L’intervista è una vecchia istituzione del giornalismo scritto, uno strumento utilissimo per dare più immediatezza a un fatto, per portare più vicini ai lettori un personaggio, per ottenere dichiarazioni e pareri importanti, che fanno testo o che sono suscettibili di sviluppi. La radio e, più di recente, la televisione, usando largamente questo strumento che è straordinariamente adatto al giornalismo parlato e visivo, hanno inflazionato e un po’ logorato questa vecchia gloria del giornalismo. Tuttavia, ancora oggi un’intervista azzeccata spicca in un quotidiano e in un periodico ed è sempre un’arma valida per la stampa a patto che si realizzino alcune condizioni. L’intervista viene usata in tutti i settori del giornale, da quelli più nervosi a quelli più riposati; può essere “volante”, cioè la raccolta di testimonianze e di pareri che servono ad arricchire la cronaca di un avvenimento appena accaduto; c’è quella al personaggio del momento, che a volte è un mezzo efficace per farne un ritratto e spesso serve a metterlo più in vista; c’è quella fatta a specialisti ed esperti, che può essere un fattore di prestigio175.
[Paolo Murialdi]
L’intervista è una metodologia maieutica tipica del giornalismo che sollecita un soggetto ad esprimersi su un tema o su un fatto personale176. Dal punto di vista teorico non siamo dunque in presenza di una notizia, in quanto non ci sono eventi da raccontare poiché l’avvenimento è proprio l’intervista177. Il genere assume un
fascino particolare agli occhi del pubblico, che si avvicina a dei personaggi che solitamente sono difficili da raggiungere in quanto popolari, o divenuti tali per un determinato fatto di cronaca178.
Convenzionalmente è possibile dividere le interviste in due categorie: quelle tematiche e quelle personali. Le prime vertono su argomenti specifici, e
175 MURIALDI 1986, p. 73. 176 BARBANO 2012, p. 158. 177 PAPUZZI 2010, pp. 49-50. 178 Ivi, p. 50.
108
l’intervistato in questo caso risulta essere il testimone o l’esperto dell’argomento trattato. Le seconde invece raccontano e inquadrano più dettagliatamente la vita o le esperienze del personaggio in questione179. Tuttavia non esiste una linea netta
che distingue i due modelli, e di conseguenza una forma non esclude necessariamente l’altra.
Il successo del genere molto probabilmente è attribuibile al rapporto diretto che si crea tra una fonte di informazione e il pubblico poiché l’intervista viene percepita come un momento di verità, dove l’intervistato si impegna a rispondere a delle domande per fare chiarezza sull’argomento in questione180.
Risulta quindi evidente l’instaurazione di un rapporto tra l’intervistato e l’intervistatore che permette a entrambi di esprimere il loro pensiero sul fatto trattato, a difesa delle proprie ragioni181.
5.1.1. L’intervistato e l’intervistatore
Nonostante il ruolo dell’intervistato possa sembrare predominante all’interno di un’intervista, anche quello dell’intervistatore non è da meno. Quest’ultimo ha il difficile compito di mediare tra le aspettative del pubblico e le parole dell’intervistato. In realtà il giornalista, più che un mediatore, risulta essere un
179 Ivi pp. 50-51.
180 BARBANO 2012, p. 158. 181 Ibid.
109
vero e proprio protagonista in quanto è responsabile delle domande che vengono poste all’intervistato, e quindi della buona riuscita del lavoro. Siamo dunque di fronte a una pari dignità di entrambi gli attori, per cui viene a mancare la neutralità tipica della figura del mediatore; l’intervista si rivela pertanto un dialogo attivo e critico tra due diverse personalità182. All’interno di questo scontro, a volte anche aspro, ci sono dei momenti ben precisi, che determinano i criteri che regolano la tecnica di un’intervista. Analizziamoli nello specifico:
1) La fase preparatoria. Per la buona riuscita del lavoro è bene che
l’intervista sia preparata183: il giornalista deve conoscere gli argomenti
che verranno trattati in modo da poter essere incalzante nelle domande, ed estrapolare quanto più possibile dalle parole dell’intervistato. L’intervistatore può anche svelare in anticipo le domande, ma deve pretendere una risposta che non sia scritta, in quanto si perderebbe la possibilità del dialogo e verrebbero a mancare i presupposti che sono alla base dell’intervista stessa.
2) L’intervista vera e propria. Dopo aver svolto il lavoro di preparazione il
cronista deve organizzare i tempi dell’intervista. È fondamentale capire quando intervenire o interrompere l’intervistato, e quando lasciarlo parlare. Attraverso questo lavoro sarà più facile proseguire il dialogo e portare alla luce episodi particolari. Un ruolo fondamentale hanno chiaramente le domande, che possono essere aperte o chiuse: le prime offrono all’intervistato la possibilità di rispondere in più modi, e
182 Ibid.
110
presentano il rischio per il giornalista di lasciarsi sfuggire di mano la gestione del dialogo184; le seconde invece presuppongono una risposta secca, solitamente un sì o un no, e limitano maggiormente le possibilità di divagare dell’intervistato185. Per compiere al meglio il proprio lavoro,
il cronista può usufruire del registratore, che rappresenta una garanzia per evitare di perdere passaggi importanti che potranno risultare utili nella successiva stesura del lavoro.
3) Sintesi e trascrizione. La terza fase probabilmente è quella che richiede
più tempo. L’intervistatore deve raccogliere il materiale e presentarlo al pubblico nel miglior modo possibile. Per rimanere fedele al genere è bene trascrivere tutto attraverso il dialogo diretto; in alcuni casi tuttavia è richiesta la contestualizzazione di qualcosa in particolare, e si ricorre quindi alla forma indiretta. È inoltre molto importante riportare quanto più fedelmente possibile le parole dell’intervistato, e solo in determinate situazioni dovute perlopiù alla poca chiarezza interpretare le dichiarazioni per renderle più comprensibili ai lettori186.
4) Ultimi dettagli e pubblicazione. Prima di procedere alla pubblicazione
dell’intervista, il giornalista è tenuto, qualora ci sia una richiesta da parte dell’intervistato, a rivedere il lavoro per accertarsi che non ci siano state censure o fraintendimenti di alcun tipo. Si può infine procedere con la pubblicazione, ed è bene evitare da parte dell’intervistatore commenti di ogni genere sul contenuto dell’intervista.
184 BARBANO 2012, p. 160. 185 Ibid.
111
Abbiamo dunque visto quanto sia importante affrontare determinati passaggi per ottenere un lavoro buono e credibile. Il fatto di non doversi confrontare con l’immediatezza della televisione o della radio permette alle interviste della carta stampata di poter curare al meglio i particolari degli argomenti trattati, e di godere di maggior tempo per la pubblicazione.
5.1.2. La nascita del genere
L’intervista è una componente del giornalismo relativamente giovane. Il genere nasce negli Stati Uniti nel 1831 grazie ad Anne Royall, direttrice del Paul Pry. La giornalista in quell’occasione aveva raggiunto sulle rive del fiume Potomac l’allora presidente americano John Quincy Adams per porgergli delle domande. In un secondo momento poi, la Royall rielaborò le risposte fornite dal presidente e le riassunse all’interno di un articolo187. Tuttavia la forma era ancora spuria rispetto
a quella odierna. Il ricorso alle virgolette e la riproduzione fedele delle dichiarazioni dell’intervistato compariranno qualche anno più tardi, tra il 1859 e il 1869. La prima data fa riferimento a un lavoro compiuto da Horace Greeley, menzionato da Felice Cunsolo nell’opera Il giornale dell’Ottocento; la seconda riguarda l’Oxford Dictionary che cita esplicitamente il nome di Joseph Mc Cullagh come «the inventor of the modern newspaper interwiew»188.
187 FARINELLI 1997, p. 217.
112
Negli anni successivi il genere si afferma definitivamente, trovando particolare apprezzamento nei lettori che col passare del tempo si accorgono però che l’intervista aveva anche degli aspetti contraddittori: l’intervistato infatti poteva facilmente mutare le proprie opinioni, risultando spesso poco credibile189.
È invece difficile riuscire a stabilire con precisione il periodo in cui il genere si afferma in Italia. I pochi riferimenti che ci sono pervenuti parlano di Ferdinando Martini, giornalista di grande fama e governatore dell’Eritrea, che nel 1898 nel suo Diario Eritreo parla di «conversazione», «colloquio confidenziale»190 in relazione ad una situazione spiacevole che aveva dovuto affrontare dopo un’intervista rilasciata a un corrispondente della Nazione di nome Errera. La diffidenza nel nuovo genere aveva portato addirittura il presidente del Consiglio Di Rudinì a intervenire attraverso un telegramma inviato allo stesso Martini, in cui il presidente lo invitava «a dirgli se l’intervista con l’Errera […] si può smentirla per tranquillizzare gli amici»191. In realtà comunque abbiamo notizie riguardanti il genere già dal 1879, anno in cui compaiono scorci di momenti dialogici veri e propri all’interno di un’inchiesta sull’inondazione del fiume Po curata dal cronista Carlo Romussi192. La definitiva consacrazione del genere nel nostro Paese arriva con il giornalista Umberto Notari, autore di un reportage intitolato Quelle signore, che nel 1904 viene riconosciuto come
189 Ivi p. 218 190 Ibid. 191 Ibid. 192 Ibid.
113
il primo e unico intervistatore che vanti la stampa cosmopolita. Ha avuto colloquii con tutte le celebrità della terra, del mare e del cielo; poiché in ferrovia, su navi, in pallone, dovunque gli sia dato di trovare il suo uomo o la sua donna, Giosuè Carducci o Lina Cavalieri, Guglielmo Marconi o Sada Yacco, Santos Dumont o Yvette Guilbert, l’abboccamento è fatto e una colonna di scintillante dialogo ne è la conseguenza inevitabile193.
Molto interessante è infine la storia del termine «intervista», bollato come «gemma gallo-italica»194 dai vocabolaristi italiani della seconda metà dell’Ottocento e inserito addirittura negli Errori di lingua italiana che sono più in
uso di De Nino del 1866, che testimonia la tarda diffusione che il genere ha avuto
nel nostro Paese195.