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Lo sviluppo degli approcci di prevenzione del sovraindebitamento

In tema di accesso al credito, la Dir.UE n.2008/48 ha 53

significativamente ampliato gli obblighi informativi verso i consumatori da parte di chi concede credito, sia anticipando alla fase pubblicitaria d’offerta l’obbligo di fornire alcune informazioni, sia disciplinando dettagliatamente gli obblighi informativi precontrattuali.

L’approccio che caratterizza fortemente la direttiva è il responsible borrowing. Se guardiamo in particolare i considerando 19° e 24°, appare evidente quanto il legislatore europeo spinga sull’importanza di fornire al consumatore tutte le informazioni necessarie per comprendere a pieno i termini del contratto di credito, sia in fase pubblicitaria che in fase precontrattuale.

Se è vero che il suo scopo dichiarato della Dir.2008/48 è quello di tutelare i consumatori che accedono al credito, anche da una sua prima lettura si possono subito individuare due lacune fondamentali, che incidono fortemente sull’efficacia della disciplina in essa contenuta.

La direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008 ha abrogato e sostituito la direttiva 53

87/102/CEE del 22 dicembre 1986 , in materia di credito al consumo, uno dei primi, provvedimenti di armonizzazione delle legislazioni nazionali adottati dagli organi comunitari nel settore della tutela dei consumatori.

Una prima lacuna è data dal fatto che si prevedono una serie di informazioni standardizzate che i finanziatori debbono comunicare. La standardizzazione delle informazioni, unita a tutta una serie di regole eteronome funzionali alla trasparenza, tende a diminuire la diversificazione delle offerte nell’erogazione del credito, e invece ne incoraggia la uniformazione.

La seconda lacuna della direttiva è quella di “standardizzare” il soggetto che vuole accedere al credito, prendendo come riferimento una figura di “consumatore imprenditore di se stesso”, propenso al rischio, adeguatamente capace di muoversi nel mercato del credito e in grado di valutare correttamente tutte le offerte propostegli.

La categoria di “consumatore medio” di fatto, non trova riscontro nella realtà quotidiana: questa descrive un modello di comportamento, e cioè come i soggetti debbano comportarsi se vogliono ottenere adeguata protezione nell’accesso al credito, e non prende in considerazione, invece, come i consumatori mediamente di comportano. 54

E’ proprio dall’insoddisfazione creata dalla figura del consumatore medio che si è fatto strada l’approccio responsible lending, che fa leva sulla responsabilizzazione dei soggetti che erogano il credito.

Appare molto più ragionevole, sul piano pratico, far gravare sui finanziatori l’obbligo di selezionare e valutare correttamente le richieste di finanziamento, in particolare attraverso la valutazione del merito creditizio. Il problema che si è posto è che anche i creditori, al pari dei debitori, possono fare scelte irrazionali nell’erogazione dei

DENOZZA, Aggregazioni arbitrarie v. “tipi” protetti: la nozione di benessere del 54

finanziamenti, spesso a causa della spasmodica ricerca dell’aumento dei profitti . 55

3.1. La Direttiva 1987/102/CEE

Nella Comunità Europea, già a metà degli anni ’90, la prospettiva del credito responsabile si era fatta via via sempre più forte, anche se la disciplina del credito al consumo in sede comunitaria ha avuto (e sta avendo) un percorso notevolmente travagliato.

La prima normativa Comunitaria in materia di credito al consumo si è avuta con la Dir.1987/102/CEE, che ha previsto un riavvicinamento delle varie discipline nazionali nel settore creditizio. Esemplificativo dello spirito della norma comunitaria è il Considerando n.6°, nel quale si sancisce che il consumatore debba essere protetto contro condizioni abusive di credito, e che sia opportuno armonizzare in via prioritaria le condizioni generali relative al credito al consumo.

Pur prevedendo una serie di obblighi informativi prima della conclusione del contratto, la direttiva lasciava però irrisolti tutti i problemi relativi all’informazione precontrattuale, in particolare ignorando la complessità di una corretta decisione in merito di accesso al credito da parte del debitore.

3.2. La Direttiva 2008/48/UE

La regolamentazione del credito al consumo prevista dalla direttiva 1987/102, salvo qualche intervento sporadico, è rimasta pressoché

Il fenomeno in questione è chiamato irrational exuberance in lending, e consiste, 55

in termini generali, nell’irragionevole propensione dei finanziatori ad elargire credito in maniera quasi indistinta, non tenendo minimamente in considerazione la solvibilità dei beneficiari del credito. Un’ipotesi peculiare del fenomeno è la improvident credit

extension, che si verifica quando, sulla base delle informazioni in possesso del

creditore o che questo avrebbe potuto agevolmente recuperare, non è ragionevole aspettarsi che il debitore sia in grado di restituire il finanziamento e rispettare i termini del contratto.

intatta fino al 2008, anno in cui è stata introdotta la nuova disciplina, contenuta nella Dir.2008/48/CE, che ha abrogato la vecchia normativa. L’iter legislativo della riforma è stato anch’esso abbastanza travagliato: sono state infatti promosse due Proposte di Direttiva, a cui è susseguita infine la disciplina definitiva, e cioè la Dir.2008/48/CE.

La prima Proposta di Direttiva, in particolare, faceva riferimento al prestito responsabile sia in diversi Considerando, sia nel testo di legge vero e proprio. Sintetizzando, l’idea base della Proposta era quella che, sia in fase precontrattuale, sia in fase di conclusione del contratto di credito, il finanziatore dovesse accertare con ogni mezzo a sua disposizione se il debitore fosse in grado di rispettare gli obblighi derivanti dal contratto . Inoltre, si prescriveva agli ordinamenti 56

nazionali, in attuazione della Direttiva, di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (come, ad esempio, la perdita di interessi) da irrogare al finanziatore in caso di cattiva concessione di credito . 57

La prima Proposta di Direttiva prevedeva quindi un obbligo di consulenza in capo ai soggetti finanziatori: questi, come sancito dall’art. 6, par. 5, in un’ottica di responsabilizzazione, avrebbero dovuto individuare il tipo di contratto di credito più adatto alla situazione finanziaria del consumatore.

Come si è detto, però, le spinte idealistiche del legislatore hanno dovuto fare i conti con la realtà dei poteri economici e politici.

Infatti, nel 2005, nella seconda Proposta di Direttiva, viene ridimensionato fortemente il riferimento al credito responsabile, di cui rimane traccia solo nell’art. 5, intitolato “informazione precontrattuale”. Nell’articolo si dispone soltanto che il creditore

15° Considerando, art.9 56

art.31, prima proposta di direttiva 57

debba rispettare il principio del prestito responsabile, e cioè informare correttamente il consumatore e verificarne il merito creditizio, eventualmente consultando una banca dati pertinente. Invece, sparisce ogni riferimento a sanzioni da irrogare ai finanziatori in caso di concessione di credito a soggetti non meritevoli dal punto di vista creditizio.

Inoltre, nella seconda Proposta di Direttiva scompare l’obbligo di consulenza gravante sui finanziatori, declassandolo ad un’obbligo di fornire chiarimenti adeguati al consumatore, in modo che questo sia in grado di valutare l’adeguatezza del contratto di credito alla sua situazione finanziaria. Viene quindi riversata interamente sul consumatore la responsabilità della scelta sull’accesso al finanziamento.

La relazione di accompagnamento della seconda Proposta di Direttiva riporta chiaramente quale sia stato il peso, in questa involuzione normativa, del settore bancario, che ha spinto affinché la responsabilità della decisione finale sulla stipulazione di un contratto di credito gravasse sul consumatore: in capo ai soggetti finanziatori rimarrà invece solo l’onere di porre il cliente nella condizione di valutare i vantaggi e gli svantaggi del finanziamento.

Quindi, da un’obbligo di consulenza, con una chiara valutazione del c.d. suitability of credit, si passa ad un «innocuo riferimento all’assistenza di cui il consumatore può aver bisogno, e che deve essergli fornita sotto forma di spiegazioni personalizzate» . 58

Ulteriore passo indietro viene fatto nel testo definitivo della Direttiva 2008/48, in cui sparisce ogni riferimento al prestito responsabile. L’unico accenno alle precedenti elaborazioni rimane il riferimento alle

PELLECCHIA, op.cit., pag.1100. 58

pratiche responsabili, di cui al Considerando n.26°. Il legislatore europeo fa riferimento soltanto ad un invito agli Stati membri ad adottare misure appropriate per promuovere pratiche responsabili in tutte le fasi del rapporto di credito, tenendo conto delle specificità del proprio mercato creditizio, come ad esempio l’informazione e l’educazione dei consumatori.

Nella Direttiva 2008/48 non si fa minimo accenno alle conseguenze in caso di mancata adozione di pratiche responsabili. Inoltre, come visto nella seconda proposta, ripresa nel testo definitivo della Direttiva all’art. 5, sparisce il riferimento all’obbligo di consulenza, mentre viene fatto richiamo ad un più mite obbligo di soddisfare richieste di chiarimenti, con conseguente ricaduta della responsabilità di una cattiva valutazione del contratto di credito interamente in capo al consumatore.

L’unico passo in avanti nella Direttiva è l’imposizione, all’art.8, dell’obbligo di valutazione del merito creditizio del consumatore da parte del soggetto finanziatore. L’articolo in questione dispone infatti che:

«Gli Stati membri provvedono affinché, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando la banca dati pertinente. Gli Stati membri la cui normativa prevede già una valutazione del merito creditizio del consumatore consultando una banca dati pertinente possono mantenere tale obbligo».

L’art. 8 delinea e sintetizza i pregi e i difetti della normativa: se da un lato si impone al creditore di valutare il merito creditizio del consumatore, dall’altro vengono ignorate tutta una serie di argomenti legati a questa valutazione. In particolare, non è prevista nessuna conseguenza in caso di mancata o errata valutazione del merito

creditizio del consumatore: quindi in sostanza, qualora il creditore non valuti il merito del consumatore, o lo faccia in maniera scorretta, la responsabilità della cattiva erogazione di credito rimarrà comunque interamente a carico del debitore.