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La lettura dei bisogni del minore immigrato

DELINQUENTE DEI GIOVANI IMMIGRATI

Grafico 6 Collocamenti nelle comunità per area territoriale e nazionalità dei soggetti. Anno 1998

4.2 IL RUOLO DELL’OPERATORE SOCIALE

4.2.1 La lettura dei bisogni del minore immigrato

Il percorso che va dall’emergere di un bisogno alla sua soddisfazione è diverso per l’immigrato rispetto a un autoctono, nel senso che per il primo vi sono molte più barriere da superare. Diversa è la percezione del bisogno che è condizionata dai vari contesti socio-culturali e giuridici di provenienza, nonché dai sistemi di valori dell’immigrato.

Così mentre il bisogno di un alloggio e di un lavoro è percepito ed esposto più immediatamente , il bisogno di formazione, di cultura, di apprendimento è meno sentito e meno rappresentato.

Anche la capacità di esprimere un bisogno è legata a una serie di difficoltà, quali: non conoscenza della lingua, problemi economici, diverso concetto del tempo, ecc.

Di fronte a tutto ciò è richiesto all’operatore sociale un impegno continuo di aggiornamento e di adattamento.

Come scrive Ghezzi M. “Non ci si improvvisa operatori per servizi a favore degli stranieri. Occorrono almeno due o tre mesi, anzitutto per conoscere la legislazione, i piani programmatici regionali o di zona, le circolari ministeriali e i regolamenti nei vari settori. È importante anche prendere contatti con servizi che hanno più anni di esperienza e tenere conto delle differenze culturali, anche se non si possono fare generalizzazioni. Occorre poi elaborare una mappa di risorse, pubbliche e private, prendendo in considerazione le varie pubblicazioni del tipo Informastranieri e contattando tutti i servizi della zona. Occorre un po’ di tempo, una forte motivazione e anche una certa “curiosità”, consultando anche qualcuna delle numerose ricerche effettuate sul campo, per documentarsi e conoscere almeno alcuni aspetti fondamentali delle varie culture"34.

Gli immigrati portano agli operatori sociali una grande sfida e a seconda di come questa sfida è accolta vi possono essere prospettive di miglioramento o di peggioramento per tutti.

I minori stranieri, spesso sono privi del supporto familiare e di figure di riferimento e mostrano nel rapporto con gli operatori sociali un atteggiamento non strumentale, ma davvero fondato sulla fiducia.

Quando però tale fiducia non è ricambiata, non resta ai ragazzi che aggregarsi a quanti fra i connazionali pratichino già attività illecite.

Diviene quindi fondamentale la reciprocità di tale fiducia.

Gli stranieri, alla paura e alla diffidenza rispondono con l’isolamento, all’intolleranza con l’aggressività, all’accoglienza con l’apertura35. La prima difficoltà che incontra un operatore è quella di impostare un dialogo, basato sulla comprensione e sul rispetto reciproco.

34GHEZZI M., Il rispetto dell’altro, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1996, pp.59.

35Ibidem.

Gli scopi dell’intervento di servizio sociale sono realizzabili tramite il rapporto, che presuppone la conoscenza e la comprensione dell’individuo, delle sue capacità e delle sue aspettative, dei suoi successi e dei suoi insuccessi, del rapporto con il mondo che lo circonda, della presenza o meno di figure di sostegno, delle motivazioni che lo hanno spinto ad emigrare, delle aspettative coltivate, ecc.

È nel colloquio, nelle capacità di ascolto e di intervento che si stabilisce tale rapporto.

Il lavoro sociale non va impostato per gli immigrati, ma con gli immigrati, e va diretto non solo nei loro confronti, ma soprattutto nei confronti delle comunità ospitanti, con incontri positivi che valorizzano le diversità culturali, contro gli stereotipi comuni che identificano il “diverso” con il criminale, l’invasore, l’uomo da cui difendersi.

Le caratteristiche delle pratiche migratorie culturali e socio-professionali degli immigrati sono così vaste che non si prestano ad alcuna generalizzazione e a giudizi né in positivo né in negativo;

ognuno ha una sua storia e merita, se non altro, una valutazione diversa e non omologata.

Come sostiene Ferrarotti “La prima condizione per la comunicazione interculturale è il riconoscimento, teorico e pratico, che, oltre alla propria cultura, possono esservi altre culture, dotate di pari valore umano, se pure a uno stadio meno avanzato di sviluppo tecnico, ossia altre forme di consapevolezza altri complessi di esperienze umane condivisi e convissute”36.

36FERRAROTTI F., Oltre il razzismo, Armando, Roma 1988, pp.67.

La conoscenza di alcuni tratti delle comunità straniere, diverse per lingua, cultura, religione, progetto migratorio e modalità di inserimento, può permettere una migliore programmazione degli interventi di politica sociale centrati sui bisogni dei singoli, evitando così di programmare azioni e interventi rivolti ad un astratto

“immigrato straniero medio”37.

In particolare per il minore straniero è importante agire laddove si costruisce l’identità giovanile, promuovendo i seguenti momenti38: - orientamento e inserimento lavorativo;

- facilitazione formativa;

- aggregazione inter-etnica;

- educazione degli adulti e dei genitori.

Il primo momento prevede la progettazione di occasioni che facilitino l’ingresso nel mondo del lavoro. Specie per i neo-arrivati, è importante che il Paese di accoglienza si dimostri – anche in una

prospettiva di tipo preventivo, cioè di lotta alla devianza, alla tossicodipendenza, alla prostituzione, ecc. – subito sollecito nell’avviare i giovani a esperienze lavorative che aprano a essi prospettive ulteriori. Il giovane immigrato, così come quello autoctono, ha bisogno di essere sostenuto nella progettazione del proprio futuro. Il “self-help”39 che ha imparato a praticare gli è insufficiente, perché è e resterà sempre tale, una forma di sopravvivenza.

Se il lavoro è un aspetto che influisce fortemente sul formarsi dell’identità dell’adolescente, nondimeno la facilitazione formativa va

37FAVARO G. e TOGNETTI BORDOGNA M., Politiche sociali ed immigrati stranieri, La Nuova Itali Scientifica, Roma, 1989, pp.54.

38Ibidem, pp.96.

39Ibidem, pp.96.

aiutata. Sia in termini di incentivi (borse di studio), che di sostegni diretti di tipo didattico, affinché il maggior numero possibile di studenti di origine straniera continui gli studi e non vada ad aumentare in numero già alto di abbandoni scolastici.

Il terzo momento di aggregazione inter-etnica è volto a rispettare, da un lato il diritto dei giovani stranieri ad associarsi in base ai valori e agli interessi della propria comunità etnica, dall’altro ad incentivare le iniziative di incontro tra diversità etniche. A tale scopo i servizi educativi, scolastici e culturali dovrebbero favorire la costruzione di gruppi misti.

L’ultimo momento implica un contatto e un coinvolgimento delle famiglie. Infatti è attraverso l’attenzione dei servizi per i problemi di inserimento delle madri e dei padri che si gioca la costruzione dell’identità del giovane straniero. Ad esempio un genitore che impara, nei corsi di lingua, a parlare meglio l’italiano, ha più prestigio, più possibilità di capire il proprio figlio e di entrare nella sua nuova cultura di appartenenza.