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I Joint Audits: tra scambio di informazioni e poteri ispettivi transfrontalieri?

Capitolo 2 Lo scambio automatico di informazioni nell’Unione Europea

2.3. Le Direttive comunitarie in materia di assistenza amministrativa

2.3.2 I Joint Audits: tra scambio di informazioni e poteri ispettivi transfrontalieri?

Tra le modalità di scambio di informazioni, meritano un approfondimento i c.d. “joint audits”246, che rappresentano al momento attuale il più elevato livello di cooperazione tra le

242 Direttiva UE 2016/2258 del Consiglio del 6 dicembre 2016 che modifica la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda

l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 16 dicembre 2016 L. 342/1.

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Direttiva UE 2015/849/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo che modifica il regolamento UE n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 5 giugno 2015 L. 141 p. 73.

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Costituito nel 1989 in occasione del G7 di Parigi, il Gruppo di azione Finanziaria Internazionale (GAFI) o Financial Action Task Force (FATF) è un organismo intergovernativo che ha per scopo l’elaborazione e lo sviluppo di strategie di lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e, dal 2001, anche di prevenzione del finanziamento al terrorismo. Del Gruppo fanno parte 37 membri in rappresentanza di Stati e organizzazioni regionali che corrispondono ai principali centri finanziari internazionali, nonché, come osservatori, i più rilevanti organismi finanziari internazionali e del settore tra i quali il Fondo Monetario Internazionale, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, Europol Egmont, ECB. Il FATF coordina un network di 198 giurisdizioni che si sono impegnate ad implementare gli Standard e a sottoporsi a una peer review per valutare le capacità tecnico-operative e il livello di implementazione delle raccomandazioni emesse dal gruppo.

245 FATF Recommendations, International Standards on Combating Money Laundering and the Financing of Terrorism

& Proliferation, Febbraio 2002 nella quale si evince: “Beneficial owner refers to the natural person(s) who ultimately owns or controls a customer and/or the natural person on whose behalf a transaction is being conducted. It also includes those persons who exercise ultimate effective control over a legal person or arrangement”. La nozione di “ultimate effective control” si riferisce a situazioni in cui il controllo è esercitato mediante una catena di possesso o mediante strumenti di controllo diversi dal controllo diretto. Nell’ottobre 2014 è stata approvata anche una Guida relativa alla trasparenza e alla definizione di beneficial ownership.

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La definizione di Joint audit non è nuova ma è mutuata dal Report Ocse sui Joint Audit, del maggio 2010 disponibile al link http://www.oecd.org/tax/administration/45988932.pdf ultimo accesso 21 marzo 2017 in base al quale “A joint

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Amministrazioni fiscali. La Direttiva sulla cooperazione amministrativa 2011/16/UE non definisce espressamente tale modalità di assistenza. La base giuridica di tale istituto è rinvenibile, per quanto concerne l’ambito comunitario, nell’art. 11 della citata Direttiva intitolato “Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative”. In tale articolo è disciplinata la possibilità che funzionari di un’autorità competente di uno Stato possano essere presenti negli uffici dell’autorità amministrativa dell’altro Stato e/o durante le indagini amministrative condotte sul territorio dell’altro Stato al fine di scambiare informazioni. Essa è giuridicamente distinta dalla disciplina dei controlli simultanei, di cui all’art. 12 della Direttiva, in base alla quale due o più Stati, di comune accordo e su base volontaria, decidono di attuare simultaneamente ciascuno sul proprio territorio una verifica di uno o più soggetti di imposta al fine di scambiarsi le informazioni. Se, quindi, per i controlli simultanei appare chiara dalla lettera della norma, la realizzazione di un controllo fiscale preordinato allo scambio di informazioni, per quanto concerne l’autorizzazione dei funzionari esteri alla presenza nel territorio di un altro Stato membro non risulta pacifico definire tale possibilità come verifica o come scambio di informazioni o come una combinazione dei due.

La definizione di joint audits, ovvero di “controllo congiunto”, mutuata dall’OCSE, attiene alla formazione, per volontà congiunta di due o più Stati, di un unico nucleo di verificatori. Si, pone, conseguentemente, la questione se, in ambito comunitario, l’art. 11 della Direttiva autorizzi similarmente ad un istituto analogo. In realtà, le disposizioni dell’Unione sia nel preambolo (punto 13) sia nel corpo del testo dell’articolo 11 prevedono che, su base volontaria, ciascuno Stato membro possa autorizzare alla presenza di funzionari esteri negli uffici amministrativi e durante le indagini amministrative svolte sul proprio territorio al fine di scambiare le informazioni. Il fatto che tale presenza debba essere autorizzata mediante un previo accordo tra gli Stati contraenti e che in detto documento si possa indicare genericamente che i funzionari possono “partecipare attivamente” ai controlli non sembra possa ampliare i poteri concessi dalla Direttiva. Come menzionato nell’art. 11 della Direttiva, un accordo tra due Stati può autorizzare la presenza dei funzionari esteri negli uffici o durante le verifiche condotte nell’altro Stato in base e nella misura consentita dalla legislazione dello Stato ospitatante al fine di scambiare le informazioni. L’accordo tra le autorità interessate può consentire ai funzionari esteri di esaminare documenti e porre domande ai contribuenti nei limiti della legislazione vigente nello Stato dell’autorità

audit can be described as two or more countries joining together to form a single audit team to examine an issue(s) / transaction(s) of one or more related taxable persons (both legal entities and individuals) with cross-border business activities, perhaps including cross-border transactions involving related affiliated companies organized in the participating countries, and in which the countries have a common or complementary interest; where the taxpayer jointly makes presentations and shares information with the countries, and the team includes Competent Authority representatives from each country.”

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interpellata. Non sembra che tale accordo possa conferire, in base a quanto prospettato nell’ambito della Direttiva comunitaria, al funzionario straniero poteri di controllo autonomi da parte dell’amministrazione finanziaria ospitante, quanto piuttosto la possibilità di, oltre a fare domande e esaminare documenti, dare “impulsi” al controllore nazionale che potrà accoglierle e trasformarle in un rapporto esterno con il contribuente, con azioni reali o eseguendo atti giuridici. Uno Stato può procedere alla rinuncia di parte del proprio potere autoritativo ammettendo la presenza di un controllore appartente ad un altro Paese, ma il diritto dell’Unione non si spinge, a parere della scrivente, ad ammettere la creazione di un “single audit team”, come invece menzionato nei citati documenti OCSE. Secondo questo approccio si ritiene che la realizzazione di un Joint audit non si configuri come una vera e propria attività di verifica congiunta finalizzata allo scambio, quanto piuttosto, di una forma avanzata e più efficiente di scambio di informazioni attuata mediante la presenza fisica in loco di funzionari stranieri. L’Agenzia delle Entrate ha concluso con l’autorità fiscale bavarese due Memorandum of Understanding247 con il quale le autorità fiscali consentono una “partecipazione attiva” di funzionari esteri al controllo. Tale espressione può ritenersi comprensiva dei poteri che secondo la Direttiva devono essere specificamente previsti da tale accordo preventivo. La presenza di detto accordo assume, pertanto, rilevanza centrale per conferire legittimità e regolamento ai poteri necessari per l’effettuazione del controllo congiunto.

Si fa presente, per completezza, che a livello internazionale, la realizzazione di ipotesi di scambio di informazioni mediante la presenza fisica di funzionari nell’altro Stato era già stata avvertita anche nella Convenzione di Strasburgo nella quale, nel commento all’art. 9: “(…)Traditionally, exchange of information under double taxation conventions and mutual assistance conventions has been carried out in writing. A written procedure is necessarily time-consuming and may for that reason be less effective than other, less formal procedures. (…) In order to be able to ascertain a clear and complete picture of business and other relations between a resident of a Party who is subject of a tax examination and his foreign associates, it is often of great value to be able to follow at close proximity an examination initiated in a foreign country. In fact, experience has shown the need (…) of tax authorities beeing physically present at such tax examinations in other country (…)”248

. Per quanto riguarda, invece, le convenzioni bilaterali stipulate sulla base del Modello OCSE, il

247 Agenzia delle Entrate, comunicati stampa http://www.fiscooggi.it/files/u4/comunicatistampa/139_com._st._accordo_baviera_13.07.2016.pdf ultimo accesso 28 marzo 2017; http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/f80de8b6-c45e-4464-9af1- c6f5eb99fe59/186_Com.+st.+Accordo+Baviera+23.09.2016.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=f80de8b6-c45e-4464- 9af1-c6f5eb99fe59 ultimo accesso 28 marzo 2017.

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commentario all’art. 26, nel paragrafo 9.1, prevede che i tipi di scambio di informazioni possono estendersi anche alle verifiche simultanee nonché ammettere la presenza di funzionari stranieri in un altro Stato.

Dal punto di vista istruttorio e in merito all’utilizzabilità dei documenti ottenuti durante i Joint Audits si ravvisano problematiche analoghe a quelle inerenti le altre forme di scambio che sono trattate infra nel paragrafo 5.6.1.

La finalità della verifica congiunta è triplice. In primo luogo essa consente di scambiare e ottenere informazioni in maniera celere ed efficiente; in secondo luogo di garantire la certezza del diritto in un contesto di collaborazione con il contribuente; in terzo luogo di rappresentare un elemento preordinato ad una risoluzione fruttuosa di un’eventuale procedura amichevole. La comunicazione delle motivazioni per le quali il contribuente è stato selezionato per tale tipo di controllo e dell’atto finale di verifica “Audit final Report” garantiscono la trasparenza nell’operato dell’autorità competente. Le risultanze del controllo congiunto consentono di attenuare le asimmetrie in materia di prezzi di trasferimento, in quanto l’art. 110 del Tuir non prevede la rettifica del corrispettivo a valore normale se da ciò si verifica una diminuzione del reddito di impresa del soggetto sottoposto a tassazione in Italia, a meno che non sia attivata una procedura amichevole. Lo strumento del Joint audit potrebbe far acquisire alle relative contestazioni una sorta di “fast track procedure”, ovvero di una corsia procedimentale preferenziale per l’attivazione della procedura amichevole proprio in relazione alle contestazioni rilevate in sede di verifica congiunta. In questo senso, il coinvolgimento del contribuente e la trasparenza nella procedura potrebbero incrementare la partecipazione e la compliance del cittadino che, mediante tale istituto, a differenza di quanto avverrebbe nel caso in cui la verifica fosse portata avanti all’interno di un solo Paese, potrebbe veder riconosciuta con molta più probabilità, mediante una procedura formale di conciliazione, una variazione in diminuzione del reddito a seguito di rettica dei corrispetti al valore normale mediante una rideterminazione concordata, almeno parzialmente, in sede congiunta249. In questo senso, si può affermare che, mediante le verifiche congiunte, si persegue la finalità dell’eliminazione della doppia imposizione e, conseguentemente, i joint audits si caratterizzano per essere un meccanismo idoneo a risolvere i conflitti. A tal proposito, si sottolinea, tuttavia, che l’art. 110, comma 7 del TUIR consente una variazione in diminuzione soltanto a seguito della conclusione di una procedura amichevole, non essendo contemplata la possibilità di rettifiche conseguenti alla conclusione del procedimento di joint audit. In assenza di disposizioni comunitarie che armonizzino le procedure interne, modifiche unilaterali, come quella testè menzionata,

249 Competente all’aesame delle procedure rimane il tribunale nel quale sono state eseguite le procedure di accertamente

e secondo le cui regole è avvenuto l’accertamento congiunto. Il fatto che i rilievi scaturenti da detta attività abbiano degli effetti transfrontalieri non lascia libero il contribuente nello scegliere il foro compente.

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potrebbero rappresentare un importante fattore di successo per lo sviluppo di procedure di joint audits.

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