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La sospensione del procedimento e la messa alla prova

LA CRIMINALITA’ FRA I MINORI STRANIERI

3.3 LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE: DIFFICOLTA’ E LIMITI DI

3.3.2 La sospensione del procedimento e la messa alla prova

La scelta di analizzare in maniera particolare la misura della sospensione del procedimento e messa alla prova deriva dal fatto che essa costituisce un’innovazione fondamentale del nuovo processo penale minorile, poiché assicura un serio trattamento del minore deviante e nel contempo mira ad un recupero attraverso la prospettiva di evitare una condanna in carcere. Vi sono infatti molti casi in cui un’immediata condanna in presenza di serie prospettive di evoluzione positiva dell’itinerario maturativo del minore, sarebbe del tutto inopportuna.

Alla base di questa misura vi è una considerazione, in base alla quale il recupero del ragazzo è più probabile all’interno del suo abituale ambiente di vita, piuttosto che nell’ambito del contesto carcerario, nel quale il giovane, alla disperata ricerca di un’identità, sia essa positiva o negativa, rischia, seriamente di incontrare stimoli che rafforzano, anziché disincentivare, la sua identità di deviante.

La sospensione del processo e la messa alla prova è stata introdotta nel nuovo processo penale minorile all’articolo 28 e 2933, il giudice affida il minorenne ai servizi minorili che collaborano con i servizi locali, per lo svolgimento di opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno, decorso il periodo di sospensione se la prova ha dato esito positivo il giudice può dichiarare con sentenza che il reato sia estinto (art.29).

L’obiettivo principale dell’istituto della messa alla prova è dunque quello di consentire una rapida uscita del minore dal circuito penale

33 D.P.R. 448/88.

favorendone la responsabilizzazione, in considerazione del fatto che, essendo nell’età evolutiva, possono esservi dei momenti di crisi, legati a sbandamenti transitori. Momenti che possono essere superati, attraverso validi interventi.

Tuttavia l’attuazione della messa alla prova incontra delle difficoltà, queste sono evidenti già nel momento in cui si individua il profilo-tipo di minori a cui, nella maggioranza dei casi, è applicata la misura. Dai dati nazionali emerge, per esempio, che il loro livello di scolarizzazione è mediamente superiore rispetto a quello dei ragazzi che entrano in contatto con la giustizia minorile34.

Per questo alcuni autori hanno ipotizzato un vero e proprio “effetto selettivo prodotto dall’applicazione della messa alla prova, destinata soprattutto a quei soggetti nei quali si rilevano indici prognostici favorevoli consistenti nella presenza di un certo impegno lavorativo o di studio da parte del minore”35.

Inoltre il progetto di messa alla prova prevede modalità di coinvolgimento non solo dell’adolescente, ma anche del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita. È pertanto evidente la differente situazione in cui vengono a trovarsi, quanto alla concreta possibilità di fruizione dell’istituto, ragazzi già inseriti in relazioni sociali significative e ragazzi socialmente deprivati. Emerge quindi come tale istituto sia difficilmente applicabile nei confronti dei giovani devianti stranieri. Abbiamo precedentemente illustrato, come nei confronti dei ragazzi stranieri risultano impraticabili le misure cautelari delle

34 Indagine sull’applicazione della sospensione del processo con messa alla prova nel periodo 24/10/1989-30/6/1992 elaborata dal Ministero di grazia e giustizia, Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile, a cura di Gruppo servizio sociale e del Reparto statistica.

35 CORRERA M., MARTUCCI P. e SCARDACCIONE G., L’applicazione dell’istituto della sospensione del giudizio con messa alla prova nell’attività giudiziaria dei tribunali per i minorenni di Roma e Trieste, in “Rivista di polizia”, luglio-agosto, 1992, p.531.

prescrizioni e della permanenza in casa, sono di difficile applicazione le sanzioni sostitutive e non è percorribile l’iter di una messa alla prova, per l’impossibilità di redigere un credibile progetto36.

L’applicazione della misura della messa alla prova nei confronti dei minori extracomunitari risulta difficile innanzitutto perché essi non hanno quasi mai i documenti, quindi non possono essere identificati e non è facile accertare la loro età. Inoltre essi nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno una famiglia, dormono alla stazione, nei giardini pubblici, oppure sono ospitati da altre persone che provengono dal loro paese di origine e che li sfruttano nelle loro attività illecite. L’impossibilità di individuare il nucleo familiare di appartenenza ostacola la redazione, da parte dei servizi minorili, del rapporto sulla situazione familiare del ragazzo imputato, il quale invece, è un presupposto essenziale per creare un progetto di messa alla prova che sia adeguato rispetto alla personalità del minore deviante. Anche nei rari casi in cui la famiglia è identificabile, difficilmente si può contare su di essa per la riuscita della prova del ragazzo, in quanto, spesso proprio l’ambiente familiare in cui è cresciuto lo ha avviato alla delinquenza37.

Nel 1997 la misura è stata concessa a 1.114 minori. Nel 63,8% dei casi a minori di anni 18 e nel 95,1% dei casi a soggetti di sesso maschile38. Tale risultato è conseguenza della minore incidenza del sesso femminile nel fenomeno della devianza.

Per quel che concerne la nazionalità dei minori cui è stato concesso l’articolo 28, va evidenziata la pressoché totale applicazione della

36 SCARCELLA F., Il carcere per i minorenni, in “Il ponte”, n.7-9, 1995.

37 SCARCELLA, op. cit.

38 Dati forniti da EURISPES, op. cit.

misura ai minori italiani (addirittura il 96,7% nel 1997)39, escludendo quindi i minori stranieri.

Per quest’ultimi il nuovo processo penale sembra avere come sola risposta la misura della custodia cautelare, cioè la condanna alla pena detentiva. Nei loro confronti, sussiste una disparità di trattamento processuale che rende inefficaci le previsioni del D.P.R. 448/8840, vanificando le risposte al fatto criminoso che il legislatore ha previsto.

In sostanza, i vantaggi che la messa alla prova dovrebbe offrire si riducono all’amplificazione di situazioni favorevoli già esistenti. In assenza di queste, i ragazzi stranieri che vengono sorpresi in flagranza di reato sono sottoposti alla custodia cautelare e, in seguito all’udienza preliminare e dibattimentale, sono condannati. Questo iter giudiziale risulta differenziato, come abbiamo più volte ripetuto, da quello percorso dai minori italiani. È evidente, dunque, una vera disparità trattamento tra ragazzi italiani e ragazzi stranieri, per cui, come osserva Bouchard, il contenuto della sanzione colpisce diversamente, a parità di reati, a seconda della cittadinanza del destinatario, oltreché a seconda dell’esistenza o meno di valide risorse sul piano comunitario41.

Si può dunque affermare che la messa alla prova, ovvero la misura più importante ed innovativa introdotta dal nuovo ordinamento, è anche quella che maggiormente esclude i soggetti più svantaggiati. La sfida del prossimo futuro sarà quella di predisporre e rendere efficacemente operative le risorse organizzative e professionali necessarie a garantire l’allargamento dell’applicazione di questo importante intervento.

39 Ibidem.

40 Norme sul processo penale a carico di imputati minorenni.

41 BOUCHARD M., Più giustizia per chi?, in “Minori e Giustizia”, n.9, 1991, p.39.

CAPITOLO IV

LE RISPOSTE SOCIALI AL

COMPORTAMENTO