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Impatto dell’accordo di Dayton sul lavoro della cooperazione allo sviluppo

Il DPA è composto da 11 articoli e 11 annessi creati per garantire la difesa dei diritti umani ai cittadini del nascente stato. Esso includeva anche i propositi di ricostruzione politica e sociale della BiH attraverso il processo di democratizzazione.

La differenzia del DPA da altri accordi di pace simili è il potere che le organizzazioni internazionali hanno attribuito a loro stesse non solo sul piano militare ma anche su quello politico dello stato e della governabilità (Chandler 1999). Soprattutto nella parte degli annessi si trova una vasta regolamentazione che fa riferimento allo stato piuttosto che alla fine delle ostilità. Ciò segnala la forte preoccupazione dei legislatori nel trovare una forma di organizzazione dello stato che potesse garantire stabilità alla vita politica futura. D’altra parte questa azione va letta come una intromissione profonda all’interno di un Paese in stato di crisi.

Una emanazione diretta del DPA, e sottolineatura del ruolo appena descritto, è l’Ufficio dell’Alto Rappresentante dei diritti umani (OHR) per la BiH49. Riporto qui la presentazione che questo organismo diede di se stesso all’interno del testo del DPA.

Office of the High Representative (OHR) is an ad hoc international institution responsible for overseeing implementation of civilian aspects of the accord ending the war in Bosnia and Herzegovina . […] The High Representative, who is also EU Special Representative (EUSR) in Bosnia and Herzegovina, is working with the people and institutions of Bosnia and Herzegovina and the international community to ensure that Bosnia and Herzegovina evolves into a peaceful and viable

48 Questi i ministeri centrali: Ministro degli Affari Civili, Ministro degli Affari Esteri, Ministro del Commercio Estero,

Ministro della Difesa, Ministro dei Diritti Umani e dei Rifugiati, Ministro delle Finanze, Dragan Vrankić, Ministro della Giustizia Ministro della Sicurezza, Ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni.

democracy on course for integration into Euro-Atlantic institutions. At its February 2007 meeting, the Steering Board of the Peace Implementation Council, the international body guiding the peace process, concluded that the OHR should aim to close on 30 June 2008. In the intervening period, the OHR is working towards transition – the point when Bosnia and Herzegovoina is able to take full responsibility for its own affairs. At the same time as the OHR is preparing for its closure, the European Union is increasing its commitment to Bosnia and Herzegovina. The EUSR, who has a mandate to promote overall EU political coordination among other things, is currently developing an office that is co-located with the OHR and will remain in Bosnia and Herzegovina after the closure of the OHR (OHR 1995).

Le estensioni del mandato dell’OHR è indicativo della politica di assistenza che è stata messa in atto nei confronti della BH. Il controllo del Paese balcanico era stato inizialmente stabilito per un anno, fino al settembre 1996, data delle prime elezioni politiche. Malgrado si fosse insediato un nuovo governo, venne presa la decisione di estendere il mandato per altri due anni. Infine, prima ancora che questi finissero, nel dicembre del 1997 la fine del periodo di controllo fu posticipato a data indefinita. Una delle sfide della BiH è stata identificata proprio nel superamento del ruolo dell’OHR (CECOB 2005:5).

Ma l’OHR non è l’unica organizzazione internazionale che ha avuto un ruolo centrale nella transizione della BiH. Anche NATO, UNMiBH e OSCE hanno contribuito a governare il Paese nella fase post conflitto. Inoltre, in seguito le politiche a livello statale sono state decise con il contributo della WB e del IMF. La criticità che emerge dal modello imposto dalle organizzazioni internazionali in BiH consiste nel dubbio se esso possa essere effettivamente funzionale agli scopi che si propone. Questa domanda veniva proposta da Chandler (1999) dieci anni fa, e rimane attuale anche oggi nella tesi che presento. L’intenzione è anzi di raccogliere attraverso l’esperienza di campo l’influenza che questo modello ha trasmesso su tutto il sistema, dalle istituzioni decentralizzate alle realtà di cooperazione allo sviluppo provenienti dall’estero, come quella Italiana presa ora in considerazione.

Un’altra analisi che scaturisce dal DPA è la considerazione sullo stato di conflitto. La guerra è senz’altro terminata in riferimento agli scontri armati. Ma è opportuno ricordare le celebri citazioni di Von Clausevitz e Foucault per sottolineare la stretta connessione tra battaglia e vita politica, le quali finiscono per confondersi, o meglio, rivelano la loro realtà di prodotto unico, non distinguibile. In BiH tali pensieri hanno trovato conferma sia nel passaggio dal dibattito politico alla crisi sfociata poi nella violenza, sia nel processo che dal termine delle ostilità ha portato alla costituzione di un nuovo stato. La guerra non è terminata con la nomina dell’establishment, anzi è proseguita trovando spazio anche all’interno di percorsi originariamente pensati per l’emergenza e per lo sviluppo. Il ritorno dei rifugiati per esempio ha rappresentato un rischio nella misura in cui veniva percepito come un fattore di conflitto (UNDP 2007). L’uso della forza per proteggere il ritorno può significare un ritiro temporalmente più lontano da parte dei militari.

Considerando il carattere di eccezionalità del DPA si può comprendere in che modo esso abbia posto le condizioni per un perdurante clima di conflitto. Ci troviamo di fronte ad un processo di pace non completato, non risolto, non elaborato. Dopo la stipulazione dell’accordo ci fu addirittura la percezione di una imposizione della pace. Il fatto che il legislatore fosse esterno e non avesse negoziato le condizioni, ha portato a un sentimento di distanza dalle norme contenute all’interno della legge.

In realtà, il ruolo svolto dalle organizzazioni e dai governi internazionali all’interno della risoluzione del conflitto risulta molto più determinante della semplice disaffezione della cittadinanza nei confronti del DPA. Si tratta, più propriamente, di una delegittimazione delle istituzioni locali e di una finta attribuzione di potere. Le negoziazioni furono infatti mediate dagli USA i quali imposero un accordo che aveva più il significato di un armistizio che la costruzione di un patto stabile.

A causa dei motivi elencati sopra risulta complesso parlare di democrazia in BiH. Concretamente il DPA non ha mai espresso la democrazia liberale nella forma classica conosciuta. Neppure ha considerato altri concetti quali integrazione e risoluzione del conflitto, prioritari per la lettura degli

eventi che intendevo dare attraverso la mia tesi; né ha posto le basi per una convivenza interetnica ma ha anzi prodotto l’opposto. Anche il processo di cosiddetta democratizzazione ha trovato qualche difficoltà; Woodward ritiene che l’accordo abbia contribuito limitatamente al processo democratico, contrariamente a quanto si proponevano realizzatori e firmatari (1996).

Chandler sostiene che esso rappresenti solamente una tappa all’interno del percorso di coinvolgimento delle organizzazioni internazionali nello stato bosniaco (1999). Un elemento fondamentale è la relazione che intercorre tra le vicende politiche nazionali e internazionali, ciò che in inglese viene chiamato government, e il lavoro promosso e sviluppato dalle associazioni italiane e bosniache. Queste ultime, in accordo con quanto scritto nel precedente capitolo, sono qui definite

governance. Detto altrimenti, rappresentano percorsi alternativi per la ricerca della soluzione dei

problemi. Tale confronto risulta di particolare utilità perchè le influenze di questi due livelli mettono in discussione la possibilità di operare e la loro stessa ammissibilità. In proposito Woodward parla del principio internazionale di sovranità dello stato (1996). In BiH esiste la difficoltà di gestire diversi gruppi che competono sullo stesso territorio per la sovranità parziale; nella fattispecie la concezione di sovranità è contrapposta a quella di conflitto etnico.

L’intento di stabilire una governabilità superiore allo stato nazione in se stesso, anziché produrre partecipazione ha portato a una marginalizzazione dell’operato delle ONG. Queste sono state inserite nel sistema ma in maniera dipendente dalle OI sotto il profilo economico e governativo. Infine, due anni dopo il DPA non si avvertiva una riduzione nella forza dei partiti nazionalistici. Allo stesso tempo c’era solo una piccola evidenza di riconciliazione a livello della società di base o di cooperazione interetnica che sarebbe stata necessaria per realizzare la condivisione del potere ed evitare un nuovo conflitto armato in caso di ritiro delle forze internazionali. Il cambiamento della BiH fu abbastanza evidente; era diventato un Paese basato sulla solidarietà etnica, dove la convivenza civica non era più valutata come una possibilità realizzabile. In questo si riscontrò una differenza di visione, mentre l’occidente vedeva la BiH come uno stato democratizzato, la percezione interna era di tipo nazionalistico. Burg e Shoup dimostrano che fino a quando questo punto di vista rimarrà prevalente non sarà possibile raggiungere gli obiettivi democratici proposti.

Until civic organizations and institutions are stronger, until economic relations of mutual interest that cut across ethnic boundaries are moved widespread, and until peace constituencies emerge among all three national groups, elections and electoral politics are unlikely to lead democratization in BiH. On the contrary they are likely to contribute the consolidation of nationalist power. The re-emergence of civil society in BiH, of economic interests that cut across inter ethnic boundaries, and especially of peace constituencies may also make it possible to achieve the arrest and prosecution of war criminals at far less cost to the West and to peace in BiH that is now possible. Strong civic institutional networks that include independent media and strong, autonomous economic actors, backed up by a continuing international military and police presence on the ground, may provide political counterweights to the criminal networks operating on all sides in post Dayton BiH that support and protect indicted and suspected war criminals. When the strength of interest and the demand of justice coincide, arrest and prosecution will follow. (Burg e Shoup 1999:417).

Nell’analisi prodotta da Malcolm, l’intera situazione qui presentata viene fatta risalire a una incomprensione internazionale. Siccome tutti pensavano che il conflitto fosse militare la risposta che ne derivò fu di carattere militare (1994). Ma allo stesso tempo era presente un problema umanitario che necessitava una risposta umanitaria. Inoltre non fu compreso il progetto serbo della creazione di gruppi omogenei tra i cittadini della Repubblica di BiH, che venne realizzato in massima parte grazie alla realizzazione delle entità e alla frammentazione politica. Proprio in questo senso, all’interno dei gruppi che si facevano portatori di messaggi di pace nacque la convinzione di lavorare su una generazione post nazionalista partendo dal livello popolare.