Come abbiamo visto, l’attenzione del legislatore si è maggiormente incentrata sugli approcci ex post al sovraindebitamento. La riforma in itinere delle procedure di contrasto al sovraindebitamento, nel contesto della riforma organica delle procedure di gestione dell’insolvenza, ne è un valido esempio.
Il disegno di legge delega A.C. 3671 bis offre importanti spunti di riflessione. Esso infatti prende le mosse dalle problematiche emerse dall’applicazione delle procedure introdotte dalla l. n.3/2012, cercando di innovare e migliorare la disciplina, nell’ottica di prevedere una normativa che sia più organica ed efficiente nell’affrontare le situazioni di sovraindebitamento. Senza ricordare le innovazioni che vanno prospettandosi, già analizzate nella sede opportuna , merita qui fare 234
una riflessione più generale sugli strumenti e sul modo di trattare l’insolvenza del debitore civile.
L’approccio ex post al fenomeno del sovraindebitamento porta con sé due problematiche fondamentali, che nei fatti rappresentano sinteticamente i limiti dello stesso: la ‘rimedialità’ e la ‘giudizialità’. Le procedure di contrasto al sovraindebitamento sono infatti concepite come strumenti rimediali, che intervengono in una situazione di crisi economica già conclamata. Consentire di far emergere l’insolvenza, per poi successivamente rimediarvi, anziché prevenirla del tutto, porta però con sé tutta una serie di problematiche, che si ripercuotono su una grande vastità di soggetti.
Inoltre, affinché si arrivi a risanare la situazione di sovraindebitamento, sarà necessario affrontare una procedura giudiziale, con tutto ciò che essa comporta, sia in termini di costi e di tempo, sia infine in termini di efficienza. Tutto ciò andrà a gravare sui soggetti coinvolti nella procedura, ed inoltre contribuirà ad appesantire ulteriormente la mole di lavoro di cui è già oberato l’intero sistema giudiziario.
Alla luce di quanto detto sopra, pare quindi “ottuso” vedere come s o lu zion e p rincipale e preferen ziale al fen omen o del
v. supra cap. VI. 234
sovraindebitamento procedure giudiziali che intervengano una volta emersa l’insolvenza del debitore.
In parole povere, il rischio concreto è che, sia i creditori, sia il sistema- giustizia, sprechino risorse e tempo inutilmente, cercando di salvare la già compromessa situazione economica del debitore.
Allora, la strada che deve essere presa è un’altra, quasi opposta: e cioè quella della prevenzione del sovraindebitamento.
3.1. La prevenzione
Il sovraindebitamento è un fenomeno che può e deve essere affrontato in maniera proattiva e, soprattutto, preventiva. Inoltre, anche qualora gli strumenti preventivi non riuscissero ad arginare l’emersione di una situazione di insolvenza, bisognerà cercare il più possibile di rimanere “lontano dai tribunali”, e cioè prevedere procedimenti stragiudiziali che siano in grado di accogliere e risolvere le situazioni di crisi economica del debitore, lasciando le procedure giudiziali come una vera e propria “ultima spiaggia”.
Un punto fermo nella riflessione sul fenomeno del sovraindebitamento è l’asimmetria informativa che caratterizza il rapporto debitore/ creditori. Se il debitore è il soggetto meglio in grado di conoscere le proprie difficoltà economiche, comunicare tempestivamente ed adeguatamente queste circostanze ai creditori verosimilmente crea le condizioni per poter concordare una strategia comune di superamento delle difficoltà . 235
La Commissione Rordorf si è dimostrata attenta a questa problematica dell’emersione anticipata della crisi, sebbene soltanto per quanto
v. PELLECCHIA, Prospettive di riforma della disciplina del sovraindebitamento, 235
in CALVOSA (a cura di), Crisi di impresa ed insolvenza. Prospettive di riforma, Pacini Giuridica, Pisa, 2017, pag. 413.
riguarda i soggetti fallibili, con la previsione di procedure di allerta e di composizione della crisi. Queste procedure vengono previste come strumenti di sostegno, dirette ad una rapporto di analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell’impresa, con la possibilità di arrivare ad un vero e proprio servizio di supporto ai negoziati in vista del raggiungimento dell’accordo con i creditori o, eventualmente, anche solo con alcuni di essi.
L’obiettivo è quello di creare un luogo di incontro tra le esigenze del debitore e quelle dei creditori, che sono sì contrapposte, ma non necessariamente divergenti, in una logica di mediazione e composizione organica ed assistita da organismi professionali in grado di individuare le soluzioni più appropriate al caso di specie.
Quindi, uno dei possibili orizzonti di progresso in materia di sovraindebitamento è proprio quello di mettere al centro della scena procedure di allerta, anche per i soggetti non fallibili . Emerge, 236
ancora una volta l’importanza dell’approccio ex ante all’insolvenza: anche se spesso in secondo piano, è proprio la prevenzione il miglior strumento di contrasto del sovraindebitamento.
Non convince la posizione di chi vede nell’emersione anticipata della crisi una sorta di catalizzatore della stessa, e conseguentemente un giudizio negativo sulla reputazione del debitore, che potrebbe avere un ruolo disincentivante ai fini dell’utilizzo di strumenti preventivi da parte dello stesso . Se in sede legislativa verranno adottate le giuste 237
procedure di allerta, che consentano a tutti i soggetti coinvolti nella crisi, e in primis al debitore, di utilizzare strumenti efficaci e satisfattivi per eliminare sul nascere la crisi emergente, non pare che vi
CALVOSA (a cura di), op. cit. pag. 414 236
FABIANI, Di un ordinato ma timido disegno di legge sulla crisi di impresa, in 237
sia alcun tipo di problema sostanziale. Inoltre, se lo spirito è quello di tutelare i creditori e i debitori che siano proattivi nell’affrontare la situazione di insolvenza, e quindi di salvaguardare le situazioni di sovraindebitamento non colposo, allora le eventuali problematiche attengono soltanto alla tecnica normativa con cui queste verranno affrontate, e non al merito della vicenda. Non è un caso che, in sede Comunitaria, il legislatore europeo negli ultimi anni si sia orientato decisamente sulla via della prevenzione, prevedendo approcci ex ante (e conseguenti strumenti di allerta) sempre più decisi. 238
Un’idea interessante, che alcuni Autori propongono , è quello di 239
utilizzare gli accordi di composizione, configurati dalla legge n. 3/2012 come strumenti di approccio ex post al sovraindebitamento, come veri e propri mezzi di prevenzione dell’insolvenza del debitore.
Il concetto è infatti quello di anticipare la formazione del piano non appena si manifestino le prime difficoltà ad adempiere (purché serie e rilevanti), cercando di risolvere sul nascere la possibile crisi economica, ed evitare così l’innescarsi della spirale di sovraindebitamento. In quest’ottica, l’anticipazione della soglia di intervento salvaguarderebbe tutti gli interessi in gioco: sia quelli del debitore-consumatore e del finanziatore, sia infine quelli degli altri creditori del debitore, che verrebbero così protetti dai rischi derivanti dalla crescente difficoltà economica di questo. Anticipare l’utilizzo dei
Come abbiamo visto supra, cap. III, par.4, è molto significativa in questo senso la 238
dir.UE n.17/2014, che, ad esempio, nel Considerando n.27 incoraggia i creditori ad affrontare «in maniera proattiva il rischio di credito emergente in una fase precoce», e a compiere «ragionevoli sforzi per risolvere con altri strumenti la situazione», ad esempio utilizzando strumenti di flessibilizzazione e di adeguamento del rapporto, al fine di proteggere il debitore in difficoltà dall’innescarsi della spirale del sovraindebitamento.
In part. PELLECCHIA, prospettive di riforma della disciplina del 239
piani di ristrutturazione ad una fase prodromica della definitiva insolvenza consentirebbe di concretizzare ancor di più quell’ottica “ultraindividuale”, propria delle procedure di contrasto al sovraindebitamento, tutelando ancora di più gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nei rapporti obbligatori in cui è parte il debitore.
In sostanza, le procedure previste dalla l. n.3/2012, se utilizzate in una fase sensibilmente anticipata, realizzerebbero in pieno quello scopo di rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non assoggettabili alle procedure concorsuali, richiamato nello stesso art. 6 della legge, con riguardo alla finalità delle procedure in essa contenute.
3.2. (segue): l’importanza dell’educazione del debitore
In conclusione a quanto esposto nel paragrafo precedente, è doveroso sottolineare ancora una volta l’importanza dell’educazione finanziaria del debitore.
In primo luogo, il soggetto finanziariamente “responsabile” difficilmente finirà per indebitarsi fino al punto di pregiudicare in maniera sistematica l’adempimento delle proprie obbligazioni. Inoltre, l’approccio funzionale all’emersione rapida e prodromica del sovraindebitamento non è attuabile se il soggetto in difficoltà economica non possieda l’educazione e gli strumenti intellettivi per comprendere la gravità della propria situazione, e di conseguenza non comunichi ai propri creditori l’insorgere di incipienti ma non circostanziali difficoltà economiche.
Abbiamo affrontato dettagliatamente le problematiche che derivano dal puro e semplice incremento di informazioni al debitore nel capitolo
dedicato agli approcci al fenomeno del sovraindebitamento . In 240
questa sede è però opportuno ricordare come fino ad oggi gli strumenti adottati nelle varie esperienze nazionali e comunitarie abbiano avuto uno scarso risultato, in particolare per quanto concerne la domanda di credito e su come questa dovrebbe essere ridotta, al fine di ottenere un accesso al consumo corretto e consapevole . 241
L’educazione finanziaria è costosa, sia in termini di tempo, sia in termini di risorse economiche da investire. Inoltre, il suo sviluppo comporta diversi tipi di problematiche. Se, ad esempio, fosse prevista come obbligatoria, l’educazione del debitore per l’accesso al mercato del credito potrebbe paradossalmente diventare una barriera, che di fatto penalizzerebbe i soggetti più in difficoltà e più bisognosi della stessa.
Anche in tema di educazione finanziaria, se in termini generali è abbastanza chiara la via del progresso, la questione rimane tutt’ora aperta.
3.3. La “contrattualizzazione” degli strumenti di contrasto al sovraindebitamento
Nell’ottica di prevenzione e stragiudizialità, sono interessanti le posizioni di quella parte di dottrina che vede la soluzione al problema del sovraindebitamento nella sua “contrattualizzazione”: e cioè la previsione, già a livello contrattuale/sostanziale, di strumenti in grado di prevenire, contrastare e regolare le situazioni di insolvenza derivanti dal contratto stesso.
v. supra, cap. III. 240
Per approfondimenti, v. PELLECCHIA, Dall’insolvenza al sovraindebitamento, 241
Come abbiamo visto , nel nostro Codice Civile è contenuta una 242
norma di grande attualità. L’art. 1175, enucleando il principio di buona fede e correttezza contrattuale, crea un notevole “appiglio” per per il consolidamento e lo sviluppo dei vari approcci al fenomeno del sovraindebitamento. Quando emerga un patologico e sistematico inadempimento del debitore alle proprie obbligazioni, il richiamo alla correttezza consente di affrontare, già in sede contrattuale, questo rischio di insolvenza. E, in quanto principio, la correttezza può essere estesa oltre il mero dettato legislativo: così facendo, si coinvolgeranno tutti i creditori interessati dalle conseguenze del sovraindebitamento, creando una sorta di spazio protetto che consenta di “dialogare” con il debitore (anch’esso corretto e diligente nell’aver reso nota la propria situazione di difficoltà), affinché si possa superare il sovraindebitamento già in sede contrattuale.
La rivalutazione del contratto come sede ottimale per combattere l’insolvenza parte proprio dall’analisi dell’istituto del contratto di credito. Il problema di fondo, che ha portato ad ignorare la fase contrattuale e a concentrare tutte le energie del legislatore sulla fase processuale, è che le varie normative adottate per contrastare il fenomeno del sovraindebitamento muovono dalla considerazione dei contratti di credito come contratti di scambio.
In realtà, secondo i sostenitori del “contrattualismo” 243, i contratti di credito sono da inquadrarsi più esattamente tra i contratti di durata,
v. supra, cap. III par. 5. 242
Per approfondimenti, in particolare, v. REIFNER, Renting a Slave. European 243
Contract Law in the Credit Society, in Whillhemsson (eds.), Private Law and the Cultures of Europe, Kluwer Law International, 2007, pagg. 325 e ss.
per loro stessa natura «incompleti» 244, e che quindi devono adattarsi agli sviluppi della vita del consumatore. Diretta conseguenza di questa concezione è la necessità di un cambio di prospettiva del diritto dei consumatori, tramite il rafforzamento e la rivalorizzazione degli istituti di diritto privato, e in particolare della correttezza e della buonafede. I contratti dei consumatori dovrebbero quindi essere adattati «alla vita reale e al ciclo di reddito dei consumatori, attraverso specifiche leggi e attraverso un’interpretazione dei contratti basata sui bisogni» . 245
Il diritto contrattuale, in sostanza, dovrebbe includere i vari rischi che possono verificarsi nella vita di ogni soggetto (es. separazioni, malattie, disoccupazione) nello stesso contratto di credito, rendendo così legittima e possibile la modificazione dello stesso nel caso si verifichino questi eventi.
Particolarmente interessante in questo senso è il lavoro di alcuni Studiosi 246, che ipotizzano una contrattazione collettiva dei contratti di credito, alla stregua di quanto avviene per i contratti collettivi di lavoro.
Se l’idea è molto suggestiva, nella pratica creare una contrattazione collettiva nell’ambito dei contratti di credito sembra però molto difficile. Le voci critiche sottolineano il fatto che la contrattazione collettiva abbia trovato terreno fertile nell’ambito del diritto del lavoro proprio per la peculiarità di quest’ultimo e dei soggetti destinatari.
v. PELLECCHIA, Dall’insolvenza al sovraindebitamento, Torino, Giappichelli, 244
2012, pagg. 22 e ss.
PELLECCHIA,Dall’insolvenza al sovraindebitamento, Torino, Giappichelli, 245
2012, pag. 25.
v. in part. REIFNER, ‘Thou shalt pay thy debts’. Personal Bankruptcy Law and 246
Inclusive Contract Law, in J. Niemi-Kiesilainen, I. Ramsay and W.C. Whitford (eds), Consumer Bankruptcy in Global Perspective, Hart Publishing, Portland, 2003.
La rappresentatività dei sindacati dei lavoratori è frutto di un processo lungo, che si è consolidato «grazie a due fattori difficilmente replicabili in altri ambiti del diritto: la tendenziale omogeneità degli interessi dei lavoratori rappresentati e lo sciopero come strumento di rivendicazione e pressione» . 247
A ben vedere, le problematiche dell’eterogeneità degli interessi e della mancanza di strumenti di rivendicazione e pressione, nell’ambito dei contratti di credito, non sono però sullo stesso piano.
Il problema vero, e forse maggiormente ostativo per la contrattazione collettiva, è l’eterogeneità degli interessi dei debitori/consumatori: se non si riesce a creare un sensibile “fronte comune”, diventa estremamente difficoltoso arrivare ad acquisire una forza contrattuale in grado di “imporre” determinate condizioni.
Quello della mancanza di “strumenti di pressione” è forse più un problema per così dire “normativo”: qualora il legislatore prevedesse sistemi legittimi di pressione contrattuale, nulla osterebbe di fatto al loro utilizzo. Questi strumenti di pressione sui creditori professionali sono ipotizzabili, se non altro astrattamente. Si pensi, ad esempio alla possibilità per i consumatori di dilazionare, senza incorrere in mora, il pagamento del proprio debito, oppure degli interessi: se la dilazione non fosse singola, ma collettiva, regolata e tutelata dalla legge, questo potrebbe essere uno strumento di fortissima pressione nei confronti dei finanziatori professionali.
Insomma, la riflessione è interessante, e merita di essere tenuta almeno in considerazione quando si parli de iure condendo degli strumenti di contrasto al sovraindebitamento.
PELLECCHIA, op. cit., pag. 26. 247
3.3.1. La ‘forza maggiore sociale’
Parimenti interessante, e molto più facile da mettere in pratica rispetto alla contrattazione collettiva, è la posizione di coloro che sostengono la necessità che il singolo contratto di credito si debba adattare alle vicende esistenziali del debitore. L’idea di fondo è quella di configurare una “forza maggiore sociale” , in grado di dare rilevanza 248
e tutela agli eventi gravi e rilevanti che sopravvengano nella vita del debitore, giustificando quindi il ritardo nell’adempimento, o addirittura l’estinzione dell’obbligazione stessa.
Così facendo, eventi come la disoccupazione, la malattia, etc., che inevitabilmente possono colpire chiunque, vengono ricondotti all’interno del contratto. Dunque, già a livello di diritto sostanziale, si tutelerebbero queste problematiche “sociali”, che riguardano sì il singolo debitore, ma che hanno anche una rilevanza e una portata più generale.
Di conseguenza, si devono configurare opportuni rimedi sostanziali, ed evitare l’utilizzo di quelli processuali.
Gli strumenti sostanziali che possono essere utilizzati per flessibilizzare il rapporto in conseguenza dei fenomeni sopra descritti sono molteplici, e se ne possono riscontrare vari esempi anche negli ordinamenti vicini al nostro. Anche in Italia, per la verità, il legislatore è intervenuto in varie occasioni per tutelare, già a livello contrattuale, le situazioni di difficoltà di adempimento derivanti da conclamati
WILHELMSSON, Social Force Majeure - A new Concept in Nordic Consumer 248
Law, in journal of Consumer Policy, 1990, 1 ss. (vedi PELLECCHIA, Dall’insolvenza al sovraindebitamento, Torino, Giappichelli, 2012, nota n. 90).
fenomeni di rilevanza sociale 249. Il problema è che questi interventi sono stati straordinari e settoriali, con una operatività ristretta, e privi quindi di un disegno organico di tutela, oltretutto non coordinato con le discipline per la gestione del sovraindebitamento successivamente introdotte.