• Non ci sono risultati.

L’accordo dei discordi. Armonia e musica negli pseudopythagorica

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 123-132)

La questione dell’ordine matematico del mondo, e del mondo sensibile in particolare, riflette, negli apocrifi pitagorici, le controversie che animavano il dibattito interno alla filosofia platonica dei primi secoli dell’Impero. Non si trattava di una semplice questione di esegesi tecnica dei testi platonici, ma di un serio problema che andava a toccare i fondamenti stessi della teologia platonica: infatti, gli interpreti di Platone erano divisi proprio sulla funzione demiurgica di Dio. Nessun platonico, naturalmente, negava l’intervento divino sull’ordine del cosmo, ma laddove la maggior parte dei pensatori platonici, in genere gli interpreti letteralisti del Timeo, immaginavano un intervento di creazione e armonizzazione divina sul caos precosmico, una minoranza di pensatori, tra cui si possono ricordare Tauro e Alcinoo, propendevano piuttosto per considerare l’armonia come intrinseca alla costituzione ordinata del

41 A mio giudizio, valgono anche per il lavoro di Zhmud le obiezioni sollevate contro Robbins da J. Mansfeld, The pseudo-Hippocratic tract Περὶ ἑβδομάδων ch. 1-11 and Greek Philosophy, … pp. 156-160. Talvolta sembra che i sostenitori dell’ipotesi della fonte unica utilizzino il metodo discutibile di procedere per accumulazione di materiali, allargando il campo delle fonti possibili all’infinito: così, se l’autore 1 ha una testimonianza a, e l’autore 2 ha a e b, si tende ad assumere che la loro fonte comune fosse a+b, e se poi un autore 3 ha b e c allora si dovrà aggiungere c alla fonte. Inoltre, non possiamo escludere a priori una pluralità di fonti: ad esempio, non è affatto certo che i materiali relativi al numero 7 in parte comuni Filone, Varrone e Nicomaco risalissero all’Anonymus, ma forse facevano capo all’apocrifo di Proro (pp. 357 sgg.); e del resto, non si può non tenere conto di una stratificazione plurisecolare: visto che alcuni di quei materiali sono presenti in frammenti di Pitagorici antichi (si veda p. 134), dovremmo forse assumere che anche tutto quel materiale sia apocrifo, come Zhmud fa con il fr. 13 Ross dell’opera Sui Pitagorici di Aristotele, contenente un accostamento tra il sette e Atena, necessariamente successivo, a suo dire, alla riflessione numerologica dell’Accademia antica?

122

mondo, 1 di cui Dio, certo, è la causa, ma non propriamente l’artefice. Non è un caso che gli esponenti di questo secondo indirizzo siano interpreti “eternalisti” del Timeo,2 e che si rivelino sovente vicini all’aristotelismo:3 il disegno di ordine del dio è eterno e si estende all’infinito nel passato e nel futuro, e di conseguenza il cosmo è eterno ed eternamente dotato di un ordine intrinseco. Questa seconda posizione raccoglie ampio consenso tra gli autori degli pseudopythagorica: alla nozione di armonia essi concedono ampio spazio non per conferire semplicemente una coloritura pitagorica ai loro testi, ma perché per costoro è appunto la ricomposizione delle dissonanze presenti sul piano dei principi a dar luogo al mondo sensibile, e questa è appunto la synarmogè, l’eterna attività di Dio. Ad esempio, secondo le parole di Ippodamo, nello scritto Sulla Felicità:

L’armonia, la consonanza e il numero si generano nei molti: infatti non sono affatto autosufficienti, ma l’insieme delle loro parti fa l’intero; l’acutezza dell’udito e della vista, invece, e la velocità dei piedi si generano solo nell’uno, mentre la felicità e la virtù proprie dell’anima sia nell’uno, sia nei molti, sia nell’universo intero. Ed esse sono nell’uno per il fatto di essere nei molti, e nei molti per il fatto di essere nell’universo intero. In effetti, sia l’ordinamento della natura intera ha portato all’ordine ciascuna cosa particolare, sia l’ordinamento di ciascuna cosa particolare ha completato l’intero e il tutto. Ad esso sono subordinati i viventi, in virtù del fatto che il tutto è per natura primo rispetto alla parte, e non la parte rispetto al tutto. Se infatti non ci fosse il cosmo, non potrebbe esserci neppure il Sole, né la Luna, né le stelle erranti, né quelle fisse; ma dal momento che il cosmo è, è anche ciascuna di queste cose. (…) Ora, come il tutto sta alla parte, così sta anche la virtù del tutto rispetto a quella della parte: infatti, se non sussistessero l’armonia e la soprintendenza divina nel cosmo, neppure le cose contenute nel cosmo potrebbero stare insieme in modo conforme a bellezza.4 In un contesto di argomento etico e politico, Ippodamo spiega la differenza tra le virtù relative al singolo e quelle relative ai molti: l’armonia, che, come il numero, non potrebbe sussistere senza la molteplicità, è però anche un tutto superiore alle sue parti, ed è l’aretè del cosmo, come Ippodamo specifica poco oltre.5 L’ “armonia” del cosmo immaginata da Ippodamo, in effetti, è

1 I termini e gli esponenti di questo dibattito sono compiutamente raccolti ed esposti da F. M. Petrucci, “The Harmoniser God. Harmony as a Cosmological Model in Middle Platonist Theology”, in: F. Pelosi, F. M. Petrucci (eds.) Music and Philosophy in the Roman Empire, Cambridge University Press, Cambridge, 2021, pp. 60-84.

2 Su questa lettura del Timeo platonico, a cui gli autori pseudopitagorici, e in particolare Timeo di Locri, aderiscono, e sulle conseguenze sul piano filosofico, rimando a Timeo di Locri, pp. 382 sgg., e Aristeo, pp. 218 sgg.

3 Sul tentativo da parte di alcuni medioplatonici di appropriarsi di alcuni elementi della teologia aristotelica, e in particolare del primo motore auto-pensante, e sui problemi che ne derivavano agli occhi di altri platonici come Plutarco e Attico, si veda F. Ferrari, “La teologia di Aristotele nel medioplatonismo”, in Y. Lehmann (éd.), Aristoteles Romanus. La réception de la science aristotélicienne dans l’Empire gréco-romain, Brepols, Tournhout, 2013, pp. 299-312.

4 Hippodamos De Felic. p. 96, 21-97, 5.

5 Ibid. p. 97, 8.

2. L’accordo dei discordi

123

il prodotto di un processo di ordinamento che procede in due direzioni, dal particolare all’universale e dall’universale al particolare, ma Dio in questo contesto non è artefice, ma tutt’al più “sorveglia” il cosmo e l’armonia; il logos tra le parti e la bellezza, infatti, sono prerogativa intrinseca alla natura molteplice e insieme ordinata del cosmo.

Non è difficile rintracciare questa concezione dell’armonia cosmica in molti altri trattati: essa è implicita alla dottrina delle proporzioni proposta da Timeo di Locri, che interpreta le affermazioni sulla proporzione del Timeo come una prova dell’ordine intrinseco e dell’eternità del cosmo;6 Aristeo faceva probabilmente di questa tematica il fulcro del suo trattato Sull’Armonia:

Si dica, inoltre, “armonia di natura” il fatto che tutte le cose vengono in essere secondo un logos, in modo reciproco tra loro. Come l’artigiano sta all’arte, così Dio sta all’armonia: l’arte, infatti, è logos e idea delle cose generate, e così anche la natura. Un’opera viene “sbagliata” dagli artefici nella misura in cui si discosti dal logos proprio dell’arte; così, per quanto riguarda la natura, gli oggetti della generazione si corrompono, divenuti fiacchi e privi di forza, nella misura in cui si discostano dal logos dell’armonia.7

Anche in questo caso, la definizione di “armonia” non è quella di azione divina sul cosmo: essa è la struttura ordinata del cosmo generato, e Dio mantiene e conserva l’armonia, non permettendo all’imperfezione propria del mondo sensibile di discostarsene. Egli è, più che l’artefice, il timoniere del cosmo, secondo la metafora di Callicratida:

L’universo, dunque, dev’essere inteso come un sistema coeso per comunanza determinata dall’affinità. Ogni sistema si compone di opposti e cose ineguali, ma è disposto ordinatamente in relazione a un'unica eccellenza, ed è orientato mirando a una comune utilità: quello che chiamiamo coro, ad esempio, è un sistema coeso per la comunanza del canto, ed è orientato a un solo scopo comune, la consonanza del canto; nella nave il sistema proprio del corpo che appartiene alla nave consiste di alcune parti ineguali e opposte, ed è disposto ordinatamente in relazione a un’unica eccellenza, il timoniere, ed è orientato a un’utilità comune, il buon esito della navigazione.8

Da questo testo emerge con chiarezza il ruolo ordinatore di Dio: egli non ha che da reggere ben salda la barra del timone e permettere che il mondo continui a esistere, guidando la molteplicità degli esseri verso l’unità, con quel processo che nel corpus è spesso chiamato henōsis;9 secondo le parole di Metopo:

6 Cf. Timeo di Locri, pp. 378 sgg.

7 Aristaios De Harm. p. 53, 3-8, vedi pp. 219 sgg.

8 Kallikratidas De Dom. Felic. p. 103, 20-28.

9 Cf. e. g. Archytas De Princ. p. 20, 6-7; cf. pp. 183 sgg.

124

La definizione di armonia (synarmoga) è portare a compimento i propri atti senza discostare la mente né per difetto né per eccesso.10

Per questi autori non c’è contraddizione tra il pensare Dio come un custode dell’ordine del mondo e l’immaginare una provvidenza divina all’opera nel cosmo; ma è proprio questo tentativo di conciliare Platone e Aristotele a scatenare le critiche e le obiezioni di interpreti come Attico: Dio non potrebbe essere provvidente, se il cosmo fosse governato da un ordine proprio ed eterno, o in altre parole non ci sarebbe margine per la libertà e l’onnipotenza divina, se la creazione di un cosmo ordinato non fosse frutto della deliberazione di Dio.11

L’armonia del cosmo, dunque, non solo si riflette nell’armonia delle realtà particolari, ma è anche causata da queste: Eccelo, rifacendosi alla Repubblica platonica,12 dichiara che la giustizia è armonia, in quanto virtù prima tra le quattro platoniche:

Mi pare corretto definire la giustizia madre degli uomini e nutrice delle altre virtù: senza di essa infatti non si potrebbe essere né temperanti, né coraggiosi, né sapienti. Essa è armonia e pace dell’anima intera ottenuta con un ordine ritmico. Diverrà per noi ancora più chiaro il suo potere, se la porremo a confronto con gli altri stati dell’anima. Questi, infatti, hanno un’utilità particolare e relativa ad una sola cosa; la giustizia invece l’ha in relazione a tutti i sistemi e in molteplici cose.

Nell’universo è quella provvidenza, armonia, Dikē e l’intelletto di un qualche dio, che così ha deliberato, che conduce al suo fine il principio del tutto. Nella città invece è stata chiamata a ragione pace e buon governo; nella casa è la concordia reciproca tra uomo e donna, la fedeltà degli schiavi al padrone, la cura dei padroni per i propri servitori. Nel corpo e nell’anima innanzitutto è vita, il bene più caro a tutti, e poi la salute e il vigore fisico, e infine quella sapienza che gli uomini ricevono dalla scienza e dalla giustizia. Se la giustizia dunque regola e preserva il tutto e le sue parti così da renderle perfettamente concordi e in armonia tra loro, come si potrà evitare di definirla all’unanimità madre e nutrice di ogni cosa?13

Come risulta chiaro sia dalle parole di Eccelo che da quelle di Callicratida, il concetto di armonia è profondamente intrecciato a quello di systema, con cui Eccelo designa i vari piani del reale:14 ciascuno di essi, dal cosmo governato dalla provvidenza divina fino alla polis, alla famiglia, all’anima e al corpo dell’uomo, è composto di una molteplicità parti ineguali e talora opposte, che però costituiscono un insieme perfetto, qualora siano tenute insieme dall’armonia.

10 Metopos De Virt. p. 119, 12-14.

11 Attico, frr. 3-4 des Places; cf. in proposito P. Moraux, Der Aristotelismus bei den Griechen, Band II, … pp. 569-571.

12 Cf. Rep. 444d.

13 Ekkelos, De Iust. pp. 77, 16-78, 16.

14 Mi permetto, sul significato di systema in questo contesto e sul modo in cui Eccelo si rapporta alla Repubblica platonica, di rinviare a M. Varoli, “La Repubblica dei Pitagorici. Il legame tra la Repubblica di Platone e il sistema gerarchico presente in alcuni pseudopythagorica dorici”, … pp. 122-125. Si veda anche P. S. Horky, “Italic Pythagoreanism in the Hellenistic Age”, … forthcoming 2021.

2. L’accordo dei discordi

125

Le ripercussioni di questa teoria dell’armonia sul piano del microcosmo umano sono notevoli:

l’armonia è precisamente ciò che fa la differenza tra il totale delle parti che compongono il sistema e il tutto, l’unità del sistema stesso. Molti autori spiegano la funzione dell’armonia nel microcosmo umano con una metafora: ecco, ad esempio, le parole di Eurifamo relative alla vita umana:

La vita dell’uomo è come l’immagine di una lira finemente lavorata e perfetta in ogni sua parte; ora, ogni lira ha bisogno di avere queste tre cose: un apparato musicale, un’armonia e un’esecuzione musicale. L’apparato musicale è l’insieme di tutte le parti adeguate del corpo, mi riferisco alle corde e alle parti che collaborano in vista del suono armonioso e del ritmo; l’armonia, invece, è la reciproca combinazione delle corde; l’esecuzione musicale, infine, è il loro movimento secondo l’armonia.

Così dunque anche la vita dell’uomo ha bisogno di avere queste tre cose. L’apparato musicale è l’aggregazione delle parti della vita: parti della vita sono i beni propri del corpo, delle ricchezze, della fama e degli amici; l’armonia è la loro disposizione in vista della virtù e delle leggi; l’esecuzione musicale è invece la loro combinazione secondo la virtù e le leggi, se la virtù raggiunge felicemente la propria meta e non ha nulla che si opponga ad essa dall’esterno.15

La metafora della lira è intrigante, in Eurifamo, in quanto reminiscente dell’anima-armonia

“pitagorica” evocata nel Fedone platonico,16 ma anche, senza dubbio, della definizione aristotelica del corpo come “strumento dell’anima”.17 Il conseguimento delle virtù del corpo non è il fine della vita umana, rappresentato piuttosto dal raggiungimento della felicità, ma è una condizione imprescindibile al raggiungimento del telos, così come non ci sarebbe armonia senza le corde della lira.18 Il corpo stesso, inteso come sede della vita e della salute, è tenuto in equilibrio dall’armonia, e l’antica dottrina medica degli umori sembra giocare un ruolo importante in quest’idea: ancora, nelle parole di Timeo di Locri, osserviamo come anche nell’ambito della salute del corpo l’armonia sia la potenza unificante che conserva l’equilibrio evitando l’eccesso di uno degli umori:

15 Euryphamos De Vit. pp. 86, 15-27.

16 Pl. Phaed. 85e-86d; questo passo, in cui si solleva un’obiezione alla dottrina platonica dell’immortalità dell’anima, immaginata come un’armonia divina e immateriale, ma mortale come la musica che non sopravvive alllo strumento che la esegue, sembra essere stato, per gli autori dei trattati apocrifi, di grande interesse, e viene talvolta ricordato per ribadire la natura armonica e immateriale, ma anche immortale dell’anima: per le altre reminiscenze di questo passo platonico negli pseudopythagorica, rimando a Filolao, pp. 249 sgg.

17 Cf. e. g. De An. 407b 20-27; questa definizione aristotelica dell’anima come strumento del corpo è assai presente negli autori apocrifi, forse proprio in reazione alla critica ai Pitagorici e agli Accademici in questo passo del De Anima; si veda anche Kallikratidas De Dom. Felic. p. 104, 11-13; Timaios Lokros, De Univ. Nat. p. 223, 6-9.

18 Si veda B. Centrone, Pseudopythagorica Ethica, … p. 239, anche in relazione al significato e alla provenienza dei termini tecnici usati da Eurifamo per indicare l’apparato, l’armonia e l’esecuzione musicale; sono portato a ritenere che le occorrenze di queste medesime espressioni in Giamblico (cf. e. g. Iambl. VP 114) siano tratte dagli pseudopythagorica.

126

L’arte del preparatore atletico e quella assai affine del medico, predisposte alla cura dei corpi, guidando le forze vitali verso una saldissima armonia, mantengono il sangue puro e il respiro fluente perché, se anche dovesse insorgere qualche malattia, le potenze del sangue e del respiro siano in grado di contrastare la sua forza.La musica e la sua guida, la filosofia, volte a correggere l’anima ad opera dei costumi e delle leggi, abituano e persuadono, e talvolta costringono, la parte razionale a lasciarsi persuadere dal calcolo razionale e, per quanto riguarda la parte irrazionale, la parte animosa a essere mite, e quella passionale a rimanere in quiete, perché non si muova senza la ragione, né rimanga ferma quando la mente la invita all’azione o al godimento.19

L’armonia, anche su questo piano, non ha solo una funzione psicagogica, ma è naturalmente ciò che mette in relazione logos e alogon, e permette di ordinare e orientare al meglio le singole parti del corpo e dell’anima e di condurle al loro telos: la musica è menzionata da Timeo di Locri come la forma d’arte e conoscenza più alta, se subordinata alla guida della filosofia e diretta all’educazione delle anime. Ippodamo, che utilizza un paragone identico a quello di Eurifamo, applicato però alla polis, associa l’armonia alla legge:

Poiché ogni comunità cittadina è paragonabile a una lira perfetta in ogni parte, avrà bisogno di un apparato musicale, di un’armonia e infine di una certa esecuzione e uso della musica. (…) Io affermo che la comunità cittadina è mantenuta in armonia da queste tre cose: i discorsi, i costumi determinati dalle consuetudini, le leggi; e per mezzo di queste cose l’uomo è educato e diviene migliore.20 Le leggi, i discorsi e le consuetudini svolgono, sul piano politico, quella stessa funzione unificante rispetto alla molteplicità degli individui e delle istanze della comunità che l’armonia ha nel cosmo, e inoltre hanno una funzione pedagogica insostituibile, conducendo le nature dei singoli all’eccellenza; in altre parole, la legge è armonia politica, come ricorda anche Archita nello scritto Sulla Legge.21 D’altra parte, anche Callicratida evoca la stessa metafora, in relazione però ai componenti di un microcosmo ancora più piccolo, quello dell’oikos.22 Naturalmente, poiché l’armonia si dà solo tra ineguali, non bisogna lasciarsi tentare da letture

“democratiche” o egualitarie di questo pensiero: come nel cosmo armonia significa obbedienza delle parti alla gerarchia stabilita dalla volontà divina, così nella polis e nell’oikos l’armonia è gerarchia, ed è compiuta e perfetta quando tutte le parti, anche quelle subordinate per natura, comprendono e accettano il loro posto all’interno di quell’ordine pervenendo alla virtù e alla

19 Timaios Lokros, De Univ. Nat. p. 223, 19-224, 6.

20 Hippodamos De Rep. p. 99, 18-25. Cf., in riferimento al sovrano, Diotogenes De Regn. p. 73, 15-19.

21 Archytas De Leg. p. 33, 3-4; cf. Archita, p. 199.

22 Kallikratidas De Dom. Felic. p. 104, 3-9.

2. L’accordo dei discordi

127

felicità.23 Ciò è particolarmente evidente (e fastidioso alla nostra sensibilità) nella produzione, all’interno del corpus, di scritti relativi all’oikos e al ruolo della donna nella società, e non sorprende, letta in quest’ottica, la pedanteria di certi trattati attribuiti a donne dell’antica società pitagorica;24 ecco, per esempio, le esortazioni di Perittione nello scritto Sull’Armonia della Donna:

Una donna colma di sapienza e temperanza deve aver nozione dell’armonia; di certo, l’anima deve pervenire alla piena coscienza della virtù, in modo da essere giusta, valorosa, sapiente, adornata d’indipendenza e odiatrice della vuota opinione. Alla donna da queste cose verranno buone conseguenze per se stessa, il marito, i figli e la casa; e spesso anche per la città, se sia tale da trovarsi a governare città o popoli, come osserviamo nel regime monarchico. Se essa dominerà la passione e l’ira, vigeranno la legge di natura e l’armonia; in tal modo, infatti, non la inseguiranno amori contrari alla legge, ma proverà affetto per il marito, i figli e la casa intera. Infatti, quelle amanti che entrano nei letti altrui finiscono per diventare nemiche di tutti i liberi della casa e anche della servitù: essa metterà in piedi menzogne e inganni ai danni del marito, e gli racconterà bugie su tutto, per dare l’impressione di eccellere, lei sola, nella benevolenza, e inoltre per mandare avanti la casa, pur avendo cara la pigrizia. (…)

Poi occorre sopportare tutti i difetti del proprio marito, anche nella cattiva sorte, anche se sbaglia per ignoranza, malattia o ubriachezza, o se si unisce con altre donne: questo errore, infatti, è concesso agli uomini, ma non alle donne, e per loro è prevista una punizione. Quindi, è bene rispettare la legge e non essere gelose: si sopportino la rabbia, la tirchieria, l’eccesso di critiche, la gelosia e tutti quei difetti che ha ricevuto dalla propria natura, e una donna temperante disporrà ogni cosa il modo a lui gradito. Infatti, una donna cara a suo marito, e che agisce in modo corretto nei suoi confronti, perviene all’armonia, ama l’intero complesso della casa e rende benevolo verso la casa chi viene dall’esterno. (…) ma se non lo farà, sarà in disarmonia con il tutto.25

Come si può vedere, l’armonia domestica, esaltata da queste autrici, così come dai loro omologhi maschi, come miglior via per la vita felice, presuppone, da una parte, che la donna

Come si può vedere, l’armonia domestica, esaltata da queste autrici, così come dai loro omologhi maschi, come miglior via per la vita felice, presuppone, da una parte, che la donna

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA TITOLO TESI (pagine 123-132)