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L’attuale sistema di acquisizione delle prove del giudizio

2. Il processo di omogeneizzazione della giustizia sportiva ed il

2.4. L’acquisizione delle prove nel processo sportivo: aspett

2.4.1. L’attuale sistema di acquisizione delle prove del giudizio

Al di là del rilevante problema legato alla possibilità di utilizzo delle intercettazioni telefoniche all’interno di un procedimento sportivo di carattere disciplinare, occorre rilevare ulteriori problematiche che, in generale, concernono il processo di acquisizione del materiale probatorio nel giudizio sportivo della FIGC, soprattutto in considerazione della valenza della prova arbitrale. Come sappiamo, l’acquisizione delle prove rappresenta (in qualsiasi tipologia di procedimento, e non solo in quello di matrice sportiva) un momento fondamentale di tutto il

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processo, poiché in esso si può apprezzare l’effettiva parità delle parti in causa, nonché l’equidistanza tra di loro e nei confronti dell’organo giudicante. In altri termini, è attraverso il contraddittorio delle parti (principio generale ed assoluto di tutti i procedimenti giustiziali previsti dal nostro ordinamento generale, nonché tutelato, non solo da parte della nostra Costituzione, ma anche, nello specifico, dal Codice di Giustizia Sportiva) che il processo dimostra la sua effettiva idoneità nel perseguire la verità, trasponendo il più verosimilmente possibile la vertenza dal piano sostanziale a quello processuale. Quello del contraddittorio, dunque, rappresenta forse uno dei principi più importanti in ambito processuale, poiché costituisce una delle differenze più evidenti tra un sistema “inquisitorio” (notoriamente meno attento alla tutela delle garanzie dei soggetti coinvolti) ed uno “accusatorio” (in cui si pone al centro della controversia, non già il giudice inquisitore, bensì le parti ed i loro diritti processuali). Non a caso, la disciplina disposta dai Principi del giusto processo sportivo (poi inseriti all’interno del Codice di Giustizia Sportiva) secondo la quale «il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo»207, rappresenta un evidente richiamo a quanto disposto, sul tema, dalla Costituzione ex art. 111. Nonostante ciò (e nonostante l’avvento della Riforma del 2014) vi sono ancora degli evidenti punti di doglianza del procedimento sportivo verso quanto formalmente disposto dal Codice e dalla Costituzione. Il sistema istruttorio del processo sportivo è stato al centro dell’opera riformatrice del nuovo Codice, ma indubbiamente, a causa delle peculiarità dei giudizi operati dalla Federcalcio, si è imposto a quest’ultima, in tema di prove, dei criteri specifici relativi alla forza probatoria della verbalizzazione del direttore di gara e dei suoi assistenti, alla quale viene riconosciuta una valenza di “prova legale”208. Ebbene, tale rafforzata efficacia probatoria non subisce alcun tipo di limitazione, se non in alcuni sporadici casi previsti tassativamente dal Codice sportivo della FIGC, nei quali si ammette l’utilizzo della prova televisiva per errore di persona, ma sempre con effetti limitati alla sanzione inflitta al singolo atleta e non anche al conseguimento del risultato conseguito sul campo209.

207 Quanto disposto dall’art. 2, comma 2 CGS, infatti, segna il collegamento con i principi contenuti nella

Costituzione italiana e nel d. lgs. 242/1999, il quale rappresenta uno dei momenti iniziali dai quali si può dire essere iniziato quel lungo percorso che sarebbe poi giunto a compimento soltanto nel 2014, attraverso la Riforma della giustizia sportiva. Il Codice, inoltre, si preoccupa di richiamare anche altri importanti principi cui il processo sportivo debba necessariamente uniformarsi, come ad esempio quelli della ragionevole durata, del diritto di difesa, del diritto alla prova e della terzietà ed imparzialità del giudice.

208 I rapporti presentati dall’arbitro e dai suoi assistenti, infatti, fanno piena prova sul comportamento del soggetto

tesserato in occasione dello svolgimento di una competizione sportiva. Gli organi di giustizia sportiva possono altresì utilizzare, ai fini di prova, gli atti di indagine della Procura Federale.

209 Secondo quanto disposto dall’art. 58 CGS FIGC, gli organi della giustizia sportiva hanno la facoltà di utilizzare,

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Come sappiamo, il processo sportivo trae la propria legittimazione dal riconoscimento dell’autonomia dell’ordinamento e della giustizia sportivi da parte del legislatore statale e la sua disciplina rappresenta un chiaro richiamo normativo all’art. 111 Cost., al quale si uniforma attraverso i Principi del giusto processo sportivo. Proprio per questo motivo, le regole relative al contraddittorio delle parti, in condizioni di parità e dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, sono espressamente previste e operanti anche all’interno dei procedimenti di giustizia sportiva, i quali devono ad esse ispirarsi, valorizzando il tema della condivisione delle risultanze probatorie, che vanno poi valutate dal giudice nell’interesse delle parti in causa. In realtà, però, il problema del processo sportivo è sempre stato quello di coniugare effettivamente la pienezza del contraddittorio delle parti in fase istruttoria con la durata, necessariamente ed inevitabilmente breve, del giudizio stesso210. Ed infatti, la Commissione voluta dal CONI ed instituita nel 2013 in occasione della Riforma, ha prestato particolare attenzione nei confronti del tema delle prove e della fase istruttoria, incrementando non solo i poteri del giudice, ma anche quelli delle parti incolpate, le quali adesso dispongono di un maggiore spazio di manovra rispetto alla disciplina previgente211. Sotto questo aspetto, il richiamo212 effettuato dal Codice di giustizia sportiva nei confronti della disciplina del processo civile, le cui regole assumono un valore di tipo sussidiario, istituisce una equidistanza delle parti più netta e marcata rispetto

televisive o altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale, qualora essi dimostrino che i documenti ufficiali indichino quale ammonito, espulso o allontanato un soggetto diverso dall’autore dell’infrazione.

210 La durata del procedimento sportivo rappresenta, infatti, un fattore di fondamentale importanza, molto più

incidente rispetto ad altri campi della giustizia. Del resto, il Codice di giustizia sportiva, attraverso l’art. 38, comma 1, ha istituito una disciplina giuridica caratterizzata da tempi certi, ristretti e ben contingentati per il giudizio di primo grado innanzi ai tribunali federali, il quale deve svolgersi, a pena di estinzione, entro 90 giorni dal deferimento; mentre il giudizio di appello dinanzi alla Corte Federale d’Appello deve concludersi entro 60 giorni dalla proposizione del reclamo, ex art. 38, comma 2, CGS CONI.

211 Il presupposto da cui si è partiti, assolutamente giusto e doveroso, è stato quello di cercare di contrarre e ridurre

gli aspetti di natura inquisitoria del giudizio sportivo, precedentemente caratterizzato da un eccessivo potere investigativo della Procura Federale (a cui si aggiungeva una funzione sussidiaria esercitata direttamente dal CONI) la quale non lasciava molte possibilità di difesa alle parti incolpate, sulle quali gravava in maniera eccessiva l’onere della prova, in ottemperanza al principio della presunzione di colpevolezza nei loro confronti. Sotto questo aspetto, il cambio di mentalità e la presa di coscienza degli organi dell’ordinamento sportivo sono stati degni di nota, posto che risulta (quantomeno nelle intenzioni) particolarmente evidente il tentativo di introdurre maggiori garanzie processuali alle parti in causa, così come voluto e disciplinato dal legislatore statale nel campo della giurisdizione generale. Troppo evidenti e troppo marcate, infatti, erano allora le differenze da questo punto di vista tra i procedimenti di giustizia ordinaria, molto lunghi ma comunque garantisti dei diritti processuali fondamentali, e quelli tipici della giustizia sportiva, i quali sacrificavano buona parte dei diritti da riconoscere ai soggetti coinvolti nella controversia pur di risolvere in tempi celeri la contesa (ed operando, in tal senso, quello che si ritiene essere uno sbagliato bilanciamento tra valori costituzionali).

212 L’art. 2, comma 6 CGS (Rubricato “Principi del processo sportivo), afferma che «per quanto non disciplinato,

gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva». Se vogliamo, questo articolo dimostra, ancora una volta, come la giustizia sportiva, a discapito della reclamata autonomia nei confronti dell’ordinamento giuridico generale, abbia in realtà poggiato le proprie basi sull’apparato giustiziale dello Stato, dal quale ha mutuato molto, sia a livello di struttura e organizzazione, sia a livello di istituti. In tal senso, occorre ricordare come i giudizi sportivi, pur avendo una natura sostanzialmente giustiziale, sono di fatto procedimenti amministrativi.

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ai poteri loro attribuiti, soprattutto durante la fase istruttoria del procedimento sportivo, attenuando però sensibilmente il tipico carattere di revisione del giudizio di appello, il quale non appare vincolato al materiale probatorio raccolto in primo grado ma, anzi, permette l’acquisizione di nuove prove senza apparenti limitazioni. Scendendo più nel dettaglio, occorre ricordare come il Codice di giustizia sportiva abbia disegnato un meccanismo che prevede due differenti tipologie di giudici (sportivi e federali) aventi funzioni e competenze sostanzialmente complementari. Per quanto riguarda i giudici sportivi (i quali a loro volta si suddividono in territoriali, nazionali e Corte Sportiva d’Appello) è necessario rilevare un aspetto di non secondaria importanza, poiché il giudizio di appello costituisce l’unica fase di questa procedura che si svolge, effettivamente, nel contraddittorio delle parti, al contrario di quanto avviene dinanzi ai giudici di prima istanza. Invero, il procedimento di primo grado rappresenta una istanza in cui non è ravvisabile la fase contenziosa e lo stesso potere sanzionatorio, esercitato dal giudice, avviene sulla base di una sua totale discrezionalità tecnica213. Ciò significa che, in questa fase, non è concessa al soggetto tesserato alcuna possibilità di difesa, posto che il legislatore sportivo gli offre, come unica opportunità, quella di presentare reclamo dinanzi al giudice di secondo grado, rappresentato dalla Corte sportiva214. Sul piano probatorio il Codice lascia ampia discrezionalità ai giudici del gravame, i quali possono decidere di introdurre nuovi mezzi di prova d’ufficio: essi, inoltre, possono anche chiedere eventuali chiarimenti al giudice di gara per quanto da questi disposto all’interno del referto, ferma restando la valenza probatoria di quest’ultimo, difficilmente contrastabile dal tesserato incolpato (a meno che non si decida di affidarsi alla prova televisiva, che comunque rimane un mezzo di prova abbastanza inutilizzato). Sennonché, la decisione dei giudici di appello è ulteriormente impugnabile, da parte del tesserato, dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, il quale deciderà in ultima istanza e che rappresenta il punto di arrivo della giustizia interna concernente le controversie di carattere tecnico e disciplinare215. Qui, posto che tale organo è stato pensato ed istituito sulla

213 P. SANDULLI, Acquisizione e valutazione della prova nel processo sportivo: profili problematici, in Riv. Dir.

Sport., 2017, p. 5.

214 A tale dato di fatto si potrebbe contrapporre la considerazione per la quale, soprattutto per quanto concerne i

procedimenti di carattere tecnico, non vi sia un bisogno assolutamente necessario di difesa in giudizio del soggetto coinvolto, poiché le sanzioni applicabili non potranno comunque essere straordinariamente negative, dato che il loro ambito di riferimento concerne esclusivamente il campo. In realtà, però, il discorso (che si ritiene errato, considerato che le garanzie ed i diritti processuali del soggetto debbano comunque essere previste a prescindere dalla gravità della possibile sanzione) cambia qualora il giudice decidesse di infliggere una sanzione disciplinare, la cui rilevanza (come sappiamo) è idonea, per la sua stessa insita natura, a determinare effetti negativi nella sfera giuridica del soggetto incolpato, travalicando i confini del campo da gioco.

215 In realtà, lo sportivo in questione può decidere di impugnare nuovamente la decisione emessa dal Collegio di

Garanzia, portando la controversia all’attenzione del giudice amministrativo (travalicando, quindi, i confini dell’ordinamento sportivo) ma solo ed esclusivamente per richiedere una tutela risarcitoria (posto che quella

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falsariga del giudizio di legittimità effettuato dalla Suprema Corte di Cassazione, non è possibile proporre nuovi mezzi di prova, ma solo una differente valutazione giuridica del materiale probatorio già raccolto nelle fasi precedenti.

Per quanto invece concerne il giudizio federale (i cui componenti si distinguono in giudici federali, per il primo grado di giudizio, e Corte Federale d’Appello per il secondo grado) qui è riconosciuto un margine di difesa più ampio alle parti nei confronti dell’attività inquisitoria della Procura Federale (ed è questo, a ben vedere, l’aspetto più interessante da cogliere, soprattutto in considerazione della disciplina previgente al Codice del 2014, ben più ristrettiva in quanto a tutele e garanzie riconosciute all’incolpato). Come disposto dall’art. 25, comma 1 CGS, il Tribunale Federale giudica «su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato, né risulti pendente, un procedimento innanzi ai giudici sportivi territoriali o nazionali», mentre invece la Corte Federale d’Appello decide, in via di gravame, sui ricorsi eventualmente presentati dalle parti nei confronti dei provvedimenti disposti da parte dei giudici federali di prima istanza. Il procedimento ha inizio in conseguenza del deferimento disposto da parte della Procura Federale ed il Codice afferma che gli atti introduttivi di entrambi i procedimenti debbano contenere l’indicazione del materiale probatorio di cui gli attori intendano avvalersi in giudizio. Analogamente, anche i soggetti convenuti, in occasione della loro costituzione in giudizio, devono necessariamente specificare i mezzi di prova che intendano sottoporre all’attenzione del collegio giudicante. Inoltre, l’art. 36 CGS afferma che «laddove ritenuto necessario ai fini del decidere, il collegio può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di qualsiasi mezzo di prova». Sebbene, però, tale potere possa essere esercitato entro i limiti del principio (elaborato dalla dottrina processuale civilistica) secondo il quale i mezzi di prova sono ammessi solo quando siano rinvenibili fonti di prova nelle prospettazioni delle parti, si ha comunque modo di percepire come, in generale, all’interno dell’ordinamento sportivo, il giudice goda di maggiori poteri di carattere probatorio rispetto a quanto previsto nella giurisdizione dello Stato, dove invece il giudice, normalmente, gode di poteri istruttori d’ufficio esercitabili su base esclusivamente sussidiaria (nel caso, cioè, in cui egli prenda atto della evidente mancanza di completezza delle prove addotte dalle parti in causa)216. Infine, è da riscontrare come, anche nel giudizio di secondo grado federale (ed in

demolitoria non può essere disposta dal giudice amministrativo, ma solo ed esclusivamente dal Collegio di Garanzia).

216 Ciò è certamente più veritiero per quanto concerne la figura del giudice penale, i cui poteri istruttori d’ufficio

subiscono delle limitazioni più evidenti nel momento in cui, in un determinato ordinamento giuridico, si propenda (come avviene in Italia) per un modello accusatorio del processo penale, a discapito di un modello di carattere inquisitorio (caratterizzato da un ventaglio di poteri istruttori d’ufficio ben più ampio, posto che qui si ritiene che

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modo analogo a quanto avviene nel campo dei giudici sportivi) non sussista alcun divieto di addurre nuovi mezzi di prova, un po' in contrasto con quella che, invece, sarebbe la natura del giudizio di appello, basato sul principio della revisio prioris instantiae217. Inoltre, posto che non è prevista alcuna norma che disciplini la necessaria giustificazione per l’eventuale tardività della produzione di alcune prove, si ritiene che (quantomeno in senso potenziale) le parti possano in qualche modo scavalcare il principio della equidistanza delle stesse, posto che una delle due potrebbe esibire, nel corso del giudizio di appello, delle prove che erano già in suo possesso ma che non erano state esibite nell’ambito del procedimento di primo grado. E questa, a ben vedere, è da considerarsi come una grave mancanza della disciplina della fase istruttoria, dal momento che, in considerazione di quanto detto, potrebbe verificarsi una situazione che possa illegittimamente avvantaggiare una parte rispetto all’altra, senza che questa possa controbattere come invece sarebbe auspicabile e giusto che fosse. Per questa ragione, si ritiene doveroso un intervento chiarificatore del legislatore sportivo in tal senso, il quale potrebbe (ed anzi, dovrebbe) prevedere un obbligo di giustificazione della tardività dell’esibizione della prova, permettendo che il giudizio si concluda sulla base di una posizione paritaria delle parti (la quale dovrebbe permanere per tutto l’arco del procedimento giustiziale).