• Non ci sono risultati.

Da Lotta continua a Prima linea: le dinamiche che portarono la minoranza del

terroristico

All’interno del movimentismo che caratterizzò gli anni Sessanta e Settanta, molto interessante fu la parabola di un’organizzazione che segnò una fase importante nella storia del terrorismo di sinistra, ovvero Lotta continua. Nel 1969 furono molti i giovani che ebbero l’esigenza di riunirsi per far sentire maggiormente la loro voce nella protesta che si stava diffondendo in Italia e in Europa. LC accolse al suo interno diverse categorie di uomini e donne: dagli studenti alle femministe, dai soldati di leva agli operai e gli sfrattati111. In poco tempo l’organizzazione del movimento riuscì a raggiungere risultati notevoli, grazie soprattutto alla presenza di un agguerrito servizio d’ordine, da cui dipendeva il buon funzionamento della cellula. Il servizio d’ordine infatti si occupava della logistica, del reclutamento e diviene essenziale nei momenti di emergenza

Il servizio d’ordine diventa una struttura essenziale, non più uno strumento transitorio per far fronte all’emergenza. Anche i nuovi iscritti di Lotta continua hanno una mentalità nuova e per loro la politica è solo organizzazione rigida, il buon funzionamento della cellula della scuola, la centuria di ferro del servizio d’ordine. Il reclutamento avviene quasi esclusivamente tramite il servizio d’ordine. I giovani approdano a Lotta continua perché LC ha il servizio d’ordine più forte e temuto. Essere in LC significa: sfilare il sabato, frequentare le palestre, possedere i bastoni e i picconi, saper usare le spranghe112.

111 ZAVOLI 2015, p. 230.

76

Col passare degli anni però iniziarono a sorgere dei dissidi tra il gruppo dirigente e parte della base: i primi contavano di trasformare il movimento in un vero e proprio partito, che potesse sfidare sui contenuti il PCI (Lotta continua infatti all’interno dell’associazionismo della sinistra extra-parlamentare si distinse per la critica nei confronti dei regimi comunisti sovietici); alcuni militanti invece non approvavano questa strategia, ritenendo che i tempi erano ormai maturi per dare inizio alla lotta armata.

Il primo lustro degli anni ’70 fu caratterizzato dal tentativo di mediazione tra queste due frange che portò LC, nonostante le enormi differenze ideologiche, a sostenere il partito di Berlinguer alle elezioni regionali del 1975. Ma appena un anno più tardi il contesto politico portò ad un inatteso cambiamento: Lotta continua si presentò alle politiche in una coalizione alternativa al PCI, con l’appoggio del Partito di Unità Proletaria per il Comunismo (PdUP) e di Avanguardia operaia. I risultati poco brillanti ottenuti dalla coalizione (poco più dell’uno e mezzo per cento) portarono al secondo Congresso nazionale di LC del 1976 (il primo era stato l’anno prima, in cui era avvenuta l’elezione del Comitato nazionale che aveva sancito l’alleanza elettorale col PCI), tenutosi a Rimini, in cui venne proclamato lo scioglimento del movimento113. I militanti infatti non

avevano accettato le scelte politiche dai capi dell’organizzazione, che avevano portato al fallimento elettorale delle ultime elezioni.

Con la fine di LC si aprì un grande vuoto all’interno della sinistra extra- parlamentare che fu colmato in parte dalla nascita di Prima linea. Una piccola minoranza dei fuoriusciti infatti continuava a non identificarsi con le politiche

77

portate avanti dal PCI e anzi spingeva per la creazione di un movimento alternativo, molto più simile alle Brigate rosse.

In realtà diversi erano gli aspetti che distinguevano PL dalle BR: a differenza dei brigatisti che sceglievano di agire in clandestinità, i militanti di Prima linea preferivano muoversi dentro la società, da uomini liberi. Per questo motivo le azioni venivano compiute fuori dagli orari lavorativi, con la chiara strategia di condurre una doppia vita, per evitare di attirare i sospetti delle forze dell’ordine114. A livello ideologico poi le differenze erano notevoli. PL infatti si rifaceva al modello del comunismo cubano, in cui erano teorizzati la guerra di lunga durata, gli assalti, la guerriglia diffusa, la rappresaglia, i ferimenti, le vendette. Una vera e propria guerra civile dunque che aveva il compito di cancellare le ingiustizie, trasformare la società e imporre la dittatura del proletariato115. Un aspetto molto importante che contraddistinse PL fu l’abbandono della fabbrica come luogo di dibattito, sostituito dal quartiere.

I circoli di Prima linea erano ben strutturati e questo consentì un efficace controllo del territorio e una buona riuscita delle azioni terroristiche. I militanti erano divisi in commissioni: c’era chi si occupava dei problemi del lavoro in nero, della scuola, dello sfruttamento minorile e dello spaccio di droga116. Ma la forza

dell’organizzazione fu anche il vivere l’esperienza nel quotidiano, all’interno proprio dei quartieri. Gli attivisti infatti si premuravano anche di programmare

114 ZAVOLI 2015, p. 366. 115 Ibid.

78

concerti e iniziative che potessero attrarre giovani per quella che era una vera e propria selezione militare117.

Col passare del tempo e con le indagini delle forze dell’ordine le regole dell’associazione divennero sempre più restrittive: era consigliabile la non frequentazione assidua di altri militanti, non si doveva fare parola della propria cellula con nessuno, era necessario tenere nascosto il proprio domicilio per non destare sospetti, e ancora era vietato andare regolarmente negli stessi posti, specialmente quando ci si incontrava per programmare le azioni. In sostanza bisognava comportarsi come se il nemico fosse sempre in agguato e di conseguenza fare di tutto per non attirare attenzione da parte di nessuno118. Le prime crepe di questo complesso sistema organizzativo iniziarono ad essere accusate nel momento in cui ci furono dei clandestini. L’organizzazione infatti si faceva carico delle spese di mantenimento dei militanti che non potevano più provvedere al loro sostentamento in maniera autonoma. I costi erano regolarmente in rialzo e aumentavano e c’era dunque la necessità di compiere diverse azioni per

fare fronte alle elevate spese119; questo di fatto non faceva altro che aumentare il rischio di essere scoperti.

Questi furono i punti cardine che permisero a una nascente organizzazione criminale di affermarsi in breve tempo, ma allo stesso modo che ne segnarono la breve durata. Quello che colpì della meteora di Prima linea fu però l’enorme

violenza. Il bilancio finale dell’organizzazione, vissuta tra il 1976 e il 1980, parla

117 Ivi, pp. 72-74. 118 Ivi, p. 117-119. 119 Ivi, p. 129.

79

di centouno attentati, diciotto morti e ventitré feriti. Proprio Marco Donat Cattin, sull’uccisione del giudice Alessandrini affermerà: «Vivevamo per essere contro chiunque non la pensasse come noi»120. Questa dichiarazione spiega anche i

motivi dell’omicidio del giudice, colpevole non per essere simbolo dello Stato, ma in quanto voleva riformare e modernizzare la struttura giudiziaria del Paese, cosa alquanto sgradita ai vertici di PL, i quali percepivano già il pericolo.

L’arresto di Donat Cattin del dicembre ’80 rappresentò simbolicamente la fine di Prima linea. Il militante Maurizio Costa, intervistato qualche anno dopo da Sergio Zavoli nella trasmissione La notte della Repubblica, affermò che si uccideva senza conoscere né le vittime né le motivazioni e questo rappresentava una sorta di autodifesa per i rimorsi di coscienza che ne sarebbero derivati121. Le parole di

Costa rendono l’idea dell’inaudita violenza che segnò la breve vita di una delle organizzazioni più pericolose attive negli anni di piombo.