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Interesse del minore: un’altra visione rispetto al Giappone

CAPITOLO 4: CONFRONTO CON IL PANORAMA INTERNAZIONALE

4.1 La custodia dei figli minori: l’importanza di mantenere i rapporti con entrambi i genitor

4.1.4 Interesse del minore: un’altra visione rispetto al Giappone

Definire cosa s’intende come “il miglior interesse del minore” è un compito arduo; questo concetto si presenta molto vago e particolarmente influenzabile dalla cultura e dalla mentalità di chi lo descrive. Non sorprende quindi la possibilità che a Paesi diversi, ai quali corrispondono culture diverse, possano corrispondere diverse interpretazioni. Bisogna inoltre puntualizzare che suddetto concetto è condizionato anche dalla situazione che viene a porsi in essere: ciò che può risultare nel miglior interesse del minore in un determinato caso, non significa che possa essere universalmente riconosciuto come tale. In altre parole, a

59 SESTA, Manuale di diritto di famiglia, 2016, pp. 309

60 SHIINA, Itaria ni okeru Ko ni tai suru Kyōdōshinken no Shinseido …, 2013, pp. 11-128. 61 Questo argomento verrà trattato più approfonditamente nei paragrafi successivi.

81 seconda del caso preso in esame, al “miglior interesse del minore” potrebbero coincidere soluzioni differenti62. Come già esposto, poiché questo concetto si presenta vago e mutevole a seconda della situazione, risulta altresì non semplice porre un’unica idea di “miglior interesse” del minore, che sia riconosciuta come valida da tutti i Paesi. Nonostante ciò, nel panorama internazionale, si è cercato di stabilire una linea generica unica per la determinazione di questo: la maggior parte dei Paesi industrializzati sostiene la visione secondo la quale, al miglior interesse del minore, corrisponde il mantenere la relazione con entrambi i genitori, anche a seguito della fine della relazione matrimoniale tra questi63. Si può quindi riscontrare come, nel panorama internazionale, sia particolarmente diffusa una preferenza per l’affidamento condiviso e la gestione comune delle responsabilità genitoriali successivamente al divorzio. 64

Il Giappone si presenta relativamente “arretrato” rispetto al panorama internazionale: come descritto approfonditamente nei capitoli precedenti, il Giappone sostiene una preferenza verso l’affidamento monogenitoriale65 e non riconosce il diritto di visita del genitore non affidatario66; come accennato poco fa, questo dipende principalmente dalla diversa cultura (e visione) presente nel Paese.

62 Questo genere di standard, dovrebbe essere utile anche al fine di eliminare le differenze ed i pregiudizi su cui

si basano teorie come la Tender Years Doctrine, e porre su uno stesso piano entrambi i genitori, al fine di scegliere la soluzione migliore nell’interesse del minore. HORVATH, RYZNAR, Protecting the Parent-Child

Relationship, 2014, pp. 309-310

63 La custodia condivisa permette al minore, di preservare la struttura famigliare anche a seguito della fine della

relazione matrimoniale dei genitori, grazie al continuo contatto con entrambi; inoltre “solleva” il genitore affidatario dal fardello dell’essere l’unico responsabile per il minore, e sposta equamente le responsabilità su entrambi i genitori. HORVATH, RYZNAR, Protecting the Parent-Child Relationship, 2014, pp. 314

64L’introduzione di un sistema ad affidamento condiviso è stata consequenziale all’evoluzione della società;

concetti quali “il benessere del minore” e la parità dei sessi, hanno sostituito il concetto del “figlio come proprietà del genitore” e non si è più posto, almeno in linea teorica, il marito in una posizione di preferenza rispetto al coniuge femminile. L’applicazione di questo genere di sistema di custodia, ha portato alla risoluzione di diverse questioni: ad esempio, la più comune, la relazione con il genitore non affidatario. Con l’aumento dei divorzi, tramite il sistema dell’affidamento monogenitoriale, sono aumentati i bambini coinvolti nel litigio dei genitori, che perdevano il contatto con uno dei due a seguito do questo. La figura del genitore senza la custodia (nella maggior parte dei casi, il padre) si trova limitata alla sola richiesta delle visite; mentre dall’altro lato, il genitore affidatario, si trovava ad affrontare tutte le difficoltà e responsabilità dell’essere un genitore da solo. Si veda John M. LANDE, The Revolution in Family Law Dispute Resolution, Journal of the American Academy of Matrimonial Lawyers, Volume 24, 2012, pp. 438-439.

65 Si rimanda al paragrafo 2.2.1 del capitolo due. 66 Si rimanda al paragrafo 3.1.1 del capitolo tre.

82 Lo standard del miglior interesse del minore non impone una specifica soluzione di custodia67, ma piuttosto permette a singole famiglie, avvocati e giudici di determinare cosa è meglio per un bambino in una particolare famiglia, data una determinata situazione. Come articolato precedentemente, il problema con lo standard del "miglior interesse del bambino" è dato dal livello di discrezionalità lasciato ai singoli giudici, che crea quindi molta ambiguità per i genitori.68 Alla corte, spesso, manca l’abilità di saper distinguere cosa può costituire la migliore scelta per il bambino (quale genitore tra i due), al di là di ogni ragionevole dubbio. In generale, l’imprevedibilità nella determinazione del “miglior genitore” può portare all’aumento delle liti in tribunale, per la custodia, agendo quindi contro il benessere del minore. 69 Pertanto, si è cercata una soluzione che potesse garantire una sorta di prevedibilità (per i genitori), ma che allo stesso tempo servisse il miglior interesse del bambino, in un'ampia varietà di complesse situazioni identificabili anche in via pratica. 70

67 Infatti l'affidamento condiviso è considerata un'opzione particolarmente negativa se il conflitto è elevato o se

sono presenti precedenti di violenza domestica. Gli avvocati e gli altri professionisti che lavorano con i genitori divorziati dovrebbero quindi incoraggiare e promuovere accordi che prevedano alti livelli di contatto con entrambi i genitori quando questi sono in grado di cooperare, a vantaggio del minore. BUCHANAN, JAHROMI, A

Psychological Perspective on Shared Cusotdy Arrangementes, 2008, pp. 434-5. WARSHAK, The Best-Interest-of- the-Child Standard …, 2011, pp 106-109

68 Ibidem

69 BENNETT WOODHOUSE, Child Custody in the Age of Children’s Right …, 1999, pp. 821. E BUCHANAN,

JAHROMI, A Psychological Perspective on Shared Cusotdy Arrangementes, 2008, pp. 434-5

70 SIEBEL, Fathers and their Children..., 2006, pp. 226. E Eleanor E. MACCOBY, A Cogent Case For a New Child Custody Standard, in A Critical Assessment of Child Custody Evaluations, Volume 6, Numero 1, 2005.

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4.2 Le visite

Un accordo classico di visita, nella maggior parte dei Paesi, comporta attorno ai tre giorni e due notti per settimana71; chi è avvezzo a questo genere di standard per le visite, è portato a ritenere che in Giappone il divorzio sia sinonimo di perdere i contatti con i propri figli: secondo una stima, meno del 49% dei casi conclude un qualche accordo di visita; solo metà di questi accordi prevedono più di una visita al mese, e solo il 15% prevede il pernottamento serale. In più, è tristemente comune che le parti tendano a non onorare gli accordi presi. La soluzione più diffusa vede il genitore non affidatario perdere qualsiasi tipo di relazione con il figlio minore; anche nei casi in cui le visite vengono concesse, gli episodi rimangono comunque pochi per consolidare un rapporto genitore-figlio. 72 Una differenza molto importante tra il diritto di molti Paesi (come quello americano e quello italiano) e quello giapponese risiede nel riconoscimento delle visite come un diritto; queste vengono impedite solo qualora sia verificato che queste possano arrecare un danno al minore73; la corte cerca sempre di portare le parti sulla stessa linea, al fine di riuscire a ricreare un rapporto di cooperazione, anche nel peggiore dei casi. 74

In questo paragrafo si analizzerà il suddetto concetto del diritto di visita75. Si porrà inoltre l’accento sul quesito secondo cui questo diritto possa appartenere al minore, al genitore non affidatario, o ad entrambi. In ultimo si esporrà un nuovo e particolare tipo di visita definito “visita virtuale”, che potrebbe costituire un ottimo mezzo per supportare la relazione genitore-figlio, sia nei casi locali, che in quelli internazionali.

71 Ad esempio, in base ad uno studio condotto da Maccoby e Mnookin nel 1992, che esaminava come venivano

condotte le visite (prendendo in esame alcune città in California), solo il 21% di queste presentavano visite non regolari a distanza di 6 mesi dal divorzio; inoltre anche nei casi in cui fosse stata stabilita la custodia singola ad un genitore, il 34% dei casi implementava comunque alcuni pernottamenti presso la casa dell’altro genitore, ed il 22% prevedeva alcune visite giornaliere. Si veda TANASE, Divorce and the Best Interest of the Child…, 2011 pp. 565 che cita e riporta lo studio di Eleanor E. MACCOBY, Robert H. MNOOKIN, Dividing the Child: Social and

Legal Dilemmas of Custody, 1992.

72 TANASE, Divorce and the Best Interest of the Child…, 2011 pp. 563-564 73 TANASE, Divorce and the Best Interest of the Child…, 2011 pp. 578-579 74 TANASE, Divorce and the Best Interest of the Child…, 2011 pp. 564-567

75 Shiina Noriko indica con il termine 訪問権 (hōmonken) il diritto di visita riconosciuto come tale: SHIINA, Itaria ni okeru Ko ni tai suru Kyōdōshinken no Shinseido …, 2013, pp. 107

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