DELINQUENTE DEI GIOVANI IMMIGRATI
4.1 I SERVIZI PER MINORI NELL’AREA PENALE
4.1.2 Istituti Penali per minorenni ∗∗∗∗
Trascorso il periodo preliminare nel Centro di Prima accoglienza, in Comunità o presso la propria abitazione, il giudice deve decidere quale provvedimento adottare nei confronti del minore. La decisione deve essere adottata tenendo conto dei seguenti criteri: non interruzione dei processi educativi, minima offensività del processo, rapida uscita dal circuito penale – così come previsto dall’articolo 19, comma 2, del D.P.R 448/88.
Il giudice può decidere o per la custodia cautelare – carcerazione – o può fare ricorso alle misure alternative alla detenzione.
Nel caso di custodia cautelare il minore viene condotto in un Istituto Penale minorile. Questa misura è prevista per i reati con pene superiori ai nove anni e deve essere giustificata dal pericolo di inquinamento delle prove, di fuga, di reiterazione del reato – articolo 23, del D.P.R 448/88.
Nel momento in cui viene irrogata una condanna a pena detentiva, si apre la fase di esecuzione della condanna.
L’articolo 79 della legge 26 luglio 1975, n. 354, che reca le norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, dispone che tali norme si applicano anche nei confronti dei minori sottoposti a misure penali.
La legge prevede alcune specificità nel trattamento dei minori in esecuzione di pena, e questo regime si applica non solo a chi, al momento dell’esecuzione, sia ancora minorenne ma anche a chi, al momento dell’esecuzione abbia compiuto il diciottesimo anno di età ma non il ventunesimo anno di età – articolo 24, comma 1, D.Lgs. 28
∗ I dati di seguito riportati sono stati forniti dall’ufficio Centrale per la Giustizia minorile.
luglio 1989, n.272, recante norme di attuazione di coordinamento e transitorie del decreto recante disposizioni sul processo penale a carico di minorenni – ovvero abbia iniziato l’esecuzione dopo il compimento del diciottesimo anno di età – articolo 24 comma 2.
Conseguentemente la competenza a decidere in materia di esecuzione delle pene è, anche per i soggetti maggiorenni, che commisero reato quando erano minorenni, del Tribunale per minorenni e del giudice di sorveglianza presso questo organo giudiziario17.
Si comprende così perché all’interno degli istituti penali minorili possiamo trovarvi ragazzi già maggiorenni.
I minorenni entrati negli istituti penali nel 1998 sono stati 1.888, di questi, 844 sono italiani (il 46,8%) e 1.004 sono stranieri (il 53,2%).
Il numero degli ingressi nel suo complesso risulta stabile rispetto all’anno precedente, tuttavia è importante notare che mentre la componente italiana ha subito una progressiva diminuzione, quella straniera, invece, ha registrato un aumento.
La distribuzione dei detenuti stranieri sul territorio nazionale, analogamente a quanto visto per i Centri di Prima Accoglienza, continua ad essere marcatamente disomogenea: il 91,8% degli ingressi dei minori stranieri riguarda gli Istituti Penali minorili delle regioni del Centro-Nord. Il restante 8.2% degli ingressi dei minori si riferisce invece alle regioni del Sud.
Analizzando il fenomeno dal punto di vista temporale, dal 1991 al 1998, si evince come gli ingressi dei minori italiani stiano registrando un decremento sia al Centro-Nord che al Sud dell’Italia, soltanto nel
’98 gli ingressi degli italiani negli Istituti Penali minorili del Sud
17 MORO A.C., op. cit.
risultano stabili; per gli stranieri invece l’incremento in atto riguarda essenzialmente il Centro-Nord (si veda tabella 2).
Su 1.888 minori che hanno fatto ingresso negli Istituti Penali minorili nel 1998, 381 sono femmine, pari al 20,2% del totale degli ingressi. Di queste 381, 349 sono straniere e le restanti 32 italiane.
Come si evince dalla tabella 3, le femmine hanno fatto ingresso soprattutto negli istituti del Centro-Nord e si tratta in maggioranza di minorenni straniere.
La disparità tra minori italiani e minori stranieri si mantiene, quindi, anche per quanto riguarda gli ingressi negli Istituti Penali minorili, a tutto svantaggio degli stranieri.
Di fronte a questo stato di cose non si può non notare come la Raccomandazione del Consiglio d’Europa agli stati membri sulle risposte sociali al comportamento delinquente dei giovani nati da famiglie immigrate, adottata il 18 aprile 1988, che al titolo IV
“Interventi e misure” all’articolo 14 cita : “Evitare di collocare sistematicamente questi giovani in istituti chiusi, fornendo le risorse necessarie affinché le misure in esternato e le misure sostitutive al collocamento istituzionale e alla detenzione possano essere disposte e effettivamente applicate allo stesso modo che ai giovani autoctoni”, non ha, a dodici anni di distanza, trovato attuazione nella realtà.
Tabella 2 Distribuzione territoriale degli ingressi in I.P.M per anno e nazionalità
Anni Italiani Stranieri Totale
C.Nord Sud Italia C.Nord Sud Italia C.Nord Sud Italia
1991 450 778 1228 677 49 726 1127 827 1954
% 36,6% 63,4% 100,0% 93,3% 6,7% 100,0% 57,7% 42,3% 100,0%
1992 535 957 1492 732 65 797 1267 1022 2289
% 35,9% 64,1% 100,0% 91,8 8,2% 100,0% 55,4% 44,6% 100,0%
1993 548 917 1465 780 69 849 1328 986 2314
% 37,4% 62,6% 100,0% 91,9% 8,1% 100,0% 57,4% 42,6% 100,0%
1994 498 824 1322 859 59 918 1357 883 2240
% 37.7% 62,3% 100,0% 93,6% 6,4% 100,0% 60,0% 39,4% 100,0%
1995 363 747 1110 668 35 903 1231 762 2013
% 32,7% 67,3% 100,0% 96,1% 3,9% 100,0% 61,2% 38,8% 100,05
1996 383 710 1093 807 75 882 1190 785 1975
% 35.0% 65.0% 100,0% 91,5% 8,5% 100,0% 60.3% 39,7% 100,0%
1997 343 591 934 848 106 954 1191 697 1888
% 36,7% 63,3% 100,0% 88,95 11,1% 100,0% 63,1% 36,9% 100,0%
1998 291 593 884 922 82 1004 1213 675 1888
% 32,9% 67,1% 100,0% 91,8% 8,2% 100,0% 64,2% 35,8% 100,0%
Fonte:Ufficio Centrale per la Giustizia minorile.
Tabella 3 Distribuzione storico-territoriale degli ingressi in I.P.M per nazionalità e sesso.
ITALIANI STRANIERI TOTALE
ANNI
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale
C.Nord 397 53 460 402 275 677 799 328 1127
Sud 776 0 778 49 0 49 827 - 827
1991
Italia 1175 53 1228 451 275 726 1626 328 1954
C.Nord 505 30 535 391 341 732 896 371 1267
Sud 957 0 957 64 1 65 1021 1 1022
1992
Italia 1462 30 1492 455 342 797 1917 372 2289
C.Nord 518 30 548 460 320 780 978 360 1328
Sud 911 6 917 50 19 89 961 25 986
1993
Italia 1429 36 1465 510 339 849 1939 375 2314
C.Nord 481 17 498 514 345 859 995 362 1357
Sud 822 2 824 43 16 59 865 18 883
1994
Italia 1303 19 1322 557 361 918 1860 380 2240
C.Nord 347 16 363 566 302 868 913 316 1231
Sud 739 8 747 26 9 35 765 17 782
1995
Italia 1086 24 1110 592 311 903 1678 333 2013
C.Nord 385 18 383 506 301 807 871 319 1190
Sud 702 8 710 40 35 75 742 43 785
1996
Italia 1087 26 1093 546 336 882 1613 362 1975
C.Nord 325 18 343 520 328 848 845 346 1191
Fonte: Ufficio Centrale per la Giustizia minorile
4.1.3 Le comunità
L’articolo 10 del D.Lgs 28 luglio 1989, n. 27218, prevede che i Centri per la giustizia minorile organizzino proprie comunità di accoglienza per minori o stipulino convenzioni con comunità pubbliche o private, associazioni o cooperative che operino in campo adolescenziale e siano riconosciute o autorizzate dalla Regione competente.
Tali strutture – che costituiscono servizi in senso proprio – sono destinate ad accogliere in alternativa ai Centri di Prima Accoglienza, i minorenni arrestati, fermati o accompagnati; i minorenni a cui sia stata applicata la misura cautelare del collocamento in comunità, ai sensi dell’articolo 22 del D.P.R 22 settembre 1988, n. 448; i minorenni a cui è stata irrogata la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, articolo 36, comma 2 , D.P.R n. 448/88.
All’articolo 10 del D.Lgs n. 272/89, è sancito inoltre che la gestione e l’organizzazione di tali comunità debba rispondere ai seguenti criteri:
a) costituirsi come organizzazione di tipo familiare, che preveda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale;
b) avere una capienza non superiore a dieci unità, tale da garantire progetti personalizzati, una conduzione e un clima educativamente significativi;
c) utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline;
d) collaborazione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle risorse del territorio.
18 Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.
Dal dettato legislativo emerge chiaramente che la filosofia sottostante alla riforma in questo settore tende innanzi tutto ad una gestione pluralistica, che vede coinvolti Stato, enti locali e privato sociali, al fine di coinvolgere tutte le risorse della comunità. Si tende, inoltre, a limitare la specializzazione penalistica dei servizi, aprendo la comunità non solo a minori soggetti ad interventi penali, ma a tutti i soggetti in età evolutiva, aventi difficoltà di permanenza in famiglia e nel proprio ordinario ambiente di vita19.
Nonostante queste positive modificazioni, si deve prendere atto del fatto che nella realtà difficilmente si riesce a dare origine a organizzazioni veramente soddisfacenti.
Come osserva Moro20, la preferenza che il legislatore ha chiaramente espresso a favore delle comunità degli enti locali e del privato sociale, ha di fatto reso marginale la diretta creazione, da parte dell’Ufficio ministeriale per la Giustizia minorile, di comunità di accoglienza per minori sottoposti ad interventi penali, e non sempre l’ente locale ed il privato sociale è in grado di strutturare tali comunità. Da tutto ciò una conseguente sostanziale carenza di queste strutture, che condiziona fortemente l’azione della magistratura minorile.
Inoltre la compresenza in una stessa struttura di soggetti con caratteristiche e bisogni assai differenti rende ardua l’opera di recupero, il fatto che all’interno della comunità vi possano essere sia ragazzi a cui è stata applicata la misura di sicurezza – per la loro pericolosità sociale – sia ragazzi che presentano solo qualche difficoltà nel processo di crescita, implica delle evidenti difficoltà di gestione da parte degli operatori dei servizi. Ad esempio per i primi si
19 MORO A.C., op. cit.
20 ibidem.
rendono necessarie forti limitazioni della libertà, per i secondi deve essere garantito il contrario, cioè ampi spazi di libertà. Diviene perciò assai difficile, per gli operatori, gestire progetti educativi significativi non di mera decantazione della crisi e di contenimento.
Nonostante i limiti evidenziati, la misura del collocamento in Comunità, ha il grande vantaggio di rappresentare uno degli interventi che mira alla decarcerizzazione e alla acquisizione di processi di responsabilizzazione da parte del reo, il linea con i principi del nuovo processo minorile21.
Dalla tabella 4 si evince come detta misura è applicata soprattutto agli italiani, in particolare modo prevalgono quelli appartenenti alla fascia di età 16-17 anni, per i minori nomadi e stranieri i collocamenti in comunità sono in numero decisamente inferiore. La componente femminile risulta, per tutte le categorie in esame, di scarsa rilevanza.
Tabella 4 Collocamenti in comunità per nazionalità, sesso e classi di età dei soggetti nel 1998.
ITALIANI NOMADI STRANIERI TOTALE ETA’
MF F MF F MF F MF F
< 14 anni 1 3 1 4 1
14 – 15 anni 97 5 30 16 24 151 21
16 – 17 anni 442 15 44 21 82 8 568 44
18 anni e oltre 90 6 4 1 17 3 111 10
Totale 630 26 81 39 123 11 834 76
Fonte: Ufficio Centrale per la Giustizia minorile.
21 D.P.R 22 settembre 1988, n.448.
Il motivo prevalente di ingresso in Comunità è l’articolo 22, D.P.R 884/88 – collocamento in comunità22. Ciò è vero per tutte le categorie di soggetti, anche se in minor misura per gli stranieri.
Come già rilevato per le utenze dei Centri di Prima Accoglienza e degli Istituti penali minorili, al Sud anche i collocamenti in Comunità riguardano essenzialmente ragazzi italiani (89%), di scarsa entità quelli nomadi (9%) e degli stranieri (2%). Al Nord e al Centro invece, pur prevalendo la nazionalità italiana (55%), buona parte dei collocamenti riguardano ragazzi stranieri (35% e 28%
rispettivamente) e nomadi (10% e 17% rispettivamente).