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Con questi versi si apre l’ultimo movimento: Words move, music moves

3.2 Un mondo alla rovescia.

Con il secondo movimento di “East Coker” Eliot introduce un brusco cambiamento di ambientazione e punto di vista. Si ha infatti un passaggio repentino dal suolo della campagna ad una combinazione allegorica di terra e cielo:

85 What is the late November doing

With the disturbance of the spring And creatures of the summer heat, And snowdrops writhing under feet And hollyhocks that aim too high Red into grey and tumble down Late roses filled with early snow? Thunder rolled by the rolling stars Simulates triumphal cars

Deployed in constellated wars Scorpion fights against the Sun Until the Sun and Moon go down Comets weep and Leonids fly Hunt the heavens and the plains Whirled in a vortex that shall bring The world to that destructive fire

Which burns before the ice-cap reigns. (“East Coker”, II, vv. 1-17).

Nella prima parte del passo appena citato, una voce lirico-apocalittica immagina iperbolicamente uno scenario nel quale ogni elemento risulta scisso dalle proprie caratteristiche abituali. Si passa dalla calda estate che faceva da sfondo al primo movimento a un autunno sconvolto e irriconoscibile. Nel contesto epocale risulta impossibile non segnalare la connessione tra l’autunno e il periodo storico della Seconda Guerra Mondiale, a cui il Quartetto si correla. Il caos che ha sconvolto l’umanità con gli avvenimenti del 1938 pare anche riflettersi nelle immagini di questi primi versi. Ciò che vediamo altro non è che un’inquietante contaminazione di stagioni nella quale l’autunno è minacciato dalla primavera, senza poi dimenticare la (com)presenza di “creature” generate dalla calura estiva e vari tipi di disequilibri all’interno dell’“ecosistema”. Un’altra anomalia di questo clima fa sì che le “late roses”, chiaro riferimento a “Burnt Norton”, siano

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ricoperte dalla “early snow”,148 in un senso di minaccioso spaesamento che si abbatte sui ritmi della natura fino ad acquisire risonanze cosmiche. La visione apocalittica riguarderà le guerre tra le costellazioni e altri corpi celesti, contrasto veicolato pure dalla scelta di un vocabolario ricco di allitterazioni (si pensi alle lettere “l” ed “r” al verso 8)149. Il disorientamento è tale che Scorpione non combatte più la tracotanza di Orione per ordine di Artemide150, ma lotta contro il Sole, simbolo di Cristo nell’iconografia cristiana, nonché immagine che richiama la Resurrezione. In questo scontro viene coinvolta anche la Luna, che, per continuare lungo la linea dei richiami alla tradizione religiosa, può ricollegarsi alla Madonna e porta con sé anche il valore della maternità. In questi versi Eliot riesce dunque a comunicare un senso di deflagrazione rifacendosi a un palinsesto legato sia alla mitologia classica sia all’iconografia cristiana, sottolineando parimenti la ciclicità del tempo. Si pensi infatti al lasso temporale di un anno e alla corrispettiva rivoluzione della Terra attorno al Sole, e alle fasi lunari concentrate invece in un mese. Si potrebbe addirittura ipotizzare che i referenti simbolici di Sole e Luna oggettivino il rapporto che intercorre tra Cristo e la Madonna, essendo quest’ultima illuminata dalla luce che emana suo figlio. Quanto alla presenza delle Leonidi, sciami meteorici che appaiono nel mese di novembre, essa potrebbe sia rimandare al configurarsi di un ponte tra terra e cielo, sia ricordare i bombardamenti di Londra. Lo stato di sconvolgimento è confermato dai termini “whirled” e “vortex”, che ricordano i viaggiatori del

148 D’altro canto, come è già successo nel primo movimento per le parti della giornata, anche

in questo caso le stagioni potrebbero fungere da correlativo oggettivo per le fasi della vita dell’uomo: infatti la conferma che l’autunno corrisponde alla vecchiaia non tarderà ad arrivare nei versi successivi.

149 Cfr. Reibetanz, A Reading of Eliot’s “Four Quartets”, cit., p. 62.

150 Cfr. Hans Biedermann, Dictionary of Symbolism: Cultural Icons and the Meanings Behind

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treno protagonisti del terzo movimento di “Burnt Norton”, i quali, travolti dal vento, risultavano simili a fogli di carta.151

Segue poi la parte del movimento di carattere più argomentativo:

That was a way of putting it - not very satisfactory: A periphrastic study in a worn-out poetical fashion, Leaving one still with the intolerable wrestle

With words and meanings. The poetry does not matter. It was not (to start again) what one had expected. What was to be the value of the long looked forward to, Long hoped for calm, the autumnal serenity

And the wisdom of age? Had they deceived us, Or deceived themselves, the quiet-voiced elders,

Bequeathing us merely a receipt for deceit? (“East Coker”, I, vv. 18-27).

Con questi versi l’autore ci presenta, come era già successo in “Burnt Norton”, una riflessione meta letteraria e la “lotta” che si è delineata in precedenza si manifesta ora in un vero e proprio attacco contro la “wisdom of age”. In questo caso, ogni forma di cultura appare svuotata di senso, rivelandosi “a periphrastic study” che lascia l’autore alle prese con una “intolerable wrestle with words and meanings”, costringendolo così a fare un passo indietro rispetto alla connessione tra forma e significato colta nell’immagine della “Chinese jar”. Il cuore della discussione conduce a una presunta mancanza di saggezza da parte degli antenati. Se, nel primo movimento, Eliot si era appellato a un senso di armonia atavica tra le generazioni umane e la Terra, in questi versi anche questo fenomeno positivo degenera in un inganno. Se la “deception of the thrush” in “Burnt Norton” era solo apparente, in questo caso l’inganno si verifica nei confronti non solo delle generazioni più giovani (“deceived us”), ma anche di se stessi

151 Cfr. Giovannelli, La parola e la visione. Per una lettura dei “Four Quartets” di T. S. Eliot, cit., p.

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(“deceived themselves”). Tutto ciò è suggerito tramite un ennesimo rovesciamento: quello della tesi che associa la maturità degli anziani (“the autumnal serenity”), alla saggezza:

The serenity only a deliberate hebetude,

The wisdom only the knowledge of dead secrets Useless in the darkness into which they peered

Or from which they turned their eyes. There is, it seems to us, At best, only a limited value

In the knowledge derived from experience. The knowledge imposes a pattern, and falsifies, For the pattern is new in every moment

And every moment is a new and shocking

Valuation of all we have been. We are only undeceived Of that which, deceiving, could no longer harm.

In the middle, not only in the middle of the way But all the way, in a dark wood, in a bramble,

On the edge of a grimpen, where is no secure foothold, And menaced by monsters, fancy lights,

Risking enchantment. Do not let me hear

Of the wisdom of old men, but rather of their folly, Their fear of fear and frenzy, their fear of possession, Of belonging to another, or to others, or to God. The only wisdom we can hope to acquire Is the wisdom of humility: humility is endless. The houses are all gone under the sea.

The dancers are all gone under the hill. (“East Coker”, I, 28-50).

La messa in discussione dei valori associabili alla vecchiaia continua in questi versi, in cui la serenità diventa “hebetude” e la saggezza non sarebbe nient’altro che una “knowledge of dead secrets”. Eliot sembra arrivare persino a mettere in discussione i propri studi, in quanto il verso “the

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knowledge derived from experience” declassa la conoscenza empirica a un “limited value”, richiamando al contempo il titolo della sua tesi di dottorato, impostato su uno studio del rapporto tra conoscenza ed esperienza.152 La conoscenza diventerebbe perciò una continua messa in discussione di ciò che è stato. Questo senso di inadeguatezza e di mancanza di punti di riferimento si fa più esplicito tramite la scelta di alcuni richiami, letterari e non, che sottolineano l’esperienza di imprigionamento fisico e spirituale riconducibile al sentimento di insicurezza e precarietà che sta vivendo l’uomo durante gli anni della guerra. I versi 39-40 (“In the middle, not only in the middle of the way/ But all the way, in a dark wood, in a bramble”) ricordano il primo Canto dell’Inferno della Divina Commedia e sarebbero già di per sé un sufficiente veicolo allegorico; a questo, Eliot aggiunge però il “bramble”, una massa di piante parassite, che per la loro natura, si avviluppano intorno ad altri vegetali provocandone la morte. Da sottolineare poi la scelta del vocabolo “grimpen”, termine mutuato da The Hound of the

Baskervilles di Arthur Conan Doyle, dove si parla di una palude minacciosa

che inghiotte misteriosamente i cavalli e compare il commento seguente, attribuito al Dottor Watson: “Life has become like the great Grimpen Mire, with little green patches everywhere into which one may sink and with no guide to point the track”.153

La minaccia si fa concreta con le “fancy lights” che creano un effetto di incantamento accecante capace di allontanare dalla vera saggezza, e proprio in questo scenario apocalittico si innesta il monito di Eliot, la cui scelta di parlare in prima persona ribadisce come il poeta si senta particolarmente coinvolto. Egli non è colpito dalla saggezza dei vecchi, come si è visto nei

152 Il titolo era Knowledge and Experience in the Philosophy of F. H. Bradley (1916), come ricorda

Eric Sigg, The American T. S. Eliot: A Study of the Early Writings, Cambridge University Press, Cambridge and New York 1989, p. 35.

153 Arthur Conan Doyle, The Hound of the Baskervilles (1902), cit. in Sweeney, “’East Coker’: a

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versi precedenti, bensì dalla loro follia, da cui si deduce come l’unica strada percorribile sia quella dell’umiltà, la vera saggezza fruibile dall’uomo, poiché “humility is endless”. I due versi finali154, che sembrano chiudere definitivamente le riflessioni connesse alla terra e ai danzatori notturni, aprono uno spiraglio in direzione del superamento di una visione ciclica negativa e di un falso “pattern” gnoseologico. Il concetto di umiltà, secondo l’autore, rientra tra le virtù universali, ed è stato da lui definito altrove come “the most difficult of all virtues to achieve, nothing dies harder than the desire to think of oneself”.155