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La parte dell’intervento italiano messo qui in evidenza è quella relativa alle organizzazioni non governative51, espressione di una volontà popolare legata ad interessi di gruppo religiosi, politici o di lobby. Storicamente si è assistito a una progressiva istituzionalizzazione delle ONG e organismi analoghi nella vita politica e sociale internazionale e quindi anche italiana (Marcon 2002). Questo

50 In realtà Vukovar si trova in Croazia e non in BiH. Rastello la cita in quanto l’intervento italiano è iniziato con

l’offensiva serba in Croazia nel 1991, quindi un anno prima dello scoppio delle ostilità in BiH, spostandosi poi in conseguenza del mutare degli eventi (1998).

51 La legge 49 del 1987 definisce il ruolo delle ONG. Al suo interno è previsto che esse possano “realizzazione di

programmi a breve e medio periodo nei Paesi in via di sviluppo; per la selezione, formazione e impiego dei volontari in servizio civile; per attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni idonee per una delle suddette attività possono inoltre richiedere l'idoneità per attività di informazione e di educazione allo sviluppo”. L’idoneità è concessa in base al rispetto dei seguenti punti: “a) risultino costituite ai sensi degli articoli 14, 36 e 39 del codice civile; b) abbiano come fine istituzionale quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo, in favore delle popolazioni del terzo mondo; c) non perseguano finalità di lucro e prevedano l'obbligo di destinare ogni provento, anche derivante da attività commerciali accessorie o da altre forme di autofinanziamento, per i fini istituzionali di cui sopra; d) non abbiano rapporti di dipendenza da enti con finalità di lucro, né siano collegate in alcun modo agli interessi di enti pubblici o privati, italiani o stranieri aventi scopo di lucro; e) diano adeguate garanzie in ordine alla realizzazione delle attività previste, disponendo anche delle strutture e del personale qualificato necessari; f) documentino esperienza operativa e capacità organizzativa di almeno tre anni, in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, nel settore o nei settori per cui si richiede il riconoscimento di idoneità; g) accettino controlli periodici all'uopo stabiliti dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo anche ai fini del mantenimento della qualifica; h) presentino i bilanci analitici relativi all'ultimo triennio e documentino la tenuta della contabilità; i) si obblighino alla presentazione di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in corso.

Desidero puntualizzare che i termini sopra elencati definiscono l’operato delle sole ONG italiane, mentre quelle estere hanno diversi tipi di riconoscimento. Accade, come nel caso della BiH che con il termine ONG (nevladina

fenomeno è connesso con la globalizzazione nel senso che lo smembramento sociale e la decentralizzazione delle politiche, insieme a una diversa accessibilità ai mezzi di comunicazione, hanno portato alla diffusone dell’associazionismo. L’auto organizzazione e la partecipazione democratica identificano la crescita di una società civile globale caratterizzata da movimenti sociali transnazionali, dalla sperimentazione di nuove forme di economia e dallo sviluppo di forme politiche dal basso. Le ONG sono state definite dagli studiosi come soggetti dibattuti tra il ruolo di “ambulanza mondiale” e di strumento per la promozione di una globalizzazione dal basso, con forme di economia e politica alternative a quelle istituzionalizzate (ibidem). Entrambi questi ruoli non corrispondono alla realtà visibile dai progetti implementati; il primo è troppo difficile da sostenere, richiede capacità di intervento che esulano da quelle delle associazioni; il secondo invece richiede lo svincolamento dai processi globali canonici, una operazione che non risulta sostenibile economicamente.

È difficile stabilire quante ONG italiane siano intervenute durante il conflitto e nei primi anni dopo la sua conclusione. Certo è che si è trattato di alcune decine, numero al quale vanno aggiunti gli interventi delle associazioni ONLUS o di altro genere, anch’essi rilevanti ai fini della comprensione dell’operare in BiH. Molte associazioni si sono comportate, dal punto di vista organizzativo ed operativo come vere e proprie ONG, avviando progetti dotati di efficienza e sostenibilità, in alcuni casi riconosciute anche dalla UTL di Sarajevo o da altre ONG con cui sono nate collaborazioni. Ciò che invece non trova posto all’interno di questo testo sono le innumerevoli piccole operazioni di sostegno e informazione, organizzati da parrocchie, piccole associazioni locali o da privati.

Il momento decisivo dell’intervento delle ONG italiane in BiH va ricercato nel passaggio dall’organizzazione autonoma degli interventi alla strutturazione di programmi coordinati insieme alle istituzioni statali e internazionali. Il programma Atlante, da questo punto di vista, ha rappresentato l’approccio integrato allo sviluppo, proponendo una dinamica territoriale e comunitaria che intendeva superare i modelli d’intervento tradizionali caratterizzati dalla separazione dei diversi settori della vita economica e sociale, della sfera pubblica da quella privata e non governativa. Lo schema del programma si strutturava attorno a una serie di punti fissi che vincolavano la relazione fra i soggetti intervenendo su tre piani d’azione, tra loro intersecati: i rapporti fra i diversi attori all’interno delle comunità italiana e bosniaca; i rapporti fra le comunità italiane impegnate nella stessa area; i rapporti fra la rete della decentrata e gli organismi della cooperazione internazionale (CeSPI 2001). Nel programma la dimensione locale ha assunto una importanza centrale, portando a promuovere pratiche fondate sulla concertazione e sulla negoziazione con gli interlocutori locali pubblici e non governativi. L’approccio partecipativo è stato messo in pratica per favorire il processo di costruzione delle comunità52.

52 Riporto il passaggio del programma di interesse: “Allo scopo di dare continuità all’azione di emergenza in BiH,

intrapresa dagli attori che partecipavano al tavolo di coordinamento istituito dalla Presidenza del Consiglio, la DGCS- MAE decise di promuovere l’iniziativa dell’Atlante coinvolgendo questi medesimi soggetti. Già a partire da questa fase l’UNOPS/UNDP ha assunto il coordinamento di tutta l’attività e degli attori partecipanti, sia sul piano internazionale che su quello locale. La scelta di avviare un programma di sviluppo umano in BiH si è proposta come risposta a un issue prioritario nelle situazioni di post-conflitto: la ricomposizione delle lacerazioni e divisioni tra le comunità in guerra, della frattura dei legami di convivenza civile e di solidarietà. L’idea di fondo dell’Atlante fa leva sulla ricostruzione dei rapporti umani primari tra le comunità locali, ritenuta una delle condizioni indispensabili per rifondare su nuove basi lo sviluppo locale. Nei programmi di sviluppo umano il raggiungimento di questo intento passa attraverso la promozione e il consolidamento di un livello minimo di coesione sociale.

Questo approccio seguiva la Carta di Copenaghen per quanto riguarda le caratteristiche qualificanti degli interventi “della cooperazione decentrata allo sviluppo umano” basata sul decentramento amministrativo e finanziario delle comunità e sull’approccio territoriale allo sviluppo; integrata, che attua una strategia nei cinque campi dello sviluppo umano (sviluppo economico locale, protezione dei diritti umani, servizi sanitari e sociali, educazione di base, ambiente, infrastrutture e territorio); collegata: che mira alla coerenza e al coordinamento tra i livelli locale, nazionale e internazionale; partecipata: che tende al coinvolgimento di tutti gli attori sociali presenti nella realtà locale nel processo di concertazione e di dialogo; sostenibile: che promuove iniziative che siano in grado di migliorare la qualità della vita, il reddito e le relazioni umane. L’iniziativa dell’Atlante ha visto coinvolti, sul versante italiano, 30 comuni, l’ANCI

Toscana e la regione Toscana; sul versante bosniaco, 22 municipalità4, delle quali 6 nella RS e 16 nella FBiH. L’Atlante si è collegato anche con altre 35 città di paesi europei (Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito) che non hanno partecipato direttamente all’esperienza ma hanno, invece, portato avanti iniziative autonome” (CeSPI 2001).

Capitolo 4

Bosnia Erzegovina come stato di eccezione

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