• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: L’AFFIDAMENTO IN GIAPPONE

2.2 Affidamento Condiviso

2.2.2 Visione negativa dell’affidamento condiviso

Come già discusso nel primo capitolo, relativamente la storia del diritto di famiglia, in Giappone non è mai stato presente l’istituto dell’affidamento condiviso; per tanto è possibile che sia presente una difficoltà, a livello culturale, a metabolizzare quei concetti chiave che costituiscono il fondamento per il sistema di affidamento condiviso, che si rivela essere totalmente estraneo alla cultura del Paese.

La visione negativa dell’affidamento condiviso in Giappone, può trovare una prima spiegazione nella logica che vede il preservare la stabilità del minore come la soluzione migliore nell’interesse dello stesso85. Quello che si ritiene essere il “miglior interesse del minore”, è un concetto ideologico non perfettamente definito ed influenzato dai giudizi sociali e politici, sia personali sia della società, di quello che viene ritenuto essere il meglio per il figlio minore86. Anche se l’opinione più diffusa in ambito internazionale, è quella che vede il miglior interesse del minore coincidere con la preferenza a mantenere i rapporti con entrambi i genitori, in Giappone non è così.

L’affidamento condiviso non è assente da critiche. Si ritiene che in alcuni casi, questo affidamento sia più una disposizione atta a salvaguardare l’interesse e i diritti del genitore (non affidatario) rispetto all’interesse del figlio minore87. Si presume che i genitori scelgano questo genere di affidamento nel miglior interesse del minore, ma secondo una ricerca effettuata da McKinnon e Wallerstein88, di tutte le famiglie prese in esame durante la ricerca,

83 MOTOYAMA,Kazokuhō (Diritto di Famiglia), 2015, pp.118-119 84 Ibidem

85 Si ritiene quindi sempre nell’interesse del minore, la limitazione (se non la totale negazione) dei rapporti con

il genitore non affidatario, soprattutto nel caso in cui il genitore con la custodia dovesse aver instaurato una nuova relazione con un nuovo partner, ed è in grado di fornire al figlio minore un ambiente più stabile grazie alla creazione di una “nuova famiglia”. TANASE, Divorce and the Best Interest of the Child …, 2011, pp. 569

86 Katharine T. BARLETT, Re-expressing Parenthood, The Yale Law Journal, Volume 98, 1988, pp. 302-303 87 Dianne POST, Arguments against Joint Custody, Berkeley Women’s Law Journal, 2013, pp. 316

88 POST, Arguments against Joint Custody …, 2013, pp. 316-318: L’autrice fa riferimento allo studio di

MCKINNON and WALLERSTEIN, in Joint Custody and the Preschool Child, Behavioral Sciences And The Law, pp. 169, 1986.

38 nonostante avessero optato per l’affidamento condiviso in comune accordo, solo un terzo dei casi aveva scelto per questa soluzione pensando effettivamente al miglior interesse del figlio. I casi rimanenti lo avevano scelto per motivi pratici ed economici (considerati quindi più importanti rispetto quelli emotivi del minore)89. Tra questi si riscontravano, ad esempio, la necessità di ricorre all’affidamento condiviso per ragioni di comodità lavorativa o, per quanto concerne il coniuge che fosse stato contrario al divorzio, la modalità di affidamento condiviso rappresentava una sorta di continuazione del legame con l’ex-coniuge90; questo genere di motivazioni hanno avuto delle conseguenze sulla salute emotiva del minore. Inoltre i casi in cui i genitori sono riusciti a stabilire una cooperazione tranquilla per la crescita del bambino sono stati alquanto rari.

Una situazione come quella del divorzio colpisce e coinvolge (anche) i figli, ma è stato riscontrato che i bambini, sia grandi che piccoli, hanno la capacità di capire il cambiamento e di adattarsi al nuovo ambiente; l’attitudine dei genitori ha però un’enorme influenza: i bambini in cui sono stati riscontrati risultati negativi in seguito al divorzio, sono quelli provenienti da situazioni di conflitto molto elevato, in cui l’atteggiamento negativo dei genitori ha provocato ripercussioni su di essi91.

La collaborazione tra i genitori, al fine di tutelare una crescita sana del minore, è un elemento essenziale nell’affidamento condiviso. Quando è presente molta ostilità tra le parti, se gli stili di vita ed educativi si differenziano molto, o un genitore è disinteressato alla vita del figlio, il raggiungimento di un accordo e la creazione di un ambiente idoneo allo sviluppo del minore risulta molto difficile. Per queste ragioni si ritiene necessario educare le persone92 ai benefici che l’affidamento condiviso può portare, a porre l’interesse del figlio prima dell’interesse personale (del genitore), e a mantenere un rapporto rispettoso nei

89 POST, Arguments against Joint Custody…, 2013, pp. 316-318 90 POST, Arguments against Joint Custody…, 2013, pp. 317-320 91 SIEBEL, Fathers and their Children …, 2006, pp. 229-230

92 OGAWA, The child custody Issues at the time of divorce …, 2009, pp. 46-47. E YAMAGUCHI Sawako, Joint Custody and Child Visitation after Divorce: Focusing on DV cases, Journal of School of Foreign Languages,

39 confronti della figura dell’ex-coniuge, il quale, al di là della fine del matrimonio, rimane comunque l’altro genitore del proprio figlio93.

Secondo un altro studio di Steinman, Zemmelman e Knoblauch94, le famiglie che meglio sono riuscite nell’applicazione dell’affidamento condiviso presentavano una serie di caratteristiche precise, tra le quali ad esempio, il rispetto dell’ex-coniuge. Nonostante il fallimento del matrimonio, le parti sono riuscite a mantenere un atteggiamento obbiettivo e a porre l’interesse del figlio minore davanti alle proprie emozioni, a mantenere una flessibilità mentale tale da riuscire a relazionarsi con l’altra parte, e a mantenere la convinzione che l’ex-coniuge continuasse a rappresentare una buona figura genitoriale95. Al contrario, le famiglie che hanno presentato difficoltà con questo modello, creando situazioni di disequilibrio per i figli, presentavano: una particolare ostilità nei confronti dell’ex-coniuge, una personale attitudine volta a punire l’ex coniuge attraverso il figlio minore; l’incapacità di separare i sentimenti per l’ex-coniuge da quelli del bambino; la provenienza da un contesto con storie di violenza o abuso96.

Ovviamente i casi in cui l’affidamento condiviso si rivela inadatto, sono quelli che presentano situazioni di abuso e di violenza nei confronti del minore, o di atteggiamenti che si pongono contro l’interesse di questo. Secondo recenti stime, in Giappone, le donne che hanno subito un qualche tipo di violenza domestica (sia questa fisica, psicologica o sessuale) sono il 32.9%97; con questa situazione alle spalle è ritenuto impossibile raggiungere una collaborazione serena con l’ex-coniuge ai fini dell’affidamento condiviso: il proseguire di una relazione con l’ex-coniuge violento, danneggia mentalmente sia il genitore che il figlio minore98.

93 Questo ovviamente laddove sia realizzabile: casi in cui il mantenere i rapporti con uno dei due genitori sia

palesemente contro l’interesse del minore (casi di violenza o abusi), l’affidamento condiviso non si rivela essere la soluzione idonea.

94 POST, Arguments against Joint Custody…, 2013, pp.318-320. L’autrice fa riferimento allo studio di STEINMAN,

ZEMMELMAN e KNOBLAUCH, A Study of Parents Who Sought Joint Custody Following Divorce: Who Reaches

Agreement and Sustains Joint Custody and Who Returns to Court, Journal of American Academy of Child

Psychiatry, pp.554-62, 1985.

95 POST, Arguments against Joint Custody…, 2013, pp. 318-320 96 Ibidem

97 YAMAGUCHI, Joint Custody and Child Visitation after Divorce …, 2016, pp. 180-181 98 Ibidem

40 Altre ragioni per cui in Giappone si è diffuso un senso di incertezza nei confronti dell’affidamento condiviso, oltre alla già citata preoccupazione per la situazione potenzialmente instabile in cui verrebbe a trovarsi il minore, sono riconducibili ad un preconcetto che circonda in particolare la figura del padre giapponese: visto come una figura poco responsabile a livello genitoriale in seguito al divorzio99.

Un’ulteriore preoccupazione è la possibile mancanza di supporto nei casi di violenza domestica, in cui la parte più debole potrebbe sentirsi obbligata ad accettare questo genere di affidamento (pur di ottenere un supporto per il mantenimento del figlio). In particolare, quest’ultima ragione, potrebbe vedersi legata al caso del divorzio consensuale, che come già spiegato, non è sottoposto a nessun controllo da parte dell’autorità giudiziaria. Nel codice civile giapponese è presente un articolo che fornirebbe un impedimento al realizzarsi della situazione sopra indicata100: l’articolo 834 del codice civile recita che, nel caso in cui un genitore manifestasse atteggiamenti contrari all’interesse del minore, si prevede la sospensione dello Shinken ad opera del tribunale101. Questa è una delle ragioni per cui si ritiene necessario, per una corretta applicazione dell’affidamento condiviso, anche una revisione del sistema del Kyōgirikon, al fine di implementare una supervisione da parte del tribunale di famiglia, sulle disposizioni relative alla custodia102.