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LA SOCIALIZZAZIONE DEL MINORE STRANIERO: LA FAMIGLIA COME AGENZIA DI

DELINQUENTE DEI GIOVANI IMMIGRATI

Grafico 6 Collocamenti nelle comunità per area territoriale e nazionalità dei soggetti. Anno 1998

4.4 LA SOCIALIZZAZIONE DEL MINORE STRANIERO: LA FAMIGLIA COME AGENZIA DI

SOCIALIZZAZIONE PRIMARIA

Il costante e significativo aumento della presenza di interi nuclei familiari stranieri in Italia, ha evidenziato l’importanza di leggere e analizzare il fenomeno migratorio, non solo come evento significativo per la storia personale del migrante, ma come evento che va a iscriversi nella sua biografia familiare49.

La presenza familiare che di per sé ha comportato un aumento della popolazione femminile e minorenne straniera, ha portato la società a

49 GHIRINGHELLI B, ISMU, op. cit., pp.187.

riorganizzarsi, soprattutto in termini di servizi e strutture – scuole, ospedali, servizi sociali, ecc50.

L’eterogeneità delle realtà familiari degli immigrati presenti in Italia e la non omogeneità delle situazioni sociali all’interno delle quali tali famiglie si inseriscono, evidenziano l’impossibilità di ipotizzare un percorso familiare migratorio tipo e una modalità di integrazione tipo51.

In generale definire la famiglia è sempre stato un problema di difficile soluzione. Come spiega P. Donati ogni cultura ha una sua ben definita rappresentazione della famiglia, e ogni famiglia presenta strutture relazionali diversificate le quali variano da cultura a cultura e in base alle diversità società e allo loro tradizioni52.

Secondo Leclercq, la famiglia si conforma agli usi dell’epoca e dipende fortemente dall’ambiente sociale che la circonda53.

La famiglia dunque non può essere pensata come istituzione isolata dalla società, poiché con essa comunica e interagisce: non vi è la società senza famiglia né è possibile la famiglia senza la società54. Da una parte la famiglia ha il compito di “produrre” i nuovi membri della società, dall’altra la società istituisce e mantiene le regole che proteggono il nucleo familiare e gli permette di mantenersi attraverso le generazioni costruendo e risanando il modello fondamentale del tessuto sociale.

50 Ibidem.

51 ibidem, pp.188.

52 DONATI P., Famiglia, in SCABINI E. e DONATI P. (a cura di), Nuovo lessico familiare, in

“Studi interdisciplinari sulla famiglia”, n.14, Vita e Pensiero, Milano, 1995.

53 LECLERCQ J., Verso una nuova famiglia?, La Scuola, Brescia, 1964.

54 GHIRINGHELLI B., CADAR e Fondazione CARIPLO ISMU, La socializzazione dei bambini stranieri e figli di coppia mista, intervento al Convegno di Telefono Azzurro, Bambini e adulti, una nuova alleanza per un futuro più giusto, Roma, 9-11 giugno 1997.

La famiglia assolve il suo compito di riproduzione di nuovi membri della società non solo con la creazione fisica di questi ultimi, ma con la trasmissione della cultura – norme, valori e comportamenti – da una generazione a quella successiva. Da sempre la famiglia viene considerata determinante per la riuscita di quel processo, definito processo di socializzazione, mediante il quale “l’individuo, da essere esclusivamente biologico, diventa membro di un determinato gruppo sociale”55, o come scrive Cherkaoui M. “quel processo mediante il quale un individuo apprende a svolgere dei ruoli, a condividere significati con altri, a rispondere e anticipare le loro aspettative, a interiorizzare norme, valori, sistemi di pensiero”56. È l’apprendimento della cultura che rende riconoscibile l’uomo da parte della società cui appartiene57.

Se quindi la socializzazione è un processo strettamente legato al contesto sociale, culturale e familiare in cui si vive, è necessario chiedersi quale tipo di socializzazione caratterizza i minori stranieri che vivono in mezzo a due culture differenti, quella della famiglia di origine e quella del Paese ospitante.

Se parliamo di socializzazione del minore straniero dobbiamo partire dalla famiglia, poiché un bambino non nasce direttamente all’interno di una società, ma nella famiglia, come precisa G. Favaro “è nei legami di filiazione, nello spazio e tempo familiari che va collocata la condizione dell’infanzia, straniera o autoctona”58.

55 CESAREO V., Sociologia. Teoria e problemi, Vita e Pensiero, Milano 1993, p.147.

56 CHERKAOUI M., Stratificazione, in BOUDON R. (a cura di), Trattato di sociologia, Il Mulino, Bologna, 1996, p.146.

57 GHIRINGHELLI B., CADR e ISMU, op. cit.

58 FAVARO G. e COLOMBO T., I bambini della nostalgia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993, p.24.

È infatti all’interno della famiglia che troviamo fattori capaci di aiutare o al contrario ostacolare la socializzazione del bambino nel paese in cui vive e tra questi i più rilevanti risultano essere il progetto migratorio, la modalità di inserimento nel nuovo paese e il rapporto con il paese di origine59.

In particolare le modalità di inserimento del nucleo familiare in situazioni di migrazione, influiscono sulla modalità di socializzazione del bambino straniero nella società d’accoglienza. In tal senso è utile citare la classificazione suggerita da G. Favaro60, che identifica sulla base del percorso migratorio per mezzo del quale viene composto o ricomposto il nucleo familiare, cinque tipologie di famiglia immigrata.

In ognuno di queste il processo di socializzazione dei bambini immigrati si svolge secondo modalità specifiche. Si distingue tra il percorso di tipo tradizionale maschile; il percorso di ricongiungimento al femminile; il percorso simultaneo; le famiglie monogenitoriali.

Il percorso al maschile è il più frequente nel nostro Paese ed è quello che ha inizio con la migrazione dell’uomo che solo in un secondo momento, acquisita una certa stabilità e una discreta sicurezza economica, si fa raggiungere dalla moglie e dai figli.

Nel percorso femminile invece è la donna la prima ad emigrare, seguita in un secondo momento da marito e figli.

Nei due casi sopra citati i problemi che il bambino, una volta ricongiunto al genitore si trova ad affrontare, dipendono in primo luogo dal periodo di separazione e di distacco dal genitore che è

59 FAVARO G., Famiglie immigrate e servizi educativi per l’infanzia: una relazione da costruire, in AA.VV., I bambini stranieri nei servizi educativi da 0 a 6 anni nelle regioni Emilia Romagna, Bologna, Regione Emilia Romagna-IRPA-Università di Bologna-IRSAEE Emilia R:, gennaio 1993. Seminario regionale di presentazione della ricerca “I bambini stranieri nei servizi educativi da 0 a 6 anni nella regione Emilia Romagna.

60 FAVARO G. e COLOMBO T., op.cit.

emigrato, la cui immagine può non corrispondere con quella prefigurata nella cultura di origine61, in secondo luogo a quanto il ragazzo ha già acquisito e appreso della cultura, dei modi di vivere del paese nativo, in breve dal suo livello di socializzazione alla cultura di origine.

In queste situazioni, in cui il minore vive il passaggio da una società conosciuta, quella d’origine a una società sconosciuta, forte è il peso che sradicamento e migrazione comportano in termini di costruzione dell’identità62.

Il percorso neo-costitutivo si realizza quando lo straniero immigrato costituisce la famiglia dopo qualche anno dall’arrivo in Italia, mediante il matrimonio con un’altra persona immigrata proveniente dallo stesso paese o da paesi diversi. Anche se a differenza dei due casi precedenti si registra in questo percorso la presenza di entrambi i genitori accanto al bambino, ciò che rende problematico l’andamento del processo di socializzazione è “la mancata coincidenza tra i processi di produzione/trasmissione dei contenuti culturali dalla vecchia alla nuova generazione in atto all’interno del nucleo familiare immigrato, e il complesso di valori, delle opinioni, delle norme, delle regole e degli ideali che caratterizzano il modo di vivere occidentale”63.

Si parla invece di percorso simultaneo quando è l’intera famiglia ad arrivare simultaneamente nel paese di emigrazione. In questo caso il cambiamento e l’impatto con il nuovo ambiente socio-culturale è

61 Spesso il genitore emigrato viene immaginato come una persona vincente e realizzata, ma a poco tempo dall’arrivo in Italia, i ragazzi si rendono conto della situazione di insicurezza e di instabilità del genitore che risulta ai loro occhi un perdente.

62 RESNIK S., Educazione e psicoanalisi, in Fondazione Cini (a cura di), Infanzia, processi di comunicazione, movimenti migratori, 1979.

63 CARITAS, Il minore immigrato in Italia, Atti del Seminario tenutosi a Roma il 20-22 aprile 1995, p.21.

vissuto da tutti i componenti familiari, nessuno ha preparato per loro un percorso di inserimento e questo può comportare importanti conseguenze nelle relazioni intrafamiliari64. Ciò che è certo è che

“l’esperienza dell’emigrazione comporta sempre una ristrutturazione dei rapporti interni alla famiglia: marito-moglie, padre-figli/e, madre-figli/e e una riformulazione delle più ampie relazioni sociali”65.

In ultimo le famiglie monogenitoriali sono quelle che vedono la presenza nel paese di emigrazione del minore insieme ad uno solo dei suoi genitori, si differenzia così tra famiglie monogenitoriali maschili e famiglie monogenitoriali femminili. In questo caso si sommano alle problematiche legate al cambiamento di ambiente socio-culturale quelle conseguenti al distacco da una delle due figure genitoriali e dalla difficoltà che il genitore presente avrà di seguire attentamente la crescita e l’inserimento del bambino nel nuovo contesto a causa delle notevoli risorse, soprattutto di tempo, che dovrà dedicare per provvedere al sostentamento suo e del figlio66.

Qualunque sia il percorso che ha portato il minore straniero nel paese di accoglienza esso comporta un vivere tra due culture un ri-ordinamento biologico e culturale, un cambiamento nelle pratiche quotidiane, nelle lingua che utilizza per comunicare, e una riorganizzazione della propria immagine di sé e del proprio gruppo di appartenenza67.

La distanza tra questi due mondi, quello familiare e quello esterno, dipende dalla modalità di inserimento che verrà adottata dalla

64 GHIRINGHELLI B., CADR e ISMU, op.cit.

65 CESAREO V., La famiglia in emigrazione, relazione tenuta al Convegno di studi

“Immigrazione e multicultura nell’Italia di oggi”, Macerata, 9-11 ottobre 1996.

66 GHIRINGHELLI B., CADR e ISMU, op. cit.

67 CAMILLETTI E. e CASTELNUOVO A., L’identità multicolore. I codici di comunicazione interculturale nella scuola dell’infanzia, Franco Angeli, Milano, 1994.

famiglia. Vi sono famiglie che vivono nella provvisorietà, incapaci di scegliere il luogo in cui stabilirsi; famiglie che, per paura di perdere la propria cultura d’origine decidono di chiudersi su se stesse, rimanendo estranee e lontane dal mondo che le circonda; famiglie che tendono verso l’assimilazione, abbracciando totalmente lo stile di vita della società d’accoglienza allontanandosi così dalle proprie origini, e infine famiglie che cercano di trovare punti di incontro tra le due culture e si sforzano di costruire legami e appartenenze plurali.

Si capisce come quest’ultimo modello di famiglia sia quello che più si addice alla società interculturale.

Da quanto illustrato finora, emerge come nell’attuale società multietnica, l’istituzione famiglia con la sua funzione di agenzia di socializzazione delle nuove generazioni rivesta un ruolo cruciale nell’integrazione del minore straniero. Se infatti la socializzazione è un fenomeno che riguarda l’intera vita dell’individuo, è esclusivamente tramite la socializzazione primaria, che si realizza attraverso e mediante i legami familiari, che si compie il primo e più decisivo impatto degli elementi del sistema culturale con quelli del sistema della personalità.

È quindi importante individuare percorsi di integrazione che abbiano come obiettivo il sostenere e l’accompagnare il bambino e il ragazzo straniero, affiancando in primo luogo la sua famiglia, nel percorso di ricerca e costruzione di una propria identità. A tal proposito sarebbe opportuno promuovere dei servizi per famiglie interetniche che aiutino le stesse nel difficile percorso di integrazione. Un esempio sicuramente positivo è rappresentato dal consultorio per famiglie interetniche nato a Milano il 1 gennaio 1998, promosso dal Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni (CADR), con il

sostegno e la collaborazione della Fondazione Cariplo I.S.M.U. e dell’Ufficio Stranieri del Comune.

I principali obiettivi del centro sono quelli di fornire un servizio di informazione e di orientamento su tematiche giuridiche, sanitarie educative, di offrire un accompagnamento all’esperienza di coppia e di individuare insieme alla stessa percorsi di integrazione familiare e sociale. A tale fine il sostegno, si concretizza con l’offerta di consulenze in ambito legale, medico, psicologico e religioso; con la promozione di momenti di incontro per le coppie dedicati a temi specifici, quali le scelte educative nei confronti dei figli; con l’organizzazione di conferenze e dibattiti, su temi inerenti la multicultura e di dialogo interreligioso68.

4.5 IMMIGRAZIONE E EDUCAZIONE