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Il sovraindebitamento familiare: una questione rimasta irrisolta

Un punto fondamentale, che il d.d.l. include tra le linee guida ma che però non sembra trovare sviluppo, è il fenomeno del c.d. sovraindebitamento familiare.

Per la verità, già la Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha aperto la 221

strada verso una valutazione qualitativa dell’insolvenza, più che del soggetto di per sé considerato, ammettendo la possibilità che un imprenditore possa accedere al piano del consumatore, se i debiti che intende ristrutturare non siano riconducibili alla sua attività di impresa (Cass. 1° febbraio 2016, n. 1869).

art. 9, comma 1, lett. a, A.C. 3671 bis. 222

Come detto al termine del capitolo precedente, quello che la l. n. 3/2012 non ha preso in considerazione, è una visione complessiva del nucleo familiare. Il sovraindebitamento del singolo soggetto, di fatto, incide (spesso gravemente) sulla situazione economico-finanziaria degli altri componenti della famiglia, cagionando un “effetto-domino” che porta al sovraindebitamento anche di quest’ultimi. Alla luce della disciplina attualmente in vigore, e delle relative posizioni giurisprudenziali in sede di applicazione, i familiari che prestino garanzie personali al sovraindebitato non possono accedere al piano del consumatore, qualora il soggetto garantito sia insolvente a causa di debiti di impresa, in virtù del principio di attrazione dell’obbligazione accessoria. Inoltre, secondo quanto prevede la l. n.3/2012, i garanti non professionali non potranno nemmeno beneficiare degli effetti di ristrutturazione derivanti dalla procedura di composizione della crisi eventualmente intrapresa dal debitore principale.

In definitiva, non vi sono strumenti che diano «effettive possibilità di arginare il problema dell’insolvenza “a cascata” del coobbligato familiare, impedendo a molte famiglie di interrompere la spirale del debito» . 223

A seguito di queste riflessioni, ci si sarebbe potuti aspettare un maggior vigore nell’affrontare il tema in sede di riforma. Invece, nel d.d.l. attualmente in formazione, il legislatore si limita ad imporre generici «criteri di coordinamento nella gestione delle procedure per sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia» . 224

v. PELLECCHIA, Prospettive di riforma della disciplina del sovraindebitamento, 223

in CALVOSA (a cura di), Crisi di impresa ed insolvenza. Prospettive di riforma, Pacini Giuridica, Pisa, 2017, pag. 405.

art. 9, comma 1, lett. a, A.C. 3671 bis 224

Questo «coordinamento» presuppone che vi siano procedure distinte, promosse dai membri appartenenti allo stesso nucleo familiare, mentre si ignora completamente la possibilità di prevedere una procedura unica, in cui possano confluire le insolvenze di soggetti e patrimoni distinti, ma che sostanzialmente incidono su di un unico nucleo familiare. Ulteriore conseguenza è che non si argina nemmeno il problema dei costi dell’accesso alle procedure, che si moltiplicheranno per ogni singolo membro del nucleo che vi acceda, andando così ulteriormente a gravare sulla situazione complessiva della famiglia, che quindi rischierà di essere ancor più compromessa.

La previsione di un’unica procedura per il medesimo nucleo familiare avrebbe potuto portare ad un sensibile risparmio di tempo e di denaro, sia per la famiglia sovraindebitata, sia più in generale per il sistema- giustizia. Inoltre, l’unificazione implicherebbe una maggiore efficienza delle procedure, in quanto consentirebbe di individuare soluzioni organiche, che mirino a sanare la situazione di sovraindebitamento in tutta la sua effettiva portata. Invece, la previsione di un semplice coordinamento tra procedure distinte rischia di comportare diversi problemi, sia in termini di costi, sia in termini di efficienza procedurale, che alla fine si riverseranno inevitabilmente sui destinatari finali della disciplina.

Un altro problema, strettamente collegato a quello del sovraindebitamento familiare, ed anch’esso non affrontato in sede di riforma, è quello del c.d. fideiussore familiare.

Le prospettive che emergono nella legge delega non sembrano infatti incidere sulla figura del fideiussore non professionale. Come detto , 225

v. supra, cap.V, par. 7.4.3. 225

la giurisprudenza nega a questi soggetti, di per sé rientranti nella definizione di consumatore, la possibilità di accedere al piano, qualora il loro sovraindebitamento sia causato dall’aver prestato garanzie a favore di un membro del nucleo familiare, per coprire debiti derivanti da attività imprenditoriale di quest’ultimo. In questi casi, i vari tribunali hanno applicato in modo uniforme il c.d. principio di accessorietà, secondo il quale la qualità del debitore professionale attrae quella del fideiussore . 226

6. Il passaggio dalla meritevolezza all’assenza di frode

Il piano del consumatore offre tutta una serie di vantaggi procedurali rispetto all’accordo di composizione della crisi, soprattutto concedendo la possibilità di omologa a prescindere dal consenso dei creditori. Se il legislatore da una parte concede questo miglior trattamento, dall’altro impone una stretta qualificazione soggettiva: in particolare, grande rilevanza assume il contegno del debitore, che deve essere considerato meritevole al fine di accedere alla procedura di piano. Come abbiamo detto però, è proprio questo il requisito che più ha impedito un’utilizzazione concreta del piano del consumatore: se si analizzano le situazioni di sovraindebitamento che si verificano nella realtà pratica, è quasi sempre riscontrabile un comportamento seppur in minima parte colposo del debitore nell’assunzione delle obbligazioni che poi l’hanno portato all’insolvenza.

Vedi, ad esempio, Trib. Foggia, 23 luglio 2015, che riconosciuto la possibilità di 226

ammissione alla procedura ai soggetti che prestino garanzie personali nell’interesse della società esercente attività di impresa .

Successivamente, anche la Cassazione (Cass., 1° febbraio 2016, n.1869, 1806) ha contribuito al progresso nell’applicazione del piano del consumatore anche ai garanti non professionali, concedendo l’accesso al piano del consumatore anche in caso di debiti derivanti dall’assunzione di obbligazioni correlate alla “estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività di impresa o professionale propria.”. V. CALVOSA (a cura di), op. cit., pag. 403).

Il giudizio di meritevolezza, così come previsto dall’art. 12 bis comma 3 della l. n.3/2012, consiste in una valutazione molto ampia, che si estende anche a condotte colpose (o addirittura soltanto superficiali). Quella che richiede la normativa attualmente in vigore è la presenza di una meritevolezza “pura” per accedere al piano del consumatore, al fine di controbilanciare l’assenza del voto dei creditori nell’approvazione del piano stesso. Ma questa “purezza” è in realtà difficilmente riscontrabile, e ciò è dimostrato da due constatazioni. Innanzitutto, è un dato pacifico lo scarsissimo utilizzo che nella pratica è stato fatto del piano del consumatore, e ciò palesa empiricamente che sia una procedura poco accessibile.

In secondo luogo, la difficoltà nel riscontrare la “purezza” del contegno del consumatore è dimostrata dalle interpretazioni “generose” che i tribunali hanno fatto della meritevolezza, con lo scopo di far comunque accedere quanti più consumatori possibili alla procedura . 227

La Commissione Rordorf, nella propria Relazione conclusiva, sottolinea la difficoltà di coordinare il criterio di meritevolezza con le reali situazioni di sovraindebitamento. I problemi che la Commissione sottolinea sono sostanzialmente due: da un lato l’eterogeneità dei soggetti destinatari, spesso privi di livelli culturali idonei per rendersi conto della progressivo sovraindebitamento; dall’altro, la mancanza di rigorosi criteri oggettivi che consentano di classificare con certezza il

Sono stati infatti omologati piani del consumatore che vedevano come cause di 227

sovraindebitamento situazioni “estremamente” colpose, come ad esempio il dilapidamento di una lauta eredità, lo sperperamento di tutte le proprie finanze nel gioco d’azzardo etc. (v. D'ORAZIO, op. cit., pagg.1129 e ss. Per approfondimenti in tema, v. anche MODICA L., Il piano del consumatore sovraindebitato: tentativi di

contegno del debitore, con il rischio di creare ingiustificate disparità di trattamento fra i soggetti destinatari . 228

La ratio che emerge, e che deve necessariamente caratterizzare questo tipo di procedure, è quella di consentire una nuova opportunità ai soggetti sovraindebitati, e non sostanziarsi in una mera manifestazione di premialità soggettiva. Conseguentemente, il legislatore, in sede di riforma, ha deciso di modificare e “alleggerire” la qualità del contegno richiesto al debitore al fine di accedere al piano del consumatore. In particolare, la nuova disciplina si orienta verso l’adozione di requisiti negativi, ostativi ai benefici della legge. Vengono infatti individuati due requisiti: la mala fede del debitore, tendenzialmente rilevante nel momento dell’assunzione del debito, e il compimento di atti in frode ai danni dei creditori, rilevante nelle fasi precedenti e successive all’ammissione della procedura.

Per compensare la diminuzione del rigore dei requisiti di meritevolezza, nella Proposta di legge delega si prevedono dei limiti alla richiesta di esdebitazione: più precisamente, un limite temporale alla richiesta ed un limite massimo di richieste.

In primo luogo, il debitore non potrà richiedere di beneficiare dell’esdebitazione qualora ne abbia già usufruito nei cinque anni precedenti. In secondo luogo, il legislatore delegante prevede un massimo di due richieste di esdebitazione esperibili dal debitore (a meno che la procedura non abbia apportato alcuna utilità ai creditori, nel qual caso l’esdebitazione non sarà comunque conseguibile per una seconda volta).

Seppure queste limitazioni siano stringenti, esse risultano comunque meno rigide (e più ragionevoli) di quelle previste nell’attuale l. n. 3/2012, che invece non consentono la riproposizione della proposta

CALVOSA (a cura di), op. cit., pag. 407. 228

anche nei semplici casi di inammissibilità. La riforma, invece, limita la reiterazione solo in casi per così dire “sostanziali”, e cioè quando il soggetto abbia effettivamente ottenuto l’esdebitazione nei cinque anni precedenti oppure quando l’abbia ottenuta già due volte.

Nella proposta di riforma, tuttavia, il requisito di meritevolezza non svanisce del tutto, ma trova una giusta “rivalorizzazione” nella procedura di esdebitazione rapida.