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Nonostante si proclamasse “a classicist in literature, royalist in politics, and anglo-catholic in religion” nella famosa prefazione al saggio For Lancelot

Andrewes: Essays on Style and Order (1928), il rapporto di Eliot con la religione

non si può limitare ad una questione di distinzioni tassonomiche e la conversione all’Anglocattolicesimo del 1927 dovrebbe considerarsi solamente l’ultimo atto di un percorso spirituale complesso. Come ha osservato Bernard Bergonzi:

He moved from the transcendentalism of his family, via a period of immersion in Indian religion at Harvard[…]to his eventual home in Anglican Christianity. The author merely writes of religion; but these are several religions, all very different65. Nel saggio “Goethe as the Sage” (1955) Eliot stesso riflette su una sintesi di componenti religiose e si definisce una persona che unisce in sé “a Catholic

64 Laura Giovannelli, “La presenza di Eraclito nei Four Quartets di T. S. Eliot”, pp. 288-289, Il

confronto letterario, Anno X, n. 20,1993, pp. 285-99.

65 Bernard Bergonzi, Eliot's Early Years by Lyndall Gordon (Review), Journal of American

Studies, Vol. 12, No. 1 (Apr., 1978), pp. 138-139. Published by: Cambridge University Press

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cast of mind, a Calvinistic heritage, and a Puritanical temperament”66. In riferimento a questo “melting pot” di inclinazioni ascetiche devono essere fatte, però, alcune precisazioni.

Pur tenendo presente la dottrina del Peccato Originale che costituisce un tassello fondamentale per la Chiesa Calvinista, Eliot si discosta dal Calvinismo nel sottolineare quanto l’uomo abbia bisogno di dogmi, disciplina e ordine, fattori garantiti solo da un’organizzazione ecclesiastica. L’autore si allontana poi da un’altra corrente sviluppatasi da una diramazione del Calvinismo: si tratta dell’Unitarianesimo, di cui proprio suo nonno, William Greenleaf Eliot, era stato uno dei promotori. Questa figura è stata una presenza dominante e venerata all’interno della famiglia di Eliot, tanto che, nonostante fosse morto un anno prima della nascita di Thomas, William continuava a far sentire la sua voce autorevole. Il poeta, in uno dei suoi ricordi, lo descrisse come una persona che “rules his son and his son’s sons from the grave”67. William, ministro unitariano, si era diretto da Boston, città in cui si era laureato presso la Harvard Divinity School, verso St. Louis come missionario allo scopo di convertire la popolazione di maggioranza cattolica, soprattutto di origine francese. Per riuscire nel suo intento, costruì la chiesa del nuovo ordine e diventò un riferimento del sistema scolastico. Quello che sarà il nodo cruciale dell’allontanamento di Thomas è il fatto che la “Chiesa Unitaria” non riconosce la dottrina cristiana dell’Incarnazione, configurandosi inoltre come una versione di Puritanesimo privato dei principi fondamentali inerenti alla predestinazione e alla dannazione. Il pilastro della Chiesa Unitaria è la fede in un progresso etico e sociale che si concretizzerebbe attraverso la comunità di credenti, la civiltà e la cultura.

66 Cfr. Rufold Germer, “T. S. Eliot’s Religious Development”, in Marianne Thormählen (ed.),

T. S. Eliot at the Turn of the Century, University of Lund Press, Lund 1994, p. 95.

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Se dunque da un lato il Calvinismo sottolinea la miseria hominis, ossia la degradazione dell’uomo a causa del Peccato Originale, l’Unitarianesimo opera sul fronte opposto, enfatizzando la gloria hominis, lo slancio ottimistico e il senso di fratellanza.68 Se quindi l’Unitarianesimo nasce come reazione a una consapevolezza ossessiva nei confronti dell’Inferno e del Peccato Originale, quella di Eliot sarà una reazione ad entrambe le credenze, in particolare quella professata e incoraggiata dal nonno, nonostante avesse ricevuto il battesimo proprio nella Chiesa del Messia.

Resta da riflettere sul perché Eliot abbia scelto la Chiesa d’Inghilterra invece che la Chiesa di Roma. La Chiesa d’ Inghilterra è frutto “not of the reign of Henry VIII or the reign of Edward VI, but of the reign of Elizabeth”69, e secondo Eliot questa “via media” si sarebbe posta come alternativa al papato e al presbiterianesimo. L’Anglocattolicesimo, dal canto suo, fonderebbe insieme ordine e disciplina, fatto che, secondo alcuni, si celò dietro la scelta non solo di convertirsi, ma anche di ottenere la cittadinanza britannica nel 1927. Inoltre, il distacco dalla Chiesa di Roma è legato a una questione di eredità culturale e generazionale, sempre connessa al pensiero filo-puritano. All’interno dei Four Quartets, però, Eliot non si limita a invocare e consolidare gli insegnamenti religiosi dell’ortodossia cristiana, ma li arricchisce con testimonianze associate a due mistici: San Giovanni della Croce (1542 - 1591) e Giuliana di Norwich (1343 - 1416).

Nella prospettiva semantica dell’opera, il richiamo al santo e Dottore della Chiesa spagnolo si può collegare in primis al sessantesimo Frammento di Eraclito. In due trattati (Ascesa al Monte Carmelo e La notte oscura dell’anima),

68 Su questi aspetti si sofferma Germer, “T. S. Eliot’s Religious Development”, cit., pp. 96-97. 69 Ivi, p. 100.

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San Giovanni della Croce70 aveva infatti tracciato il percorso che deve compiere l’anima per unirsi al Divino, adottando un linguaggio ossimorico, giocato a suo modo sulla “discorde armonia” (sul convergere della “via all’insu” e della “via all’in giù”) vista in prospettiva trascendente.

Eliot riprende questo concetto di catarsi metafisica già nel primo Quartetto, dove si colgono echi relativi a una “notte oscura” che si fa preludio di un mutamento salvifico e comporta un necessario annullamento tanto dell’egoismo materialistico, quanto dell’orgoglio intellettuale:

Descend lower, descend only

Into the world of perpetual solitude,

World not world, but that which is not world, Internal darkness, deprivation

And destitution of all property, Desiccation of the world of sense, Evacuation of the world of fancy, Inoperancy of the world of spirit; This is the one way, and the other Is the same, not in movement

But abstention from movement; while the world moves In appetency, on its metalled ways

Of time past and time future. (“Burnt Norton”, III, 25-37).

70 Una delle maggiori figure della Controriforma, San Giovanni della Croce venne

canonizzato nel 1726 da Papa Benedetto XIII. Egli è ritenuto il massimo esponente della letteratura mistica spagnola ed è inoltre conosciuto come “dottore del Nada” per la sua teoria riguardo il bisogno di un processo di annullamento dello spirito per potersi ricongiungere con Dio. All’interno delle sue due opere più famose, Ascesa al Monte Carmelo e

La notte oscura dell’anima, egli descrive il “viaggio” che deve compiere l’anima del penitente,

percorso in cui si possono rintracciare due fasi. La prima è conosciuta come “notte attiva” e prevede una lotta dell’anima per liberarsi dalle tentazioni, mentre la seconda è definita come “notte passiva”, nella quale l’anima dipende completamente dalla volontà di Dio.

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L’importanza dell’azione disinteressata, dello sforzo ascetico e nullificante che l’uomo deve prepararsi a compiere per unirsi con il Divino: è questa la “lezione” appresa da San Giovanni della Croce e dalla sua idea di via negativa. Eliot è d’altro canto ben consapevole delle difficoltà insite in un’impresa di questa levatura, più consona al “santo” che non alla persona comune:

to apprehend

The point of intersection of the timeless With time, is an occupation for the saint— No occupation either, but something given And taken, in a lifetime's death in love,

Ardour and selflessness and self-surrender. (“The Dry Salvages”, V, 17-22).71

Sarà tuttavia proprio il concetto di azione disinteressata a costituire la base di un collegamento con gli insegnamenti orientali, di cui parlerò in seguito. Nella scelta di Giuliana di Norwich72 si potrebbe invece individuare, secondo alcuni critici73, un parallelismo con la vita dell’autore. Infatti, parafrasando le

71 In “East Coker” Eliot si soffermerà in modo più esaustivo sul concetto di “notte oscura

dell’anima”, richiamandosi agli insegnamenti di San Giovanni della Croce in maniera esplicita.

72 Mistica medievale inglese, Giuliana di Norwich è conosciuta per il testo Revelations of

Divine Love. Dalle sue stesse parole veniamo a conoscenza che il 13 maggio 1373 fu colpita da

una grave malattia e, proprio in quel momento, ebbe le sedici “visioni” poi trascritte dopo una quindicina d’anni. Ispirata dall’amore divino, decise di vivere come un’anacoreta per dedicarsi completamente alla preghiera. Al centro della sua dottrina mette Cristo, che, come una figura genitoriale, veglia e guida i propri figli attenuando le ossessioni dei penitenti legate al peccato.

73 Cfr. ad esempio Susan McCaslin, “Vision and Revision in Four Quartets: T. S. Eliot and

Julian of Norwich”, Mystics Quarterly, Vol. 12, No. 4 (December 1986), pp. 171-178. Published by: Penn State University Press , Article Stable URL:http://www.jstor.org/stable/20716761.

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riflessioni contenute nelle Revelations of Divine Love, si scorge un processo che si snoda “from a personal and theological struggle with the issue of time’s relation to eternity”74. Eliot avrebbe scelto la testimonianza di questa mistica proprio per la sua capacità di mantenere un equilibrio tra il concreto e l’astratto, obiettivo da lui stesso perseguito all’interno dei Quartetti, come emerge dalle sue discussioni con Hayward75:

Sin is Behovely, but All shall be well, and

All manner of thing shall be well76 (“Little Gidding”, III, 17-19).

Questi sono i versi ripresi dall’autore, che in tal modo sottolinea come il peccato sia “necessary or inevitabile because the nature of reality is such that a man can only know the ultimate good through extremity and loss”77.

Il messaggio fideistico di Giuliana di Norwich verrà ripreso anche nell’ultimo movimento di “Little Gidding”, proprio quando il fuoco e la rosa diventano una sola cosa:

And all shall be well and

All manner of thing shall be well (“Little Gidding”, V, 42-43).

Attraverso le parole della mistica, il poeta ribadisce quanto sia importante spostare il focus su ciò che esiste oltre l’orizzonte di un presente negativo, per individuare un senso fuori dal tempo. Dal punto di vista storico,

74 Cit. Ivi, p. 172.

75 Gardner, The Composition of “Four Quartets”, cit., pp. 203-204.

76 Gli stessi versi compariranno anche alla fine di questa terza sezione di “Little Gidding”,

nel momento in cui l’uomo si trova ad implorare e si accinge alla purificazione.

77 McCaslin, “Vision and Revision in Four Quartets: T. S. Eliot and Julian of Norwich”, cit., p.

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entrambi vissero del resto in periodi caratterizzati da eventi negativi e sconvolgenti: Giuliana di Norwich conobbe la Guerra dei Cento Anni e la Peste; Eliot si confrontò invece con le due Guerre Mondiali e vide con i propri occhi i bombardamenti che colpirono Londra, per non parlare dei mutamenti sociali che qualificarono il XX secolo come l’età dell’ansia e del relativismo. Grazie alle parole di Giuliana di Norwich, il poeta riesce a collegare simbolicamente tre secoli: il XIV, quello in cui è nata la mistica, il XVII, periodo a cui risale la comunità di Ferrar, ricordata nell’ultimo Quartetto, e il XX, il tutto elevando a punto di raccordo la cappella eretta a Little Gidding.

Ogni Quartetto risulta inoltre abbinato ad un giorno fondamentale del calendario cristiano78. In “Burnt Norton” abbiamo un doppio riferimento all’Ascensione attraverso il ricorso all’immagine delle nuvole: “Then a cloud passed, and the pool was empty” (I, 41) e “The black cloud carries the sun away” (IV,2).

Nel primo verso citato, il rimando all’acqua può essere collegato al sacramento del Battesimo, anche se il laghetto vuoto suggerisce parimenti una mancanza di comunione tra umano e divino. La nuvola ricorda invece più propriamente la descrizione contenuta negli Atti degli Apostoli, riguardante l’Ascensione di Gesù:

“And when he had said these things, as they were looking, he was taken up; and a cloud received him out of their sight”. (Atti 1:9)79

Il verso tratto dal quarto movimento contiene poi un gioco di parole reso possibile dall’omofonia tra “sun” e “son”; in questo caso, la nuvola nasconde

78 James. P. Sexton, “Four Quartets and the Christian Calendar”, American Literature

Vol. 43, No. 2 (May, 1971), pp. 279-281. Published by: Duke University Press Article Stable URL:http://www.jstor.org/stable/2924245.

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concretamente il sole, mentre dal punto di vista simbolico porta via con sé il figlio di Dio.

La connessione con l’Ascensione pare infine consolidarsi tramite l’uso del verbo “to ascend” in “Ascend to summer in the tree” (“Burnt Norton”, II, 9). Al Venerdì Santo (ovvero alla Passione) è invece dedicata la quarta sezione del secondo Quartetto80. Eliot apre il movimento introducendo l’allegoria del “wounded surgeon”, grazie alla quale è possibile ricreare un parallelo tra la Crocefissione di Cristo e la figura del chirurgo ferito: in entrambi i casi, infatti, coloro che devono salvare l’uomo dalle sofferenze si trovano a loro volta vittime della sofferenza stessa. Ma il loro dolore non si consuma invano se si pensa al fatto che, con il sacrificio di Gesù, l’uomo ottiene la salvezza, motivo per cui “we call this Friday good” (“East Coker”, IV, 25).

In “The Dry Salvages” il referente principale è quello dell’Annunciazione. Il sostantivo è già presente all’inizio della seconda sezione (“the unprayable/ Prayer at the calamitous annunciation?”, II, 5-6 e “The silent listening to the undeniable/Clamour of the bell of the last annunciation”, II, 17-18), ma assume il suo significato più pregnante alla fine della sestina, con il riferimento alla “Prayer of the one Annunciation” (II, 36). L’associazione con la Vergine Maria sarà poi ripresa anche nella preghiera a lei dedicata nella quarta sezione, in cui viene invocata dantescamente come:

Figlia del tuo figlio,

Queen of Heaven. (“The Dry Salvages”, IV, 9-10).

L’ultimo Quartetto ruota infine attorno all’evento della Pentecoste, prima con il riferimento al “pentecostal fire” (I, 10) e poi con l’immagine emblematica dello Spirito Santo che scende sull’uomo:

42 The dove descending breaks the air

With flame of incandescent terror Of which the tongues declare

The one discharge from sin and error. (“Little Gidding”, IV, 1-4).

Come sottolinea James P. Sexton, “These allusions to the Christian calendar parallel the poet's state of mind as he moves from the state of the loss of vision in ‘Burnt Norton’ through a state of near despair in ‘East Coker’, to hope after a long period of darkness in ‘Dry Salvages’, and finally into comprehension in ‘Little Gidding’- to the realization that”81:

And the end of all our exploring Will be to arrive where we started

And know the place for the first time. (“Little Gidding”, V, 27-29).

Tutti questi elementi pagano pegno a vari aspetti della Cristianità; Eliot, però, li compenetra con un interesse per le discipline filosofico-teologiche orientali. Già all’Università di Harvard, nel 1909, il poeta si era avvicinato al sanscrito grazie a Irving Babbit, docente che fornì una serie di rudimenti, un punto di partenza da cui gli studenti potessero procedere in maniera indipendente. Di ritorno dall’Europa nel 1913 82, Eliot si sentiva pieno di dubbi riguardo ai propri indirizzi futuri. Decise così di frequentare un corso di filologia orientale tenuto da C. R. Lanman, a cui fece seguito, l’anno successivo, un corso sui classici della letteratura buddista ed induista con il professor James Haughton Woods; fu in quel momento che entrò effettivamente in contatto con il Pancha-Tantra, il Jatakar e la Bhagavad-Gita.

81 Sexton, “Four Quartets and the Christian Calendar”, cit., p. 280. 82 Cfr. Ackroyd, T. S. Eliot, cit., p. 37.

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La lezione appresa e poi filtrata dalla dottrina buddista emerge concretamente nei Four Quartets83 all’interno di “The Dry Salvages”, componimento costituente un punto di passaggio dalla prospettiva della vita terrena che richiede “the agony / of death and birth” (“East Coker”, III, 28- 29) verso una nuova esistenza “redeemed from fire by fire” (“Little Gidding”, IV,7). L’episodio cui fa riferimento Eliot è una scena di guerra tratta dalla Bhagavad-Gita durante la quale Krishna, fino a quel momento travestito da auriga, si rivela ad Arjuna, appartenente al gruppo dei Pandava, e lo spinge a combattere senza pensare al risultato della sua azione. Il punto fondamentale, come nel caso di San Giovanni della Croce, sarebbe l’importanza dell’azione disinteressata. Nel caso di Arjuna, è la sua natura di guerriero a imporgli di combattere, al di là dell’arrivismo e di pulsioni egoistiche. Il messaggio conclusivo che la divinità consegna all’uomo quando si trova metaforicamente sul campo di battaglia è sintetizzabile nel modo seguente:

Not fare well,

But fare forward, voyagers. (“The Dry Salvages”, III, 46-47).

Alla fine, le due grandi “lezioni” filosofico-religiose, orientale ed occidentale, si congiungono qui nello sforzo che l’uomo deve compiere per distaccarsi dai beni terreni, perseguendo un’azione che avvicina al divino e rinnega tanto l’attachment quanto l’indifference.

83 L’influenza della cultura orientale si era già indirettamente profilata in “Burnt Norton” in

relazione all’immagine del loto. È probabile che Eliot avesse ammirato per la prima volta questo fiore nel Giardino Botanico di St. Louis, dove il padre era stato un membro del consiglio di amministrazione dal 1902 al 1904 (David A. Moody, “Passage to India”, in David A. Moody (ed.), Tracing T. S. Eliot's Spirit: Essays on his Poetry and Thought, Cambridge University Press, Cambridge 1996, p. 19).

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1.6

La rilevanza del paesaggio.

Un altro aspetto di cui bisogna tener conto nell’analisi dei Four Quartets è l’importanza che viene data dal poeta al paesaggio, elemento che rientra appieno nell’ ampia categoria dei costrutti simbolici introdotti dall’autore. Nella produzione di Eliot esiste una stretta connessione tra l’uso di referenti simbolici o metaforici e la famosa teoria sul correlativo oggettivo, espressa in un saggio del 1919:

The only way of expressing emotion in the form of art is by finding an "objective correlative"; in other words, a set of objects, a situation, a chain of events which shall be the formula of that particular emotion; such that when the external facts, which must terminate in sensory experience, are given, the emotion is immediately evoked.84

Tenendo presente anche altri germinali contributi critici (come “Tradition and the Individual Talent”, 1919), si deduce come per Eliot i simboli connessi all’esperienza personale acquisissero un significato universale e comunque polisemico, storicamente stratificato.

Secondo Hargrove, tra le caratteristiche dei costrutti simbolici eliotiani si possono cogliere le seguenti peculiarità85:

1. Si relazionano a uno stato emotivo complesso

2. Traggono origine dall’esperienza autoriale, ispirata sia da fonti letterarie e culturali, sia dal vissuto

3. Poggiano le basi nella contemporaneità, ma esprimono sentimenti, emozioni ed esperienze collettivi e metastorici.

84 Thomas Stearns Eliot, “Hamlet and His Problems” (1919), in The Sacred Wood: Essays on

Poetry and Criticism, Alfred A. Knopf, New York 1921, p. 92.

85 Cfr. Nancy Duvall Hargrove, Landscape as Symbol in the Poetry of T.S. Eliot, University of

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Se i vari costrutti simbolici hanno le potenzialità di riflettere la complessità dell’esperienza umana, anche le rappresentazioni o evocazioni paesaggistiche rientrano in una categoria analoga. Ogni luogo, infatti, non rappresenta soltanto uno spazio fisico, ma tende a trasformarsi in uno strumento di analisi introspettiva ed esistenziale.

Prima però di discutere dell’opera di Eliot è bene dare alcune indicazioni riguardo il genere della topographical (o landscape) poetry, a cui i Four Quartets possono essere relazionati86. Questo genere combina la descrizione di uno specifico setting con riflessioni storiche, politiche e morali. L’opera caposaldo è in genere considerato il poema “Cooper’s Hill” di John Denham (1615-1669) risalente al 1642. Sarà proprio nel dare notizie sull’autore, nelle Lives of the

Poets, che Samuel Johnson (1709-84) fornità una prima definizione di questa

nuova forma poetica indicandola come:

a species of composition…of which the fundamental subject is some particular landscape to be poetically described with addition of such embellishments as may be supplied by historical retrospection or incidental meditation.87

Questo genere si diffuse soprattutto nel XVIII secolo, tanto che Robert Aubin nel suo testo Topographical Poetry in the XVIII-Century England del 1936 riporta duemila esempi catalogabili in due sottogeneri:

I prospect poems, nei quali la descrizione del paesaggio avviene utilizzando un punto di vista privilegiato, di solito situato su un’altura che si innalza sopra il paesaggio circostante. Oltre al già citato “Cooper’s Hill”, si possono ricordare anche “Grongar Hill” (1726) di