetto, tradotto dalla Bibbia di Gerusalemme, che non mantiene l’inversione, ma riordina la frase secondo il canone francese, è rallentato e non permette di sentire il “peso” di tes voies: “Fais-moi connaître, Yahvé, tes voies,”. Come si legge, Yahvé è messo in evidenza dall’inciso, tuttavia la frase viene bloccata affinché ci si possa soffermare sulla parola tra le due virgole, e tes voies, benché sia in fine di verso, non acquista quella forza che invece ha se messo in posizione di prolessi.

Per quanto riguarda invece la ripresa prosodica all’interno del salmo, la versione di Meschonnic si distacca molto poco dalle altre, vale a dire che tutte e tre le versioni mostrano quasi tutte le stesse riprese. Per esempio al versetto tre, yēḇōšû, vergogna, è ripreso immediatamente dopo atnah. Meschonnic traduce “ils ne seront pas dans la honte / Seront dans la honte”; La Bibbia di Gerusalemme “point de honte, / mai honte à qui…” e il Rabbinato “n’ont pas à rougir; seuls rougiront ceux qui…”. Oppure nei versetti 8 e 9 la parola dāreḵ, via, si ritrova in tre costruzioni ravvicinate badāreḵə, yaḏərēḵə, darəkwō, che Meschonnic traduce sempre con chemin: “Aussi il montre aux égarés le chemin / 9 Il met sur le chemin… / Et il apprend aux malheureux son chemin”. Le altre due traduzioni riprendono lo stesso sostantivo per la fine del versetto 8 e 9, ma cambiano quello all’inizio del 9, che è un verbo, yaḏərēḵə, mettere sulla via, e lo traducono con dirige, dirigi. Meschonnic invece, servendosi di un sintagma verbale mantiene l’assonanza tra le tre parole rafforzando così la catena prosodica che le lega. Similmente, nel versetto 4, Meschonnic riprende due volte lo stesso verbo fais-moi, perché vuole riprodurre un’allitterazione grammaticale: i due verbi hwōḏî‘ēnî e lamməḏēnî terminano entrambi con la desinenza fattiva ēnî. Per questo Meschonnic ha ripreso il fattivo fais-moi in entrambi i casi: “fais-moi connaître / fais-moi apprendre” (395). Le altre due versioni invece hanno ricreato l’assonanza per mezzo di moi: “fais-moi connaître / enseigne-moi”, tuttavia non hanno riprodotto lo stesso valore grammaticale, quello del fattivo “fammi”.

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Infine, riprendendo le tre traduzioni proposte e riguardandole alla luce degli esempi qui esposti, sembra che la versione di Meschonnic sia quella che con più agilità riesca a riprodurre un funzionamento della lettura che si avvicini alla continuità del movimento del testo ebraico. La “marcatura” delle parole per mezzo della loro posizione prima di una pausa e per le costruzioni sintattiche “violente” permette di non rallentare il ritmo del discorso con la punteggiatura. Inoltre, benché il senso delle parole cambia poco tra le tre traduzioni, l’affetto che pesa su di esse cambia decisamente.