• Non ci sono risultati.

“Little Gidding”e la chiusura del cerchio.

5.1 Una stagione miracolosa.

Il primo movimento di “Little Gidding” si apre con una riconciliazione “miracolosa” delle anomalie e dei contrasti che si erano riscontrati in vari momenti dei Quartetti precedenti:

Midwinter spring is its own season

Sempiternal though sodden towards sundown, Suspended in time, between pole and tropic. When the short day is brightest, with frost and fire, The brief sun flames the ice, on pond and ditches, In windless cold that is the heart's heat,

Reflecting in a watery mirror

A glare that is blindness in the early afternoon.

And glow more intense than blaze of branch, or brazier, Stirs the dumb spirit: no wind, but pentecostal fire

In the dark time of the year. Between melting and freezing The soul's sap quivers. There is no earth smell

Or smell of living thing. This is the spring time

248 Cfr. Russell E. Murphy, Critical Companion to T. S. Eliot: A Literary Reference to His Life and

142 But not in time's covenant. Now the hedgerow

Is blanched for an hour with transitory blossom Of snow, a bloom more sudden

Than that of summer, neither budding nor fading, Not in the scheme of generation.

Where is the summer, the unimaginable Zero summer? (“Little Gidding”, I, vv. 1-20).

L’apertura del Quartetto conclusivo è dedicata ad un altro “moment in and out of time” (“The Dry Salvages, V, v. 24), attraverso il quale si possono operare raffronti con le scene iniziali di “Burnt Norton” e “East Coker”. Se “East Coker” si apriva con l’immagine di una scena estiva contrassegnata dalle conseguenze dei passaggi convulsi del tempo (“old timber to new fires, /Old fires to ashes, and ashes to the earth”, I, vv. 5-6), i versi di “Little Gidding” ci liberano da questa sensazione in quanto la “Midwinter Spring” unisce assieme le stagioni opposte e, allo stesso tempo, è “its own season”, una fase nella quale si verifica l’intersezione tra il mondo empirico e l’eternità. Si passa dunque da una visione ciclica del tempo, propria del secondo Quartetto, ad una in cui il Vero riesce ad abbattere le mura del mondo disarmonico a noi noto sino a prefigurare l’armonia di una realtà eterna.

Per quanto riguarda il rapporto che si crea con il primo Quartetto, possiamo verificare come esso sia tutt’altro che contrastante, tanto che la visione iniziale di “Burnt Norton” può definirsi la premessa per “Little Gidding”. In entrambi i casi si parte da un paesaggio naturale e da una serie di fenomeni che imbastiscono una visione capace di trascendere i confini dell’immanente. L’imagery è caratterizzata dalla presenza di acqua, luce e fiori. La “rivelazione” si concretizza in un riflesso di luce che appare in un caso sull’acqua, “The surface glittered out of heart of light” (“Burnt Norton”, I, v. 37), mentre nell’altro sul ghiaccio, “The brief sun flames the ice […]/

143

Reflecting in a watery mirror / A glare that is blindness in the early afternoon” (“Little Gidding”, I, vv. 5 e 7-8). Nonostante questo parallelismo, tra i due Quartetti avviene però un cambiamento di prospettiva. Se nel primo la visione del “rose-garden” rimaneva avvolta da un alone di mistero in “Little Gidding” il significato sacrale è patente in quanto c’è un rimando diretto al “pentecostal fire”249. Per ciò che concerne il rimando ai fiori, si ricordi come in “Burnt Norton” la rosa e il loto fossero associati ad una forma di amore terreno che ne suggeriva uno più elevato.

In “Little Gidding”, la siepe contiene in sé entrambi i significati, in quanto “[It] is blanched for an hour with transitory blossom/Of snow”. I boccioli simboleggiano dunque la bellezza, ma il colore bianco dà loro un significato divino.250 Persino nella scelta dei pronomi personali si rileva un cambiamento. Nel giardino di “Burnt Norton”, infatti, il poeta era ricorso ai pronomi “we” e “they”, ad indicare un consorzio più intimo, al contrario di ciò che sta accadendo a “Little Gidding”, dove l’io poetante preferisce rimanere su una sfera impersonale quasi a voler suggerire l’avvenuto passaggio dalla parola umana a quella divina.

L’immagine iniziale della “Midwinter spring”, risultato di un’azione miracolosa, si pone dunque in netta opposizione rispetto al caotico e apocalittico “Late November” di “East Coker”. L’incontro ossimorico tra le due stagioni veicola nel Quartetto conclusivo l’avvenuto contatto tra

249 Riguardo al fuoco pentecostale, Donini (Cfr. Quattro Quartetti, traduzione e cura di

Filippo Donini, cit., p. 115) suggerisce come vi sia una differenza rispetto agli Atti degli

Apostoli (II, 1-2). Nei Quartetti, infatti, il fuoco è senza vento, mentre nella Bibbia si legge:

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.” (http://www.vatican.va/archive/ITA0001/__PW7.HTM, sito consultato in data 14 marzo 2014).

250 Per i parallelismi tra il primo e l’ultimo Quartetto si è fatto riferimento all’articolo di

David Perkins, “‘Rose Garden to Midwinter Spring’: Achieved Faith in the Four Quartets”,

144

l’eternità e il tempo, come sottolinea ad esempio l’utilizzo dell’aggettivo “sempiternal” e dell’espressione “suspended in time”, a metà strada “between pole and tropic” (si noti anche il richiamo allegorico alle immagini del ghiaccio e del fuoco nei versi 4 e 5). Queste immagini opposte si alternano fino alla comparsa del “pentecostal fire”, correlata a “the dark time of the year”. Il fuoco, così come viene presentato in questo momento, sembra aver perso le caratteristiche distruttive e purgatoriali che lo contraddistinguevano in “East Coker” (“destructive fire”, II, v. 16), convertendosi in rappresentazione dello Spirito Santo. Il senso di un’ “armonia dei contrasti” si può cogliere anche nella coppia di verbi “melting and freezing”, binomio oggettivante le vie dell’affermazione e della negazione che hanno caratterizzato la ricerca spirituale iniziata nel Quartetti precedenti.251

Il dono divino si materializza nella fioritura della “hedgerow”, che anticipa l’ultima immagine della riconciliazione, cioè la “zero summer”, momento sospeso in cui l’inverno, rappresentato dalla temperatura scesa a zero gradi, e l’estate si uniscono in una dimensione “unimaginable”, essenza ultima del paradosso.252

Nella seconda parte del primo movimento il poeta torna a rivolgersi direttamente al lettore, per descrivere come la straordinarietà della visione sopravviva al passare del tempo:

If you came this way,

Taking the route you would be likely to take From the place you would be likely to come from,

251 Cfr. Giovannelli, La parola e la visione. Per una lettura dei “Four Quartets” di T. S. Eliot, cit., p.

120. A questo si possono aggiungere altre coppie antinomiche quali “frost” e “fire”, “flames” e “ice”, “windless cold” e “heart’s heat” (Cfr. Reibetanz, A Reading of Eliot’s “Four Quartets”, cit., p. 142).

252 L’immagine della “zero summer” potrebbe rappresentare la “zero hour”, l’ora x che

contraddistingue, nel linguaggio militare, l’inizio di un’azione (Cfr. Quattro Quartetti, traduzione e cura di Filippo Donini, cit., p. 115).

145 If you came this way in may time, you would find the hedges

White again, in May, with voluptuary sweetness. It would be the same at the end of the journey, If you came at night like a broken king,

If you came by day not knowing what you came for, It would be the same, when you leave the rough road And turn behind the pig-sty to the dull facade

And the tombstone. And what you thought you came for Is only a shell, a husk of meaning

From which the purpose breaks only when it is fulfilled If at all. Either you had no purpose

Or the purpose is beyond the end you figured And is altered in fulfilment. There are other places Which also are the world's end, some at the sea jaws, Or over a dark lake, in a desert or a city—

But this is the nearest, in place and time,

Now and in England (“Little Gidding”, I, vv. 21-40)

Se la sezione antecedente era caratterizzata dalla scelta del presente indicativo per descrivere la visione e, allo stesso tempo, identificare un periodo storico, in questo caso l’autore adotta il condizionale, tempo della possibilità, associato ad una particolare struttura iterativa grazie alla quale è possibile instaurare un contatto tra l’esperienza presente vissuta nel villaggio e quella di un passato antico. Il doppio richiamo al mese di maggio può inoltre considerarsi un riferimento esplicito alla visita compiuta da Eliot,253 mentre l’immagine del “broken king” rimanda chiaramente alla figura di Re Carlo I. Indipendentemente dal luogo di provenienza, e dal momento dell’anno in cui avviene la visita, “it would be the same at the end of the journey”: quello che il pellegrino di oggi troverà di fronte a sé pare essere

253 Curiosa è la scelta dell’autore di indicare il mese di maggio prima con la lettera minuscola

e poi con la maiuscola. Il primo riferimento potrebbe rimandare al verbo “may”, come suggerisce poi la scelta di utilizzare il condizionale al verso 24.

146

l’essenza stessa di una meta sempiterna. Il villaggio di Ferrar non è allora un caso unico, ma esisterebbero altri luoghi alla “world’s end”, dove “end” è da intendere nel duplice valore di “fine” e “finalità”. Secondo John Hayward, queste località sono tutte legate a figure di santi254: le “sea’s jaws” sembrerebbero riferirsi sia all’isola di Iona, dove sorge il monastero di San Colombiano255, sia a quella di Lindisfarne, dove visse San Cutberto256; il “dark lake” corrisponderebbe a Glendalough, dove San Kevin fondò un eremitaggio257; il “desert” rappresenterebbe la regione della Tebaide dove si ritirò Sant’Antonio258, ed infine la “city” evoca Padova, ricollegabile all’altro Sant’Antonio259. Il fatto che questi luoghi siano riconducibili a figura santificate permette di indicarli come punti in cui eterno e temporale si incontrano, benché il luogo più vicino rimanga “Now and in England”.

254 Per le successive associazioni si è fatto riferimento a Gardner, The Composition of “Four

Quartets”, cit., p. 163.

255 San Colombano (542-615) fu discepolo di San Columba, re irlandese e monaco guerriero,

che arrivò sull’isola di Iona dall’Irlanda nel 563 e vi fondò un monastero che sarebbe diventato uno dei centri più importanti d’Europa, dal quale si diffuse il Cristianesimo in tutta la Scozia.

256 Sull’isola santa di Lindisfarne venne fondata nel 635 da Sant’Aidan, seguace di San

Columba, l’omonima abbazia dove visse anche San Cutberto (634-687), monaco del monastero poi canonizzato nel 698, il quale dedicò la propria vita all’attività evangelizzatrice per poi diventare eremita. La sua figura assunse persino un valore politico, in quanto gli abitanti del Palatinato di Durham lo consideravano protettore del popolo e difensore dell’autonomia. Un riferimento a questo fatto emerge nel contesto della battaglia di Neville’s Cross del 1346.

257 San Kevin (498-618), discendente da una famiglia di Leinster, Irlanda, studiò sotto la cura

di tre futuri santi (Eoghan, Lochan ed Enna) presso il villaggio di Glendalough, dove, in seguito, fondò un monastero nel punto in cui confluivano due fiumi.

258 A Sant’Antonio abate (251-357) si deve la nascita del monachesimo cristiano. Nato in una

famiglia agiata, la sua vita fu caratterizzata dalla ricerca della purificazione e dall’abbandono di ogni bene materiale. Morì infatti nel deserto della Tebaide. Tra gli attributi iconografici che gli vengono associati c’è anche il fuoco.

259 Padova è la città dove morì Sant’Antonio (1195-1213), frate francescano e dottore della

147

Con questi versi si conclude il primo movimento:

If you came this way,

Taking any route, starting from anywhere, At any time or at any season,

It would always be the same: you would have to put off Sense and notion. You are not here to verify,

Instruct yourself, or inform curiosity Or carry report. You are here to kneel

Where prayer has been valid. And prayer is more Than an order of words, the conscious occupation Of the praying mind, or the sound of the voice praying. And what the dead had no speech for, when living, They can tell you, being dead: the communication

Of the dead is tongued with fire beyond the language of the living. Here, the intersection of the timeless moment

Is England and nowhere. Never and always. (“Little Gidding, I, vv. 41-65)

Nonostante la struttura sia modellata su quella dei versi precedenti, in questa parte Eliot chiarisce definitivamente lo scopo della visita alla cappella. Partendo dal concetto della scarsa rilevanza del luogo da cui si è partiti, e del momento in cui viene intrapreso il viaggio, il poeta ammonisce che “you would have to put off/ Sense and notion”. Nei versi successivi viene ribadito come il pellegrino non sia “here to verify”, ponendo di nuovo l’accento sull’umiltà (si veda “East Coker”: “humility is endless”, II, v. 48), e neppure per soddisfare la propria curiosità (come avveniva invece nel caso dei metodi elencati in “The Dry Salvages”, V, vv. 1-18)260. Lo scopo ultimo della visita è racchiuso nella frase “you are here to kneel/Where prayer has been valid”.261

260 Cfr. Giovannelli, La parola e la visione. Per una lettura dei “Four Quartets” di T. S. Eliot, cit., p.

124.

261 Sarà lo stesso Eliot a fornire una spiegazione riguardo questi versi: “What I mean is that

for some of us, a sense of place is compelling. If it is a religious place, a place made special by the sacrifice of a martyrdom, then it retains an aura. We know that once before a man

148

Il momento della preghiera si traduce in un qualcosa di più di un semplice frasario e non è più un’esclusiva “occupation for the saint” (si veda il Quartetto precedente, V, v. 19), ma diventa un’occasione preziosa in cui le generazioni passate hanno la possibilità di comunicare con i vivi. Le voci dei morti sono “tongued with fire”, chiaro richiamo alla Pentecoste. Sarà proprio nella cappella di Little Gidding che l’eternità si concretizzerà in uno spazio e in un momento ben definiti e tuttavia incatturabili, ancorati contemporaneamente a “England and nowhere. Never and always”.262