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L’Italia nichilista

Nel 1982, il giornalista Corrado Stajano pubblicò un’inchiesta su una delle vicende più sconvolgenti nel panorama politico dell’epoca: l’affiliazione di Marco

Donat Cattin al gruppo terroristico di Prima linea. Non era la prima volta che Stajano si confrontava con inchieste di questo tipo: qualche anno prima, nel 1975, si era occupato della stesura di un’opera giornalistica intitolata Vita e morte

dell’anarchico Serantini, personaggio legato al gruppo Lotta continua, così come

Marco Donat Cattin (prima del passaggio a PL), e ucciso a Pisa nel maggio del 1972. Tuttavia le rivelazioni compiute nell’Italia nichilista risultarono essere molto più importanti rispetto alle precedenti inchieste, poiché avevano a che fare non solo con dei personaggi legati al terrorismo, ma anche con uomini dello Stato.

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3.2.1. La vicenda

La storia di Marco parte da un luogo che diverrà uno dei simboli dell’intera

inchiesta, vale a dire il liceo Galileo Ferraris di Torino, o meglio Galfer, termine che riprendeva le iniziali di nome e cognome dello scienziato torinese vissuto nell’Ottocento. Donat Cattin nel 1974 vi lavorava come applicato di segreteria, e a quanto pare era anche apprezzato per il lavoro che svolgeva, tanto che l’anno seguente fu promosso a bibliotecario. In quel luogo Marco riuscì a rafforzare l’amicizia con Roberto Sandalo, studente della sezione H, che avrà un ruolo fondamentale nella sua vita; entrambi erano anche iscritti a Lotta continua, un movimento appartenente alla sinistra extra-parlamentare.

Per LC quegli anni furono molto importanti in quanto si discuteva la posizione da mantenere per le elezioni politiche del 1976, e in particolare sull’eventuale appoggio da fornire al PCI. Le riflessioni portarono il direttivo ad optare per una partecipazione alla tornata elettorale all’interno di una grande coalizione della sinistra, che estrometteva il PCI. C’era un grande ottimismo sul risultato che però non fu confermato dai dati finali. Il fallimento elettorale portò al congresso di Lotta continua, che si tenne nel novembre dello stesso anno a Rimini, sancì a tutti gli effetti lo scioglimento del gruppo. Parte dei reduci di LC comunque non esaurirono in quel momento la loro esperienza politica, bensì trovarono posto all’interno di un nuovo gruppo emergente che verrà ricordato più per la sua violenza che per la sua durata, ovvero Prima Linea.

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Sandalo e Donat Cattin, grazie alle loro capacità, si ritrovarono al vertice della nuova associazione che non tardò a compiere la sua prima azione violenta: il 26 novembre ’76, pochi giorni dopo Rimini, PL rivendicò un attentato ai danni dell’Associazione dirigenti della Fiat, che fortunatamente non provocò morti. Qualche mese dopo, nel giugno ’77, Donat Cattin e suoi progettarono una serie di

azioni contro la Satti, una delle società che gestiva il trasporto nel torinese, ma vennero scoperti. Molti furono gli arrestati, ma tra questi non figurarono né Sandalo né Donat Cattin.

Il ’79 infatti si aprì con l’omicidio del giudice Emilio Alessandrini, colpevole secondo l’organizzazione di essere «una figura centrale del comando capitalistico, capace di disarticolare il sistema»100. In realtà il magistrato stava lavorando alla

banca dei dati del terrorismo a Milano e fu ucciso in quanto ormai vicino alla verità sull’associazione. Le azioni di PL, durante l’anno, continuarono a susseguirsi con una certa frequenza. Marco e Roberto ricoprivano sempre un ruolo di primo piano, ma nonostante la lunga serie di arresti, rimasero ancora una volta estranei a tutte le indagini. Donat Cattin tuttavia iniziò ad accarezzare l’idea di abbandonare il gruppo, poiché era in forte polemica con l’intero gruppo dirigente, accusato di essere inadeguato dal punto di vista pratico e teorico. Ma non ne ebbe il tempo in quanto, il 2 aprile 1980, il pentito Patrizio Peci interrogato dal generale Dalla Chiesa fece il suo nome. Peci, ex membro delle BR, era a conoscenza di molte informazioni visto che nel periodo del rapimento dell’onorevole Moro aveva collaborato con altri gruppi della lotta armata.

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Dopo esser venuto a conoscenza della posizione del figlio anche l’onorevole Donat Cattin si mosse per evitarne l’arresto. Ma fu inutile in quanto nel giro di pochi giorni la notizia divenne di dominio pubblico. Il momento risultò essere molto delicato anche per la DC, costretta a fare i conti con il clamore che la vicenda aveva suscitato. In quel clima di incertezza, Carlo Donat Cattin presentò le dimissioni dall’incarico di vicesegretario, che vennero prontamente respinte.

Nell’estate 1980 il Parlamento diede inizio alla discussione in merito all’episodio, che vide protagonista oltre al senatore Donat Cattin anche Francesco Cossiga. Dopo un confronto lungo e laborioso, deputati e senatori votarono per l’archiviazione. Il 18 dicembre dello stesso anno, dopo mesi di latitanza, Marco Donat Cattin venne arrestato a Parigi. Negli interrogatori che seguiranno scagionò tutti i membri della sua famiglia da ogni accusa.

3.2.2. Gli ambienti dell’inchiesta

Per capire meglio gli episodi trattati nell’inchiesta, e in generale il momento sociale che il nostro Paese stava vivendo è opportuno concentrarsi su determinati luoghi che ricoprono un ruolo di primo piano all’interno del lavoro di Stajano.

Il liceo Galfer, ad esempio, fu un simbolo del terrorismo rosso a Torino. Oltre alla presenza del bibliotecario Marco Donat Cattin e di Roberto Sandalo, tra le fila degli studenti del liceo torinese figuravano anche Adriano Rocazzella, Paolo Salvi, Stefano Moschetti, Raffaele Iemulo, gente che in quegli anni partecipò

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attivamente alle azioni compiute da PL. Eppure il Galileo Ferraris non si era particolarmente distinto nel decennio precedente per le contestazioni studentesche torinesi, a differenza di altri istituti ritenuti più caldi, come ad esempio il Segrè101.

All’inizio degli anni Settanta però, la situazione mutò drasticamente e il Galfer subì l’influenza delle idee degli esponenti di Lotta continua, un gruppo composto

da una cinquantina di ragazzi, che ne segnò il futuro.

L’importanza che l’istituto ebbe nell’inchiesta di Stajano è testimoniata dalla dettagliata descrizione che l’autore traccia:

Il Galfer è un edificio grigio, e squadrato, più simile a una caserma che a una scuola, cupo, chiuso da un muraglione non rallegrante. Si trova nel medesimo isolato del Politecnico e dell’Istituto tecnico Sommeiller, al confine di un quartiere residenziale che comprende il corso Duca degli Abbruzzi e le ville della Crocetta ovattate in giardini dai colori struggenti, rese impenetrabili dai cani, dai custodi e dai camerieri che s’intravedono con giacche violette da arcipreti della ricchezza102.

Un luogo grigio e cupo dunque, che non lasciava presagire nulla di buono per il futuro. L’autore fa persino un paragone con una caserma, in riferimento al fatto che all’interno di quelle mura si addestravano dei veri e propri soldati per intraprendere la lotta armata, teorizzata all’epoca da alcuni ambienti della sinistra extra-parlamentare.

Ma il Galfer era solo un piccolo istituto all’interno di un contesto molto più ampio, che inevitabilmente fu il centro soprattutto dei movimenti operai. Torino infatti era la sede dell’industria automobilistica simbolo dell’Italia, la Fiat, che in

101 Ivi, p. 14. 102 Ivi p. 13.

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quegli anni dovette far fronte agli scioperi dei lavoratori e a una serie di agguati promossi da varie sigle terroristiche di sinistra. Stajano all’interno dell’inchiesta fa particolare riferimento a un episodio, che aiuta a capire il clima che si respirava nell’azienda e in città, e cioè la notizia della candidatura di Giovanni Agnelli con il Partito Repubblicano. Le voci riguardanti l’ascesa in politica di un membro

della famiglia Agnelli provocarono una serie di rimostranze che portarono a numerosi arresti, ma non solo. Scrive Stajano:

A Roma infuriano polemiche e interpretazioni difformi sulla candidatura laica di Giovanni Agnelli. La DC può permettere che il più importante industriale italiano diventi attrazione di una forza politica che punta sulla razionalizzazione del sistema, dimostrando anche in questo modo la caduta del suo ruolo dirigente? […] gli operai polemizzano, sono già scoppiati contrasti tra l’azienda e il sindacato sul problema della vigilanza operaia […] l’attentato all’Hotel Posta di Cortina è smentito da Ordine nuovo con una telefonata. È il giorno del colpo di scena: si sa che Giovanni Agnelli non si presenterà alle elezioni politiche nelle liste del Partito Repubblicano. Il candidato di famiglia sarà Umberto Agnelli, nelle liste della Democrazia Cristiana. Non si ha più notizia degli incendi alla Fiat103.

La notizia mise in subbuglio l’intera città, e gli operai si preoccuparono dalle conseguenze che l’elezione di Agnelli avrebbe avuto. Ma a quanto pare gli scontenti maggiori furono tra le fila della DC, in quanto videro nell’industriale una personalità che avrebbe creato problemi per i consensi elettorali del partito. La chiusura di Stajano lascia intendere, nello scorcio finale, che dietro le azioni compiute ai danni dell’azienda ci fosse anche un coinvolgimento della DC, in quanto gli incendi dopo la candidatura di Umberto Agnelli cessarono di colpo.

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Questa era dunque la situazione di Torino, una città che durante gli anni di piombo, per la sua situazione economica e sociale divenne inevitabilmente il fulcro della protesta studentesca e operaria, ma anche luogo in cui risiedevano i segreti della classe dirigente del tempo.

3.2.3. Il metodo di indagine e la “mediazione letteraria” di

Stajano

Come nella gran parte delle inchieste che ha condotto, anche in questo caso Corrado Stajano non si limita a raccontare le informazioni ottenute attraverso il suo lavoro. Egli vuole cogliere un significato più profondo degli episodi e delle implicazioni che derivano dalle sue indagini. Per questo motivo non ricorre a espedienti ingegnosi dei detective televisivi, ma utilizza dati e informazioni a disposizione di tutti, esponendoli dopo averli analizzati e combinati approfonditamente.

Partendo dal racconto delle vicende riguardanti i licei più famosi di Torino, l’autore traccia una mappa dettagliata della contestazione giovanile che aveva avuto luogo tra gli anni Sessanta e Settanta nel capoluogo piemontese. Ma non solo; attraverso l’analisi dei comportamenti della borghesia e degli industriali torinesi riesce a trovare un nesso con i retroscena della politica romana, dando soluzione a domande che non avevano risposte.

Tramite il reperimento di documenti, interviste e materiale giudiziario, Stajano non solo porta alla luce una vicenda familiare drammatica, ma smaschera quella

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corruzione istituzionale che aveva le sembianze di una malattia autodistruttiva per il nostro Paese. Ad emergere dunque è un quadro molto inquietante in cui i giovani uccidono per qualcosa che probabilmente neanche conoscono e la classe politica, perdendo di vista ogni ideale, si rende protagonista di azioni e silenzi volti a rafforzare solamente il proprio potere, nella totale assenza di un progetto di governo credibile.

Tutte le informazioni raccolte sono state poi ordinate per fornire al pubblico un lavoro chiaro e completo. E da questo punto di vista la documentazione in possesso dell’autore risulta essere molto più romanzesca di quanto potesse sembrare inizialmente. Neanche Stajano, probabilmente, si sarebbe aspettato di pervenire a una serie di notizie che messe assieme avrebbero abbattuto il muro che delimitava il campo dell’inchiesta. Il progetto iniziale dell’autore contava di tracciare una caratterizzazione di Marco Donat Cattin in quanto terrorista e figlio di un potente uomo politico, ma col passare del tempo e studiando attentamente i documenti reperiti, l’autore si rende conto che la sua storia è in realtà molto più

ricca e complessa. Era necessario andare oltre la figura del figlio ribelle, concentrarsi su tutti i membri della famiglia e sulla cerchia di amici. Collegando poi i legami affettivi dei protagonisti agli eventi, l’autore è riuscito a scoprire gli intrighi che giravano non solo all’interno della famiglia Donat Cattin, ma anche dentro i palazzi romani del potere.

Per tutta questa serie di motivi la narrazione a volte procede più come un romanzo biografico che come inchiesta giornalistica, come sottolineato in questo scorcio tratto da una testimonianza di un ragazza appartenente al servizio di LC del Galfer:

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«Marco era un uomo molto bello, un po’ felino, aveva sempre sonno, la mattina. […] era un reduce, deluso, sfiduciato nella politica. […] La prima volta che gli parlai da sola, mi disse subito che era una carogna, meglio che lo sapessi, non meritava troppa stima. Se però ci tenevo proprio potevamo stare assieme. Il mio primo amore»104.

Queste parole dunque danno l’idea della ricchezza del materiale di cui Stajano disponeva, e che gli ha permesso di approfondire anche altri aspetti della vita dei protagonisti.

Ma trattandosi di un lavoro giornalistico all’interno dell’opera sono molte le digressioni che rientrano nell’ambito dell’informazione vera e propria. Un esempio è rappresentato da questo estratto, in cui l’autore parla di Carlo Donat Cattin:

Nato a Finale Ligure nel 1919, giornalista, redattore dell’«Italia» e poi del «Popolo Nuovo», approdato alla vita polita dalla Gioventù d’azione cattolica, ufficiale dei granatieri, rappresentate della DC nel CNL di Ivrea, sindacalista. […] Eletto deputato il 25 maggio 1958 nella circoscrizione Torino-Novara-Vercelli con 34.066 voti di preferenza. […] È stato sottosegretario alle Partecipazioni statali nel I, II, III governo Moro, ministro del Lavoro nel II e III governo Rumor […] vicesegretario della DC e capo della corrente Forze nuove, la sinistra democristiana105.

All’interno dell’inchiesta, inoltre, si trovano molte delle testimonianze rese dai protagonisti ai giudici nell’ambito delle indagini. Questo ha permesso una

104 Ivi, pp.22-23. 105 Ivi, p. 17.

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ricostruzione molto veritiera dei fatti, anche se i dubbi su alcune responsabilità rimangono.

Un dato molto importante infine è l’utilizzo del presente indicativo nella

narrazione della vicenda. Attraverso questo espediente, Stajano riesce a coinvolgere maggiormente i suoi lettori, come se i fatti non appartengano effettivamente al passato.

Siamo dunque in presenza di un’opera plurale che riassume al suo interno diversi modelli di scrittura, e che ha avuto il pregio di portare alla luce uno dei tanti casi di terrorismo e corruzione istituzionale degli anni di piombo.

3.3 Carlo e Marco: rapporto tra un padre politico e un figlio